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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

della Commissione per l'informazione della
X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
30 settembre-27 ottobre 2001

"Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo"


Il Bollettino del Sinodo dei Vescovi è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico e le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

24 - 16.10.2001

SOMMARIO

VENTESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (MARTEDÌ, 16 OTTOBRE 2001 - POMERIDIANO)

Alle ore 17.00 di oggi, martedì 16 ottobre 2001, alla presenza del Santo Padre, con la preghiera dell’Adsumus, ha avuto inizio la Ventesima Congregazione Generale della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi per la conclusione della lettura in Aula delle Relazioni dei Circoli Minori. Presidente Delegato di turno S.Em.R. Card. Bernard AGRÉ, Arcivescovo di Abidjan

In apertura dei lavori della Congregazione il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi S.Em.R. Card. Jan Pieter SCHOTTE, C.I.C.M. ha dato la comunicazione che riportiamo di seguito.

A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 19.00 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 232 Padri.

COMUNICAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

Adesso che le Relazioni dei Circoli Minori sono state presentate in Aula, è bene dedicare la nostra attenzione alla prossima fase dei nostri lavori.

Alla lettera c) dell’articolo sessantasettesimo del Vademecum (67c) si parla dell’elezione dei membri del Consiglio della Segreteria Generale. Vogliate leggere con me per una volta questo articolo. Questo regolamento procedurale proviene in parte dal Codice di Diritto Canonico, in parte dal Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, e infine in parte dall’Ordo Synodi, come è evidenziato dalla nota n. 35 dello stesso Vademecum.

Le norme sono le seguenti:

1. Numero: quindici, di cui dodici (12) eletti e tre (3) nominati dal Santo Padre (per raggiungere l’equilibrio: per esempio Padri delle Chiese Orientali, della Curia Romana, di una regione non rappresentata).

2. Aventi diritto all’elezione passiva: i Padri sinodali vescovi di quest’Assemblea.

3. Aventi diritto all’elezione attiva: tutti i Padri sinodali eleggono con voto diretto i dodici membri eletti.

4. Per ottenere un risultato equo in termini di rappresentanza dei membri di ogni regione, si richiede che il voto dei singoli elettori si riferisca a tre Padri per ciascun continente: Africa, America, Asia (Oceania compresa), Europa, come si legge nell’elenco appositamente preparato.

5. Si esclude lo scrutinio già effettuato dall’Assemblea regionale (ad es. se i Padri dell’Africa eleggono tre esponenti africani), perché il Sinodo non è una conferenza delle conferenze bensì è composto da vescovi che hanno tutti pari dignità ed autorità.

6. Se due padri della stessa Conferenza Episcopale conseguono la maggioranza assoluta o relativa, ne viene eletto soltanto uno, quello che avrà ottenuto più voti, oppure, in caso di parità, il più anziano.

7. Per evitare manipolazioni prima della votazione ad opera dei cosiddetti "gruppi di pressione" o di conciliaboli segreti, come ha insegnato la storia passata del Sinodo, è stato giudicato opportuno dai Presidenti Delegati procedere a mo’ di esperimento a una specie di sondaggio d’opinione circa le preferenze dei candidati dai singoli continenti. Questa indagine previa non è affatto vincolante per i Padri nella successiva votazione, che è opportuno si svolga nella piena libertà di ciascuno.

Il sondaggio d’opinione verrà condotto come segue: i Padri dello stesso continente indicano dieci (10) nomi del medesimo continente, tratti dall’elenco dei Padri. Fatto il totale delle indicazioni, prima di effettuare la prima votazione vengono annunciati i nomi di dieci (10) Padri che sono stati indicati per il maggior numero di volte. In seguito, si procederà alla votazione secondo il regolamento già in vigore.

In tal modo si spera che l’elezione dei membri del Consiglio risponda più e meglio alle prerogative di libertà, di efficacia, di cattolicità nella rappresentanza delle Chiese particolari sparse per i continenti.

Per tanto, vogliate esaminare il foglio che vi è già stato distribuito, con questo criterio: i membri dei singoli continenti hanno ricevuto un foglio con i nomi dei membri del loro stesso continente che possono essere eletti al consiglio. Ciascun membro indichi dieci nominativi apponendo un segno alato di ciascun nominativo scelto.

Mediante questa preselezione di nominativi si giungerà all’elenco dei membri che sono stati indicati più volte, cosicché nell’elezione finale tutti i Padri sinodali ricevano un utile aiuto alla votazione, sempre nel massimo rispetto della libertà di ciascun votante nell’eleggere i membri del Consiglio.

