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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

della Commissione per l'informazione della
X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
30 settembre-27 ottobre 2001

"Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo"


Il Bollettino del Sinodo dei Vescovi è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico e le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

18 - 10.10.2001

SOMMARIO

CIRCOLI MINORI - SECONDA SESSIONE (MERCOLEDÌ, 10 OTTOBRE 2001 - ANTEMERIDIANO)

Nella mattinata di oggi mercoledì 10 ottobre 2001, si è svolta la Seconda Sessione dei Circoli Minori della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, ai quali erano presenti 221 Padri Sinodali, per l’elezione dei Relatori dei Circoli Minori e per la continuazione della discussione sul tema sinodale. I nominativi dei Relatori dei Circoli Minori eletti sono stati resi noti dal Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi nel corso della Quindicesima Congregazione Generale di questo pomeriggio.

QUINDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (MERCOLEDÌ, 10 OTTOBRE 2001 - POMERIDIANO)

Alle ore 17.00 di oggi, alla presenza del Santo Padre, con la recita del Pro Felici Synodi Exitu, ha avuto inizio la Quindicesima Congregazione Generale, per l’Auditio Auditorum II, la seconda Auditio per gli interventi degli Auditori e per la continuazione degli interventi dei Padri Sinodali in Aula sul tema sinodale Il Vescovo Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la Speranza del Mondo. Presidente Delegato di turno Em.mus D.nus Card. Ivan DIAS, Arcivescovo di Bombay (India).

In apertura della Quindicesima Congregazione Generale, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.Em.R. Card. Jan Pieter SCHOTTE, C.I.C.M., ha dato lettura del seguente annuncio, circa la promulgazione dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Oceania dell’Assemblea Speciale per Oceania del Sinodo dei Vescovi:

Sono lieto di informare questa assemblea che il Santo Padre, dopo lunghe riflessioni e considerazioni, ha deciso di promulgare l’Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Oceania in Vaticano, in occasione di un’Udienza privata che avrà luogo giovedì 22 novembre 2001, alle ore 11.30, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, nel quarto anniversario dell’apertura dell’Assemblea Speciale per l’Oceania.

Tra gli invitati a questo evento, vi sono i membri del Consiglio Post-sinodale per l’Oceania, i membri della Curia Romana che hanno partecipato come Padri sinodali a tale Assemblea Speciale, i membri del Consiglio Post-sinodale per l’Asia, che si troveranno a Roma per un incontro già programmato, e il Presidente e il Comitato Esecutivo della Federazione delle Conferenze dei Vescovi Cattolici dell’Oceania. Saranno invitati anche altri partecipanti all’Assemblea Speciale per l’Oceania che si troveranno a Roma in quella data, di modo che possano essere presenti a questa importante occasione, che concluderà la fase dei lavori dell’Assemblea Speciale per l’Oceania.

In questo momento chiedo le vostre preghiere per la Chiesa in Oceania, che ha atteso con ansia questo documento. La Chiesa in questa regione è ora chiamata ad accogliere l’insegnamento apostolico post-sinodale in spirito di amore, a diffonderlo e ad attuare i suoi contenuti a livello delle diocesi e delle parrocchie con rinnovato zelo missionario in risposta all’appello costante del Santo Padre ad una nuova evangelizzazione, in particolare all’inizio del terzo millennio.

[00278-01.04] [nnnnn] [Testo originale: inglese]

Quindi, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi ha dato la seguente comunicazione circa i lavori sinodali:

Occorre inserire una variazione nel nostro calendario, alla giornata di giovedì 11 ottobre.

Domani mattina, alla XVI Congregazione Generale, celebreremo l’Hora Tertia con preghiere per le vittime del terrorismo e per la pace; dopodiché si terrà l’Audizione dei Delegati Fraterni; infine proseguirà la discussione generale in Aula.

Nel pomeriggio si terrà la XVII Congregazione secondo l’ordine del giorno, ma con l’aggiunta di una variazione di grande importanza. Infatti, verso la fine della Congregazione, alle ore 18.45, si terrà qui in Aula una speciale recita del rosario come atto della nostra comunione per impetrare la pace secondo l’intenzione di Sua Santità Giovanni Paolo II, in carità pastorale e collegiale sollecitudine di tutte le Chiese.

[00279-01.04] [nnnnn] [Testo originale: latino]

In seguito, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi ha dato lettura dell’Elenco dei Relatori dei Circoli Minori, eletti nella Seconda Sessione di questa mattina. Riportiamo l’elenco in questo Bollettino.

Infine, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi ha dato la seguente comunicazione riguardante una variazione all’Elenco dei Moderatori dei Circoli Minori:

Si è tenuta un’altra votazione per la sostituzione di S.E.R. Mons. Anthony Theodore Lobo, che è rientrato nella sua diocesi.

E’ stato eletto il Moderatore del Circolo Anglicus B, S.E.R. Mons. Michael Concessao, Arcivescovo di Delhi (India).

[00281-01.04] [nnnnn] [Testo originale: latino]

A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 19.00 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 233 Padri.

AUDITIO AUDITORUM II

Sono intervenuti i seguenti Auditori e Auditrici:

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi degli Auditori e Auditrici:

Sig.ra Barbara PANDOLFI, Direttrice Generale delle Missionarie di Cristo Re (Italia)

Questo intervento nasce dall'esperienza che come laici viviamo all'interno di molteplici realtà in un mondo attraversato oggi da grandi cambiamenti epocali.

Mentre sentiamo crescere in noi la passione e l'ansia per il mondo, sempre più spesso ci troviamo, a constatare la lacerante divisione tra fede e vita, tra Vangelo ed espressioni culturali, tra Chiesa e mondo.

La composizione di queste tensioni può essere individuata, forse, anche a partire da uno sguardo positivo sul mondo, attento a scoprirvi i germi di bene, i semi della Grazia di Dio.

Nello sforzo di superare le ambiguità presenti nella realtà umana, abbiamo bisogno di essere aiutate, dai nostri Pastori, a:

- riconoscere la presenza dello Spirito, che opera e attende di essere accolto;

- discernere i segni di speranza e di profezia, per accoglierli, farli fruttificare e portare a pienezza;

- saper vedere, proprio a partire dall'interno della realtà e della storia, il desiderio che Dio nutre per la sua creazione;

- crescere nella consapevolezza che la realtà, il mondo, la storia sono il luogo teologico proprio del credente.

L 'Incarnazione del Verbo ci rivela la volontà di Dio che sceglie in modo definitivo, la condizione della "nostra umanità e fragilità" (S. Francesco) come sua propria condizione. Nel volto umano di Gesù Cristo ci è rivelato il desiderio che Dio nutre per ciascun uomo: che egli diventi pienamente se stesso e possa compiere la sua vocazione originaria.

Per questo non possiamo non essere sollecitate, soprattutto, dalla povertà dell'altro, dalla debolezza dei piccoli, dal disorientamento dei giovani, dalla solitudine dei deboli, che a noi è più facile incontrare.

Siamo consapevoli che solo guardando la realtà con gli occhi di Dio, riusciremo a cogliere i gemiti del mondo non come quelli dell'agonia, ma come quelli delle doglie del parto di un mondo nuovo, nel quale avrà stabile dimora la giustizia e sarà luminosa la presenza di Dio.

