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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI AMMALATI E AI VOLONTARI PIEMONTESI
DELL’OPERA FEDERATIVA TRASPORTO AMMALATI
A LOURDES (OFTAL) NEL 60° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE

Sabato, 20 marzo 1993

 

1. Sono lieto di accogliervi, carissimi Fratelli e Sorelle, venuti in pellegrinaggio a Roma da tante parti del Piemonte e di cuore rivolgo a ciascuno il mio affettuoso benvenuto. Saluto, in particolare, l’Arcivescovo di Vercelli, Mons. Tarcisio Bertone, che ringrazio per le cortesi parole. Saluto i responsabili della vostra organizzazione, i volontari, e abbraccio con affetto ognuno di voi, carissimi ammalati e i vostri familiari. Voi siete venuti presso le tombe degli Apostoli per rinnovare la vostra adesione a Cristo e al Successore di Pietro. Siete venuti in pellegrinaggio per esprimere la vostra riconoscenza per l’istituzione della Giornata Mondiale del Malato, tesa a far comprendere e valutare sempre più e sempre meglio il significato della sofferenza per la salvezza del mondo. Ma c’è un’ulteriore ragione a rendere significativo e familiare l’odierno nostro appuntamento: voi celebrate quest’anno i sessant’anni di servizio nella Chiesa.

2. È commovente in questo momento ripensare alla compianta figura del Fondatore dell’Oftal, Monsignor Alessandro Rastelli, apostolo della sofferenza, che spese tutta la vita a servizio dei malati. Nel maggio 1912 egli si recò a Lourdes per la prima volta, ed ebbe là l’ispirazione di dar vita ad una concreta struttura atta a trasportare gli ammalati nella Cittadella di Maria. Già nel maggio dell’anno seguente partiva da Vercelli un gruppo di trenta ammalati, e nel 1932 veniva organizzato sotto la sua direzione il primo treno con tale destinazione. Nel marzo 1934 l’Associazione assumeva il suo nome “Oftal”, Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes, con tre obiettivi ben delineati: aiutare i malati ad uscire dalla situazione di depressione e di emarginazione, far loro comprendere il valore salvifico della sofferenza accettata ed offerta in unione con Cristo Redentore, coinvolgere volontari, giovani ed adulti, per servire i sofferenti aiutandoli a maturare nella fede in un’opera di delicata ed attenta evangelizzazione. Alla sua morte, l’11 ottobre 1960, Monsignor Rastelli lasciava un’Associazione ormai fiorente, animata e sorretta da grande amore per la Chiesa e per le anime.

3. L’Oftal ha continuato in questi anni a camminare sulla strada tracciata dal suo Fondatore con entusiasmo e dedizione, ed oggi voi siete qui per ringraziare il Signore e per rinnovare la vostra volontà di proseguire tale prezioso apostolato, che fa della sofferenza un costante dono al Signore per la salvezza dell’umanità. Desidero perciò, esprimere a voi, malati, ed a quanti a voi si dedicano – medici, infermieri, farmacisti, amici volontari, accompagnatori, Sacerdoti, Religiosi – la riconoscenza di tutta la Chiesa per l’esempio che offrite e per la carità di cui siete silenziosi servitori ed eloquenti testimoni. L’occasione è propizia per dirvi grazie anche per la cospicua offerta che la famiglia “oftalina” ha destinato alla costruzione della Chiesa di San Giuseppe ad Oswiecim nella mia patria, esempio che rimarrà a indelebile memoria della vostra solidarietà e sensibilità ecclesiale.

4. Carissimi amici dell’Oftal! Questa sera avrò la gioia di dichiarare “beata” una giovane canadese, Suor Maria di Santa Cecilia di Roma, al secolo Dina Bélanger, delle Religiose di “Gesù-Maria”, vissuta tra il 1897 e il 1929. Si tratta di una ragazza stroncata dalla tubercolosi ancora in giovane età, ma giunta ugualmente alle vette della santità. Favorita da numerosi doni soprannaturali, apostola della contemplazione e dell’intimità con la Santissima Trinità. Ella – per grazia di Dio – seppe amare soffrendo e seppe soffrire amando. Leggiamo nella sua Autobiografia: “Non ho più parole per dire quanto la mia sete di sofferenza è infinita... L’amore è l’unica ragione dei miei desideri; mi auguro che Gesù crocifisso si riproduca in me, per assomigliare a Lui il più perfettamente possibile e, grazie a Lui, applicare alle anime i suoi meriti infiniti” (Autobiographie, p. 330). Dina Bélanger dimostra con la sua vita che il dono sincero di noi stessi, fonte della nostra vera felicità, si può realizzare, in unione con Cristo Gesù, anche nella sofferenza. “Come sono felice! – scriveva – ...anche per le altre anime...

Io donerò gioia” (Ivi, p. 431).

L’esempio di questa fedele serva di Dio sia di sostegno anche per voi, cari ammalati, e vi aiuti a scoprire in ogni circostanza il senso più autentico della vostra esistenza. Vi aiuti a scrutare il mistero del dolore e della malattia con la sapienza divina. Nella Croce di Cristo, particolarmente richiamata dall’itinerario penitenziale della Quaresima che stiamo percorrendo, possiate intravedere i segni della speranza e della vittoria di Dio sul male e sulla morte. E tutto ciò alimenti la vostra fede, rinvigorendo la volontà di fare della vostra esistenza un’offerta a Dio a lode della sua gloria e per la salvezza degli uomini.

Maria Santissima, Madre della Divina Grazia, che ben conosce il valore redentivo dell’umano soffrire, vi ispiri e vi aiuti a vivere con disposizioni interiori la vostra condizione di prova e talora di prolungata malattia. Pregate anche per me e per il ministero petrino a me affidato. Ve ne sono fin d’ora grato.

Vi conforti e vi accompagni sempre la mia benedizione.

 

© Copyright 1993 - Libreria Editrice Vaticana

 



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