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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

della Commissione per l'informazione della
X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
30 settembre-27 ottobre 2001

"Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo"


Il Bollettino del Sinodo dei Vescovi è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico e le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

19 - 11.10.2001

SOMMARIO

SEDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (GIOVEDÌ, 11 OTTOBRE 2001 - ANTEMERIDIANO)

Alle ore 09.05 di oggi giovedì 11 ottobre 2001, alla presenza del Santo Padre, con il canto dell’Hora Tertia nel Trigesimo dell’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, ha avuto inizio la Sedicesima Congregazione Generale, per l’Auditio Delegatorum fraternorum, gli interventi dei Delegati fraterni e per la continuazione degli interventi dei Padri Sinodali in Aula sul tema sinodale Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo. Presidente Delegato di turno S.Em.R. Card. Giovanni Battista RE, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 12.35 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 237 Padri.

HORA TERTIA NEL TRIGESIMO DELL’ATTENTATO TERRORISTICO DELL’11 SETTEMBRE 2001

All’inizio dell’Hora Tertia nel Trigesimo dell’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha pronunciato la seguente Monizione:

Fratelli e sorelle,

cari Padri Sinodali,

ad un mese dagli inumani attacchi terroristici

compiuti in diverse parti degli Stati Uniti d'America,

raccomandiamo ancora una volta

all'eterna misericordia del Dio dei nostri Padri

le innumerevoli vittime innocenti.

Chiediamo consolazione e conforto

per i loro familiari e parenti,

prostrati dal dolore;

invochiamo forza e coraggio

per quanti continuano a prestare la loro opera

nei luoghi colpiti dalla terribile sciagura;

imploriamo tenacia e perseveranza

per tutti gli uomini di buona volontà

nel perseguire vie di giustizia e di pace.

Dal cuore dell'uomo il Signore sradichi

ogni traccia di astio, di inimicizia e di odio,

e lo renda disponibile alla riconciliazione,

alla solidarietà e alla pace.

Preghiamo perché ovunque nel mondo

possa instaurarsi la "civiltà dell'amore".

[00282-01.04] [nnnnn] [Testo originale: italiano]

Dopo l’Inno, la Salmodia e la Lettura breve dell’Hora Tertia del giorno, un Padre sinodale, Exc.mus D.nus John Olorunfemi ONAIYEKAN, Archiepiscopus Abugensis (Abuja), Praeses Conferentiae Episcopalis (Nigeria) e un Delegato fraterno, Exc.tia Sua Peter FORSTER, Episcopus Chester (Magna

Britannia), Delegato fraterno della Comunione Angelicana, hanno tenuto una breve Omelia.

Quindi, il Santo Padre ha introdotto le Intercessioni (la Preghiera dei Fedeli) con le seguenti parole:

In comunione con la Vergine Maria

rivolgiamo a Dio Padre

la nostra unanime preghiera

affinché per mezzo del Cristo suo Figlio

effonda nel cuore degli uomini

e su tutta la terra

lo Spirito consolatore, Signore che dà la vita.

[00283-01.04] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

Le Intercessioni sono stati letti da:

  • in inglese: S.E.R. Mons. Seán B.BRADY, Arcivescovo di Armach (Irlanda);

  • in francese: S.E.R. Mons. Michel-Marie Bernard CALVET, S.M., Arcivescovo di Nouméa (Nuova Caledonia);

  • in spagnolo: S.E.R. Mons. Roberto Octavio GONZÁLEZ NIEVES, O.F.M., Arcivescovo di San Juan de Puerto Rico (Porto Rico);

  • in arabo: S.E.R. Mons. Thomas MERAM, Arcivescovo d’Urmya dei Caldei (Iran);

  • in portoghese: S.E.R. Mons. Francisco VITI, Arcivescovo di Huambo (Angola);

  • in russo: S.E.R. Mons. Tadeusz KONDRUSIEWICZ, Arcivescovo titolare di Ippona Zárito e Amministratore Apostolico della Russia Europea Settentrionale dei Latini (Russia);

  • in tedesco: Mons. Alois KOTHGASSER, S.D.B., Vescovo di Innsbrück (Austria).

[00297-01.02] [nnnnn] [Texto originale: latino]

Dopo la recita del Pater noster e prima della Benedizione Apostolica, il Santo Padre ha pronunciato la seguente preghiera:

O Dio onnipotente e misericordioso,

non ti può comprendere chi semina la discordia,

non ti può accogliere chi ama la violenza:

guarda la nostra dolorosa condizione umana

provata da efferati atti di terrore e di morte,

conforta i tuoi figli e apri i nostri cuori alla speranza,

perché il nostro tempo

possa ancora conoscere giorni di serenità e di pace.

Per Cristo nostro Signore.

[00292-01.04] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

AUDITIO DELEGATORUM FRATERNORUM

In seguito, sono intervenuti i seguenti Delegati fraterni:

Pubblichiamo qui di seguito i riassunti degli interventi dei Delegati fraterni:

S.Em.R. AMBROSIUS, Metropolita di Oulu, Chiesa Ortodossa di Finlandia (Finlandia), per il Patriarcato Ecumenico.

È un privilegio essere qui come delegato fraterno, rappresentante di Sua Beatitudine il Patriarca ecumenico Bartolomeo di Costantinopoli. Questo Sinodo è di importanza vitale per la missione e la testimonianza della Chiesa nel XXI secolo. Tutti i vostri sforzi comuni rappresentano quindi anche il nostro impegno, la nostra sfida.

Il dialogo ufficiale tra le Chiese cattolica e ortodossa ha una storia di oltre vent’anni. Finora una delle sue conquiste più importanti è stata la dichiarazione congiunta sul "Sacramento dell’ordine nella struttura sacramentale della Chiesa". Tale documento riflette profondamente il nostro pensiero comune riguardo ai diversi aspetti del ministero episcopale, che sono già stati ampiamente descritti in numerosi interventi in questa sede. Dal tempo in cui la Chiesa era indivisa, tutti noi, a oriente e a occidente, ortodossi e cattolici, abbiamo compreso chiaramente che l’episcopato fa parte della natura intrinseca della Chiesa.

Queste giornate di ecclesiologia eucaristica hanno acquistato importanza nella Chiesa ortodossa. A questo proposito è stata attribuita un’importanza sempre più profonda al ruolo del vescovo soprattutto nelle sue funzioni sacramentali e pastorali. In quanto vescovi, la nostra vocazione fondamentale oggi è quella di aiutare i singoli individui e le nazioni a trovare speranza, ad essere uniti nella conoscenza e nell’amore di Cristo e a promuovere quei "martyria" e quello spirito di riconciliazione che contribuiranno a superare il terrore, l’odio e la violenza.

Infine, in quanto vescovo ortodosso, non mi permetto, né desidero toccare la questione del rapporto tra primato e collegialità, che è stato sollevato da diversi di voi. Quello che posso fare, piuttosto, è di esprimervi la mia fraterna solidarietà.

Nonostante il lavoro regolare dei sinodi episcopali regionali, noi, nel contesto ortodosso, ci troviamo oggi ad affrontare molti problemi difficili e irrisolti riguardo alla nostra cooperazione inter-ortodossa. Già negli anni ’60, le Chiese ortodosse avevano avviato i preparativi per l’organizzazione di un Grande e Santo Sinodo, ma finora si è concluso ben poco.

Il Santo Padre, Papa Giovanni Paolo II, ha dimostrato che la purificazione della memoria rappresenta una parte fondamentale dell’agenda ecumenica. In questo spirito esprimo la mia gratitudine per avere avuto l’occasione di intervenire nel vostro santo sinodo e confido che noi, in quanto vescovi, in fiducia reciproca, continuiamo a testimoniare la stessa fede in koinonia affinché il mondo creda.

[00285-01.03] [df001] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Mikael AJAPAHYAN, Vescovo di Gyumry & Shirak della Chiesa Armena Apostolica (Armenian Apostolic Church, Armenia), per la Chiesa Armena Apostolica.

È per me un grande privilegio salutare tutti voi a nome di Sua Beatitudine Karekin II, Catholicos di Tutti gli Armeni, e portarvi il suo amore e i suoi saluti fraterni.

In questo anno giubilare, la Chiesa armena celebra solennemente il 1700° anniversario dell’adozione del cristianesimo come religione di Stato e in questo contesto la visita del Santo Padre in Armenia ha riempito i nostri cuori di orgoglio per il nostro retaggio cristiano e la costante fedeltà. Sono rimasto profondamente commosso nel vedere la luce di S. Gregorio nella cappella qui accanto e nel leggere le bellissime parole di Sua Santità sui due polmoni della Chiesa di Cristo. Abbiamo gioito insieme ai nostri fratelli cattolici per la beatificazione del vescovo cattolico armeno di Merdin, Ignazio Maloyan, che ha condiviso il destino e il martirio di centinaia di vescovi e sacerdoti ortodossi armeni durante il genocidio degli armeni perpetrato dall’Impero Ottomano nel 1915.

I vescovi della mia generazione diventano i vescovi del nuovo secolo e del nuovo millennio, i vescovi delle nuove sfide e delle nuove tribolazioni.

Nel nostro mondo di crescente secolarizzazione e consumismo, il vescovo deve restare fedele allo spirito del Vangelo, rimanendo unito al Signore con la preghiera, attraverso la dedizione e con un comportamento quotidiano sul modello di Cristo. Dobbiamo confessare che talvolta ci allontaniamo da Dio quando ci preoccupiamo delle comodità materiali del mondo e pensiamo soprattutto al nostro benessere.

Nel nostro mondo di nuove divisioni e separazioni, tutti i vescovi delle Chiese sorelle devono impegnarsi in una più stretta collaborazione e cooperazione. Lo spirito ecumenico deve superare ogni pregiudizio e malinteso esistente.

Nel nostro mondo di individualismo e autostima, i vescovi devono trovare la via verso i bisogni delle persone ed essere più vicini e solleciti riguardo ai problemi quotidiani di ogni membro del loro gregge. La gente non dovrebbe vedere il vescovo come un burocrate che si distacca dai problemi della gente semplice, chiuso dietro alle mura del suo palazzo vescovile.

Sono rimasto molto commosso dall’intervento di Padre Maloney, che vede il vescovo come padre e fratello. Possa Dio darmi la forza e il coraggio per essere padre e fratello per tutti!.

[00286-01.04] [df002] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Peter FORSTER, Vescovo di Chester (Gran Bretagna), per la Comunione Anglicana.

Nella Chiesa di Inghilterra, e nella Comunione Anglicana è stato svolto, di recente, un considerevole lavoro sul ruolo e sull’opera del vescovo nella vita della Chiesa. Le maggiori pubblicazioni apparse dal 1990 in poi comprendono: Il Ministero Episcopale (1990), Apostolicità e Successione (1994), e Vescovi in Comunione (2000). Il pensiero espresso in questi documenti è in stretta relazione con quello esposto nell’Instrumentum laboris di questo Sinodo.

A parte temi come il celibato obbligatorio e la potenziale eleggibilità delle donne a svolgere l’ufficio episcopale, rimangono altre differenze, soprattutto in due punti.

Il primo riguarda il rapporto tra le dimensioni personali, collegiali e di comunione del ministero del vescovo. Gli Anglicani mantengono un modello di "vescovo in sinodo", in cui il ministero personale del vescovo è inseparabile dalla sua guida del Collegio dei sacerdoti della sua diocesi, e dell’assemblea rappresentativa del clero e dei laici nel sinodo diocesano. Sebbene certe responsabilità siano strettamente riservate al vescovo di una diocesi, e ai vescovi della provincia che operano insieme a lui, il principio della rappresentazione dei laici e della loro partecipazione formale nel processo decisionale è ora molto ben riconosciuto. Questo principio conciliare aumenta la collegialità dei vescovi, in uno spirito di comunione che comprende tutti i battezzati.

Il secondo riguarda l’esercizio dell’autorità da parte del Primato universale. Gli Anglicani hanno accettato che l’idea di un Primato universale è saggia e necessaria, Primato che deve essere esercitato dal vescovo di Roma. Si sa che tale necessità per la missione della Chiesa aumenterà visibilmente con il progredire del processo di globalizzazione. Bisogna raggiungere un accordo sui precisi diritti e sulle responsabilità che devono essere affidate ad un Primato rinnovato e pienamente ecumenico.

Anche se c’è ancora molto da fare, gli Anglicani provano una profonda gratitudine per la priorità pastorale attribuita da Papa Giovanni Paolo II al compito ecumenico, come esposto nella Enciclica Ut unum sint (1995). Siamo anche fortemente incoraggiati a cercare di raggiungere una piena comunione da altri progressi ecumenici, soprattutto dagli accordi tra Anglicani e Luterani dell’Europa settentrionale, degli Stati Uniti d’America, e del Canada.

[00287-01.04] [df003] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Tore FURBERG, Vescovo Luterano di Svezia, per la Federazione Mondiale Luterana.

Il mio intervento verte sulla prospettiva ecumenica (n. 131 dell’Instrumentum laboris) e intendo soprattutto sottolineare l’importanza dell’episcopato come strumento ecumenico

Il dialogo cattolico-luterano sulla dottrina della giustificazione è stato molto prezioso. Quando queste Chiese recentemente hanno raggiunto un consenso su tale questione, si è concluso un lungo periodo di malintesi e di conflitto. Ciò sarà di grande importanza per il futuro dell’Europa, che in un certo senso sta ancora vivendo le conseguenze delle guerre religiose di tanto tempo fa. Anche sulla questione del ministero episcopale vi è stato un dialogo tra i cattolici e i luterani a vari livelli.

