DISCORSO DI PAOLO VI
ALLE ALLIEVE DEL «ROSARY COLLEGE PIO XII»
DI VILLA SCHIFANOIA A FIRENZE
Sabato, 10 maggio 1969
Siamo lieti di ricevervi, dilette alunne dell’Istituto di Belle Arti «Pio XII», della secentesca Villa Schifanoia, in Firenze, venute a Roma con le benemerite Religiose Domenicane di Sinsinawa, che dirigono quell’importante centro di preparazione artistica. Lieti per diversi motivi: anzitutto perché non Ci siete, per così dire, sconosciute, dato che abbiamo visto sorgere l’istituzione, quando, a fianco e per incarico di Pio XII, seguimmo le fasi che portarono alla sua realizzazione, sostenuta dalla munificenza del compianto Signor Myron Taylor. Lieti, poi, perché sappiamo che la scuola ha adempiuto bene i suoi compiti, che mirano a dare una completa formazione artistica, nell’atmosfera unica e inesprimibile che si respira a Firenze, a giovani nutriti agli insegnamenti più alti della grande arte del passato, e pur aperti alle nuove esperienze e sollecitazioni del tempo presente. Ma siamo soprattutto lieti di sapere che la Scuola «Pio XII» vuole essere un centro irradiatore e formatore di cultura cristiana, per dare a voi le basi indispensabili per la vera fecondità dei vostri talenti artistici e della vostra vita spirituale.
Approfittiamo perciò dei brevi istanti di questo incontro per ricordarvi la grande dignità della vostra vocazione, e l’impegno che essa richiede da voi. L’arte, quando è sentita e sofferta nella sua autenticità, è linguaggio dello spirito, ne è raffinato strumento. Essa cerca lo spirito, perché capta, come con antenne invisibili e pur potenti, il suo linguaggio arcano, e cerca di esprimerlo con i mezzi a propria disposizione, comunicando agli altri la ricchezza delle sue esperienze e delle sue conquiste. Come ben rilevava Pio XII, dal quale ha preso nome la vostra scuola, «non occorre che spieghiamo a voi - che lo sentite in voi stessi, spesso come nobile tormento - uno dei caratteri essenziali dell’arte, il quale consiste in una certa intrinseca “ affinità ” dell’arte con la religione, che fa gli artisti in qualche modo interpreti delle infinite perfezioni di Dio, e particolarmente della sua bellezza e armonia. La funzione di ogni arte sta infatti nell’infrangere il recinto angusto e angoscioso del finito, in cui l’uomo è immerso, finché vive quaggiù, e nell’aprire come una finestra al suo spirito anelante verso l’infinito» (8 aprile 1952: Discorsi e Radiomessaggi XIV, p. 49).
Dilette figlie. Voi comprendete di qui quale posto lo spirito, diciamo più chiaramente, la fede, debba avere nella vita dell’artista, di ogni artista: perché, se l’arte, secondo la scultoria definizione dantesca, è «a Dio quasi nepote», essa ha bisogno di avvicinarsi a Dio, di conoscerlo nelle fonti della Rivelazione, di amarlo nello sforzo costante di purificazione e di donazione, che il Cristianesimo propone attraverso il Vangelo. Non abbiamo perciò bisogno di ricordarvi quanto la fede aiuti l’artista, quando essa è veramente vissuta, nella pace del possesso pieno, come nell’inquietudine, e anche nel rischio che può comportare: dalla fede l’artista trova il continuo stimolo a superarsi, a esprimersi meglio, a fondere le sue esperienze in quelle magnifiche sintesi, di cui la storia dell’arte, nei suoi momenti più alti, ci ha dato gli incomparabili modelli: come sono - per citarne alcuni alla vostra quanto mai esperta conoscenza - le cattedrali romaniche, la Divina Commedia dell’Alighieri, il ciclo di Giotto agli Scrovegni, le vetrate gotiche, la Cappella Sistina di Michelangelo, col suo possente compendio della storia umana ricapitolata in Cristo, le Passioni di Bach, il Messia di Händel.
Ma la fede deve anche essere servita da lui, con umiltà d’animo, con genialità mai soddisfatta di ricerca espressiva, con spirito di offerta a Dio dei propri talenti, per la gioia e la elevazione dei fratelli.
A questo libero servizio della fede, il Papa oggi vi chiama: non è via facile, suppone fatica, lotta, andar controcorrente. Richiede soprattutto coerenza con la propria coscienza, generosità di vita cristiana, esercizio ascetico di virtù, rifiuto di compromessi morali, the non solo offendono la dignità, da Dio impressa in ciascuno di noi, creandoci a sua immagine e redimendoci in Cristo, ma talora possono anche soffocare lo zampillo interiore dell’ispirazione, the richiede sempre l’occhio limpid0 e l’anima pura.
Successivamente il Papa si rivolge alle religiose the accompagnano le allieve dell’istituto:
Confident that these ideals will find a faithful echo and a generous response in your hearts, We pray that God may give you power and strength in carrying them out for the good of mankind.
To your teachers, too, and to the Dominican Sisters of Sinsinawa who are with you, We extend a warm greeting. We invoke upon them the favors and the guiding grace of Christ in their dedicated service of Him in the young.
To all of you who have given Us the pleasure of your visit this morning, and to your families and dear ones at home, We impart a blessing from Our heart.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana