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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

della Commissione per l'informazione
X COETUS GENERALIS ORDINARIUS
SYNODI EPISCOPORUM
30 septembris-27 octobris 2001

"Episcopus Minister Evangelii Iesu Christi propter Spem Mundi"


Il Bollettino del Sinodo dei Vescovi è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.


Edizione plurilingue

29 - 26.10.2001

SOMMARIO

MESSAGGIO DELLA X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

MESSAGGIO DELLA X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

  • Testo originale in italiano

  • Traduzione in tedesco

Nella Ventitreesima Congregazione Generale di ieri, giovedì 25 ottobre 2001, i Padri sinodali hanno approvato il Messaggio del Sinodo dei Vescovi al Popolo di Dio, a conclusione della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale della versione originale in italiano e la traduzione in tedesco, curata dalla Commissione per la preparazione del Messaggio:

Testo originale in italiano

I. Introduzione

1.Riuniti a Roma nel nome di Cristo Signore, dal 30 settembre al 27 ottobre 2001, noi patriarchi e vescovi cattolici di tutto il mondo siamo stati invitati dal Papa Giovanni Paolo II a valutare il nostro ministero nella Chiesa alla luce del Concilio Vaticano II (1962-1965). Quasi come gli apostoli, radunati dopo la Risurrezione nel cenacolo insieme a Maria, madre di Gesù, siamo stati *concordi nella preghiera+, invocando lo Spirito del Padre perché ci illuminasse riguardo al nostro ministero di servitori di Gesù Cristo per la speranza del mondo (cfr. At 1,14).

2.Insieme al successore di Pietro, che ha annunciato la Buona Novella a tutti gli uomini e ha percorso infaticabile la terra intera come pellegrino di pace - la cui presenza costante ai nostri lavori è stata una preziosa fonte di incoraggiamento - ci siamo messi all=ascolto della Parola di Dio e all=ascolto gli uni degli altri. In questo modo abbiamo potuto ascoltare la voce delle Chiese particolari e dei popoli, facendo esperienza di una fraternità universale che vorremmo comunicarvi attraverso questo messaggio.

3.Abbiamo dovuto deplorare l=assenza di carissimi fratelli nel Signore che non hanno potuto venire a Roma. Abbiamo anche ascoltato con profonda emozione la testimonianza di molti vescovi che, negli ultimi decenni, hanno sofferto la prigione e l=esilio per la causa di Cristo. Altri sono morti per la loro fedeltà al Vangelo. Le loro sofferenze, come quelle delle loro Chiese locali, lungi dallo spegnere la luce della speranza, l=hanno resa ancor più viva di fronte al mondo intero.

4.Dei Superiori generali delle Congregazioni religiose hanno partecipato attivamente a questo Sinodo. Abbiamo anche avuto la grande gioia di accogliere delegati fraterni di altre Chiese cristiane, oltre a uditori, religiosi e laici, uomini e donne, come anche esperti e interpreti. Ringraziamo tutti di vero cuore, senza dimenticare i componenti della Segreteria del Sinodo.

II. Gesù Cristo nostra speranza

5.Lo Spirito Santo, offrendoci il dono di aprirci insieme alle realtà attuali della vita della Chiesa e del mondo, ha glorificato nei nostri cuori il Cristo risorto, prendendo del suo e annunziandolo a noi (cfr. Gv 16,14). Infatti, è stato alla luce della Pasqua di Cristo, della sua Passione, Morte e Risurrezione che abbiamo potuto rileggere ad un tempo le tragedie e le meraviglie di cui oggi siamo testimoni. Per esprimerci con le parole di san Paolo, ci siamo trovati davanti al *mistero dell=iniquità+ e al *mistero della pietà+ (cfr. 2Ts 2,7 e 1Tm 3,16).

6.Mentre dal punto di vista umano la potenza del male sembra spesso avere il sopravvento, agli occhi della fede la tenera misericordia di Dio prevale infinitamente: *Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia+ (Rm 5, 20). Abbiamo sperimentato la forza e la verità di questo insegnamento dell=Apostolo anche nello sguardo che abbiamo rivolto al presente. *Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza+ (Rm 8, 24-25).

7.Il rifiuto iniziale di obbedire a Dio, che sta alla radice del peccato come è inteso dalla Scrittura, fu la sorgente della divisione tra l=uomo ed il suo creatore, l=uomo e la donna, l=uomo e la terra, l=uomo e suo fratello. Nasce così la domanda che non cessa di interrogare le nostre coscienze: *Dov=è [Y] tuo fratello? Che hai fatto?+ (Gen 4, 9-10). Ma non bisogna mai dimenticare che il racconto della colpa è subito seguito da una promessa di salvezza, che precede la storia dell=uccisione di Abele l=innocente, figura di Gesù. Il Vangelo, lieta notizia rivolta a tutta l=umanità, è proclamato sin dall=aurora della storia dell=umanità stessa (cfr. Gen 3,15).

8.Ancora oggi questo Vangelo viene proclamato in tutta la terra. Non possiamo quindi lasciarci intimidire dalle diverse forme di negazione del Dio vivente che cercano, più o meno scopertamente, di minare la speranza cristiana a farne una parodia o a deriderla. Lo confessiamo nella gioia dello Spirito: *Cristo è veramente risorto!+. Nella sua umanità glorificata, ha aperto l=orizzonte della vita eterna a tutti gli uomini che si convertono.

L=orrore del terrorismo

9.La nostra assemblea, in comunione con il Santo Padre, ha espresso la sua più viva sofferenza per le vittime degli attentati dell=11 settembre e per le loro famiglie. Preghiamo per loro e per tutte le vittime del terrorismo nel mondo. Condanniamo in maniera assoluta il terrorismo, che nulla può giustificare.

Situazioni di violenza

10.D=altronde, non abbiamo potuto non ascoltare, nel corso del Sinodo, l=eco di tanti altri drammi collettivi. È anche urgente tenere presenti le Astrutture di peccato@ di cui ha parlato Papa Giovanni Paolo II, se vogliamo tracciare nuove vie per il mondo. Secondo osservatori competenti dell=economia mondiale, l=80% della popolazione del pianeta vive con il 20% delle sue risorse e un miliardo e duecento milioni di persone sono costrette a Avivere@ con meno di un dollaro al giorno! Si impone un cambiamento di ordine morale: la dottrina sociale della Chiesa assume oggi un=importanza che non può essere esagerata. Noi vescovi ci impegniamo a farla conoscere meglio nelle nostre Chiese particolari.

11.Alcuni mali endemici, troppo a lungo sottovalutati, possono portare alla disperazione intere popolazioni. Come tacere di fronte al dramma persistente della fame e della povertà estrema, in un=epoca in cui l=umanità ha a disposizione come non mai gli strumenti per un=equa condivisione? Non possiamo non esprimere la nostra solidarietà con la massa dei rifugiati e degli immigrati che, a causa di guerre, in conseguenza di oppressione politica o di discriminazione economica, sono costretti ad abbandonare la propria terra, alla ricerca di un lavoro e nella speranza della pace. I disastri causati dalla malaria, l=aumento dell=AIDS, l=analfabetismo, la mancanza di futuro per tanti bambini e giovani abbandonati su una strada, lo sfruttamento delle donne, la pornografia, l=intolleranza e lo sfruttamento inaccettabile della religione per scopi violenti, il traffico di droga e il commercio di armiY Il catalogo non è completo! E tuttavia, pur in mezzo a tutte queste difficoltà, gli umili rialzano la testa. Il Signore li guarda e li sostiene: *Per l=oppressione dei miseri e il gemito dei poveri io sorgerò, dice il Signore+ (Sal 12, 6).

12.Ciò che, forse, sconvolge maggiormente il nostro cuore di pastori è il disprezzo della vita dal suo concepimento al suo termine, e la disgregazione della famiglia. Il no della Chiesa all=aborto e all=eutanasia è un alla vita, un alla bontà originaria della creazione, un che può raggiungere ogni essere umano nel santuario della sua coscienza, un alla famiglia, prima cellula di speranza nella quale Dio si compiace sino a chiamarla a diventare Achiesa domestica@.

Artefici di una civiltà dell=amore

13.Ringraziamo di tutto cuore i sacerdoti, i religiosi e le religiose come anche tutti i missionari: spinti dalla speranza che proviene da Dio e che si è rivelata in Gesù di Nazareth, si impegnano a servizio dei deboli e dei malati e proclamano il Vangelo della vita. Ammiriamo la generosità di tanti uomini e donne che si sacrificano per le cause umanitarie, come la tenacia degli animatori delle istituzioni internazionali; il coraggio di quei giornalisti che, non senza rischi, svolgono un=opera di verità al servizio dell=opinione pubblica; l=attività degli uomini di scienza, dei medici e dei paramedici, l=audacia di alcuni imprenditori nel creare lavoro in zone difficili; la dedizione dei genitori, degli educatori e degli insegnanti, come anche la creatività degli artisti e di tanti altri operatori di pace che cercano di salvare vite, ricostruire la famiglia, promuovere la dignità della donna, far crescere i bambini e preservare o arricchire il patrimonio culturale dell=umanità. In tutti loro, lo crediamo, *agisce invisibilmente la grazia+ (Gaudium et spes, 22).

III. Il vescovo servitore del Vangelo della speranza

Una chiamata alla santità

14.Il Concilio Vaticano II ha fatto risuonare una chiamata universale alla santità. Per i vescovi, essa si realizza nell=esercizio stesso del loro ministero apostolico, con Al=umiltà e la forza@ del Buon Pastore. Una forma molto attuale di santità, di cui il mondo ha bisogno, è l=apertura a tutti che è tratto distintivo del vescovo, nella pazienza e nel coraggio di *rendere ragione della speranza+ (1Pt 3,15). Per dialogare nella verità con le persone che non condividono la stessa fede, occorre che la comunione sia semplice e sincera anzitutto nella Chiesa, in modo che tutti, qualunque sia il loro compito in seno ad essa, conservino *l=unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace+ (Ef 4,3).

Lottare contro la povertà con un cuore di povero

15.Esiste una povertà alienante, e occorre lottare per liberare coloro che la subiscono; ma può esistere una povertà che libera le energie per l=amore e il servizio, ed è questa povertà evangelica che noi vogliamo mettere in pratica. Poveri di fronte al Padre, come Gesù nella sua preghiera, nei suoi gesti e nelle sue parole. Poveri con Maria, facendo memoria delle meraviglie di Dio. Poveri davanti agli uomini, attraverso uno stile di vita che attiri verso la Persona del Signore Gesù. Il Vescovo è il padre e il fratello dei poveri; non deve esitare, quando è necessario, a farsi voce di quanti sono senza voce perché i loro diritti vengano riconosciuti e rispettati. In particolare, deve *fare in modo che, in tutte le comunità cristiane, i poveri si sentano a casa propria+ (Novo millennio ineunte, 50). È così che, rivolti insieme al nostro mondo in un grande slancio missionario, potremo annunciare la gioia degli umili e di quanti hanno il cuore puro, la forza del perdono, la speranza che quanti hanno fame e sete di giustizia saranno infine saziati da Dio.

Comunione e collegialità

16.Il termine Acomunione@ (koinonia) appartiene alla tradizione cristiana indivisa d=Oriente e di Occidente. Esso riceve tutta la sua forza dalla fede in Dio Padre, Figlio e Spirito. Il mistero delle relazioni di unità e d=amore all=interno della santa Trinità è all=origine della comunione nella Chiesa. Al servizio della comunione, la Acollegialità@ si riferisce al collegio degli apostoli e dei loro successori, i vescovi, strettamente uniti tra di loro e con il Papa, successore di Pietro. Insieme, sempre e dovunque, essi insegnano con *un carisma certo di verità+ (S. Ireneo, Adversus haereses IV, 26, 2) l=identica fede e la proclamano ai popoli della terra (Dei Verbum, 8). Comunione e collegialità, vissute in pienezza, contribuiscono anche all=equilibrio umano e spirituale del vescovo; favoriscono il gioioso irradiarsi della speranza delle comunità cristiane e il loro entusiasmo missionario.

Un combattimento spirituale

17.Il Concilio Vaticano II, questa *grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel ventesimo secolo+, resta come una *bussola credibile per orientarci nel cammino del secolo che inizia+ (Novo millennio ineunte, 57). Solo rimanendo fedeli ai suoi insegnamenti sulla Chiesa, sacramento di unità, potremo servire il Vangelo di Cristo, su tutta la faccia della terra, per la speranza del mondo. L=amore per l=unità non va confuso con l=indifferenza alle correnti contrarie a quella verità che brilla sul Volto di Cristo: Ecce homo (Gv 19, 5). Un tale amore guiderà il pastore - quale sentinella e profeta - a mettere in guardia il suo popolo dalle distorsioni che minacciano la purezza della speranza cristiana. Lo guiderà ad opporsi ad ogni slogan o atteggiamento che, *rendendo vana la Croce di Cristo+ (1 Cor 1, 17), miri al tempo stesso a nascondere l=autentico volto dell=uomo e la sua sublime vocazione di creatura chiamata a condividere la vita divina.

*Andate dunqueY+ (Mt 28, 19)

18.Presiedendo quotidianamente l=Eucaristia per il suo popolo, il vescovo si unisce al Cristo crocifisso e risorto, rinnovando in se stesso il gesto di Gesù: *Dare la propria carne per la vita del mondo+ (Gv 6, 51). Nel corso di questo Sinodo, ci siamo rinfrancati in questo ministero che consiste nell=annunciare a tutti il disegno di salvezza di Dio, nel celebrare la sua misericordia partecipandola attraverso i sacramenti della vita nuova, nell=insegnare la sua legge d=amore testimoniando la sua presenza *tutti i giorni, sino alla fine del mondo+ (Mt 28, 20). *Andate dunqueY+: questo invio missionario è rivolto a tutti i battezzati, sacerdoti, diaconi, consacrati, laici. Attraverso di loro, raggiunge *tutta la creazione+ (Mc 16, 15).

Tessitori di unità

19.*Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione+ (Novo millennio ineunte, 43) attraverso l=accoglienza di tutti, la lectio divina, la liturgia, la diaconia e la testimonianza: questa è la sfida spirituale e pedagogica che condurrà il vescovo a nutrire la fede di alcuni, risvegliare quella di altri, annunciarla a tutti con sicurezza. Sosterrà incessantemente il fervore delle parrocchie e le spronerà, con i sacerdoti che le guidano, nello slancio missionario. Movimenti, piccole comunità, servizi di formazione o di carità che costituiscono il tessuto della vita cristiana, goderanno della sua vigilanza e attenzione. Come un tessitore di unità, il vescovo, con i sacerdoti e i diaconi, saprà discernere e sostenere tutti i carismi nella loro meravigliosa diversità. Li farà convergere verso l=unica missione della Chiesa: testimoniare, in mezzo al mondo, la beata speranza che è in Gesù Cristo, nostro unico salvatore.

20.A Padre, che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch=essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato@ (Gv 17,21) . Questa preghiera è Ainsieme imperativo che ci obbliga e forza che ci sostiene@. Con il Papa Giovanni Paolo II, esprimiamo la nostra speranza Ache riprenda pienamente quello scambio di doni che ha arricchito la Chiesa del primo millennio@ (NMI 48). L=impegno irrevocabile del Concilio Vaticano II per la piena comunione trai cristiani, chiama il vescovo a dedicarsi con amore al dialogo ecumenico e a formare i fedeli alla sua giusta comprensione. Siamo convinti che lo Spirito Santo in questo inizio del terzo millennio opera nel cuore di tutti i fedeli di Cristo in vista di tale unità, grande segno di speranza per il mondo.

Ministri del Mistero

21.Il Sinodo sente il dovere di esprimere il grazie caloroso dei vescovi a tutti i sacerdoti, loro principali collaboratori nella missione apostolica. Servire il Vangelo della speranza significa suscitare un rinnovamento del fervore perché la chiamata di Dio a lavorare nella sua vigna sia ascoltata. Grazie alla fiducia e all=amicizia cordiale con i suoi sacerdoti, il vescovo rafforzerà la stima per il loro ministero, spesso non riconosciuto in una società tentata dalle idolatrie dell=avere, del piacere e del potere. Ministero apostolico e mistero della speranza sono indissociabili. Dare priorità a questa chiamata e alla preghiera per chiedere *pastori secondo il cuore di Dio+ non significa sottovalutare le altre vocazioni: al contrario, rende possibile la loro crescita e la loro fecondità. I diaconi permanenti, che ricordano a tutti i membri della Chiesa che sono chiamati a imitare il Cristo Servo, accolgano ugualmente l=espressione del nostro sostegno e del nostro incoraggiamento.

La vita consacrata

22.La nostra riconoscenza va, inoltre, a tutte le persone consacrate, dedite alla contemplazione e all=apostolato. Testimoni privilegiati della speranza nel Regno che viene, la loro presenza e la loro attività permettono spesso al nostro ministero apostolico di raggiungere le persone che si trovano ai confini più lontani delle nostre diocesi, là dove, senza di essi, Cristo non sarebbe conosciuto. Attraverso la loro fedeltà allo spirito dei fondatori e la radicalità delle loro scelte, *essi sono, in rapporto al Vangelo, ciò che una partitura cantata è nei confronti dei una partitura scritta+ (S. Francesco di Sales, Lettera CCXXIX [6 Ottobre 1604]: Oeuvres XII, Annecy, Dom Henry Benedict Mackey, o.s.b., 1892-1932, s. 299-325).

La missione dei laici

23.I laici ritrovano nel nostro tempo il ruolo che spetta loro nella animazione delle comunità cristiane, nella catechesi, nella vita liturgica, nella formazione teologica e nel servizio della carità. Ringraziamo e vivamente incoraggiamo i catechisti, le donne e gli uomini che, secondo le loro diverse capacità, consacrano tante energie a questo lavoro, in comunione con i sacerdoti e i diaconi. Sentiamo il dovere di rendere grazie, in modo particolare, per la testimonianza di amore di tutti coloro che offrono la loro malattia o le loro sofferenze, insieme a Gesù e a Maria ai piedi della Croce, per la salvezza del mondo.

24.I vescovi, da parte loro, desiderano promuovere la vocazione originaria dei laici, che consiste nel testimoniare il Vangelo al mondo. Attraverso il loro impegno familiare, sociale, culturale, politico e il loro inserimento nel cuore delle realtà che il Papa Giovanni Paolo II ha definito *i moderni areopaghi+, in particolare nell=universo dei media e per la salvaguardia della creazione (Redemptoris missio, 37), continuano a colmare il fossato che separa la fede dalla cultura. Si riuniscano in un apostolato organizzato per essere in prima linea della necessaria lotta per la giustizia e la solidarietà, che ridonano speranza al mondo.

Teologia e inculturazione

25.Coscienti della magnifica diversità che rappresentiamo in questo Sinodo, noi vescovi abbiamo ripreso il tema maggiore dell=inculturazione. Il nostro desiderio è di riconoscere i Asemi del Verbo@ nella saggezza, nelle creazioni artistiche e religiose, nelle ricchezze spirituali dei popoli nel corso della loro storia. L=evoluzione delle scienze e delle tecniche, la rivoluzione dell=informazione a livello mondiale, tutto ci impone di correre nuovamente l=avventura della fede, con l=energia, l=audacia e la lucidità che furono proprie dei Padri della Chiesa, dei teologi, dei santi e dei pastori in tempi di turbamento e di cambiamento come quelli che noi conosciamo.

26.L=intera vita delle nostre comunità è segnata da questo lento lavoro di maturazione e di dialogo. Ma per far risuonare la pura fede delle origini in modo fedele alla Tradizione con un linguaggio nuovo e comprensibile, abbiamo bisogno della collaborazione di teologi esperti. Nutriti dal sentire cum Ecclesia che ha ispirato i loro grandi predecessori, anch=essi ci aiuteranno ad essere servitori del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo proseguendo con letizia, prudenza e lealtà il dialogo interreligioso nello spirito dell=incontro di Assisi nel 1986.

IV. Conclusione

Volgiamo il nostro sguardo verso di voi, fratelli e sorelle nell=umanità, che cercate una terra di giustizia, d=amore, di verità e di pace. Possa questo messaggio sostenervi nel cammino.

Ai responsabili della politica e dell=economia

27.I Padri del Concilio Vaticano II, nel loro messaggio ai governanti, avevano osato dire: *Nella vostra città terrena e temporale, Dio costruisce la città eterna+. Proprio per questo, ben coscienti dei nostri limiti e del nostro ruolo di vescovi, senza alcuna pretesa di avere un potere politico, osiamo, a nostra volta, indirizzarci ai responsabili del mondo politico ed economico. Il bene comune delle persone e dei popoli sia il motivo della vostra attività. Non è estraneo alle vostre responsabilità accordarvi, il più largamente possibile, per fare opera di giustizia e di pace. Vi chiediamo di rivolgere la vostra attenzione a quelle zone del mondo che non fanno notizia nei giornali o nelle televisioni, in cui i fratelli in umanità muoiono sia per causa della fame, sia per la mancanza di medicinali. Il perdurare di gravi disparità tra i popoli minaccia la pace. Come il Papa vi ha espressamente domandato, sciogliete il peso del debito estero dei paesi in via di sviluppo. Difendete sempre i diritti dell=uomo, soprattutto quello della libertà religiosa. Con rispetto e fiducia, vi preghiamo di ricordare che il potere non ha altro senso che il servizio di quella parte di umanità affidata alla persona che assume questo incarico, senza dimenticare il bene generale.

Ai giovani

28.Voi, giovani, siete *le sentinelle del mattino+. Il Papa Giovanni Paolo II vi ha dato questo nome. Cosa vi chiede il Signore della Storia al fine di costruire una civiltà dell=amore? Voi possedete un senso penetrante delle esigenze dell=onestà e della trasparenza; non volete lasciarvi arruolare nelle campagne per la divisione etnica, né lasciarvi vincere dalla cancrena della corruzione. Come essere insieme discepoli di Gesù e attualizzare il suo messaggio proclamato sul monte delle beatitudini? Questo messaggio non rende evanescenti i dieci comandamenti inscritti sulle tavole di carne dei vostri cuori; anzi, dà loro nuova vita, uno splendore che irradia, ed è capace di far volgere i cuori alla Verità che libera. È un messaggio che dice a ciascuno di voi: *Ama Dio con tutto il cuore, con tutta l=anima, con tutta la forza e con tutto lo spirito, e il tuo prossimo come te stesso+ (Lc 10, 27). Siate uniti ai vostri vescovi e ai vostri sacerdoti, testimoni pubblici della Verità, Gesù Cristo nostro Signore.

29.Appello per Gerusalemme

Ci rivolgiamo infine a te, Gerusalemme,

città nella quale Dio si è manifestato nella storia:

preghiamo per la tua felicità!

Possano tutti i figli di Abramo incontrarsi di nuovo presso di te

nel rispetto dei loro rispettivi diritti.

Possa tu restare, per tutti i popoli della terra,

un simbolo inesauribile di speranza e di pace.

30.Spes nostra, salve!

Maria santissima, Madre di Cristo, Tu sei la Madre della Chiesa,

la Madre dei viventi. Tu sei la Madre della speranza.

Noi sappiamo che Tu ci accompagni sempre sul cammino della storia.

Intercedi per tutti i popoli della terra perché possano trovare,

nella giustizia, il perdono e la pace,

la forza di amarsi come membri di un=unica famiglia!

Traduzione in tedesco

I. Einführung

1.Vom 30. September bis zum 27. Oktober, im Namen unseres Herrn Jesus Christus auf Einladung Papst Johannes Pauls II. in Rom zur Synode versammelt, haben wir, katholische Patriarchen und Bischöfe aus allen Erdteilen, im Licht des Zweiten Vatikanischen Konzils (1962-1965) über unseren Hirtendienst nachgedacht. Wie die Apostel nach der Auferstehung im Obergemach um Maria die Mutter Jesu versammelt, waren wir einmütig im Gebet vereint (vgl. Apg 1, 14). Wir haben zum Geist des Vaters gefleht, er möge uns hinsichtlich unserer Verantwortung als Diener Christi für die Hoffnung der Welt erleuchten.

2.Mit dem Nachfolger Petri, der allen Menschen die Frohe Botschaft verkündet und die ganze Welt unermüdlich als Pilger des Friedens bereist hat, mit ihm, der bei unserer Arbeit stets anwesend war und uns somit besonders ermutigte, haben wir auf das Wort Gottes und aufeinander gehört. So wurden unter uns die Stimmen der Teilkirchen und der Völker vernehmbar; so konnten wir eine weltweite Brüderlichkeit erleben, die durch diese Botschaft auch Euch erreichen soll.

3.Wir bedauerten, daß im Herrn geliebte Brüder nicht nach Rom kommen konnten. Mit großer Betroffenheit haben wir das Zeugnis mehrerer Bischöfe vernommen, die in den letzten Jahrzehnten um Christi willen Gefangenschaft und Verbannung erlitten haben. Andere sind wegen ihrer Treue zum Evangelium gestorben. Ihr Leiden und das Leiden ihrer Ortskirchen haben die christliche Hoffnung nicht ausgelöscht, vielmehr dieses Licht der Hoffnung für die ganze Welt heller aufleuchten lassen.

4.Mehrere höhere Generalobern der Ordensgemeinschaften haben aktiv an der Synode teilgenommen. Wir durften auch die Vertreter der anderen christlichen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften, Hörer – Ordensleute und Laien, Frauen und Männer – sowie Experten und Dolmetscher unter uns haben. Allen danken wir sehr herzlich, besonders auch den Mitgliedern des Synodensekretariats.

II. Jesus Christus, unsere Hoffnung

5.Der Heilige Geist hat uns eine gemeinsame Einsicht in die Gegenwart von Kirche und Welt geschenkt. Dadurch hat er den auferstandenen Christus in unseren Herzen verherrlicht, indem er „von Seinem nahm, um es uns mitzuteilen" (vgl. Joh 16, 14). Wir haben ja im Lichte des Paschamysteriums, des Leidens, des Todes und der Auferstehung Christi, sowohl die tragischen Fakten und Zustände, wie auch die Zeichen der Hoffnung, deren Zeugen wir in der heutigen Welt sind, zu deuten versucht. Um den heiligen Paulus zu zitieren, wurden wir mit dem „mysterium iniquitatis" und dem „mysterium pietatis" konfrontiert (vgl. 2 Thess 2, 7; 1 Tim 3, 16).

6.Menschlich gesehen, erscheint die Kraft des Bösen häufig übermächtig, für den Glauben aber ist Gottes barmherzige Liebe weitaus mächtiger: „Ubi peccatum abundavit, gratia superabundavit"; „Wo jedoch die Sünde mächtig wurde, da ist die Gnade übergroß geworden" (Röm 5, 20). Gerade in unserer Deutung der Gegenwart haben wir erfahren, wie kraftvoll und wahr diese Lehre des Apostels ist. „Denn wir sind gerettet, doch in der Hoffnung. Hoffnung aber, die man schon erfüllt sieht, ist keine Hoffnung. Wie kann man auf etwas hoffen, was man sieht? Hoffen wir aber auf das, was wir nicht sehen, dann harren wir aus in Geduld" (Röm 8, 24-25).

7.Am Anfang der Spaltung und Zerrissenheit zwischen Mensch und Schöpfer, Mann und Frau, Welt und Umwelt steht die ursprüngliche Verweigerung des gottgeschuldeten Gehorsams, was nach der heiligen Schrift die Wurzel der Sünde ist. Daher die Frage, die unser Gewissen immer wieder aufrüttelt: „Was hast Du Deinem Bruder getan?" (vgl. Gen 4, 9-10). Vergessen wir aber nicht, dass auf den Bericht von der Ursünde unmittelbar ein Heilsversprechen folgt und dieses geht der Erzählung von der Ermordung des unschuldigen Abel voraus, der Vorbild Jesu ist. Als Frohbotschaft für die ganze Menschheit wird das Evangelium schon zu Beginn der Menschheitsgeschichte angekündigt (vgl. Gen 3, 15).

8.Heute noch wird das Evangelium in der ganzen Welt verkündigt. Wir sollen uns daher nicht durch die verschiedenen Verneinungen des lebendigen Gottes einschüchtern lassen, die mehr oder weniger hinterhältig die christliche Hoffnung zu untergraben oder lächerlich zu machen versuchen. Wir bekennen in der Freude des Geistes: „Christus ist wahrhaft auferstanden." In seiner verklärten Menschheit hat er allen, die die Gnade der Bekehrung annehmen, das ewige Leben erschlossen.

Greuel des Terrorismus

9.Zusammen mit dem Heiligen Vater hat die Synodenversammlung den Opfern der Terroranschläge vom 11. September und ihren Angehörigen ihr tiefes Mitgefühl ausgesprochen. Wir beten für sie und alle übrigen Opfer des Terrorismus in der ganzen Welt. Wir verurteilen grundsätzlich jedweden Terrorismus; nichts kann ihn rechtfertigen.

Gewalt

10.Wir konnten uns während der Synode auch nicht den vielen anderen Leiden verschließen, die Mitmenschen in großem Ausmaß treffen. Wollen wir der Welt neue Wege aufzeigen, so müssen wir auch die die „Strukturen der Sünde" berücksichtigen, von denen Papst Johannes Paul II. gesprochen hat. Gemäß ausgewiesenen Experten der Weltwirtschaft leben 80 Prozent der Weltbevölkerung mit 20 Prozent aller Güter und 1.200.000.000 Menschen müssen mit weniger als einem Dollar pro Tag überleben. Ein grundsätzlicher sittlicher Wandel ist geboten. Die Bedeutung der kirchlichen Soziallehre können wir nicht genug betonen. Wir verpflichten uns als Bischöfe, sie in unseren Diözesen bekannter zu machen.

11.Zu lang unterschätzte, weitest verbreitete Notstände können die Bevölkerung ganzer Länder in die Verzweiflung treiben. Wie können wir dazu schweigen, daß nach wie vor unzählige Menschen in einer Zeit weiter verhungern oder in äußerster Armut leben müssen, in der Möglichkeiten zu einer besseren Verteilung der Ressourcen wie nie zuvor zur Verfügung stehen? Wir sind solidarisch mit den riesigen Strömen von Flüchtlingen und Einwanderern, die infolge von Krieg, politischer Unterdrückung oder wirtschaftlicher Benachteiligung ihre Heimat verlassen müssen, Arbeit suchen und sich nach Frieden sehnen. Zunahme von Malaria und AIDS, Analphabetismus, Zukunftslosigkeit für so viele Kinder und Jugendliche, die auf der Straße leben, Ausbeutung der Frauen, Pornographie, Intoleranz, Missbrauch der Religion zur Unterdrückung der Menschen, Drogen- und Waffenhandel: Die Aufzählung ist unvollständig! Dennoch verlieren einzelne auch in der äußersten Not die Hoffnung nicht. Der Herr schaut auf sie und unterstützt sie: „Die Schwachen werden unterdrückt, die Armen seufzen. Darum spricht der Herr: Jetzt stehe ich auf, dem Verachteten bringe ich Heil" (Ps 12, 6).

