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SOLENNITÀ DEL «CORPUS DOMINI»

OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI

29 maggio 1975

   

Fratelli,

questa liturgia del «Corpus Domini», tanto singolare e tanto solenne, ha il carattere d'un ripensamento. La nostra riflessione ritorna alla notte del Giovedì Santo, così intenzionalmente significativa per Gesù, il Maestro, che aprì quella cena pasquale, con parole piene di intensa commozione, di amorosa tenerezza e di appassionanti previsioni testamentarie: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima di patire . . . » (Luc. 22, 15). Una angustiante curiosità provoca allora una straordinaria tensione fra i commensali, mentre Gesù compie gesti insoliti, come la lavanda dei poveri piedi dei discepoli, e pronuncia discorsi estremamente soavi e gravi, distribuendo ad un dato momento pane e vino così radicalmente investiti da nuove, qualificanti ed essenziali definizioni del suo proprio corpo e del suo proprio sangue, da trasformare il pasto in sacrificio, in cui l'agnello pasquale, allora consumato, cedeva il suo secolare e storico valore di simbolo nazionale e liberatore alla presenza di una autentica, profetizzata e profetica, vittima salvatrice, unica, universale e perenne. Poi il mandato dell'amore fraterno, poi la dottrina della unione permanente di Gesù con i suoi, e l'alterna vicenda della sofferenza e del gaudio prevista per i seguaci fedeli del Maestro oltre la sua sensibile scomparsa, e quindi il ripetuto preannuncio della missione animatrice dello Spirito Paraclito, e, infine, quasi a corona dell'economica messianica, la preghiera finale e sacerdotale del Signore, librata fra cielo e terra, come un inno che assorbe nell'unità trascendente i destini supremi dell'umanità redenta.

Troppe cose per noi! subito assorbiti dal dramma feroce ed eroico della Passione del Venerdì Santo, e finalmente dal successivo dramma quasi inconcepibile per la sua stessa superlativa felicità della risurrezione del Signore, proprio Lui, ma così meravigliosamente vivente da non poterlo contenere negli schemi consueti della nostra abituale mentalità. Questa profusione di fatti, di parole, di rapporti profetici col passato e col futuro, la quale forma il quadro densissimo del mistero pasquale, ci obbliga, come dicevamo, a un ripensamento e ad una ricerca del punto centrale, dove la soverchiante realtà si condensa in espressione simbolica, cioè sacramentale, e per ciò stesso trascende i limiti della contingenza materiale e momentanea, e si effonde, come luce dal suo punto focale, e si rende accessibile a chi apre gli occhi su quella stessa luce, gli occhi della fede, e valicando i confini dello spazio e del tempo, non che quelli delle nostre leggi sperimentali, la fa sua, com'era nell'intenzione del Signore, nell'atto di accenderla, con suprema potenza, con infinito amore. Ecco, noi, sì, tremanti di meraviglia e di gioia, apriamo questa capacità ricettiva e profonda del nostro spirito; ed esclamiamo: Mistero di fede! varcando così le soglie del regno prodigioso di Dio, al quale quel convito pasquale del Signore alla vigilia della sua passione redentrice, ci aveva, come ad incontro supremo, invitati. Sì, crediamo, o Signore!, ma Tu, Tu stesso, aiuta la nostra incredulità (Cfr. Marc. 9, 24). Allora, ecco, la scena teologica sfolgora davanti a noi; né noi mai tutta la possiamo simultaneamente contemplare, godere, comprendere. Le anime allenate a questa sorprendente visione bene lo sanno. Per capire qualche cosa bisogna ora scegliere e fissare lo sguardo sopra un frammento particolare del grande quadro.