Vi è stato un altro importante dialogo tra le Chiese Anglicana e Luterana nel Nord Europa. Esse si sono sentite chiamate da Dio a dare una testimonianza e un servizio comune in un’Europa che si sta rapidamente unificando.

Dieci Chiese della Gran Bretagna e Irlanda, della Scandinavia e dei paesi baltici hanno recentemente raggiunto un accordo - detto accordo di Porvoo -, il che significa che tra di loro si è instaurata una piena inter-comunione. Un risultato notevole di tale accordo è che i vescovi, i sacerdoti e i diaconi di tutte le Chiese partecipanti ora possono esercitare il loro ministero in tutte le altre.

Tutte le Chiese partecipanti sono Chiese episcopali, che però non hanno considerato e praticato il loro episcopato in modo identico. Ciononostante hanno deciso di incontrarsi per un futuro comune. Partecipando l’una alla consacrazione episcopale dell’altra, si creerà un episcopato comune.

Alla base di questo accordo vi è il fatto che le Chiese Anglicana e Luterana si sono riconosciute reciprocamente come espressione, in tutto il mondo, della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Altro fatto decisivo è che le Chiese partecipanti hanno raggiunto una concezione comune dell’apostolicità come collegata all’intera Chiesa e dell’episcopato storico come segno, e non come garanzia automatica, dell’apostolicità della Chiesa.

Sulla base di una citazione di un funzionario ecumenico cattolico romano (Rev. P. Henrik Roclvink, O.F.M.) sollevo la domanda se questo sviluppo potrebbe essere motivo perché la Chiesa cattolica romana rivaluti le ordinazioni episcopali anglicane e luterane.

[00288-01.04] [df004] [Testo originale: inglese]

INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Prima dell’intervallo, è intervenuto S.Em.R. Card. Angelo SODANO, Segretario di Stato, sul tema "Un comune impegno apostolico: Il Sinodo dell’unità".

Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale del Suo intervento:

Em.mus D.nus Card. Angelo SODANO, Secretarius Status

Nel Cenacolo, gli Apostoli erano soltanto dodici, eppure, nonostante che possedessero temperamenti diversi, provenissero da ambienti differenti ed avessero stili propri di esercitare l’unico apostolato, erano uniti nell’orazione e nella comune sollecitudine per la diffusione del Regno di Dio.

In quest’Aula Sinodale, noi, oggi, siamo più di 200 e, nella Chiesa intera, il Collegio Episcopale è composto da oltre 4.500 Presuli, fra Vescovi residenziali, titolari ed emeriti.

Tutti, poi, proveniamo da esperienze diverse ed è quindi logico che possediamo sensibilità differenti.

In tale situazione, è essenziale che il Collegio dei Vescovi mantenga un’unità vitale ed operativa, attraverso vincoli affettivi ed effettivi di profonda collaborazione con il Vescovo di Roma e con tutti i Confratelli.

Non sarà, pertanto, fuori luogo tornare a riflettere che, con l’Ordinazione episcopale, tutti noi siamo stati annoverati nell’unico Coetus Episcopalis, il quale succede al Collegio degli Apostoli. Il fatto che, poi, ciascuno sia destinato ad un ufficio o ad un altro è certamente di secondaria importanza.

Poco tempo addietro, è stato giustamente osservato che prima della Chiesa particolare esiste la Chiesa universale, e ciò sia ontologicamente che temporalmente.

Per analogia, possiamo dunque dire che ognuno di noi, attraverso l’Ordinazione episcopale, è stato prima di tutto inserito nel Collegio dei Vescovi ed ha, quindi, il dovere di sentirsi membro di questo corpo, dovunque egli sia chiamato a lavorare. Parimenti, si è Vescovi fino alla morte, quale che sia il servizio ecclesiale richiestoci.

Questo Sinodo è davvero una bella immagine del grande "mosaico episcopale", la cui unità è mirabilmente composta da tanti tasselli diversi.

Qui, infatti, vi sono i Rappresentanti di 11 Chiese cattoliche orientali (6 Patriarchi, 2 Arcivescovi Maggiori e 3 Metropoliti). Qui sono presenti i delegati delle 112 Conferenze Episcopali esistenti oggi nel mondo, oltre che Vescovi eletti direttamente dal Santo Padre. Qui sono pure radunati 25 Presuli che, nei rispettivi Dicasteri della Curia Romana, collaborano con il Sommo Pontefice nella Sua sollecitudine per la Chiesa universale.

Personalmente, faccio parte di quest’ultimo gruppo di Vescovi e sono lieto di rilevare il grande spirito collegiale che regna in quest’aula.

A tutti i Confratelli nell’Episcopato vorrei dire che i 25 Vescovi, che sono i responsabili dei rispettivi Dicasteri della Curia Romana sono costantemente impegnati a fomentare tale spirito di fraterna collaborazione con tutti i Vescovi del mondo intero, nel solco delle direttive che il Santo Padre ci ha donato nella nota Costituzione Apostolica sulla Curia Romana, del 28 giugno 1988 e dal titolo molto significativo: Pastor Bonus.

La diversa provenienza dei Capi Dicastero facilita, poi, la comprensione delle realtà pastorali esistenti nei vari paesi della terra. Di noi, infatti, 6 provengono dall’Italia e 6 dall’area di lingua spagnola; 3 sono dell’area anglofona e 3 di quella germanica. Vi è poi un Capo Dicastero per ciascuna delle seguenti aree: francese, portoghese, polacca, araba, africana, giapponese e vietnamita.

Il Papa ha poi chiamato un Patriarca a guidare la Congregazione per le Chiese Orientali. Tutti insieme ci sforziamo di dare il nostro contributo, per servire al meglio il Sommo Pontefice e, quindi la Chiesa universale.

Ai Confratelli che lavorano nelle Diocesi mi sia permesso di chiedere di non esigere cose impossibili da noi, che lavoriamo in Curia. Tutti siamo limitati. Le contrapposizioni non servono a nulla: "Alter alterius onera portate!" ci dice l’Apostolo.

Sia questo lo spirito del nostro comune lavoro, animato dallo stesso fuoco di carità che Cristo ha infuso nei nostri cuori.

Vorrei, infine, assicurarvi che tale è anche lo spirito con cui lavorano i Vescovi inviati dal Papa come Suoi Nunzi e Delegati Apostolici nelle varie Nazioni. Oggi essi sono più di cento, ed alcuni di essi servono in situazioni molto difficili.

E qui vorrei rendere omaggio al compianto Nunzio Apostolico in Papua - Nuova Guinea, l’Arcivescovo Hans Schwemmer, della Diocesi di Regensburg, in Germania, morto in servizio nei giorni scorsi, come a tutti coloro che, con grande sacrificio, stanno operando nei luoghi più disagiati e più lontani.