[00259-01.04] [ud014] [Testo originale: italiano]

Sig. Zbigniew NOSOWSKI, Direttore della pubblicazione "Wiez" (Polonia)

1) Sappiamo molto bene quanto sia difficile proclamare l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia nel mondo contemporaneo, che spesso rifiuta totalmente il matrimonio o lo riduce a un contratto transitorio fondato sul piacere. Per questo - in quanto laico, marito e padre - mi sono chiesto come mai la nostra Chiesa non abbia dato alle famiglie cristiane un esempio di coppia sposata, riconosciuta ufficialmente - in quanto coppia - come beata o santa.

Tuttavia, molto presto - durante questo Sinodo - parteciperemo alla prima beatificazione di questo tipo. Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi saranno la prima coppia nella storia bimillenaria della nostra Chiesa, ad essere beatificata. Saremo finalmente in grado di venerare dei cristiani che hanno consapevolmente progredito sul cammino della santità non individualmente "nonostante" il loro matrimonio (come è successo a molti santi del Medioevo), bensì insieme "attraverso" il sacramento del matrimonio.

La cerimonia avrà simbolicamente luogo nel primo anno del nuovo secolo e del nuovo millennio. Spero che questo sia solo l’inizio. Perciò chiedo ai Padri sinodali che sollecitino le loro strutture diocesane a processi di beatificazione di coppie sposate con lo stesso zelo che manifestano nei casi dei sacerdoti.

Lasciatemi anche dire che sogno una celebrazione liturgica della festa della Sacra Famiglia di Nazareth il 26 dicembre. Il Natale - perfino nella secolarizzata cultura occidentale - rappresenta il momento in cui i valori familiari vengono particolarmente sentiti. Secondo me sarebbe assai utile, dal punto di vista pastorale, se le conferenze episcopali avessero il diritto di decidere di fissare questa festa il 26 dicembre, che si tratti o meno di un giorno di vacanza.

2) Nelle comunità "Fede e Luce" fondate da Jean Vanier, che si uniscono attorno a persone con handicap mentali, ho imparato che la Chiesa ha ricevuto due tesori: l’Eucaristia e i poveri. Ma questi due tesori raramente vanno insieme.

Solo una proposta. È una tradizione del nostro movimento che le persone mentalmente handicappate servano Messa. Per loro si tratta di un momento di grande onore e di gioia, per altri rappresenta un segno evidente che Dio ha amato e scelto quanti sono stolti agli occhi del mondo. Non sarebbe opportuno se i vescovi insistessero perché persone con handicap evidenti fisici e mentali servano Messa? Non invece di, ma piuttosto insieme a quei chierichetti belli e ben vestiti che di solito fanno servizio all’altare...

3) Nel tema di questo Sinodo, si parla di dare speranza al mondo. L’Instrumentum laboris ci ricorda che il Vescovo dovrebbe essere un profeta di speranza. È un chiaro riferimento al discorso che Papa Giovanni XXIII ha tenuto all’apertura del Concilio Vaticano II, quando ha parlato di profeti di speranza e profeti del destino.

Ma come è possibile essere profeti di speranza se occorre che i vescovi siano segni di contraddizione contro le pericolose tendenze della cultura contemporanea, se è necessario criticare? Dalla mia esperienza di giornalista e commentatore, posso dire che è possibile essere profeta di speranza ed essere allo stesso tempo un segno di contraddizione.

I vescovi polacchi hanno scritto nella loro importante lettera sul dialogo e la tolleranza (1995), che le pene del mondo devono essere anche le pene della Chiesa. Perciò quando i cristiani, compresi i vescovi, criticano il mondo, devono presentarsi come facenti parte del mondo, che soffrono con lui, non come osservatori esterni. Gli atteggiamenti critici - se vogliamo che vengano ascoltati e recepiti - devono provenire chiaramente dall’interno del mondo e non dall’esterno. Deve essere chiaro che noi critichiamo il nostro mondo, non un mondo che ci è alieno.

[00260-01.04] [ud015] [Testo originale: inglese]

Sig. Robert SIKIAS, Presidente emerito del Consiglio per i Laici (Libano)

Il nostro Consiglio, organo di servizio, coordinazione e di comunione, nel rispetto della personalità, del Carisma e del ruolo di ciascuno. Una manciata di laici, intorno alla Commissione Episcopale dell’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici del Libano.

Molti ostacoli: incomprensioni, conflitti, inimicizie, esclusioni. Far crollare i muri, riempire i fossi, guadagnare la fiducia, soprattutto dei vescovi...

Il problema più grave sono stati i giovani!

Scoraggiati dalle tensioni, dal linguaggio ermetico e soprattutto dalla mancanza di fiducia che era stata loro accordata.

Visita di Giovanni Paolo II e GMG

Un avvenimento fuori dal comune: la visita di Sua Santità Giovanni Paolo II in Libano. Precedenti partecipazioni da 2 a 4 persone. A Tchestokova un autobus di 40 persone. Per la GMG di Parigi, i nostri giovani, entusiasmati dalla visita di Giovanni Paolo II in Libano, e per il suo indimenticabile incontro con i giovani di Harissa, vogliono lanciare un appello a tutto il paese.

La benedizione del Patriarca Cardinale Sfeir in persona. Esperienza meravigliosa per il gruppo di giovani volontari in un clima di solidarietà e trasparenza totale. Dare le stesse opportunità a tutti, soprattutto alle diocesi lontane da Beirut. Più di 2500 giovani libanesi a Parigi all’appuntamento con Sua Santità Giovanni Paolo II e i soldi rimasti restituiti ai giovani.

I frutti della GMG di Parigi

Apertura verso la realtà della Chiesa universale. Gemellaggio con le diocesi francesi. Amicizie profonde, più di 20 delegazioni francesi in Libano durante l’estate successiva. Collaborazione dell’apostolato dei laici delle nostre due Chiese. Nascita delle commissioni di giovani intorno ai vescovi.

Soprattutto: La nostra commissione di giovani; 50 ragazzi e ragazze impegnati al servizio della Chiesa, con uno slancio, una serietà e una efficacia notevoli.

L’anno Giubilare

Abbiamo accompagnato e animato tutte le realtà dell’Anno Santo del nostro paese, in Libano e a Roma. Grazie ai nostri 1500 giovani libanesi a Tor vergata.

Idee semplici

Non criticare, non giudicare; amare prima di tutto, senza aspettare che l’altro prenda l’iniziativa, amare il movimento dell’altro quanto il proprio, la diocesi dell’altro come la propria. Gesù si trova là dove vive l’amore reciproco: "Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt. 18,20).

Amore reciproco, disponibilità, lavoro d’equipe. "Donare la propria vita per gli amici" fonte di autentica comunione.

Ai pochi che resisteranno possiamo proporre un ideale che darà un senso, un gusto alla loro vita, più che qualunque ricerca di danaro, piacere, scienza o potere: protagonisti efficaci nella nuova evangelizzazione del loro paese e di tutto il Vicino Oriente.