12.Was uns aber als Hirten vielleicht am meisten bedrückt, ist die Verachtung des Lebens von der Empfängnis bis zum Tod und der Zerfall der Familie. Das Nein der Kirche zu Abtreibung und Euthanasie ist ein Ja zum Leben, zur grundsätzlichen Güte der Schöpfung, ein Ja, das jeden Menschen im Heiligtum seines Gewissens ansprechen kann, ein Ja zur Familie, der ersten Keimzelle der Hoffnung, an der Gott seine Freude hat und die er dazu beruft, Hauskirche zu werden.

Mitarbeiter an einer ‚Zivilisation der Liebe’

13.Von ganzem Herzen danken wir den Priestern, den Ordensleuten und den MissionarInnen. Von der Hoffnung getragen, die von Gott kommt und in Jesus von Nazareth offenbar wurde, stellen sie sich in den Dienst der Schwachen und Kranken und verkünden das Evangelium des Lebens. Wir bewundern die Großherzigkeit zahlreicher Mitstreiter humanitärer Werke und Anliegen, die Ausdauer der Mitarbeiter der internationalen Institutionen, den Mut der Journalisten, die sich trotz mancher Risiken im Dienst der öffentlichen Meinung für die Wahrheit einsetzen, das Wirken vieler Mitmenschen in Wissenschaft, Medizin und Krankenpflege, sowie die Kühnheit mancher Unternehmer, die in wirtschaftlich schwachen Regionen Arbeitsplätze schaffen, die hingebende Liebe vieler Eltern, Lehrer und Erzieher, schöpferisches und künstlerisches Schaffen, aber auch das Wirken vieler anderer Friedensstifter, die Menschenleben retten, Familien ernähren, die Würde der Frau verteidigen, die Jugend ausbilden und das kulturelle Erbe der Menschheit bewahren und bereichern. In ihnen allen – das ist unsere Überzeugung – wirkt unsichtbar die Gnade (Gaudium et spes, 22).

III. Der Bischof als Diener des Evangeliums der Hoffnung

Zur Heiligkeit berufen

14.Das Zweite Vatikanische Konzil hat alle zur Heiligkeit aufgerufen. Bischöfe heiligen sich vornehmlich, wenn sie ihren Hirtendienst mit der Demut und der Kraft des ‚Guten Hirten’ ausüben. Für alle offen zu sein, ist ein wesentliches Merkmal des bischöflichen Dienstes, in der Geduld und dem mutigen Bekenntnis zur Hoffnung, die ihm innewohnt (vgl. 1 Petr 2, 15). Auf diese sehr aktuelle Form der Heiligkeit ist die Welt angewiesen. Um einen Dialog der Wahrheit mit Andersgläubigen zu führen, ist eine echte und offene innerkirchliche Gemeinschaft die Voraussetzung. So können alle, welche Aufgabe sie auch immer in der Kirche haben, „die Einheit des Geistes durch das Band des Friedens bewahren" (Eph 4, 3).

Als im Herzen Arme die Armut bekämpfen

15.Es gibt eine Armut, die unterdrückt und entfremdet: Diese gilt es zu bekämpfen, um ihre Opfer zu befreien. Es gibt aber auch eine Armut, die Energien freilegt zu Liebe und Dienstbereitschaft; diese Armut wollen wir selber in der Nachfolge Christi zu unserer machen: Arm vor dem Vater, wie Jesus in seinem Gebet, in seinem Reden und Wirken. Arm mit Maria beim Lobpreis von Gottes Großtaten. Arm vor den Menschen durch einen Lebensstil, der auf Jesus verweist. Der Bischof ist der Vater und der Bruder der Armen. Er darf nicht zögern, denen so oft wie nötig seine Stimme zu verleihen, die ihre Rechte nicht durchsetzen können, damit ihnen Recht widerfährt. Vor allem hat er „dafür zu sorgen, daß sie sich in allen christlichen Gemeinschaften zuhause fühlen" (Novo millennio ineunte, 50). So können wir der Welt gemeinsam bezeugen, daß demütigen Menschen reinen Herzens große Freude zuteil wird; so werden wir Zeugen für die durchschlagende Kraft der Vergebung, für die Hoffnung, daß die nach Gerechtigkeit Hungernden und Dürstenden von Gott gesättigt werden.

Communio und Kollegialität

16.Der Begriff ‚Communio’ (koinonia) gehört zur gemeinsamen Tradition der Ost- und der Westkirche. Er ist im Glauben an Gott Vater, Sohn und Hl. Geist verankert. Das Geheimnis des einen Gottes und der innertrinitarischen Liebe ist die Quelle der Communio in der Kirche. Die ‚Kollegialität’ bezieht sich im Dienst an der Communio auf das Kollegium der Apostel und ihrer Nachfolger, auf die Bischöfe in ihrer wechselseitigen Einheit und ihrer Einheit mit dem Papst als dem Nachfolger Petri. Gemeinsam lehren sie mit einem „sicheren Charisma der Wahrheit" (Irenäus, Adversus Haereses, IV, 26, 2) überall und jeder Zeit denselben Glauben und verkünden ihn allen Völkern der Erde (Dei Verbum, 8). Communio und Kollegialität wirken sich, wenn sie voll gelebt werden, sogar auf die menschliche und geistliche Reife des Bischofs aus. Sie fördern die freudige Ausstrahlung der Hoffnung der christlichen Gemeinden und verleihen ihnen neuen missionarischen Elan.

Geistlicher Kampf

17.„Als große Gnade, die der Kirche im 20. Jahrhundert zuteil wurde", bleibt das Zweite Vatikanische Konzil ein „sicherer Kompaß, um zu Beginn des neuen Jahrhunderts den Weg zu finden" (Novo millennio ineunte, 57). Um in der ganzen Welt Diener des Evangeliums Jesu Christi für die Hoffnung der Welt zu sein, müssen wir also der Lehre des Konzils über die Kirche als Sakrament der Einheit treu bleiben. Die Liebe zur Einheit hat nichts zu tun mit Gleichgültigkeit den Strömungen gegenüber, die der Wahrheit entgegengesetzt sind, welche auf dem Antlitz Christi einmalig glänzt: „Ecce homo" (Joh 19, 5). Aus eben dieser Liebe kann der Hirte, als Wächter und Prophet, verpflichtet sein, auf die Verzerrungen, welche die Reinheit der christlichen Hoffnung gefährden, aufmerksam zu machen. Aus dieser Liebe wird er sich jedem Slogan oder jeder Einstellung widersetzen, die das Kreuz Christi in ihrem Sinn entleert und damit auch das wahre Antlitz des Menschen und seine erhabene Berufung zur Teilnahme am göttlichen Leben verdunkelt.