Sono sicuro che, anche da parte dei Presuli locali si faciliterà il duro lavoro dei Rappresentanti Pontifici, ispirato dall’unico fine che tutti ci unisce: l’ideale della diffusione del Regno di Dio.

All’inizio del terzo millennio cristiano, il Collegio Episcopale apparirà così, dinanzi al mondo, come appariva il Collegio degli Apostoli nel Cenacolo, e darà vivida testimonianza di essere veramente "cor unum et anima una".

In conclusione, sia questo il Sinodo dell’unità.

[00284-01.04] [IN222] [Testo originale: italiano]

Quindi, sono intervenuti i seguenti Padri:

Pubblichiamo qui di seguito i riassunti degli interventi dei Padri:

S.E.R. Mons. Emile DESTOMBES, M.E.P., Vescovo titolare di Altava e Vicario Apostolico di Phnom-Penh (Cambogia)

La rivoluzione comunista, che ha segnato in modo diverso il Laos e la Cambogia, ha costretto le Chiese a vivere nel silenzio e nella persecuzione. Il mistero della Croce ha attraversato questi due paesi. Ma la speranza ha animato queste comunità divenute invisibili.

In particolare in Cambogia, questa condizione appariva irreversibile. Come il Cristo sulla Croce, che offre la sua vita al Padre per la salvezza del mondo, dei testimoni hanno offerto la loro vita conformemente alla loro fede, al servizio dei loro fratelli e sorelle. E la Chiesa che oggi rinasce vuol essere serva degli "esclusi" della società e segno di speranza. L’ordinazione dei primi quattro sacerdoti cambogiani, il 9 dicembre 2001, dopo la morte di tutti i vescovi e i sacerdoti del paese durante il regime di Pol Pot, è un altro segno di questa speranza.

[00251-01.04] [in207] [Testo originale: francese]

S.E.R. Mons. Luis Armando BAMBARÉN GASTELUMENDI, S.I., Vescovo di Chimbote, Presidente della Conferenza Episcopale (Perù)

Durante il triennio di preparazione al Grande Giubileo, il Piano Pastorale di ogni anno ha consentito di ravvivare la fede e la vita del Popolo di Dio nelle nostre Chiese locali, in piena comunione con la sede di Pietro. Per il gran dono del Giubileo si leva un inno di rendimento di grazie alla Santissima Trinità, come a tutti gli organizzatori di quel grandioso avvenimento. Dopo l’Anno Giubilare, contiamo sulla Lettera del Papa Novo millennio ineunte, che dà nuovo impulso al Popolo di Dio per "prendere il largo per andare incontro a Gesù Cristo vivente".

Di fronte al nuovo secolo e millennio e alle sfide dell’attualità, il Papa ci invita a camminare con speranza, nella luce di Cristo, che è l’unico salvatore. Egli può trasformarci in strumenti di vita all’interno delle Chiese locali, alimentati dalla Sua parola e dall’Eucaristia per un cammino di santità.

Animati da una spiritualità di comunione, condividiamo le gioie e le speranze di quanti soffrono e dei poveri, perché in essi vi è una presenza speciale del Signore: "Ho avuto fame... sete... e mi avete dato da mangiare", ecc. (cfr. Mt 25). La nostra attenzione pastorale si concentra in particolare sui giovani: se si presenta loro Cristo nel suo vero volto e con tutte le sue esigenze, essi sono capaci di risposte generose e convincenti. Egualmente, il nostro ministero di comunione ci conduce a essere vicini ai sacerdoti come padri e amici.

In qualità di vescovi ci sentiamo corresponsabili dell’evangelizzazione del mondo intero e desiderosi di condividere il dono della fede che abbiamo ricevuto, dando anche a partire dalla nostra povertà (cfr. Puebla n. 368), in uno scambio fraterno di doni. Le vocazioni missionarie ad gentes e ad vitam delle nostre giovani Chiese sono doni del Signore che, lungi dall’impoverirci, arricchiscono tutta la Chiesa e ci alimentano nella vita cristiana, perché "la fede si rafforza donandola" (Redemptoris missio n. 2).

[00252-01.04] [in208] [Testo originale: spagnolo]

S.E.R. Mons. Tomás Andrés Mauro MULDOON, O.F.M., Vescovo di Juticalpa (Honduras)

L’azione e cooperazione missionaria: IL, nn. 133-134.

La Chiesa missionaria ha caratteristiche molto diverse dalle Chiese in pieno sviluppo. È una Chiesa giovane e crescente e pertanto è una Chiesa in via d’inculturazione. Essa esige un ministero episcopale straordinario, che risponda alle caratteristiche già citate. L’Instrumentum laboris afferma che "in tale contesto non possono essere dimenticati i tanti vescovi missionari, che come ieri ancora oggi illustrano la Chiesa con la santità della vita e la generosità del loro slancio apostolico" (IL 133).

Solitamente la Chiesa missionaria è caratterizzata da territori estesi e risorse minime, da condizioni sociali ed economiche instabili e da una storia ininterrotta di crisi e di conflitti. Si incarna in una sola persona: il Pastore di anime, il cancelliere e il promotore dello sviluppo diocesano. Oltre al dovere di pregare e di celebrare la fede, il vescovo svolge delle visite missionarie all’interno della diocesi e a volte ricopre tre o quattro incarichi nella Conferenza Episcopale, motivo di frequenti assenze.

Senza dubbio non si tratta di un compito ecclesiale facile, specie quando si tiene conto della delicata missione di trasformare e inculturare la Chiesa missionaria nella Chiesa particolare. Sappiamo già che il primo dovere pastorale del vescovo missionario è creare una Chiesa indigena con un clero indigeno.

Sembra opportuno ipotizzare che, nella scelta dei vescovi che dovranno servire la Chiesa missionaria, si scelgano uomini relativamente giovani, sani e fisicamente in grado di sopportare i rigori dell’apostolato. Che inoltre, quando nella Chiesa locale matura un clero maggiormente indigeno, la Santa Sede offra al vescovo missionario l’opzione di lasciare questa o quella diocesi in mano a un vescovo indigeno, che meglio comprenderà i valori culturali e le esigenze del popolo. Una Chiesa autoctona merita un Pastore autoctono.

Una conseguenza dell’ecclesiologia di comunione è la sollecitudine che ciascun vescovo ha per tutta la Chiesa e per tutte le altre Chiese particolari (IL 66). In quanto Pastore di una Chiesa particolare spetta al vescovo guidare i suoi percorsi missionari, dirigerli e coordinarli, "sicché la diocesi tutta si fa missionaria" (IL 134). Si parla anche della "comunione dei beni con l’obbligo della carità a favore delle missioni e dei più poveri" (IL 125).