[00261-01.03] [ud016] [Testo originale: francese]

Sig. Enrique GALARZA ALARCON, Consulente della Conferenza Episcopale Ecuadoriana (Ecuador)

Sentiamo spesso dire che gli uomini e le donne di oggi vengono sedotti dagli idoli del XXI secolo. Si dice: il potere, la ricchezza e il piacere hanno conquistato i sogni dell’umanità. Si insiste a dire che le prime vittime sono i giovani. Vorrei dire che non veniamo sedotti; gli idoli non riempiono il vuoto prodotto da qualsiasi forma di materialismo ateo.

La maggior parte degli uomini e delle donne nel mondo attuale sono impoveriti: hanno fame di pane, ma allo stesso modo hanno fame di Dio.

Vogliamo che i nostri vescovi abbiano la certezza, come la ebbe Maria, che il Signore ama ogni uomo e ogni donna di un amore infinito e che salva. Ogni vescovo, prima che un saggio o potente, è un prescelto, un unto da Dio, per essere sacramento di salvezza, del suo Amore. Deve essere uomo di fiducia e speranza. Ogni vescovo è chiamato a essere pontefice, ponte, tra Dio e gli uomini, tra di loro e con la natura, e con se stesso.

I laici, padri e madri di famiglia, stanno apprendendo tardivamente ciò che ha detto la Chiesa: non basta che i figli vengano amati. Occorre non solo che vedano e sentano, ma anche e soprattutto che percepiscano di essere amati. Solo così è possibile educarli e formarli alla verità e al bene. Questo che vale per noi, padri e madri di famiglia, vale anche per i nostri vescovi. Ogni figlio è unico, diverso da tutti gli altri, e ognuno di loro chiede per sé una parola, una presenza. Per essere accettati come padri e maestri, i vescovi devono essere "prima" percepiti come fratelli e amici.

Sono stato vicino a molti vescovi. Credo che a tutti manchi il tempo di fare tutto ciò che vorrebbero. Qualcuno vorrebbe fermare il sole nel firmamento, di modo che il giorno abbia 300 ore per lavorare. Tuttavia, se anche questo fosse possibile, il tempo non sarebbe comunque sufficiente per fare il bene. Nel loro piccolo anche i laici hanno questa tentazione: vorremmo dare ai figli certezze assolute e definitive, senza pensare che, tutto sommato, si tratta di certezze temporanee e relative. A volte basterebbe fare il possibile, con urgenza, ma definendo le priorità e in spirito di corresponsabilità, affinché ciò che si fa sia ben fatto, lasciando che il Signore supplisca il resto, cosa che certamente farà in abbondanza.

Gli uomini e le donne, oggi, hanno bisogno di credenti che trasmettano la speranza attraverso un messaggio testimoniato con convinzione ed entusiasmo. La vocazione alla santità è una chiamata all’affermazione di sé e alla piena felicità. Rinunciare al peccato significa rinunciare alla negazione di sé, all’egocentrismo, all’egoismo e alla morte. Il Dio di Gesù Cristo è il Dio della libertà, della giustizia, della vita, della pace. Gesù Cristo è la verità e occorre affermarla, di modo che tutti la conoscano e si avvicinino al Padre.

Vorremmo e abbiamo bisogno di vescovi santi, che cerchino di essere coerenti in ciò che credono, pensano, dicono e fanno. Vescovi che siano degni, distaccati e liberi di fronte ad ogni vincolo e potere, e che si sentano al tempo stesso servitori indegni dei più umili e poveri, di quanti non possono dare loro niente in cambio e che talvolta non riescono nemmeno a riconoscere il bene ricevuto.

Vorremmo e abbiamo bisogno di vescovi che ascoltino e amino la Chiesa, nel quotidiano, nel concreto, che la amino soprattutto nelle persone, cominciando dai loro fratelli vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche.

A causa del crescente impoverimento di cui soffrono, gli ecuadoriani vivono ora una diaspora. La Chiesa universale, presente in ogni Chiesa particolare, si è manifestata in uno solo dei suoi ruoli, come Madre e Maestra. Essa è anche un segno di collegialità. Confido nel fatto che i miei compatrioti saranno, a partire dal vissuto nelle proprie case, un valido aiuto e una forza nuova per la Chiesa e i vescovi che paternamente li hanno accolti.

[00262-01.04] [ud017] [Testo originale: spagnolo]

Rev. Suor Jolanta OLECH, U.S.J.K., Superiora Generale delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante; Presidentessa della Conferenza delle Superiore Maggiori degli Istituti Femminili in Polonia (Polonia)

Nel mio intervento vorrei riferirmi all'art. 92 dell'Instrumentum laboris (Sollecitudine del Vescovo per la vita consacrata) letto alla luce della Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, in particolare nella parte riguardante la Chiesa come la casa e la scuola della comunione (art. 43 e 45).

Tre brevi riflessioni:

1. L'Instrumentum laborjs parla della sempre presente "istanza d'incrementare i mutui rapporti tra le Conferenze episcopali, i Superiori maggiori e le loro stesse Conferenze". La strada che è stata fatta sembra molto fruttuosa e incoraggiante, anche se non sempre libera dalle incertezze. Un'importanza particolare per l'incremento di queste mutuae relationes hanno le cosiddette commissioni miste vescovi-religiosi che dovrebbero essere anzitutto strumenti di scambio e di consultazione. Dopo diversi anni di lavoro sembra, che potrebbero avere una loro parte ancora più efficace se si rivedesse l'impostazione di queste commissioni, dando ad esse un volto più concreto e forse anche delle competenze, sempre in rispetto alle precise regole alla partecipazione, ma anche secondo, la spiritualità della comunione (NMI, v. 45).

2. Sarebbe sicuramente molto utile che anche a livello diocesano potessero esistere strumenti adatti ed efficaci (commissioni, gruppi di lavoro o altri) per favorire contatti stabili e qualificati per le mutuae relatationes tra diverse forme di vita consacrata presenti nella diocesi, e il loro Vescovo. Questi strumenti sarebbero di un'importanza tutta particolare per gli istituti di vita consacrata laicale (fratelli, istituti femminili, istituti secolari), che avrebbero in questo modo più possibilità di portare all'attenzione del vescovo le loro realtà che hanno spesso sfumature differenti dai problemi che vivono gli istituti religiosi clericali. Nelle persone consacrate e parlo anzitutto a nome delle donne consacrate, potrebbero rinforzare ancor più il senso e la gioia di appartenere e di servire la comunità ecclesiale - nostra casa comune, in cui ciascuno viene ascoltato e ha un suo insostituibile posto nella costruzione del Regno di Dio.

3. L'ultima riflessione si riferisce alla pastorale vocazionale, considerata opera di tutta la comunità dei credenti e che vede la vocazione come la chiamata a una vita cristiana matura e che dà spazio a tutti i doni dello Spirito (NMI, 46). Urge, data la situazione in cui viviamo, che si passi dai propositi e dai progetti all'opera, specialmente a livello delle diocesi e delle parrocchie. Che venga promossa una pastorale delle vocazioni segnata da quel salto di qualità di cui ha parlato il Santo Padre nel suo Messaggio del 1997; una pastorale che stimoli tutti i battezzati ad assumere la responsabilità per la propria vita come testimoni di Cristo e per la vita della Chiesa; una pastorale che raggiunga le parrocchie, le famiglie, i giovani, i centri educativi; che sia una pastorale fatta in armonia e con la collaborazione di tutta la comunità diocesana: vescovi, sacerdoti, persone consacrate, laici; una pastorale diretta a invitare ciascuno a dare una risposta alla chiamata di Dio, ma che dà spazio particolare a questi figli e figlie della propria comunità che desiderano donarsi totalmente alla causa di Gesù Cristo e del Suo Corpo che è la Chiesa, considerandoli un segno della maturità della comunità.