8. I Padri i cui nomi emergeranno nel sondaggio d’opinione e nella votazione non conclusiva sono vivamente pregati di comunicare se i doveri del loro ministero in seguito permetteranno loro di essere presenti alle riunioni del Consiglio, che si terranno almeno due volte l’anno. Ciò si raccomanda affinché non torni a verificarsi quanto è avvenuto negli anni scorsi, e cioè che a causa dei molteplici obblighi legati alla loro diocesi, alla Curia Romana o ai loro viaggi per il mondo, trascuravano ripetutamente il Consiglio, tanto che alcuni non hanno mai e altri quasi mai partecipato alle riunioni del Consiglio.

[00324-01.04] [nnnnn] [Testo originale: latino]

RELAZIONI DEI CIRCOLI MINORI (CONCLUSIONE)

Quindi, sono state presentate, seguendo l’ordine di presentazione della richiesta d’intervento, le seguenti Relazioni dei Circoli Minori, preparate dai Relatori dei Circoli Minori:

Pubblichiamo di seguito i riassunti delle Relazioni dei Circoli Minori presentate nella Diciannovesima Congregazione Generale:

RELAZIONE DEL CIRCOLO MINORE GALLICO A: S.E.R. Mons. Jean-Claude MAKAYA LOEMBE, Vescovo di Pointe-Noire (Repubblica del Congo)

Osservazione generale: il testo di sintesi insiste sulla comunione mentre il tema del Sinodo invita a riflettere sul vescovo servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo; si tratta forse di un’altra maniera di affrontare tale questione strutturandola intorno al vescovo garante della comunione? Se è così, auspichiamo che la dimensione missionaria e il servizio della speranza tanto sottolineati nell’Instrumentum laboris non vengano diluiti.

Il vescovo, maestro della fede. Anche se il vescovo deve intervenire nelle questioni etiche per enunciare un certo numero di precetti morali, il centro vivo del suo annuncio deve essere la Parola di Dio. Deve presentare il Figlio di Dio incarnato nella storia del mondo (soprattutto nei paesi in cui è presente l’Islam) e mettere in luce l’aspetto drammatico e liberatore della fede in Gesù, insistendo sul Cristo morto e risorto.

Il vescovo, maestro di vita spirituale. La Parola di Dio, l’esperienza di Maria, la testimonianza di alcuni sacerdoti e laici, le correnti spirituali riconosciute nella Chiesa... costituiscono altrettante fonti per alimentare la vita spirituale del vescovo, che è chiamato a vivere secondo la logica del suo maestro. Non può comunicare altro che ciò che vive.

I rapporti con i sacerdoti. Per i sacerdoti, il vescovo è un fratello e un padre, ma anche un pastore e un capo. Come fratello e padre, è chiamato a conoscere la situazione reale di vita dei suoi sacerdoti stando attento a ciò che vivono, accogliendoli e visitandoli regolarmente, accompagnandoli spiritualmente in uno slancio di dialogo...

Pastorale delle vocazioni. Il vescovo deve mettere in atto una buona pastorale giovanile (cammino vocazionale) e affidare a una équipe composta da sacerdoti e laici il compito di seguire le vocazioni.

La collegialità. Questa collegialità all’interno della comunione gerarchica, come ben sottolineato nel testo, non deve essere solo affettiva, ma anche effettiva. La procedura adottata per scegliere un vescovo può rappresentare una buona occasione per vivere la dimensione effettiva della collegialità. Verranno privilegiati soprattutto il parere della Conferenza Episcopale o quello della provincia ecclesiastica.

Le provincie ecclesiastiche. Affinché la loro erezione non costituisca una semplice formalità, la suddivisione geografica deve rispondere alle nuove aspettative delle chiese diocesane: per esempio, elaborare un piano pastorale unico per la provincia... si tratta di un’istituzione che favorisce la collegialità.

Rapporti con le parrocchie. Senza prendere il posto del parroco, il vescovo deve avere a cuore la visita pastorale parrocchiale per verificare, incoraggiare, dare impulso alla missione d’evangelizzazione in una dinamica di corresponsabilità.

La povertà. Distinguiamo nel mondo situazioni socio-economiche di povertà e di miseria che esigono una conversione della Chiesa - in particolare dei vescovi e dei loro collaboratori - alla pratica della povertà evangelica. La dimensione sociale della fede fa parte dell’annuncio del Vangelo. Cristo ci chiama a lottare contro la povertà intesa come miseria, con un cuore di povero.

L’inculturazione. In una società multiculturale caratterizzata dallo sviluppo, dalla mobilità e dalla mondializzazione, come si può mantenere la propria identità culturale e persino cristiana? Perciò, la riflessione del Papa che domanda che la nostra fede divenga la nostra cultura, mostra tutta la sua attualità. Tutta la vita umana è un luogo in cui dialogano diverse culture.

[00319-01.04] [cm008] [Testo originale: francese]

RELAZIONE DEL CIRCOLO MINORE HISPANICO C: S.E.R. Mons. Carlos AGUIAR RETES, Vescovo di Texcoco (Messico)

Come servitore del Vangelo, spetta al vescovo dare testimonianza di Cristo morto e risorto: morto per i nostri peccati e risorto per la speranza della nostra salvezza. Questo è il nucleo della Buona Novella annunciata dagli apostoli, che deve essere proclamata oggi dai vescovi, loro successori, con un linguaggio convincente e attraente.

Nella sua funzione profetica, il vescovo deve tener conto dell’adesione personale del credente alla persona di Cristo che deve suscitare la fede e l’accettazione del suo contenuto. In questo senso, deve tener conto della particolare cultura del suo gregge, per annunciare il Vangelo in termini attuali e accessibili. Allo stesso modo, occorre predicare un Dio che non sia statico, ma, piuttosto, un Dio che ci ha promesso la salvezza: in questa promessa si radica la nostra speranza.

Nella civiltà attuale, prevale una cultura che privilegia l’autonomia, il relativismo, l’immanenza e l’autosufficienza. Di fronte a questa situazione, occorre proporre il kerigma cristiano con tutto il suo carico di verità rivelata del quale il vescovo è maestro autentico per l’autorità ricevuta da Cristo, nella sua diocesi in comunione con Pietro.

Nella considerazione della spiritualità episcopale, vanno sottolineati alcuni elementi della spiritualità comune cristiana, quali il discepolato di Cristo e il porre il centro della spiritualità nella Parola di Dio: il vescovo la ascolta nella Scrittura, ne integra nella vita le esigenze e la annuncia agli uomini.

Tuttavia, l’aspetto specificamente episcopale della spiritualità si determina a partire dall’ordine sacramentale ricevuto, come piena partecipazione al sacerdozio di Cristo, che configura il vescovo con Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa. Il punto di partenza è la condizione di capo nella Chiesa, ricevuta nel sacramento, esercitata nella successione apostolica e messa al servizio della comunione con una tensione missionaria.

L’effusione dello Spirito Santo, ricevuto nel sacramento, continua nel corso del suo ministero. La lectio divina esercitata dalla cattedra episcopale è anche fonte di vita nello Spirito.

Il servizio ai poveri e, più ampiamente, la carità pastorale, sono elementi intrinseci alla spiritualità episcopale.

Il vescovo deve mettersi in rapporto con i presbiteri come padre, fratello e amico. Lo spirito di paternità è il modo migliore di essere vescovo. La relazione fondamentale è sacramentale.

Il vescovo deve scegliere dei buoni formatori per il seminario. Dare priorità alla formazione permanente del clero, e alla sollecitudine personale per il medesimo: salute, vecchiaia, e situazioni di particolare difficoltà.

Il vescovo deve promuovere un presbiterio molto unito al vescovo per realizzare il piano pastorale diocesano.

Dio chiama quando vuole e dove vuole. La preghiera per le vocazioni è di importanza fondamentale. È missione della Chiesa preparare il terreno perché fioriscano le vocazioni, favorendo l’incontro con Gesù Cristo vivo.

La promozione delle vocazioni è in stretta relazione con alcune realtà contestuali che non possono essere tralasciate: la diminuzione generalizzata del numero di figli per famiglia, la crisi dell’istituzione familiare in sé, la secolarizzazione delle grandi città, il relativismo morale, l’attuale difficoltà dei giovani ad accettare impegni per tutta la vita.

È necessario che il vescovo dia impulso alla formazione nei presbiteri per l’accompagnamento spirituale e l’educazione nel discepolato. È opportuno anche favorire gli ambienti familiari e le piccole comunità come culla di vocazioni, e che siano le comunità a dare testimonianza della qualità dei candidati.

La collegialità affettiva, permeata dell’amore per la Chiesa e per gli altri fratelli nell’episcopato, è condizione e fonte della collegialità effettiva .

La comunione dipende dalla missione, nel senso che le diverse forme di governo collegiale sono al servizio della missione.

I sinodi continentali sono stati un’esperienza positiva, che è opportuno ripetere.

È necessario dare impulso alla collaborazione intercontinentale fra le Conferenze episcopali. La situazione attuale in Africa richiede con urgenza questa collaborazione e la stessa cosa si può dire rispetto all’attuale distribuzione mondiale del clero.

A livello regionale, le riunioni fra le varie Conferenze episcopali per trattare argomenti comuni dà buoni risultati.

Il metropolita deve essere rivalutato come promotore della comunione.

Le province devono essere costituite sulla base di una situazione sociologica e pastorale simile.

La parrocchia come centro di evangelizzazione continua ad essere valida e necessaria. La parrocchia è il luogo della presenza del vescovo attraverso il parroco.