Si riconosce la grande generosità dei fedeli e dei Pastori delle grandi Chiese d’Europa e degli Stati Uniti, la Caritas Internazionale e il piano cooperativo missionario di innumerevoli diocesi del mondo. Esse rendono possibile offrire, secondo le necessità delle Chiese in terra di missione, sussidi e aiuti economici per realizzare, a favore di un popolo assetato, programmi e progetti di evangelizzazione, catechesi e promozione umana.

E come modello di comunione affettiva ed effettiva e frutto del Sinodo per l’America, mi piacerebbe condividere con gli altri vescovi un’esperienza di cooperazione missionaria molto positiva. Si chiama Iniziativa Texas-Honduras, con riferimento a due diocesi gemelle. Esse hanno stabilito rapporti di aiuto vicendevole fra diocesi grandi e piccole con quegli aiuti che si riveleranno opportuni come lo scambio di agenti pastorali, mezzi economici e sussidi e progetti fra parrocchia e parrocchia, che ha arricchito l’opera di evangelizzazione in entrambe le Chiese (IL 74).

Quanto all’azione e cooperazione missionaria, si richiede ai vescovi in quanto uomini di comunione e di speranza:

1. che introducano nella loro pastorale ordinaria l’animazione missionaria;

2. che assumano con spirito evangelico l’invio in missione: non vi è infatti dono maggiore alla Chiesa missionaria che l’invio di un sacerdote o una comunità religiosa per rafforzare la Chiesa ancora in via di sviluppo;

3. che promuovano la cooperazione missionaria di tutto il Popolo di Dio, tradotta in preghiera, testimonianza di vita, sacrifici volontari e aiuti economici. Ho terminato. Grazie.

[00253-01.04] [in209] [Testo originale: spagnolo]

S.E.R. Mons. Mathieu MADEGA, Vescovo titolare di Zallata e ausiliare di Libreville (Gabon)

In quest'Assemblea, i padri hanno più volte ricordato le parole patristiche "ubi episcopus, ibi Ecclesia". Affermando così l'identificazione del vescovo con la Chiesa, cioè la Chiesa particolare.

Il Sinodo africano da parte sua ha sottolineato 1'immagine della Chiesa come Famiglia di Dio. E l'Instrumentum Laboris (nn. 9 e 19) parla della "stessa famiglia di Dio".

Sappiamo che la Famiglia di Dio per eccellenza è la Santissima Trinità. E 1'immagine perfetta della Trinità sulla terra è la Sacra Famiglia. Con queste due immagini della Chiesa o Famiglia di Dio, il vescovo, quale Ecclesiae imago, va ora analogicamente identificato. E abbiamo il vescovo icona o immagine vivente della Santissima Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo), e della Sacra Famiglia (Gesù, Maria e Giuseppe), in virtù della grazia ricevuta con l'Ordinazione, confermata dalla potestas concessagli da Gesù stesso.

L'identità del Vescovo ed il suo agire sono allora trinitari. Ma qui non si tratta tanto di crescere fino all’altezza della Trinità, quanto di lasciarsi plasmare dalla stessa Trinità che si è impegnata a favore del Vescovo per la salvezza dell'uomo, di ogni uomo e di tutto l’uomo, e quindi per la speranza del mondo. Tocca al Vescovo assumere la nuova identità, di accogliere il Verbo come Maria, di accettare e di custodire il piano divino come Giuseppe e di vivere in pienezza i tre munera (docendi, sanctificandi et regendi) come Gesù, per la speranza del mondo.

Come Trinità e Sacra Famiglia diventa ovvio l'essere del vescovo per la grazia o carisma dell'unità, per la comunione, per l'amore senza i quali il vescovo perde la sua sostanza, la sua identità intrinseca; e cessa, per così dire, ad essere speranza viva per sé e per il mondo. In fatti, nella Trinità le tensioni dissolvono. I ministeri e i carismi si coniugano. Nella Sacra Famiglia l'amore è vivo, la fede forte e la speranza ferma.

Alla luce di tutto ciò si capisce la figura del Vescovo: - come Padre provvido che genera figli e figlie con la Parola ed i sacramenti, che crea le strutture ecclesiali (parrocchie, consigli, comunità...) governa con e per amore, protegge il casato badando alla crescita di Gesù (come San Giuseppe). - come Figlio l’inviato del Padre (il Cristo) obbediente e umile, povero e servo fedele e ponte fra cielo e terra, guida sulla via della verità verso la vita eterna, cioè verso la speranza (esercizio del munus docendi); - come Spirito, che come Maria genera e guida i primi passi dei figli, raduna, santifica e rinnova la Chiesa nata il giorno di Pentecoste.

Questa figura sembra schiacciante per il vescovo. Nessun spavento, Voi siete dei, aveva già affermato la Scrittura. E sappiamo che è Dio Padre che regge mediante il vescovo, Dio Figlio che insegna e Dio Spirito Santo che santifica, mediante lo stesso vescovo.

[00255-01.03] [in210] [Testo originale: italiano]

S.E.R. Mons. Erkolano LODU TOMBE, Vescovo di Yei (Sudan)

Conflitto e persecuzione:

Il conflitto e la persecuzione in Sudan sono un risultato diretto di una campagna sistematica di islamizzazione e arabizzazione dei popoli non arabi e non musulmani che non detengono il potere politico ed economico nel paese.

Persecuzione religiosa:

La persecuzione religiosa è la negazione sistematica della libertà religiosa fondamentale. L’approccio del regime fondamentalista di Khartoum verso i cristiani e verso quei musulmani che non professano quella versione particolare di Islam fondamentalista continua a essere caratterizzato da un programma di islamizzazione.

Persecuzione culturale:

Persecuzione culturale significa che viene minata costantemente la dignità dei cittadini sudanesi non arabi; il fatto che le persone vengano relegate ad uno stato di sottomissione continua a plasmare le istituzioni sociali e gli atteggiamenti fondamentali delle persone che vivono nel nord del Sudan, per il quale è responsabile il Governo.

Continui bombardamenti aerei:

Il governo effettua frequenti bombardamenti aerei su obiettivi civili. Si tratta dell’uso sistematico di bombardieri d’alta quota russi Antonov per terrorizzare la popolazione civile nelle aree contese. Vengono utilizzate anche altre tattiche per scacciare la gente dalle regioni ricche di petrolio del Sudan meridionale; queste fanno parte della strategia militare del Governo del Sudan.

Prospezione petrolifera:

Le prospezioni petrolifere effettuate nel Sudan meridionale dalle multinazionali canadesi, cinesi e malesi alimentano la guerra. L’estrazione e la vendita del petrolio contribuiscono all’estendersi della guerra, aggravano la sofferenza del popolo del Sudan meridionale, rafforzano la decisione del Governo di trovare una soluzione militare del conflitto e fanno crescere il divario tra il Governo e il movimento armato di liberazione nel sud del Sudan, che ne sta contestando le pratiche e la legittimità.