[00263-01.05] [ud018] [Testo originale: italiano]

Rev. D. Arnaud DEVILLERS, F.S.S.P., Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pietro (Stati Uniti d’America)

Il mio nome è Arnaud Devillers. Sono il Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pietro, una comunità piuttosto recente, in quanto questo mese celebriamo il nostro 12° anno di esistenza. Nonostante questo, abbiamo già costruito due seminari maggiori, uno in America e uno in Europa. La nostra casa madre è ad Augusta, nella Germania meridionale, ed io vivo lì da circa un anno. Parlo in inglese in quanto sono ancora sulla "via purgativa" nella mia ricerca di padroneggiare il tedesco! Molti hanno insistito - e giustamente - sulla paternità spirituale del vescovo. Vorrei condividere con voi la mia esperienza sulle necessità spirituali di alcuni dei vostri figli.

Nel corso degli ultimi dodici anni, io e miei confratelli sacerdoti abbiamo svolto il nostro ministero per una determinata categoria di fedeli. Tali fedeli sono di origini etniche diverse, ricchi e poveri, giovani e vecchi, istruiti e non, praticanti e non praticanti, in piena comunione con i loro vescovi oppure no, cattolici dalla nascita o convertiti, ma tutti loro hanno un punto in comune; insistono - al fine di praticare la loro fede - per assistere o desiderano partecipare a una Messa in Latino secondo il Messale romano del 1962. Per farlo, non esitano a sottoporsi a grandi sacrifici personali e familiari. Per molti di loro non si tratta di un viaggio nostalgico, anche perché sarebbero in ogni caso troppo giovani per ricordarla. Le loro motivazioni sono diverse, alcune legittime, altre no. Per alcuni si tratta soltanto di una preferenza, per altri qualcosa che avvertono con più forza. Tutti, comunque, sembrano trovarvi realizzazione spirituale e felicità.

Nel 1988, in risposta a uno strappo nella Chiesa, il Sommo Pontefice ha scritto Motu proprio una Lettera apostolica, Ecclesia Dei adflicta, in cui ha affermato che questo attaccamento "ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina" rientra nelle "giuste aspirazioni" e ha chiesto il sostegno "dei vescovi e di tutti coloro che svolgono nella Chiesa il ministero pastorale". "Inoltre dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla sede apostolica, per l’uso del Messale romano secondo l’edizione tipica del 1962". Molti vescovi in effetti sono stati generosi verso questo appello del Santo Padre, e nelle loro diocesi i fedeli possono avere questa opzione liturgica. A nome di tutti questi fedeli, vorrei ringraziare il Santo Padre e tutti i vescovi che hanno accolto il suo appello...

Ovunque il vescovo locale sostiene e incoraggia quest’opera, i risultati sono veramente sorprendenti. Persone che hanno abbandonato la fede o la pratica non solo frequentano regolarmente la chiesa, ma a poco a poco cominciano a comprendere più pienamente il mistero della Chiesa, gerarchia e comunione. Spesso diventano molto generosi con il loro tempo in diversi ministeri diocesani, per esempio nell’apostolato per la vita.

Termino questo intervento con un appello a quanti hanno la responsabilità di una diocesi: vi prego di rispondere generosamente all’appello del Santo Padre nel garantire la Messa di Indulto a quanti lo richiedono. Poiché ho viaggiato e ho fatto visita a gruppi di fedeli, spesso ho sentito di aver portato loro speranza, ma non ho potuto fare a meno di provare un dubbio ossessionante: cosa accadrebbe se le loro speranze venissero disattese? Perché questo ministero abbia successo, accertatevi che essi si sentano accolti e di essere inoltre un padre per loro; assicuratevi di nominare dei sacerdoti che abbiano l’empatia, il tempo e la pazienza di essere loro pastori, che lavorino in piena comunione con voi e il vostro presbiterio, e allora vedrete gli effetti straordinari della grazia. Se non trovate sacerdoti così, non esitate a chiamare...

[00265-01.04] [ud020] [Testo originale: inglese]

Rev. Suor Antonia COLOMBO, Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Italia)

Mi riferisco ai numeri 28, 96, 109 dello Strumento di lavoro. Evangelizzare educando le nuove generazioni è impegno imprescindibile all’inizio del terzo millennio.

Condivido in proposito quattro convinzioni:

1. Educare è fare cultura: nella crisi in cui viviamo, la missione di educare impegna ad elaborare con i giovani proposte culturali ispirate ai valori evangelici. Lo Strumento di lavoro auspica la promozione di iniziative di ampio respiro come la creazione di università cattoliche, il potenziamento delle scuole cattoliche (cfr. IL 109). In questo compito i vescovi possono contare sulla collaborazione di laici e religiosi - uomini e donne - in grado di offrire contributi significativi nei diversi campi della scienza, dell’arte, della tecnica a servizio della verità sulla persona umana e sul destino dei popoli.

I giovani, coinvolti nella ricerca da maestri che sono soprattutto testimoni, attivano le loro risorse in un dialogo culturale che rafforza la loro fede, li rende evangelizzatori dei coetanei, capaci di dare ragione della propria speranza.

2. Ogni vita è vocazione: la dimensione vocazionale, che concepisce la vita come dono e come compito. È intrinseca all’educazione cristiana e prepara a vivere, nella Chiesa-comunione di doni, il reciproco potenziamento delle diverse vocazioni a servizio dell’unica missione. Coinvolge i giovani nel discernimento del disegno di Dio su di loro, il sostiene nelle scelte fondamentali dell’esistenza mediante l’ascolto, il dialogo, l’accompagnamento personalizzato.

3. Dio creò la persona umana a sua immagine, maschio e femmina li creò (cfr. Gn 1, 27). Questa convinzione impegna a educare in conformità alla proposta biblica uniduale sulla persona umana. La prassi educativa è ancora lontana dall’integrare, nella fondamentale uguaglianza, la prospettiva della reciprocità. Il mistero trinitario rivelato da Gesù proietta una luce nuova non solo sulla relazione uomo-donna, ma anche sulla bellezza di ogni differenza - personale o culturale - quando è assunta come polo di reciproco potenziamento nell’accoglienza, nel dialogo, nella comunione.

Vorrei qui segnalare il fenomeno della tratta delle donne e dei bambini per il commercio sessuale. La sua maggiore gravità consiste nell’impoverimento umano di chi lo promuove e alimenta. Gli effetti sono la perdita del senso dell’amore umano, la disgregazione della famiglia, la disumanizzazione della cultura.

Il Santo Padre sollecita a riconoscere il genio della donna (cfr. MD 30) a favore della vita e dell’umanizzazione della cultura.

4. Educarci ed educare a globalizzare la solidarietà: valorizzare una visione coerente e aggiornata della dottrina sociale della Chiesa è una tra le più significative opportunità per offrire un contributo al rinnovamento della cultura e solide basi al dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale.

