DISCORSO DI PAOLO VI
AI VINCITORI DEL CONCORSO «VERITAS»
Domenica, 14 settembre 1969
Ecco due gruppi di visitatori, che meritano il Nostro particolare interesse, e che riceviamo con viva compiacenza.
Il primo gruppo è quello dei vincitori - e sono mille! - del Concorso di cultura religiosa «Veritas», promosso fra gli studenti delle scuole secondarie italiane dal Centro nazionale di attività catechistiche della medesima Azione Cattolica Italiana.
L’altro gruppo, minore di numero, ma non certo inferiore per merito e qualità, è quello guidato da Mons. Carraro, zelantissimo Vescovo di Verona, il quale Ci reca un centinaio di Alunni e di Docenti della «Scuola di Teologia per Laici»: istituzione questa meritevolissima d’elogio e d’incoraggiamento, perché con insegnamento sistematico pluriennale e con parecchie ore settimanali di lezioni prepara giovani ed adulti, ed anche un certo numero di Religiose, all’insegnamento della Religione nelle Scuole medie.
Salutiamo tutti di cuore, e vi ringraziamo d’una visita che Ci riempie l’animo di ammirazione e di speranza; ed ancora siamo più grati di ciò che questi carissimi visitatori Ci dimostrano: il loro amore per la scienza della Religione, sia per il loro proprio perfezionamento culturale e spirituale, sia per la testimonianza che così essi danno alla Fede e alla Chiesa, e per il proposito che tanti di loro nutrono di comunicare agli altri il tesoro delle verità religiose.
La vostra visita dice a Noi una cosa, che dovremmo Noi dire a voi: ci troviamo cioè perfettamente consenzienti nell’affermare che lo studio della religione è sommamente importante. E in questa felice occasione Noi abbiamo nulla di meglio da dirvi che questo: sì, lo studio della religione è sommamente importante. Perché è la scienza delle cose supreme! È la scienza delle verità necessarie! È la scienza della vita! E voi le date il posto che essa merita nel campo del nostro studio, se non l’unico, certamente, ma per sé certamente il primo. Vi è una sentenza antica, che può farci molto pensare, e che solleva un’amara osservazione sulla nostra coltura e sull’impiego che si fa comunemente della nostra intelligenza.
È una sentenza, se ben ricordiamo, di Sant’Agostino, che se ne intendeva del rapporto che dovrebbe passare fra l’uso del nostro pensiero e il destino della nostra vita. La sentenza è questa: «Necessaria non noverunt, quia superflua didicerunt»: hanno ignorato le cose necessarie, perché si sono dedicati ad imparare cose superflue. Non è una condanna della scienza, né tanto meno dello studio delle cose esterne alla nostra persona, comunque atte ad impegnare le nostre facoltà intellettive, ad esercitarle, a raffinarle, a impiegarle alla conquista dell’immensa ricchezza dello scibile naturale ed umano; ma è un avvertimento circa il dispendio che noi spesso facciamo per imparare, e talvolta con non poca fatica e tempo lunghissimo, cose vane, cose inutili, cose difficili e fatue, scienze astruse ed estranee ad ogni vero interesse personale ed ai problemi fondamentali della vita, ai veri valori per cui sia saggio spendere tempo e fatica; mentre restano nell’ombra le grandi questioni che riguardano i nostri destini, che toccano i segreti della nostra esistenza presente e futura, sui quali solo la religione, la vera religione, ci può dare la risposta luminosa e direttiva.
Voi avete compreso questo primato, questa necessità della verità religiosa; e Noi non possiamo che congratularCi con voi, perché vi dimostrate intelligenti, perché vi dimostrate coraggiosi. La religione presenta tante difficoltà di studio; è difficile, sembra arida e astratta, esige un’attitudine non solo speculativa, ma anche morale per essere appresa con profitto ed essere gustata nella sua intima bellezza. Ora voi avete superato questa difficoltà; avete fatto dello studio della religione un atto molto serio e spontaneo, un esercizio simultaneo d’intelligenza e di volontà, un esercizio spirituale. Questo è bello per voi; è esemplare per altri. E Noi vogliamo credere che, studiando forte, avrete superato la tentazione caratteristica di molti spiriti superficiali e diffidenti, i quali preferiscono contentarsi di un’istruzione religiosa rudimentale, e rimanere rispetto alle verità della Religione, quando l’intelligenza si matura, in una zona di penombra, di dubbio, quasi di disimpegno, perdendo così ciò che Noi pensiamo che voi abbiate invece raggiunto: l’esperienza della fede, cioè la scoperta che la Religione nostra, la Religione positiva, cattolica, consiste innanzi tutto in un atto di ascoltazione; e perciò di silenzio interiore che si riempie d’una voce, una voce autorevole, dolcissima e formidabile, la voce della Parola di Dio. La nostra Religione non è una Religione risultante dalle attitudini subcoscienti del sacro, del mistero, del trascendente, una Religione che uno si può f’abbricare da sé e moderare come vuole; ma è una Religione ascoltata, ricevuta, derivante da una rivelazione, che solo un magistero autorizzato può trasmettere, autenticare ed interpretare. E avrete anche, Noi ne siamo sicuri, avvertito, ascoltando tale Parola divina e accettandola umilmente e gioiosamente, che essa, quella Parola, diventava una Presenza viva nella cella interiore, diventava un incontro ineffabile, l’incontro con Cristo; come lo descrive San Paolo: «(il Padre) conceda a voi, secondo i tesori della sua gloria, di essere potentemente corroborati, mediante il suo Spirito, nella vitalità dell’uomo interiore; che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori» (Eph. 3, 16-17). La Religione, pur rimanendo sempre una ricerca, uno studio, una veglia per noi, diventa unione, diventa comunione, vita, beatitudine.
E sia questo il premio più alto e più vero, che il vostro sforzo di studio e di disciplina mentale e morale possa conseguire: la certezza e la pienezza della vita cristiana.
Ed è questo il voto con cui accompagniamo il Nostro elogio per voi, per i vostri maestri e per quanti si adoperano per cotesto studio delle verità superiori, e che vogliamo avvalorare con una particolare Benedizione Apostolica.
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