Piaga degli sfollati interni:

Gli sfollati interni, nel nord e nel sud del Sudan, vivono in condizioni di vita disperate e non vi sono speranze di un miglioramento immediato.

Rifugiati sudanesi nei paesi limitrofi:

I rifugiati sudanesi nei paesi limitrofi soffrono nei campi profughi e hanno poche prospettive per il futuro. Le difficoltà degli aiuti della comunità internazionale sono causate proprio dal protrarsi del conflitto.

Interventi urgenti:

Vi è un urgente bisogno di interventi nel sud del Sudan, in particolare per quanto riguarda l’ambito dell’istruzione e della formazione tecnica per le singole persone e le comunità per quanto riguarda i principi fondamentali del governo responsabile e dell’amministrazione civile.

[00256-01.05] [in211] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Oswald Thomas Colman GOMIS, Vescovo di Anuradhapura (Sri Lanka), Segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences" (F.A.B.C.)

Parlerò dell’Immagine Biblica della lavanda dei piedi, del mistero dell’unione del vescovo con il suo popolo e di una Chiesa dal volto umano. Tutto ciò richiede un nuovo tipo di governo.

I vescovi asiatici affermavano nella 5ª Assemblea Plenaria del 1990 "il nuovo modo di essere Chiesa è di essere una Chiesa di partecipazione dove tutti i doni dello Spirito ai laici, ai sacerdoti e in egual misura ai religiosi vengono riconosciuti e utilizzati" (cfr. FABC N. 8).

Nella Comunione delle comunità, la responsabilità della guida viene condivisa all’interno della comunità e a sua volta la costruisce e la valorizza. Si tratta di una guida che rende responsabili degli altri. La guida è un ministero al servizio della comunità.

La Chiesa di partecipazione esige un esercizio di partecipazione al ruolo di guida del vescovo per costruire la corresponsabilità. La Chiesa di partecipazione non significa semplicemente avere "aiutanti" ma anche "collaboratori responsabili" per la missione. Bisogna farli sentire corresponsabili della missione della Chiesa. Questa guida della Chiesa di partecipazione viene esercitata dal vescovo 1) offrendo una visione al popolo; 2) creando una cultura della responsabilità; 3) aggiornando le strutture per permettere la partecipazione.

La visione dà alla gente un orientamento verso tutti i progetti pastorali.

Per creare una cultura della responsabilità bisogna far sentire alle persone che si ha fiducia in loro e che le si vuole incoraggiare a partecipare dando suggerimenti, ad ascoltare gli altri e a lavorare insieme per attuare le decisioni prese.

Il riassetto delle strutture implica la necessità di far lavorare le persone in squadra - tutti partecipano al processo decisionale. Dove c’è coinvolgimento dei rappresentanti del popolo, lì abbiamo una concreta espressione della Comunione di Comunità. La FABC ha già avuto dei programmi di formazione permanente per i vescovi e dei programmi per i nuovi vescovi e sarebbe felice di condividere le sue risorse ed esperienze con tutte le altre conferenze regionali.

Il secondo punto è il bisogno di promuovere le vocazioni missionarie. Ad Gentes del Vaticano II N. 38 afferma che un vescovo è ordinato per tutta la Chiesa e non solo per una diocesi.

Ciò significa che ogni vescovo è responsabile dei bisogni missionari non solo della sua diocesi ma di ogni altra possibile area della Chiesa. Chiaramente questa esigenza è sentita prima nel territorio di ognuno dei vescovi della Conferenza; poi nel continente, e poi in tutto il mondo.

L’Ufficio per l’Attività Missionaria della FABC è pronto a coordinare e a lavorare in contatto con le Chiese locali che ne hanno bisogno.

Il terzo punto di cui vorrei parlare è il bisogno di avere delle linee-guida più chiare per promuovere un miglior rapporto tra il singolo vescovo e la rispettiva Conferenza episcopale. Quindi rivolgiamo un appello a questo Sinodo affinché vengano enunciate delle linee-guida concrete per i rapporti di tutte le diocesi vis-à-vis con le Conferenze episcopali alla luce del Vaticano II.

Il mio quarto punto riguarda la Chiesa nel suo ruolo di educatrice non solo della fede ma di ogni aspetto della formazione umana. Con la crescente tendenza al secolarismo la Chiesa è stata sistematicamente esclusa da quello che noi chiamiamo educazione secolare. La guida del vescovo è fondamentale per la salvaguardia della dimensione religiosa e morale dell’educazione, delle comunicazioni sociali e dei mezzi di comunicazione. Credo che questo faccia parte della missione del vescovo come maestro.

[00257-01.04] [in212] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Paul KHOARAI, Vescovo di Leribe (Lesotho)

Sono Paolo e parlo alle nazioni. I vescovi qui presenti rappresentano le loro Chiese come pure le loro nazioni. Dunque, io predico alle nazioni. Santo Padre guardi questo giovane vescovo che si rivolge a così tanti Patriarchi, Cardinali e vescovi. Sono felice! Sia lodato il Signore! Ora ascolti questo giovane vescovo.

Viviamo nel mondo globale del terrorismo, dell’ateismo, del razzismo, delle guerre genocide, delle atrocità causate dall’odio, della vendetta, dell’ingiustizia, della corruzione e delle malattie incurabili pandemiche. Il mondo sta diventando gradualmente un villaggio, ma un villaggio dominato dal peccato. Il demonio è all’opera giorno e notte per costruire e stabilire il suo dominio nel cuore delle persone. Sette e culti satanici si stanno dando molto da fare in Africa.

La Chiesa è il Sacramento dell’Amore, il Sacramento del Regno di Dio. La Chiesa può dare speranza qui, sulla terra come pure nella vita dell’aldilà. San Pietro ci avverte: "Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede" (1 Pt. 5,8-9).Questo stesso scenario è presente anche nei paesi Cristiani e Cattolici. Non dobbiamo avere compassione? Perché, perché, o Signore?

Il ventesimo secolo è stato uno dei peggiori della storia, pieno di orribili esempi di atrocità che sono state profetizzate dalla Nostra Signora di Fatima. Nostra Signora ci ha detto di pregare e di fare dei sacrifici. Oh Madre Celeste, prega per noi peccatori!

La missione di Cristo è di insegnare a tutti il pentimento, la conversione e di costruire il Regno di Dio. La costituzione, la magna carta del Regno di Dio, è il più grande e nuovo comandamento di amare Dio e il prossimo. Come Cristo, il vescovo deve insegnare la legge che ci dice di amare i nostri nemici e di pregare per quelli che ci perseguitano. Il più grande amore supera se stesso quando doniamo la nostra vita a Dio e agli altri. Ubi caritas, ibi Deus est.