La parrocchia deve essere uno spazio di incontro con Cristo vivo. Testimonianza della Chiesa madre che cerca e si prende cura dei suoi figli. La parrocchia deve essere missionaria ed evangelizzatrice. Promotrice di piccole comunità.

Ogni parrocchia deve promuovere la catechesi, i sacramenti e la carità verso i poveri.

Il vescovo ha la responsabilità di richiedere le strutture previste: Consigli pastorali parrocchiali e di affari economici.

Davanti alla pluralità di carismi e spiritualità nella Chiesa, il vescovo deve promuovere i suoi sacerdoti diocesani nella spiritualità di comunione.

La curia deve essere espressione della carità pastorale del vescovo.

La povertà vissuta nell’amministrare i beni ecclesiastici si esprime nella considerazione del carattere sociale (e non personale) di questi beni.

Il celibato e l’obbedienza sono espressioni della povertà.

Indichiamo alcuni criteri e orientamenti:

1. Condividere i beni è un modo di testimoniare la povertà.

2. L’assistenza sociale continua ad essere necessaria; non può essere sostituita dalla semplice promozione.

3. È opportuno affermare l’efficacia del lavoro per la giustizia sociale a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa.

4. Recepire le nuove forme di povertà nei loro nuovi volti: la donna emarginata, le persone prive di documenti e i migranti, gli indigeni, i detenuti, gli esclusi. Davanti a queste, deve nascere una nuova idea di carità.

5. La questione del debito estero è fattore e causa della povertà e occorre proseguire nell’impegno per cancellarlo.

Il vescovo deve avere cuore di Pastore ed essere un servitore della verità.

Sollecito e sensibile al fenomeno delle migrazioni per dare a queste spazio e attenzione pastorale.

La Chiesa stessa ha un dinamismo di globalizzazione e per questo deve affrontare con creatività ed entusiasmo questa nuova epoca.

[00320-01.05] [cm009] [Testo originale: spagnolo]

RELAZIONE DEL CIRCOLO MINORE ITALICO B: S.E.R. Mons. Cosmo Francesco RUPPI, Arcivescovo di Lecce (Italia)

Il Gruppo italiano "B" guidato dal Card. Dionigi Tettamanzi., Arcivescovo di Genova, ha discusso approfonditamente dei problemi indicati nel questionario e, facendosi eco dell'ampia discussione in Aula, ha approfondito alcuni temi particolari, tra cui quello della collegialità, dell'ecumenismo, del dialogo con i non cristiani e i non credenti. Il Vescovo - si è detto- deve essere "doctor veritatis" e per questo deve annunciare interamente la dottrina di Cristo e della Chiesa, nella consapevolezza che Gesù, l'unico Salvatore e Signore, ci guida alla piena conoscenza di Dio e alla vita di grazia. Trattando della santità e spiritualità del Vescovo, i Padri hanno molto insistito sulla necessità, che egli sia sempre in cammino di santità e che diventi per tutti, in primo luogo per i sacerdoti, autentico maestro di preghiera e guida spirituale. Per questo, specchiata deve essere la sua umiltà e povertà, la sua fede, la speranza e la carità, offrendo al gregge, come modello, la sua stessa vita e il suo servizio apostolico. Rilevante è il rapporto tra il Vescovo e i presbiteri, a lui legati dal vincolo nel sacramento dell’Ordine sacro. In questa prospettiva, il Vescovo deve considerare i sacerdoti come un "dono del Signore", deve amarli, seguirli, incoraggiarli, sostenerli nelle difficoltà e, invogliandoli alla sequela di Cristo Sacerdote, deve vivere in comunione con ciascuno di loro. Costante deve essere, perciò, l’impegno del Vescovo per la pastorale vocazionale, ricordando che, senza una solida pastorale familiare e giovanile, non sarà mai possibile conseguire risultati stabili e duraturi nel campo vocazionale. Assiduo deve essere anche il suo impegno per la formazione dei futuri presbiteri, in particolare, per il seminario, al quale deve assicurare educatori qualificati e aggiornati. Non minore deve essere l'attenzione del Vescovo per la parrocchia e per le singole comunità parrocchiali, ricordandone l'attualità e centralità pastorale, ma sollecitandone anche il rinnovamento in ordine soprattutto alla nuova evangelizzazione. Anche la Curia diocesana, saggiamente guidata dal Vescovo e dai suoi più diretti collaboratori, può, divenire strumento di rinnovamento, coordinamento e comunione pastorale. Ma l'attenzione primaria del Vescovo deve essere oggi rivolta ai poveri a tutti i poveri: a quelli di denaro, ma anche a quelli di fede, di speranza, di valori, a tutti portando la speranza di Cristo e annunciando la Buona novella della salvezza. Uno stile di vita, che apra il cuore alle innumerevoli povertà, deve costituire il modulo di vita di ogni Pastore di Chiesa. Notevole è stata l’attenzione del Gruppo italiano per il tema della collegialità apostolica e dell'unità della Chiesa: l'unità della Chiesa, di cui il Papa è supremo custode, è nel cuore di tutti i Vescovi. Unanime , pertanto, è la gratitudine del Santo Padre per il suo quotidiano, eroico ed affascinante servizio all’unità e alla carità di tutte le Chiese. La collegialità episcopale, cum Petro et sub Petro, si esprime nell’amore di ogni vescovo per la Chiesa universale e per le singole Chiese particolari e si trasfonde in sollecitudine missionaria verse le Chiese più povere e più bisognose. Molti sono i problemi che si aprono dinanzi agli occhi del Vescovo; innumerevoli le sofferenze e le istanze, ma forte è in lui la speranza in Cristo Risorto e nel Signore che viene. Di questa speranza, anche il Sinodo presente è stato un dono immenso, che ha rinsaldato la comunione con il Romano Pontefice ed ha fatto sperimentare una solida e generosa fraternità tra i successori degli Apostoli: auspicio per la speranza di un mondo, assai travagliato dagli orrori della guerra e della povertà, ma sempre aperto al vento dello Spirito.