Il risveglio della società civile è un fenomeno recente che interpella fortemente l’educazione alla cittadinanza attiva, critica e propositiva, lontana dal ricorso alla violenza. I giovani, in numero crescente, esprimono la disponibilità ad impegnarsi, attraverso il volontariato anche nella missione ad gentes, in azioni che promuovono il rispetto dei diritti umani, la solidarietà e la pace. Riconoscono, a contatto con la vita dei poveri, il valore fondamentale dell’esistenza, liberata dai pesanti condizionamenti della società consumistica.

[00266-01.04] [ud021] [Testo originale: italiano]

Sig.ra Elizabeth MKAME, Vice Presidentessa del Consiglio Pastorale dell’Arcidiocesi di Durban (Sudafrica)

Le richieste dei laici

Può la Chiesa utilizzare le risorse umane all’interno di ogni diocesi - professionisti, pensionati - per diffondere il Regno di Dio, coinvolgendole nel lavoro parrocchiale o nell’elaborazione di progetti di sviluppo sostenibile che potrebbero portare benefici a poveri e disoccupati?

Riguardo alla nuova generazione di giovani altamente specializzati che occupano posti di governo, che sono nel campo degli affari o sono lavoratori autonomi, è possibile coinvolgerli, aiutarli nella loro vita spirituale? Si stanno definitivamente allontanando dalla Chiesa. (Sono ricchi e autosufficienti).

[00276-01.05] [ud022] [Testo originale: inglese]

Sig. Nazario VIVERO, Assessore della Conferenza Episcopale Venezuelana; Membro del Pontificio Consiglio per i Laici (Venezuela)

Mi concentrerò sugli eventi dell’11 settembre. Il Sinodo si sta svolgendo con questo sfondo come interrogativo assimilabile a un segno dei tempi (cfr. IL 144). La mia testimonianza, che sarà un contributo a un’interpretazione, vuole esprimere alcune "speranze" sull’impegno cristiano nell’azione sociale, politica e culturale, come anche sulla formazione sacerdotale e il profilo del vescovo.

L’evento e la sua interpretazione.

È stato sottolineato che ogni autentico avvenimento mostra il paradosso del potere, con razionalità e perversioni specifiche. Quello dell’11 settembre, il cui carattere di disumanità e di peccato non va sottovalutato, "dà da pensare", per la sua novità, il suo aspetto di sfida e l’esigenza di una saggia risposta nel campo socio-economico, politico ed etico-culturale: ha "tremato" l’autosufficienza di una certa globalizzazione e la "fine della storia" del mercato senza vincoli, di una forma di politica liberale e di "pensiero unico", ma anche una certa ingenuità o insufficienza della denuncia moralizzante dell’ingiustizia e di certi "ismi". Tutti questi atteggiamenti infatti non riconoscono che il nuovo è l’irruzione del terrore e la ricerca ansiosa di sicurezza, che esigono risposte politiche prudenti in un universo economico la cui logica immanente è l’utilità e l’efficienza, e il cui "ethos" è il primato della ragione strumentale, la realtà come processo strutturale autosufficiente e un agire funzionale di "soggetti" senza ulteriore identità.

... per la speranza del mondo.

Un pensatore cattolico ha definito la speranza come uno sperare in Qualcuno e uno sperare in qualcosa. La prima, personale e personalizzante, la seconda, tentata dal "cosismo", punta tuttavia alla nostra condizione incarnata. Alcune "speranze": una prima, senza eludere la denuncia profetica, è approfondire l’annuncio e l’impegno positivi a favore dell’azione organizzata nel mondo del lavoro, la testimonianza e l’azione efficaci nelle diverse sfere dell’attività culturale, scientifica e artistica, e far fronte allo svilimento della politica, ambito particolare di umanizzazione e di esercizio della carità e i cui mali reali si risolvono soltanto con una politica più intensa e migliore. Una seconda "speranza" sta nell’aggiornamento e nell’approfondimento della formazione spirituale, teologica e umana dei nuovi sacerdoti, con una maggiore attenzione alla strutturazione dei loro centri di studio e alla formazione di un tipo di sacerdote più conforme alle nuove esigenze di evangelizzazione.

Un’ultima "speranza", per quanto riguarda il profilo del vescovo per la nuova situazione culturale: un uomo con capacità di apertura e di accoglienza al riconoscimento della grande novità che lo Spirito del Signore suscita: in ogni persona umana, per la libertà che fa sì che "l’uomo superi infinitamente l’uomo", e nella Sua Chiesa, facendola vivere nella verità che Dio, e solo Lui, è "il futuro assoluto dell’uomo".

[00277-01.04] [ud023] [Testo originale: spagnolo]

Sig. Carl Albert ANDERSON, Cavaliere Supremo dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo; Vice Presidente per la Sezione di Washington D.C. dell’Istituto "Ioannes Paulus II" per gli Studi sul Matrimonio e la Famiglia (Stati Uniti d’America)

Il tema: "Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo" è di grande importanza per la famiglia. La comunione trinitaria espressa dal vescovo per l’unità della Chiesa particolare riveste un significato speciale per la famiglia cristiana. La spiritualità della comunione trinitaria ha fondamenta ontologiche. Uno dei più importanti contributi della Familiaris Consortio è l’enfasi posta sulla comunione trinitaria come principio animatore della vita e della struttura della famiglia. Questa consapevolezza del carattere trinitario della famiglia ci permette di vedere più chiaramente il ruolo ecclesiale della famiglia come Chiesa domestica, così come prevede il suo ruolo nella nuova evangelizzazione. Se la famiglia deve realizzare in modo più pieno e concreto la sua realtà ecclesiale, occorrono una maggiore comunione e solidarietà della famiglia cristiana con il vescovo. Da qui la domanda: il vescovo può esprimere la comunione trinitaria con la Chiesa domestica in modo simile a quello in cui la esprime con la Chiesa particolare e la Chiesa universale? La realtà ontologica della comunione trinitaria che anima la struttura di ogni rapporto umano (e soprattutto la famiglia) rende più evidente che associazioni quali i Cavalieri di Colombo, che combinano la sollecitudine per la vita familiare con il provvedere alla sua sicurezza economica, e che aiutano i laici a realizzare la loro missione di rinnovare la società, sono strutture di mediazione; possono integrare i laici e la loro missione nella vita quotidiana della parrocchia se operano in solidarietà con il vescovo.

[00264-01.04] [ud019] [Testo originale: inglese]

INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Quindi, sono intervenuti i seguenti Padri:

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi dei Padri sinodali:

S.E.R. Mons. Joseph Theodorus SUWATAN, M.S.C., Vescovo di Manado (Indonesia)

Vorrei presentarvi le mie riflessioni su una questione cui, a mio avviso, non si è ancora dedicata sufficiente attenzione. È la questione del nostro modo di essere Chiesa nel mondo e quindi anche del nostro essere vescovi di questa Chiesa per la speranza di questo mondo.

Quando, nel 1965, fu promulgata la Costituzione Pastorale Gaudium et spes, ero ancora un giovane seminarista, eppure ricordo ancora l’entusiasmo che quel prodotto ispiratore dei Padri del Concilio Vaticano II suscitò in noi. Quel documento presentava infatti un’immagine innovativa della Chiesa come comunità dei seguaci di Cristo che si sentono come facenti parte di e solidali con, tutto il genere umano, nelle loro gioie e nelle loro speranze, nei loro crucci e nelle loro ansie: una Chiesa che non resta distaccata, ma si incarna veramente nella comunità umana.