Gehet hin... (Mt 28, 19)

18.Indem er täglich für sein Volk der Eucharistie vorsteht, vereinigt sich der Bischof mit dem gekreuzigten und auferstandenen Christus in seiner Hingabe an den Vater. Er erneuert in sich selbst das Tun Jesu: „Sein Fleisch hingeben für das Leben der Welt" (vgl. Joh 6, 51). Während der Synode haben wir uns in diesem Dienst erneuern lassen, der darin besteht, Gottes Heilsplan allen Menschen zu verkünden, Gottes Erbarmen zu feiern in den Sakramenten des neuen Lebens und Gottes Gesetz der Liebe zu lehren als Zeugen seiner Gegenwart „alle Tage bis zum Ende der Welt" (Mt 28, 20). „Geht also hin...": Diese missionarische Sendung gilt allen Getauften, den Bischöfen, den Priestern und Diakonen, den Menschen des gottgeweihten Lebens und den Laien. Durch sie alle erreicht die Sendung „die ganze Schöpfung" (Mk 16, 15).

Das Netz der Einheit knüpfen

19.Aus der Kirche durch Aufnahmebereitschaft, Entdeckung und Vertiefung des Wortes Gottes, durch Liturgie, Diakonie und flammendes Zeugnis das Haus und die Schule der Communio zu machen (vgl. Novo millennio ineunte, 43), das ist die geistliche und pädagogische Herausforderung, die von uns Bischöfen verlangt, den Glauben der einen zu nähren, den Glauben in anderen zu wecken, den Glauben allen mit Zuversicht zu verkünden. Der Bischof wird nicht aufhören, die evangelische Freude der Pfarrgemeinden zu fördern und sie mit ihren Priestern zu missionarischem Eifer anzuleiten. Die Bewegungen, Basisgemeinden, Bildungs- und Caritasdienste, die das Gewebe christlichen Lebens bilden, werden seine Aufmerksamkeit finden. Am Netz der Einheit knüpfend, wird der Bischof mit seinen Priestern und Diakonen die Charismen in ihrer unvergleichlichen Vielfalt unterscheiden und zugleich die Dynamik fördern, sie in den Dienst der einen und einzigartigen Sendung der Kirche zu stellen: In dieser Welt Zeugnis abzulegen von der beseligenden Hoffnung, die uns in Jesus Christus, unserem einzigen Erlöser, geschenkt wird.

20.„Alle sollen eins sein: Wie du, Vater, in mir bist und ich in dir bin, sollen auch sie in uns sein, damit die Welt glaubt, daß du mich gesandt hast" (Joh 17, 21). Diese Anrufung ist „zugleich Imperativ, der verpflichtet und Kraft, die trägt". Mit Papst Johannes Paul II. drücken wir unsere Hoffnung aus, „daß jener Austausch von Gaben wieder voll einsetzen möge, der die Kirche des ersten Jahrtausends bereichert hat" (Novo millennio ineunte, 48). Die unwiderrufliche Entscheidung des Zweiten Vatikanischen Konzils für die volle Einheit unter den Christen verpflichtet den Bischof, den ökumenischen Dialog selber liebevoll zu pflegen und dessen richtiges Verständnis den Gläubigen zu vermitteln. Wir sind überzeugt, daß der Hl. Geist zu Beginn des dritten Jahrtausends im Herzen aller, die an Christus glauben, im Hinblick auf die Einheit wirkt, dieses große Zeichen der Hoffnung für die Welt.

Diener des Mysteriums

21.Die in der Synode versammelten Bischöfe danken den Priestern, ihren wichtigsten Mitarbeitern im Hirtenamt, auf das Herzlichste. Dem Evangelium der Hoffnung dienen, heißt, dafür begeistern, daß Gottes Ruf, in seinem Weinberg zu arbeiten, gehört und weiter gegeben wird. Der Bischof soll seinen Priestern vertrauen und herzliche Freundschaft schenken; so wird er ihren Dienst wieder zu Ehren bringen, dem eine durch die Götzen des Reichtums, des Vergnügens und der Macht versuchte Gesellschaft oft wenig Verständnis entgegenbringt. Hirtendienst und das Geheimnis der Hoffnung gehören untrennbar zusammen. Den Priesterberufungen erste Priorität einräumen, heißt allerdings nicht, andere Berufungen unterschätzen, sondern vielmehr auch deren Wachstum und Fruchtbarkeit ermöglichen. Auch den ständigen Diakonen, die allen Mitchristen die Nachfolge des dienenden Christus ans Herz legen, möchten wir an dieser Stelle unsern Dank und unsere Ermutigung aussprechen.

Das gottgeweihte Leben

22.Unseren Dank sprechen wir auch allen gottgeweihten Personen aus. In der Betrachtung oder ihrem Apostolat sind sie besondere Zeugen der Hoffnung auf das kommende Reich. Ihr Dasein und ihr Wirken ermöglichen, daß unser apostolischer Dienst Kinder, Jugendliche und Erwachsene erreicht, die so weit entfernt vom diözesanen Leben stehen, daß ihnen ohne Mithilfe der Gottgeweihten Christus nicht verkündet würde. Durch ihre Treue zum Geist ihrer GründerInnen und durch die Grundsätzlichkeit ihrer Lebenswahl „verhalten sie sich zum Evangelium wie die ausgeführte Partitur zur gedruckten" (Franz von Sales, Brief CCXXIX [6 Oktober 1604]: Oeuvres XII, Annecy, Dom Henry Benedict Mackey, o.s.b., 1892-1932, s. 299-325).).

Die Sendung der Laien

23.Die Laien erhalten heute immer mehr die ihnen zukommende Mitverantwortung für die Gestaltung der christlichen Gemeinden, der Katechese, der Liturgie, der theologischen Ausbildung und der Caritas. Den Katechisten, den vielen Frauen und Männern, die nach der eigenen Begabung in Zusammenwirken mit den Priestern, Diakonen und Ordensleuten mit großer Liebe und Ausdauer diese unerläßliche Arbeit leisten, danken wir von ganzem Herzen und möchten sie darin ermutigen. Wir fühlen uns verpflichtet, vor allem für das liebende Zeugnis all jener zu danken, die mit Jesus und Maria unter dem Kreuz Krankheit und Leiden für das Heil der Welt aufopfern.