Non può esserci speranza dove non c’è amore. Se tutti si amassero, non ci sarebbero odio, guerra, corruzione e ingiustizia. Oh Dio, Padre Nostro, dacci amore e speranza attraverso la Tua Chiesa! All’inizio di questo nuovo millennio, facci risplendere della luce del Vangelo di Gesù Cristo. Le tenebre non potranno sconfiggere la luce. Quando il popolo sente e vede Cristo nel vescovo, dentro di lui fioriscono la fede e la speranza.

Questo Sinodo dei vescovi si svolge in ottobre, mese del Santo Rosario. È stato il 13 ottobre del 1917 che il miracolo del sole che ruotava ha attratto una folla di oltre 70000 persone. Oh Maria, Madre Nostra, intercedi per noi perché abbiamo amore, speranza, fede e pace! Amen.

[00258-01.04] [in213] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Jan Pawel LENGA, M.I.C., Vescovo di Karaganda (Kazakhstan)

Il ministero episcopale, al di là della grande responsabilità e della pesante croce che questa rappresenta, come ogni ministero nel Cristo, deve essere per noi un ministero gioioso, indipendente dai valori della società fortemente secolarizzata che cambia rapidamente, poiché la verità di Cristo resta incrollabile.

La Chiesa del nostro paese, il Kazakhstan, dove i cattolici rappresentano circa il 2,5% della popolazione e dove coabitano, in pace, cristiani e musulmani, e anche rappresentanti di una quarantina di altre confessioni appartenenti a più di 120 gruppi etnici, ha una storia considerevole.

Servendomi dell’occasione di essere con voi, voglio ringraziare Sua Santità Papa Giovanni Paolo II per la sua recente visita nel nostro paese. Questa visita ha rappresentato il culmine delle aspettative di diverse generazioni di credenti. Spero che tutto il mondo sia riuscito a vedere che la grande anima degli abitanti delle steppe del Kazakhstan si è dischiusa per lasciare entrare l’amore, la verità e la speranza.

Oggi, in seguito agli atti di terrorismo di New York e di Washington, tutta l’umanità è tentata di operare una divisione ancora più profonda tra l’"Oriente" e l’"Occidente", di mettere ancora di più a confronto il mondo cosiddetto "musulmano" e quello "cristiano". Sullo sfondo di questa tragedia, in Kazakhstan, paese che collega l’Europa e l’Asia, si è levata chiaramente la voce del Vicario di Cristo, chiamando alla preghiera i cristiani e i musulmani, facendo un appello per mantenere questo grande dono di Dio, che è la pace. Molte persone di buona volontà in Kazakhstan hanno accolto questo appello con un sentimento di speranza.

Il vescovo deve, con umiltà, fare affidamento a Dio, e anche se succedono delle catastrofi apparenti in un contesto di male che si sviluppa, non deve lasciarsi prendere dalla disperazione. Piuttosto, predicando la speranza, deve radicarsi in questa stessa e contemplare il suo ministero nella prospettiva dell’eternità.

[00268-01.04] [in214] [Testo originale: francese]

S.Em.R. Card. Ignace Moussa I DAOUD, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali (Città del Vaticano)

È opportuno ringraziare il Santo Padre per aver scelto il ministero episcopale come tema di questo Sinodo. Effettivamente, la santità, lo zelo e le qualità umane del vescovo si riflettono nella Chiesa locale che egli santifica, ammaestra e guida in nome di Cristo. L’Instrumentum laboris, notevolmente ben fatto, non manca di menzionare le Chiese orientali cattoliche e le loro ricche tradizioni in materia. Su certi punti, tuttavia, vorrei proporre un’aggiunta.

1. Collegialità e sinodalità. Le nostre Chiese patriarcali sui iuris (cfr. IL 74) vivono la collegialità dei vescovi (affectus collegialis) non soltanto per mezzo della comunione effettiva e affettiva con la Chiesa di Roma e il suo vescovo, e con i loro fratelli vescovi di uno stesso territorio, ma anche sul piano sinodale. Il Sinodo dei vescovi dei Patriarcati orientali, le cui competenze sono molto estese, si può leggere come un modo di esercitare la collegialità dei vescovi sanzionato fin dai primi concili ecumenici (ad esempio Nicea I nel 325, canoni 6 e 7) e arricchito dall’esperienza lunga e molteplice delle Chiese d’Oriente. Il Concilio Vaticano II non ha esitato ad affermare che i Patriarcati d’Oriente sono nati "per opera della divina Provvidenza" (Lumen Gentium, n. 23).

2. Pastorale dei fedeli orientali nella diaspora. Le Chiese orientali cattoliche, e in particolare quelle del vicino Oriente, si trovano di fronte oggi - e rischiano di esserlo sempre più in futuro - a una tragedia: l’emigrazione dei loro fedeli. Certe Chiese contano già più fedeli nella diaspora che nei territori tradizionali! Ciò costituisce un’emorragia per le nostre Chiese e anche per la semplice presenza cristiana in questa parte del mondo. Ma significa anche che le Chiese orientali cattoliche devono essere in grado di organizzare efficacemente una pastorale propria e adatta dei loro fedeli nella diaspora, ovviamente in profonda comunione e in autentica concertazione con i vescovi locali di altre Chiese sui iuris.

3. L’elezione dei vescovi. La vocazione episcopale rientra nella scelta divina e il vescovo è creato mediante il rito sacro dell’ordinazione, sia nella tradizione orientale che in quella occidentale. Ma chi fa il vescovo, cioè chi lo nomina, chi lo chiama, chi lo elegge? Chi prepara le liste episcopali, chi organizza le consultazioni preliminari, ecc.? A queste domande rispondono due tradizioni legittime ma diverse che sono coesistite l’una accanto all’altra per tutta la storia della Chiesa. L’Instrumentum laboris, parlando delle "consultazioni preliminari", evidentemente allude a questioni sollevate nella Chiesa latina. La tradizione orientale sancita dai concili ecumenici e dai documenti pontifici conferisce al Sinodo dei vescovi della Chiesa sui iuris la competenza dell’elezione dei vescovi, cosa che innalza l’azione elettorale al rango di atto ecclesiale di primaria importanza. L’elezione del vescovo nella tradizione orientale non è atto o opera di un organismo che prepari, che studi, che proponga nomi, bensì di un collegio solidale e responsabile che elegge, che nomina, che crea, che fa il vescovo.

Ne discende che occorre affidarsi all’inchiesta canonica condotta dal Patriarca e dai vescovi del Sinodo e tornare all’antica e tradizionale pratica in materia, sia sul territorio patriarcale, sia su quello extra-patriarcale: e cioè che il nome del vescovo eletto dal Sinodo possa essere immediatamente pubblicato e che in seguito l’eletto chieda al Papa di concedergli la comunione ecclesiale.