In quanto seguaci di Cristo, dobbiamo essere una Chiesa che è pienamente e intimamente legata all’umanità e alla sua storia. Nulla che sia autenticamente umano è estraneo alla Chiesa. Solo essendo una Chiesa solidale con il mondo, potremo dare speranza al mondo. In qualsiasi parte del mondo abitiamo, il vescovo con la sua comunità ecclesiale vive nel mondo di una più ampia comunità umana che è una comunità pluralistica ed eterogenea di diverse religioni e credenze, di culture e lingue diverse. La nostra presenza come comunità ecclesiale è un segno di speranza? Siamo solidali e partecipiamo ai loro sforzi per operare per il bene comune di tutti, qualunque sia la loro religione o credenza, la loro cultura o appartenenza etnica? Il vescovo dovrebbe essere il paladino di una nuova fratellanza umana dove vi sono giustizia e pace per tutti.

E qui troviamo l’importante ruolo riservato ai nostri laici. Noi vescovi dovremmo far sì che i nostri laici siano in grado di creare una nuova fratellanza umana basata su autentici valori umani che sono fondamentalmente valori cristiani. La Grande Assemblea della Chiesa Cattolica in Indonesia per la celebrazione dell’Anno Giubilare riconosce il ruolo chiave dei laici che, tramite la loro presenza e le loro attività, non soltanto all’interno delle comunità ecclesiali di base, ma anche e soprattutto all’interno delle comunità umane di base in cui vivono e lavorano, potranno mettere in pratica i valori evangelici della giustizia e dell’amore, della pace e della fratellanza. Se sarà così, vi sarà speranza per il mondo intero e ciascuno comincerà dal piccolo mondo dove vive e lavora.

[00246-01.04] [in202] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Franklyn NUBUASAH, S.V.D., Vescovo titolare di Pauzera, Vicario apostolico di Francistown (Botswana)

In Botswana, l’HIV/AIDS ha talmente devastato il nostro popolo da farlo spesso apparire come un popolo senza speranza. Un terzo della nostra popolazione è infettata dal virus mortale e tutti noi ne siamo colpiti. Come si può ancora sperare quando si vedono morire tanti giovani? Cosa si può dire alle persone che si trovano in un simile stato, afflitte e inconsolabili? In queste persone vediamo l’esempio del Cristo sofferente. Il Padre le ha abbandonate? Assolutamente no.

Vi sono molte persone sposate fedeli che sono state infettate dal coniuge infedele. Queste potrebbero essere viste come i martiri della fede. Erano fedeli e innocenti, ma sono state infettate da qualcun altro. Vi sono sacerdoti e altri operatori sanitari che si trovano ogni giorno di fronte ai malati e vengono distrutti dall’esperienza della mancanza di speranza. Si rivolgono alla Chiesa perché li assista. Guardano al vescovo.

Il vescovo è chiamato a portare la speranza al popolo con la sua presenza. È presente quando visita le comunità della sua diocesi. Può essere presente quando presiede la celebrazione dell’Eucaristia e quando amministra il Sacramento della Confermazione al suo popolo. Il vescovo dovrebbe anche celebrare dei servizi di guarigione per il suo popolo, per assicurarlo dell’amore del Padre e amministrargli il Sacramento degli Infermi. Il vescovo può essere il primo ministro dei malati. Il vescovo dovrebbe istituire una specie di ministero per gli operatori sanitari. Essi hanno bisogno di incoraggiamento e speranza.

Il vescovo porta la speranza ai malati quando li visita nelle loro case e in ospedale. In tal modo egli porta loro la compassione e la consolazione di Dio. S’identifica con loro nel loro dolore. Li guida teneramente come un buon Pastore verso i verdi pascoli dell’amore del Padre. Alcune persone si sono suicidate dopo avere appreso di essere sieropositive. Avevano perduto la speranza e lo scopo della vita. Il vescovo aiuta i malati terminali ad accettare la loro condizione e a far pace con Dio. Riconosco il ruolo importante svolto dai religiosi e soprattutto dalle religiose nel ministero di servizio al malato. Servendo i malati, corrono dei rischi. Li saluto tutti.

Il vescovo risponde alla domanda che Dio ha rivolto a Caino: "Dov’è tuo fratello?". Il vescovo diventa custode del fratello e della sorella. Vuole il loro bene e cerca dei modi per aiutarli a superare le difficoltà.

In questo contesto, il vescovo è visto come promotore della speranza in una situazione priva di speranza. È un ministro della speranza. Rende partecipe il suo popolo della sua esperienza di vita. Da uomo di fede so che anche il fuoco più violento si esaurisce, e così accadrà anche con questa pandemia. Il vescovo deve predicare le parole eterne di speranza nell’amore e nella compassione di Dio. Davanti alla terribile piaga dell’HIV/AIDS nel nostro Paese, le persone guardano al vescovo affinché sia una guida nel far cadere i tabù che impediscono una corretta educazione in ambito sessuale, nel fornire assistenza ai malati e nell’aiutare a prevenire nuovi contagi incoraggiando un cambiamento di comportamento. È qui che il messaggio di fedeltà al messaggio cristiano può portare speranza alla gente.

[00247-01.04] [in203] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Roberto Octavio GONZÁLEZ NIEVES, O.F.M., Arcivescovo di San Juan de Puerto Rico, Presidente della Conferenza Episcopale (Portorico)

Il mio intervento odierno è ispirato al terzo capitolo dell’Instrumentum laboris. Mi riferisco alla ricerca di maniere differenti per sottolineare, promuovere, rafforzare e aiutare a esercitare la dimensione ecclesiale universale della sollecitudine pastorale di ogni vescovo che sorge dalla nostra esperienza di fede e non dai nostri talenti e preoccupazioni nel campo delle strutture organizzative. Sono d’accordo con quel che ha detto il Cardinal Ratzinger: abbiamo bisogno di più Spirito e meno organizzazione.

La mia proposta è semplicemente di creare strutture di solidarietà economica che aiutino le diocesi povere del mondo a investire le loro risorse e gli aiuti caritativi che ricevono da altre diocesi in modo tale che queste possano sopravvivere alla globalizzazione.

Come parte del suo insegnamento sull’"ecclesiologia di comunione", così come fa il nostro Instrumentum laboris, il Concilio Vaticano II ha sottolineato la necessità che le diocesi e le altre comunità ecclesiali donino una parte delle loro risorse economiche alle diocesi più povere, aiutandosi così reciprocamente nel portare a termine la loro missione comune (cfr. LG 13, 23; CD 6; AA 10; AG 19, 29, 38).

Questo principio è stato recepito nei canoni 1271, 1274.3 e, soprattutto, 1275, che parla di come le Chiese locali più benestanti possono aiutare le più povere. Il Santo Padre ha trattato questo tema nei nn. 37 e 38 di Ecclesia in America. Il canone 1275 insiste sul fatto che i fondi in dotazione a tali programmi debbono essere amministrati in conformità con le norme stabilite dai vescovi competenti. D’altra parte, la mia proposta non si limita ad un aiuto economico concreto, ma tratta anche della competenza necessaria per assicurare la solidità economica di questi fondi e sopravvivere ai ritmi, spesso devastanti per i poveri, dell’economia globale attuale.