Quale frammento oggi per noi? Una Tua parola noi ascoltiamo in questo momento, o Signore; una Tua parola scelta dal quel Tuo discorso a Cafarnao, discorso di commento, di polemica e di rivelazione, che Tu, o Signore, facesti seguire al miracolo della moltiplicazione dei pani per la folla di circa cinquemila persone venute in cerca di Te, oltre il lago di Tiberiade, preludio e simbolo della istituzione dell'Eucaristia. A quanti ancora chiedevano pane per la fame naturale, Tu, o Signore, ripetesti: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non patirà la fame, e chi crede in me non mai soffrirà la sete» (Io. 6, 35), cioè provocasti l'avvertenza d'un'altra fame e d'un'altra sete, che non quella della vita temporale, alla quale la Tua miracolosa bontà aveva il giorno prima dispensato cibo gratuito e abbondante; e così molte cose insegnasti che valgono ancora, valgono sempre, anche per noi tanto distanti dai luoghi e dai tempi che Ti ebbero fisicamente presente. Ci insegnasti che le necessità della vita temporale ed economica meritano, sì, l'interessamento dell'a società, l'opera provvida e immediata degli uomini, resi fratelli per nuovo titolo, per l'incontestabile comune bisogno di quel pane che la terra può dare, e dà a chi vi prodiga sudando e pregando le proprie sapienti fatiche.

La solidarietà fra gli uomini, per causa della sofferenza e della necessità e per la prospettiva d'un loro crescente benessere e d'una più giusta partecipazione di tutti ai beni della terra, non sarà mai dimenticata, né trascurata da quanti sono insigniti del nome cristiano, e sono alunni fedeli del Tuo Vangelo; ché anzi sarà per loro un grato e severo impegno e lo sarà tanto di più moltiplicare i pani della terra quanto maggiore è la fame, cioè il bisogno e la sofferenza li reclama, e sarà a ciò per loro stimolo urgente e premio incomparabile il sapere che questo sforzo economico e sociale sarà in essi sostenuto da un amore che Tu solo puoi dare nella sua efficienza e nella sua bellezza, la carità. E Tu fa', o Signore, che a questa Tua legge suprema della socialità cristiana noi possiamo dare vera, umile, amica, perseverante testimonianza. Ma insieme Tu ci insegnasti, o Signore, che non di solo pane della terra vive l'uomo (Cfr. Matth. 4, 4), perché non solo ai destini della terra è chiamata la nostra vita; e che ai destini soprannaturali, offerti a questa nostra naturale esistenza, la Tua parola, la Tua redenzione, la Tua comunione ci è indispensabile Pane di vita eterna. Eccita in noi, o Signore, questa fame, Tu che per alimentarla, e saziarla oggi, nel tempo, e domani, nell'eternità, Ti sei a noi concesso nell'inestimabile dono del Pane eucaristico.


Que cette célébration solennelle de la Sainte Eucharistie, chers Fils et Filles, soit pour vous l'occasion d'approfondir votre foi dans la présence réelle du Seigneur, à la Messe et dans le tabernacle. Sachons l'adorer dans ce sacrement dans lequel il nous donne, avec sa propre chair, le Pain de la vie éternelle.

En el marco fervoroso de esta liturgia, os exhortamos, amados hijos, a acrecentar vuestra devoción bacia la Eucaristía. Que la participación en la misma, os anime a vivir siempre en comunión con el Señor y con los hermanos.

Liebe söhne und Töchter! Das Fronleichnamsfest ist uns heilig und teuer seit den Tagen unserer Kindheit. In der heiligen Eucharistie ist Christus in wunderbarer Weise unsere tägliche Speise, unser tägliches Opfer, der treue Gefährte auf unserem Pilgerweg durch diese Zeitlichkeit. Darum sei die Andacht zur heiligen Eucharistie die grosse Andacht unseres Lebens!

On this solemnity of joy for the Church of God, we honour and adore the Body and Blood of our Lord Jesus Christ, Son of the Eterna1 Father, Son of Mary. At the same time, dear sons and daughters, we thank God for his generosity to us, and we pray humbly that we may open our hearts to the needs of others-that like Christ we may lay down our lives for the brethren.

  



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