 

[00321-01.04] [cm010] [Testo originale: italiano]

RELAZIONE DEL CIRCOLO MINORE ANGLICO C: S.E.R. Mons. John Olorunfemi ONAIYEKAN, Arcivescovo di Abuja, Presidente della Conferenza Episcopale (Nigeria)

I punti principali della nostra relazione sono i seguenti:

1) Tra le verità di fede che esigono un’attenzione speciale da parte del vescovo quando esercita il proprio ministero di insegnamento, abbiamo identificato la dottrina di Gesù quale unico salvatore del mondo, della Chiesa come parte necessaria del piano salvifico di Dio e dell’ecumenismo propriamente inteso. Nel campo della moralità cristiana, dobbiamo sottolineare la Dottrina Sociale della Chiesa, l’insegnamento sul matrimonio e la famiglia e l’etica di un comportamento sessuale responsabile.

2) La vita spirituale del vescovo deve incentrarsi sul suo ministero, soprattutto nella liturgia, nella preghiera e nella carità pastorale, con cui incontra Dio nel popolo che sta servendo.

3) Nel suo rapporto con il presbiterio, la famiglia dei sacerdoti, egli deve rendersi disponibile per loro come un padre, un fratello e un amico. Gli incontri del consiglio sacerdotale ed altre riunioni sacerdotali costruiscono un rapporto che si approfondisce con i contatti personali nelle diverse occasioni. Il ministero del vescovo sarà molto valorizzato se egli metterà a punto un efficace sistema di delega dei doveri. Possiamo menzionare qui i ruoli dei vicari episcopali, e soprattutto dei vescovi ausiliari con l’autorità effettiva di collaborare col vescovo diocesano.

4) La promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa devono rappresentare una sollecitudine primaria del vescovo, alla luce della crisi generale in questo campo. Dobbiamo chiarire e affermare l’identità del sacerdote, pregare sinceramente per le vocazioni, e mettere a punto un programma pastorale preciso di promozione delle vocazioni. In alcune parti del mondo esiste un boom delle vocazioni, per grazia di Dio e per la fede e le preghiere della comunità cristiana. Queste storie di successi devono essere celebrate e sostenute. I seminaristi necessitano di una particolare attenzione. C’è speranza per un futuro migliore.

5) La collegialità episcopale, con e sotto il Papa, affettiva ed effettiva, è un segno caratteristico della Chiesa di oggi. Il sinodo dei vescovi, che sta diventando lo strumento più importante di tale collegialità, deve essere materia di ulteriore riflessione e sviluppo, per una migliore efficacia. La Curia Romana servirebbe meglio la collegialità, se fosse decentrata. La riflessione attuale sulla natura delle conferenze episcopali nazionali deve proseguire lungo la linea di una maggiore autonomia e libertà d’azione a livello pastorale. La voce comune dei vescovi in conferenza può esercitare una grande influenza positiva quando è rivolta alle autorità civili, sia nazionali che internazionali, per il bene della società.

6) Il vescovo è il Pastore di tutta la diocesi, quindi il suo ministero deve raggiungere le parrocchie dove i fedeli vivono la maggior parte della loro vita di cristiani. Il parroco rappresenta il legame fondamentale tra la parrocchia e il vescovo. Per questo motivo deve prendere parte alla formulazione dei programmi pastorali che dovrebbe applicare. La visita pastorale è la migliore occasione che si presenta al vescovo per interagire con le persone della parrocchia e svolgere il suo ministero.