Al momento non posso essere più esplicito. Mi sembra che almeno potremmo chiedere di realizzare uno studio sull’argomento, consultando conferenze episcopali nazionali e regionali che abbiano alcune strutture che in un modo o nell’altro già rispondano a questa preoccupazione.

Infine, voglio concludere dicendo che quello che mi spinge ad avanzare questa proposta non sono considerazione di ordine economico o amministrativo, bensì il desiderio, in un mondo globalizzato, di dar risalto a quell’altra "globalizzazione" che è la Città di Dio pellegrina in questo mondo e che si basa sul Mistero della Comunione Trinitaria alla quale siamo stati incorporati per Nostro Signore Gesù Cristo, della quale la Chiesa è mistero-sacramento.

È soltanto addentrandoci in questo Mistero che scopriremo cosa significa essere oggi servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo.

[00237-01.03] [in197] [Testo originale: spagnolo]

S.E.R. Mons. Jerónimo Tomás ABREU HERRERA, Vescovo di Mao-Monte Cristi (Repubblica Dominicana)

Senza togliere importanza ai molti e vari ministeri che l’Instrumentum laboris attribuisce alla missione del vescovo nel momento storico che stanno vivendo la Chiesa e l’umanità, abbiamo giudicato opportuno sottolineare in modo chiaro e netto che il servizio ai poveri, nei suoi molteplici aspetti, deve costituire una delle grandi sollecitudini dei Pastori, soprattutto in tanti paesi e continenti dove dilagano la povertà estrema, le disuguaglianze sociali e il disconoscimento della dignità e dei diritti inalienabili della persona umana. Crediamo che in questo modo seguiamo fedelmente gli insegnamenti e gli esempi del Divino Maestro e gli innumerevoli richiami del Magistero della Chiesa, specialmente nell’attuale pontificato di Papa Giovanni Paolo II.

Crediamo che lavorare instancabilmente per la causa dei poveri e degli emarginati (che tendono ad aumentare con la cosiddetta "globalizzazione" e con il cosiddetto "libero commercio" mondiale) sia il modo migliore di accompagnare il nostro popolo nel suo cammino verso un modo fedele di vivere la nostra Fede, consapevoli che questo atteggiamento dei Pastori costituisce un chiaro annuncio della Buona Novella del Regno.

Instrumentum laboris si esprime in questi termini in vari passi, giungendo a dirci, al n. 145, che la Dottrina Sociale della Chiesa "non soltanto non è estranea, ma è parte essenziale del messaggio cristiano, perché propone le dirette conseguenze del Vangelo nella vita della società". Dopo averci ricordato gli insegnamenti del Magistero in materia, termina dicendoci che "spetta poi alle Chiese particolari, in comunione con la sede di Pietro e fra loro, portare questa stessa dottrina a concrete attuazioni". Tutto ciò deve condurci a non "passare oltre" di fronte a tante persone ferite e colpite dall’ingiustizia sociale e dalle violazioni della dignità e dei diritti umani, ma anzi a essere i buoni samaritani: coloro i quali curano le tante ferite che affliggono la nostra gente umile e, in mezzo a quel dolore e a quella fatica crescono. "Ci muove la carità di Cristo" (2Cor 8, 14).

[00248-01.04] [in204] [Testo originale: spagnolo]

S.E.R. Mons. Josaphat Louis LEBULU, Arcivescovo di Arusha (Tanzania)

Nei paesi in via di sviluppo come quelli africani, il vescovo diocesano, quale "capo e sposo" della sua Chiesa particolare (diocesi) non può essere un segno di speranza per il popolo che gli è stato affidato se non s’impegna pienamente nella lotta per lo sviluppo umano del suo popolo. Infatti, il coinvolgimento del vescovo nello sviluppo integrale del suo gregge non deve in alcun modo essere considerato un hobby, bensì una vocazione, una missione e un dovere da compiere con grande attenzione. È una vocazione che giunge da Gesù Cristo il Buon Pastore, che chiama ed esorta il vescovo ad unirsi a lui nel ministero verso il popolo di Dio in una determinata area (cfr. Mt 9, 35-38). Ritengo, infatti, che il giro dei paesi e delle città della Galilea per guarire ed evangelizzare, compiuto da Gesù Cristo durante il suo ministero pubblico, viene ora realizzato nei villaggi ricchi e poveri dell’Africa, nelle città e nei sobborghi puliti e sporchi dei paesi africani, nelle piazze di mercato e nelle strade delle nostre città, dove molti figli e figlie dell’Africa, creati a immagine e somiglianza di Dio, vengono a poco a poco uccisi dalla piaga della malaria e dalla pandemia dell’HIV/AIDS. Certo, il Signore Risorto è mosso dalla compassione e dalla pietà e quindi si rivolge a tutti noi, vescovi dell’Africa, per diminuire e infine sradicare la malaria e l’HIV/AIDS nelle nostre rispettive diocesi. Il Signore stesso ci chiede di domandare aiuto al Padre, perché si rende conto di quanto sia difficile la situazione se viene lasciata solo alle nostre forze e alla nostra volontà (cfr Lc 11, 9-13). Nella nostra impotenza, chiediamo, cerchiamo e bussiamo alla porta del Padre celeste, affinché ci conceda il dono dello Spirito Santo per essere ispirati a capire la specificità di questa vocazione comprendendo che:

- Il Signore Risorto non ha altri piedi che i nostri per portare la Buona Novella ai poveri - e quanto sono buoni i piedi di colui che porta la Buona Novella ai poveri -.

- Gesù, il Signore Risorto, non ha altre mani che le nostre per benedire gli afflitti, ungere gli infermi, curare i feriti e assistere i poveri e bisognosi.

- Gesù non ha altra mente che la nostra per controllare, analizzare e interpretare le devastanti situazioni socio-economiche, politiche e culturali e individuare le priorità, i programmi, i progetti e i piani strategici per un’azione efficace ed efficiente.

- Soprattutto, Cristo non ha altro cuore che il nostro con cui amare tutti i popoli e quindi ispirare speranza nel popolo, nella società e nel mondo intero.

Quando una persona viene chiamata a svolgere il ministero di vescovo, non viene solo chiamata ad assistere o ad aiutare Gesù Cristo nella sua opera di evangelizzazione! Avendo il vescovo interiorizzato la persona, la missione e la vocazione di Gesù Cristo per quanto riguarda la necessità di operare per lo sviluppo umano integrale di tutto il gregge, ci si attende da lui che riprenda il lavoro di Cristo e lo renda un suo dovere personale. Allora esteriorizza tale missione e vocazione come suo dovere o obbligo e si rivolge ad altri, nella diocesi e fuori della stessa, perché collaborino alla realizzazione di questo dovere molto caro. In conclusione, permettetemi di esprimere, a nome mio e delle Conferenze episcopali dei paesi AMECEA, la nostra sincera gratitudine per la solidarietà e il sostegno datoci dai nostri fratelli nell’episcopato. Sostenendoci nel realizzare la nostra vocazione, la nostra missione e il nostro dovere di essere pienamente coinvolti nello sforzo di sviluppo umano integrale del gregge che ci è stato affidato, ci avete infatti permesso di essere un segno di speranza per il nostro popolo.