[00269-01.04] [in215] [Testo originale: francese]

S.E.R. Mons. David L. WALKER, Vescovo di Broken Bay (Australia)

La teologia e la spiritualità di comunione contemplate dal Sinodo, caratterizzano chiaramente il vescovo come un uomo di relazione. Essenziale a queste relazioni è l’immagine del vescovo, il modo in cui noi vediamo il ministero e il modo in cui lo vedono gli altri. Uno dei fattori più importanti che ha dato forma a questa immagine di vescovo è la sottocultura episcopale clericale emersa dalla vita della Chiesa, nonché il modo in cui il ministero episcopale è stato esercitato sia oggi che in passato.

Le consuetudini e i protocolli che si associano al vescovo ne influenzano l’immagine. Il ministero episcopale può essere visto come uno status speciale piuttosto che come un ruolo di servitore: un cammino verso la carriera per il vescovo, piuttosto che una vita di servizio alla gente.

In questa cultura episcopale clericale, il punto centrale finisce per essere il vescovo invece del popolo. Le eccentricità dei vescovi possono essere tollerate senza distogliere lo sguardo dalla frustrazione e dall’impotenza del popolo di Dio di cui dovrebbero prendersi cura. Spesso si dà poca importanza al fatto che vi sono vescovi che trattano la gente senza il dovuto rispetto, la cortesia e la correttezza che giustamente ci si aspetta nella società secolare. I vescovi possono ignorare platealmente la responsabilità nei confronti dei loro sacerdoti e del popolo loro affidato, senza essere messi in discussione.

In una simile cultura, la comunione sacramentale che i vescovi condividono attraverso l’ordinazione può essere considerata come un accessorio, da prendere o lasciare, secondo il capriccio dei singoli vescovi.

Se non ci adoperiamo per cambiare questa cultura, collaboriamo a mantenerla così com’è. Questa cultura può rappresentare un nemico interno che non riconosciamo, mentre combattiamo molti nemici esterni.

[00270-01.04] [in216] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Cherubim DAMBUI, Vescovo titolare di Subbar e ausiliare di Port Moresby (Papua Nova Guinea)

Instrumentum laboris come documento di lavoro stabilisce molti testi delle Scritture e diverse considerazioni teologico-spirituali come fondamento per affermare la centralità del ministero episcopale nella Chiesa. Non intendo soffermarmi ulteriormente su questi preziosi riferimenti e giustificazioni che sono stati trattati esaurientemente e in modo convincente.

Essendo posto al centro della comunità di fede a lui affidata, il ruolo primario del vescovo è quello di essere fulcro della fede e centro di unità (IL 64). Il vescovo è l’animatore della spiritualità pastorale volta alla costruzione di rapporti di comunione secondo il modello trinitario.

Il ministero del vescovo quale servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo è quello di estendere a tutti i popoli la chiamata di Dio alla santità attraverso la proclamazione della Buona Novella. L’esperienza del Signore fatta dal vescovo, come quella degli Apostoli (1Gv 1-4) sarà il fondamento della sua testimonianza della Buona Novella per riunire il suo popolo. Con le sue omelie, le lettere pastorali ed altre occasioni, egli attingerà alla sua intima unione col Signore per guidare e orientare il suo popolo verso la crescita nella maturità dell’amore.

Il popolo deve avvertire l’ondata di amore, compassione e speranza quando incontra il proprio vescovo e i suoi collaboratori (IL 86, 88). L’instaurazione di rapporti di riconciliazione attraverso il dialogo e la partecipazione autentici apriranno al vescovo la via per condurre la propria diocesi lungo il cammino dell’unità-santità.

L’importanza di un piano organico spirituale-pastorale per la diocesi è stata sottolineata con forza da alcuni interventi. Anche io mi auguro che questo coordinamento programmato di evangelizzazione, di cui si avverte molto l’esigenza, verrà adottato e perfezionato in tutte le nostre diocesi.

Ciò significherà effettuare cambiamenti che avvieranno nuovi rapporti di amore fraterno. Il viaggio spirituale del vescovo continuerà ad ispirare e a dare speranza ai suoi sacerdoti e insieme essi condurranno il loro popolo nel pellegrinaggio verso l’unità e la santità.

[00271-01.03] [in217] [Testo originale: inglese]

AVVISI

LAVORI SINODALI

Al termine della Diciassettesima Congregazione Generale di questo pomeriggio giovedì 11 ottobre 2001 sarà recitato il Rosario del Santo Padre Giovanni Paolo II nel Trigesimo dell’attentato terroristico dell’11 settembre 2001.

CONFERENZA STAMPA

La seconda Conferenza Stampa sui lavori della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dopo la Relatio post disceptationem avrà luogo domani venerdì 12 ottobre 2001, alle ore 12.45, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede.

Interverranno:

  • S.Em.R. Card. Jorge Mario BERGOGLIO, S.I., Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), Relatore Generale Aggiunto
  • S.Em.R. Card. Bernard AGRÉ, Arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio), Presidente delegato

  • S.Em.R. Card. Ivan DIAS, Arcivescovo di Bombay (India), Presidente delegato
  • S.E.R. Mons. John Patrick FOLEY, Arcivescovo titolare di Neapoli di Proconsolare, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Presidente della Commissione per l’informazione

  • S.E.R. Mons. Telesphore Placidus TOPPO, Arcivescovo di Ranchi (India), Vice-Presidente della Commissione per l’informazione

[00267-01.02] [nnnnn] [Testo originale: plurilingue]

"BRIEFING" PER I GRUPPI LINGUISTICI

Il decimo briefing per i gruppi linguistici avrà luogo martedì 16 ottobre 2001 alle ore 13.10 (nei luoghi di briefing e con gli Addetti Stampa indicati nel Bollettino N. 2).

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per il permesso di accesso (molto ristretto).

"POOL" PER L’AULA DEL SINODO

Il nono "pool" per l’Aula del Sinodo sarà formato per la preghiera di apertura della Diciottesima Congregazione Generale di venerdì mattina 12 ottobre 2001.

Nell’Ufficio Informazioni e Accreditamenti della Sala Stampa della Santa Sede (all’ingresso, a destra) sono a disposizione dei redattori le liste d’iscrizione al pool.

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) e fotoreporters sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per la partecipazione al pool per l’Aula del Sinodo.

Si ricorda che i partecipanti al pool sono pregati di trovarsi alle ore 08.30 nel Settore Stampa, allestito all’esterno di fronte all’ingresso dell’Aula Paolo VI, da dove saranno chiamati per accedere all’Aula del Sinodo, sempre accompagnati da un ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede, rispettivamente dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

BOLLETTINO

Il prossimo Bollettino N. 20 sui lavori della Diciassettesima Congregazione Generale della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi di questo pomeriggio sarà a disposizione dei Signori giornalisti accreditati domani mattina venerdì 12 ottobre 2001, all’apertura della Sala Stampa della Santa Sede.

 
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- Indice Bollettino Synodus Episcoporum - X Assemblea Generale Ordinaria - 2001
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- Indice Sala Stampa della Santa Sede
 
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