7) Il vescovo deve essere un chiaro testimone della virtù della povertà, nella semplicità dello stile di vita e soprattutto nella sua sollecitudine e attenzione preferenziale verso i bisogni dei poveri che vivono nella sua diocesi. Tale sollecitudine dovrebbe andare oltre la diocesi per allargarsi al mondo, nella cura delle necessità delle povere vittime dell’ingiustizia dell’attuale ordine economico mondiale.

8) L’inculturazione, intesa come lo sforzo di superare il divario tra fede e cultura, rappresenta ovunque una sfida. Il suo slancio e il suo concreto contenuto dipenderanno dalla cultura predominante. Ma deve tutelare sempre l’integrità della fede cattolica e custodire il dono di unità e comunione della Chiesa di Dio.

9) In un mondo pieno di guerre e di confusione, timori e ansie, la sfida del vescovo in questo nuovo millennio è quella di essere, nelle azioni e nei fatti, un servitore credibile del Vangelo di Cristo per la speranza del nostro mondo.

[00322-01.05] [cm011] [Testo originale: inglese]

RELAZIONE DEL CIRCOLO MINORE HISPANICO A: S.E.R. Mons. Héctor Miguel CABREJOS VIDARTE, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo, Vice- Presidente della Conferenza Episcopale (Perù)

1. IL VESCOVO MAESTRO DELLA FEDE

Il punto fondamentale su cui il vescovo deve insistere per esercitare il suo magistero è la Persona di Gesù, la sua obbedienza al Padre e la sua centralità salvifica. È lui che risveglia alla vita e dalla sua sequela nasce la morale cristiana. Che si predichi Cristo, la sua croce e la sua risurrezione, come primo annuncio, davanti a un mondo secolarizzato ed edonista.

Si insiste sulla formazione permanente del vescovo - spirituale, teologica, pastorale e in altri campi del sapere - perché vi sono grandi progressi della scienza che offrono prospettive nuove ma al tempo stesso danno luogo a dubbi sulla morale cristiana.

Rafforzare le Conferenze episcopali, in comunione con il Papa e gli altri vescovi, dove si possono offrire molti servizi.

Oggi si va perdendo il senso profondo della dignità della persona e, di conseguenza, si va perdendo la coscienza del mistero non soltanto di Cristo, ma della creatura di Dio.

2. IL VESCOVO MAESTRO NELLA VITA SPIRITUALE

Il vescovo non può essere maestro di spiritualità se non è in primo luogo discepolo di Gesù. Di qui nasce la necessità di stare con Gesù, essere uomo di preghiera e adempiere alla missione. Contemplazione e missione sono due concetti chiave sul cammino di santità del vescovo. La spiritualità del vescovo si manifesta nell’immagine vivida del Buon Pastore e in quella del Buon Samaritano. Il vescovo deve stare vicino al suo popolo, in particolare a chi soffre. Alcuni tratti che caratterizzano la santità del vescovo sono l’essere e il vivere per gli altri, la carità e il servizio, l’umiltà, la semplicità e una devozione o profilo eucaristico e mariano indiscutibile.

Accentuare nel vescovo l’immagine del Padre. Il vescovo come padre riflette il volto paterno di Dio, essendo padre dà vita con i sacramenti, educa le persone, perdona ed è perdonato nella confessione, comunica bontà nel suo modo di trattare il prossimo. Santificato e santificatore.

3. COLLEGIALITÀ AFFETTIVA FRA I VESCOVI E IL SUCCESSORE DI PIETRO

Sulla collegialità, alcuni Padri hanno chiesto uno studio ulteriore che evidenzi meglio quando la collegialità è effettiva e che descriva il vasto campo della collegialità affettiva. Si capisce che nelle Conferenze episcopali, nelle Conferenze regionali, nei Consigli continentali e nei Simposi di conferenze si tratta di collegialità affettiva secondo la "Apostolos Suos", anche se ben si comprende che si tratta non soltanto di buoni rapporti ma di qualcosa di più profondo: di responsabilità verso il nostro ministero. Il Concilio Vaticano II ha ben sintetizzato la teologia della Chiesa, ma, al suo interno, la teologia del ministero ordinato non è del tutto sviluppata e dovrebbe essere approfondita.

Riconoscendo che il principio di sussidiarietà che proviene dalla sociologia è stato sviluppato in modo fecondo nella Dottrina Sociale della Chiesa e ha regolato gran parte del Nuovo Codice di Diritto Canonico, e di fronte alla difficoltà di applicarlo in ecclesiologia, sarebbe auspicabile uno studio delle conseguenze pastorali della comunione esistente fra il Primato di Pietro e i vescovi.