[00249-01.04] [in205] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Edmond JITANGAR, Vescovo di Sarh (Ciad)

Fra le numerose sfide che si presentano alla nostra Chiesa e ai suoi Pastori, due richiamano in modo particolare la nostra attenzione.

1. L’identità della nostra Chiesa.

Il Ciad è un errore della storia coloniale, in quanto è stato creato a partire da materiali eterogenei, il che spiega in parte i numerosi drammi che vi si stanno attualmente svolgendo. Di fronte all’Islam (51% del paese), la nostra Chiesa è chiamata a dire chi è e, dandosi un’identità, a manifestare la sua capacità di attingere al Vangelo di Gesù Cristo le energie sufficienti ad affrontare le situazioni di sottosviluppo in cui ci troviamo. L’ecclesiologia della Chiesa-Famiglia di Dio ha contribuito a dare un’identità alla nostra Chiesa perché riguarda la sua ricerca di un riconoscimento mediante relazioni che le consentano un "essere di più". Questa visione della Chiesa-Famiglia di Dio colloca il Papa e, più immediatamente, il vescovo al centro della vita della famiglia. Mediante la comunione sacramentale con gli altri vescovi e come promotore dell’unica missione del Cristo. Egli veglia con sollecitudine sul "deposito della fede", cum et sub Petro.

2. Il farsi carico della vita della nostra Chiesa-Famiglia.

La deplorevole situazione economica delle nostre diocesi costituisce una grande preoccupazione per noi Pastori. L’Instrumentum laboris, al n. 74, suggerisce che si stabiliscano rapporti di aiuto vicendevole fra diocesi grandi e piccole. Le considerazioni pessimistiche e i pregiudizi sfavorevoli sull’Africa che prevalgono nei rapporti internazionali possono influenzare negativamente il modo in cui saranno vissuti questi rapporti di assistenza. L’ecclesiologia di comunione e di unità nella missione può venire falsata...a meno che, da una parte e dall’altra, non si operi una conversione dello sguardo.

Due auspici:

1. Sviluppare maggiormente i luoghi di espressione della comunione episcopale.

2. Che le Chiese primogenite offrano un "appoggio tecnico multiforme e programmato" alle Chiese più giovani per aiutarle a porre in opera strutture adatte per una buona gestione dei loro progetti pastorali o di promozione umana.

[00250-01.04] [in206] [Testo originale: francese]

ELENCO DEI RELATORI DEI CIRCOLI MINORI

Anglicus A

  • S.E.R. Mons. Orlando B. QUEVEDO, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato, Presidente della Conferenza Episcopale (Filippine).

Anglicus B

  • S.E.R. Mons. Vernon James WEISGERBER, Arcivescovo di Winnipeg (Canada).

Anglicus C

  • S.E.R. Mons. John Olorunfemi ONAIYEKAN, Arcivescovo di Abuja, Presidente della Conferenza Episcopale (Nigeria).

Gallicus A

  • S.E.R. Mons. Jean-Claude MAKAYA LOEMBE, Vescovo di Pointe-Noire (Repubblica del Congo).

Gallicus B

  • S.E.R. Mons. Gilles CAZABON, O.M.I., Vescovo di Saint-Jérôme (Canada).

Gallicus C

  • S.E.R. Mons. Pierre MORISSETTE, Vescovo di Baie-Comeau (Canada).

Germanicus

  • S.E.R. Mons. Alois KOTHGASSER, S.D.B., Vescovo di Innsbruck (Austria).

Hispanicus A

  • S.E.R. Mons. Héctor Miguel CABREJOS VIDARTE, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo, Vice- Presidente della Conferenza Episcopale (Perù).

Hispanicus B

  • S.E.R. Mons. Ramón Ovidio PÉREZ MORALES, Arcivescovo di Los Teques (Venezuela).

Hispanicus C

  • S.E.R. Mons. Carlos AGUIAR RETES, Vescovo di Texcoco (Messico),

Italicus A

  • S.E.R. Mons. Giuseppe COSTANZO, Arcivescovo di Siracusa (Italia).

Italicus B

  • S.E.R. Mons. Cosmo Francesco RUPPI, Arcivescovo di Lecce (Italia).

[00280-01.02] [nnnnn] [Testo originale: latino]

AVVISI

LAVORI SINODALI

La preghiera di apertura della Sedicesima Congregazione Generale di giovedì mattina 11 ottobre 2001, "per le vittime dell’attentato terroristico negli USA" e "per la pace nel mondo" sarà trasmessa in diretta TV dall’Aula del Sinodo alla Sala Stampa della Santa Sede.

CONFERENZA STAMPA

La seconda Conferenza Stampa sui lavori della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dopo la Relatio post disceptationem avrà luogo venerdì 12 ottobre 2001, alle ore 12.45, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede.

Interverranno:

  • S.Em.R. Card. Jorge Mario BERGOGLIO, S.I., Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), Relatore Generale Aggiunto
  • S.Em.R. Card. Bernard AGRÉ, Arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio), Presidente delegato

  • S.Em.R. Card. Ivan DIAS, Arcivescovo di Bombay (India), Presidente delegato
  • S.E.R. Mons. John Patrick FOLEY, Arcivescovo titolare di Neapoli di Proconsolare, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Presidente della Commissione per l’informazione

  • S.E.R. Mons. Telesphore Placidus TOPPO, Arcivescovo di Ranchi (India), Vice-Presidente della Commissione per l’informazione

[00267-01.02] [nnnnn] [Testo originale: plurilingue]

"BRIEFING" PER I GRUPPI LINGUISTICI

Il nono briefing per i gruppi linguistici avrà luogo domani giovedì 11 ottobre 2001 alle ore 13.10 (nei luoghi di briefing e con gli Addetti Stampa indicati nel Bollettino N. 2).

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per il permesso di accesso (molto ristretto).

"POOL" PER L’AULA DEL SINODO

L’ottavo "pool" per l’Aula del Sinodo sarà formato per la preghiera di apertura della Sedicesima Congregazione Generale di giovedì mattina 11 ottobre 2001.

Nell’Ufficio Informazioni e Accreditamenti della Sala Stampa della Santa Sede (all’ingresso, a destra) sono a disposizione dei redattori le liste d’iscrizione al pool.

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) e fotoreporters sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per la partecipazione al pool per l’Aula del Sinodo.

Si ricorda che i partecipanti al pool sono pregati di trovarsi alle ore 08.30 nel Settore Stampa, allestito all’esterno di fronte all’ingresso dell’Aula Paolo VI, da dove saranno chiamati per accedere all’Aula del Sinodo, sempre accompagnati da un ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede, rispettivamente dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

BOLLETTINO

Il prossimo Bollettino N. 19 sarà a disposizione dei Signori giornalisti accreditati a conclusione dei lavori della Sedicesima Congregazione Generale della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi di domani mattina giovedì 11 ottobre 2001.

 
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- Indice Bollettino Synodus Episcoporum - X Assemblea Generale Ordinaria - 2001
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