24.Den Bischöfen ist daran gelegen, an der vornehmlichen Berufung der Laien als Zeugen des Evangeliums in der Welt zu fördern. Die Laien mögen durch ihren Einsatz in Familie, Gesellschaft, Kultur, Politik und ihr Mitwirken in den „modernen Areopagen", wie den Medien, oder dem Einsatz für die Bewahrung der Schöpfung (Redemptoris missio, 37) weiterhin dazu beitragen, daß die Kluft zwischen Glauben und Kultur überbrückt wird. Sie sollen sich zusammenschließen, um an vorderster Front für Gerechtigkeit und Solidarität zu kämpfen und somit der Welt Hoffnung zu schenken.

Theologie und Inkulturation

25.Wir Bischöfe sind uns bewußt, daß wir in der Synode eine wunderbare Vielfalt verwirklichen und haben in diesem Sinn das bedeutende Thema der Inkulturation behandelt. Es ist unser Wunsch, die‚semina verbi‘ zu erkennen, die Gott im Laufe der Zeit in die verschiedenen Weisheiten, künstlerischen und religiösen Schöpfungen und geistlichen Werte der Völker eingebettet hat. Die Entwicklung von Wissenschaft und Technik und die weltweite Medienrevolution zwingen uns, auf das Wagnis des Glaubens mit derselben Energie, Kühnheit und Klarheit einzugehen, wie es schon in ähnlichen Zeiten des Wandels die Kirchenväter, Theologen, Heiligen und Hirten getan haben.

26.Dieser langsame Prozeß der Reifung und des Dialogs betrifft das ganze Leben unserer Gemeinden. Um aber den reinen und ursprünglichen Glauben treu zur Tradition und doch in einer neuen und verständlichen Sprache auszudrücken, brauchen wir die fachliche Mitarbeit ausgewiesener Theologen. Getragen vom ‚sentire cum ecclesia‘, das ihre großen Vorläufer auszeichnete, werden auch sie uns helfen, Diener des Evangeliums Christi für die Hoffnung der Welt zu sein, in freudiger, kluger und loyaler Fortführung des interreligiösen Dialogs im Sinn des Treffens in Assisi 1986.

IV. Schluß

Wir möchten auch an Euch, liebe Schwestern und Brüder der ganzen Welt, die Ihr Euch nach Gerechtigkeit, Liebe, Wahrheit und Frieden sehnt, einige Worte der Hoffnung richten. Möge diese Botschaft Euch stärken und ermuntern.

An die Verantwortlichen der Politik und der Wirtschaft

27.In ihrer Botschaft an die Regierenden hatten die Väter des Zweiten Vatikanums die Behauptung gewagt: „In der irdischen und zeitlichen Stadt baut Gott seine geistige und ewige Stadt." Daher wagen wir es ebenfalls im vollen Bewußtsein unserer Grenzen und unserer Aufgabe als Bischöfe ohne jeden Anspruch auf irgendeine politische Macht, uns an die Mächtigen dieser Erde zu wenden: Möge das Gemeinwohl der einzelnen Personen und der Völker Inhalt und Ziel Eures Wirkens sein. Es liegt in Euren Möglichkeiten, Euch möglichst umfassend abzusprechen, um für Gerechtigkeit und Frieden zu wirken. Wir bitten Euch, Eure Aufmerksamkeit jenen Gegenden zu schenken, über die das Fernsehen wenig berichtet; Gegenden, wo Mitmenschen vor Hunger oder mangels Medikamenten sterben. Die Aufrechterhaltung großer Unterschiede zwischen den Völkern bedroht den Frieden. Wie der Papst Euch ausdrücklich gebeten hat, erleichtert die Last der Auslandsschulden der Entwicklungsländer. Verteidigt alle Menschenrechte, unter anderem das Recht auf Religionsfreiheit. Wir bitten Euch mit Respekt und voll Vertrauen, Euch bewußt zu bleiben, daß der einzige Sinn einer jeden Macht darin besteht, jenem Teil der Menschheit zu dienen, der Euch anvertraut ist, und dies unter der Wahrung des Gemeinwohls aller.

Appell an die Jugend

28.Liebe Jugendliche: Ihr seid die „Wächter des Morgens". So hat Euch Papst Johannes Paul II. genannt. Was erwartet der Herr der Geschichte von Euch beim Aufbau einer Zivilisation der Liebe? Ihr habt ein ausgesprochenes Gefühl dafür, was mitmenschliches Sein alles verlangt. Ihr wollt Euch nicht in den Dienst ethnischer Rivalitäten stellen lassen und nicht im Sumpf der Korruption versinken. Wie könnt Ihr Eure Hoffnung konkret gestalten? Wie könnt Ihr miteinander Jünger Jesu werden und den Geist der Bergpredigt lebendig werden lassen? Die Bergpredigt macht die Zehn Gebote nicht hinfällig, die Gott auf die Tafeln Eures Herzens geschrieben hat, sie greift sie auf und verleiht ihnen eine Weite und Leuchtkraft, welche die Herzen für die Wahrheit gewinnt, die frei macht. Jeder und jedem von Euch sagt sie: „Du sollst den Herrn deinen Gott lieben von ganzem Herzen und ganzer Seele, mit all deiner Kraft und all deinen Gedanken und deinen Nächsten sollst du lieben wie dich selbst" (Lk 10, 27) Helft Euren Bischöfen und Priestern, öffentliche Zeugen der befreienden Wahrheit zu sein, die Jesus Christus ist.

29.Appell für Jerusalem

Zum Schluß schauen wir auf dich

Jerusalem, du Stadt, in der Gott sich in der Geschichte offenbart hat: Wir beten um dein Glück.

Mögen alle Kinder Abrahams in dir wieder zusammenleben in Freiheit und Gerechtigkeit,

in Anerkennung ihrer jeweiligen Rechte.

Werde du, Jerusalem, für die Welt wieder

ein unvergängliches Zeichen der Hoffnung und des Friedens.

30.Spes nostra, salve!

Heilige Jungfrau Maria, Mutter Christi,

Du bist die Mutter der Kirche,

die Mutter der Lebenden.

Du bist die Mutter der Hoffnung.

Wir wissen, du begleitest uns immer

auf dem Weg durch die Zeit.

Lege Fürbitte ein für alle Völker der Erde.

Mögen sie in der Gerechtigkeit,

in der Vergebung und dem Frieden die Kraft finden,

einander als Angehörige einer einzigen, großen Familie zu lieben!

 
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