4. IL VESCOVO TESTIMONE DI VERA POVERTÀ

Diciamo, con il Santo Padre Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte: è possibile che, nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di fame? chi resta condannato all’analfabetismo? chi manca delle cure mediche più elementari? chi non ha una casa in cui ripararsi? [...] Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come a casa loro (NMI 50).

D’altra parte, il debito estero dei paesi del terzo mondo aggrava la povertà e aumenta la miseria; questa situazione esige la cooperazione dei vescovi dei paesi creditori per ottenere il condono o la riduzione del debito.

Il vescovo è chiamato a essere sempre più vicino ai poveri e loro difensore. Lo stile del vescovo dev’essere semplice e distaccato dai beni, il suo modo di fare, umano, egli dev’essere per tutti e deve trattare con tutti. Il vescovo deve restare libero da ogni vincolo politico in senso partitico e sentirsi libero di fronte alle autorità. Intervenire per favorire la politica sociale e la giustizia, dando impulso alla carità, specialmente per i più bisognosi e gli esclusi.

Il vescovo deve difendere la dignità di ogni persona, in particolare degli esclusi, ed esercitare la sua influenza affinché sia superato il concetto di persona esclusa.

Il vescovo deve aiutare a formare la coscienza onesta dei politici, dei dirigenti nazionali, per combattere e denunciare la corruzione sistematica e organizzata e incoraggiare l’interesse per il bene comune.

5. IL VESCOVO E L’INCULTURAZIONE

È necessario l’annuncio del Vangelo senza ambiguità, avendo San Paolo come modello di evangelizzazione delle culture in ogni tempo ma senza imposizioni.

Dobbiamo tenere presente che la religiosità popolare ben utilizzata è una grande riserva religiosa per la nuova evangelizzazione, può condurre alla conversione, al cambiamento di criteri e alla conservazione di valori autentici.

Il vescovo e tutti gli agenti della pastorale dovranno utilizzare nella loro missione evangelizzatrice, con dinamismo e creatività, tutti i mezzi di comunicazione che offre loro oggi il vertiginoso progresso scientifico e tecnico. Deve fare propri con audacia e fermezza tutti i cosiddetti "areopaghi" moderni, la pagina Web e il "pulpito virtuale".

Attraverso i secoli la Chiesa ha inculturato il Vangelo nelle diverse manifestazioni artistiche delle varie culture, cosicché il patrimonio culturale della Chiesa non è soltanto una testimonianza del passato, ma anche un valido strumento di evangelizzazione; questo retaggio non soltanto va preservato, ma accresciuto con nuove espressioni artistiche.

[00325-01.04] [cm012] [Testo originale: spagnolo]

INTERVENTI "IN SCRIPTIS"

I seguenti Padri Sinodali hanno consegnato solo per iscritto un intervento, non pronunciato in Aula:

Pubblichiamo di seguito il riassunto degli interventi non pronunciati in Aula, ma consegnato per iscritto dai Padri Sinodali:

S.E.R. Mons. Buti Joseph TLHAGALE, O.M.I., Arcivescovo di Bloemfonte (Sudafrica)

1) Collegialità. I membri della SACBC propongono che la collegialità dei vescovi sia resa più efficace.

Poiché la comunione ecclesiale definisce la Chiesa e rappresenta il punto focale del rinnovamento auspicato dal Concilio Vaticano Secondo, e poiché esiste un intimo legame tra questo ideale di comunione e il ruolo dei vescovi, la SACBC propone di cercare modi concreti per rendere più efficace tale collegialità. Lo status consultativo del Sinodo dei Vescovi non è considerato sufficiente. L’attuale status spesso dà l’impressione che la collegialità non sia molto di più che un’affermazione verbale senza un corrispettivo nella realtà.

Le misure concrete che potrebbero trasformare il Sinodo dei Vescovi in una struttura deliberativa non possono essere proposte qui, né è possibile determinarle nel corso dello stesso sinodo. Perciò la SACBC propone che questa struttura venga elaborata attraverso un processo mondiale di studio e consultazione.

Un metodo di tale studio potrebbe essere quello di chiedere a tutte le Conferenze Episcopali di redigere, in collaborazione con gruppi ed istituzioni del loro territorio, una serie di proposte nell’arco di un anno. Il Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo potrebbe quindi raccoglierle e presentarle alle Conferenze Episcopali per il loro commento. I suggerimenti più interessanti raccolti da questi commenti potrebbero essere presentati alla prossima Assemblea Generale per la stesura finale e la presentazione al Santo Padre.

Un processo prolungato rappresenterebbe un primo passo concreto verso la realizzazione della collegialità effettiva. Potrebbe inoltre far prendere atto alle Conferenze Episcopali che lo status deliberativo del Sinodo dei Vescovi dipenderà dalla loro accettazione di una responsabilità assai accresciuta.

2) Conferenze Episcopali. I membri della SACBC propongono di dare una maggiore importanza alle Conferenze Episcopali.

Poiché la Chiesa è una comunione di tutte le Chiese particolari e il vescovo è responsabile della costruzione della Chiesa sia a livello locale che universale, i vescovi della SACBC ritengono che le Conferenze Episcopali dovrebbero avere un peso maggiore. I vescovi sentono che le Conferenze Episcopali sono più di un’agenzia tecnica adeguata. Queste conferenze rappresentano gli strumenti naturali per realizzare il piano divino della comunione ecclesiale. Così come la natura umana, come è stata creata da Dio, fa dell’assemblea locale dei fedeli uno strumento teologico, la stessa natura umana rende anche le Conferenze Episcopali uno strumento di ordine teologico. La collaborazione con le Conferenze Episcopali deve essere accuratamente bilanciata dall’individualità ed autonomia delle diocesi, ma deve ricevere il suo adeguato status teologico.

3) Sussidiarietà. I membri della SACBC propongono che la sussidiarietà venga riconosciuta come un principio di istituzione divina per definire la cooperazione tra i diversi livelli di governo della Chiesa.

La sussidiarietà va vista come il principio che la sapienza di Dio ha voluto per tutti i rapporti. Per questo deve essere anche considerata come il principio che regola i rapporti tra il vescovo e il collegio episcopale, tra il collegio episcopale e il Vescovo di Roma, tra le Conferenze Episcopali e il singolo vescovo e tra le Conferenze Episcopali e la Curia Romana.

4) Limite di tempo dell’ufficio del vescovo. I membri della SACBC propongono che un ulteriore limite di tempo venga stabilito per l’ufficio del vescovo.

I cambiamenti sempre più rapidi nel mondo e nella Chiesa rendono consigliabile di limitare ulteriormente il mandato dell’ufficio del vescovo. L’attuale limite del mandato dell’ufficio all’età di settantacinque anni non è più sufficiente, perché porta a far sì che solo i vescovi più anziani vengano eletti al fine di evitare che i vescovi rimangano nel loro incarico per periodi molto lunghi. I vescovi della SACBC sono consapevoli che un’ulteriore limitazione del mandato comporterebbe non uno, ma molti cambiamenti e avrebbe diverse implicazioni. Queste dovrebbero essere elaborate attraverso consultazioni e studi più ampi.

[00308-01.05] [is001] [Testo originale: inglese]

S.Em.R. Card. Carlo Maria MARTINI, S.I., Arcivescovo di Milano (Italia).

1. Nella discussione in Aula si sono ascoltate soltanto poche menzioni della VISITA PASTORALE sistematica a tutte le parrocchie e istituzioni ecclesiastiche della Diocesi, visita che pure è un impegno primario del Vescovo e che viene trattata nell’Instrumentum Laboris al n. 121. E' importante che la visita sia ben preparata e programmata in un clima di fede, che sia fatta personalmente dal vescovo, pur con l'aiuto di collaboratori. Potrebbe essere opportuna un’indagine nelle diocesi per vedere se e come oggi viene praticata questa forma privilegiata di contatto del vescovo con i fedeli.

2. Diversi interventi hanno trattato opportunamente del rapporto tra il vescovo e la PAROLA DI DIO. Qui richiamo un duplice momento: quello del vescovo che coltiva personalmente quel contatto orante con la Scrittura "che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta e plasma l'esistenza" (NMI n. 39); e quello del vescovo che guida e aiuta i fedeli, in particolare i giovani, a pregare partendo dalla Scrittura. E' importante che sia il vescovo stesso a spiegare la Scrittura nella cattedrale e inviti i giovani a pregare con lui.

3. La riflessione sul vescovo come STRUMENTO DI COMUNIONE NELLA CHIESA LOCALE, e come colui che la rappresenta e la interpreta, porta a chiedersi come sia possibile far sì che la chiesa locale possa anch'essa riconoscersi come espressione del suo vescovo, a partire dalle procedure utilizzate per la ricerca di candidati adatti.

[00323-01.07] [is002] [Testo originale: italiano]

AVVISI

BOLLETTINO

Il prossimo Bollettino N. 25 di venerdì 19 ottobre 2001, sarà a disposizione dei giornalisti accreditati a conclusione dei lavori della Ventunesima Congregazione Generale (Prima votazione del Consiglio Post-sinodale e Presentazione dello Schema del Messaggio).

Domani mercoledì 17 ottobre 2001 sarà a disposizione il Bollettino 01-C, con l’Elenco dei partecipanti aggiornato e corretto, in sostituzione del Bollettino 01-B del 5 ottobre 2001.

 
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