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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

XI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
2-23 ottobre 2005

L'Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

15 - 10.10.2005

SOMMARIO

♦ DECIMA CONGREGAZIONE GENERALE (SABATO, 8 OTTOBRE 2005 - ANTEMERIDIANO)
♦ UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 10 OTTOBRE 2005 - ANTEMERIDIANO)
♦ SECONDA CONFERENZA STAMPA

♦ DECIMA CONGREGAZIONE GENERALE (SABATO, 8 OTTOBRE 2005 - ANTEMERIDIANO)

● PRESENTATO DAL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO L’EDIZIONE IN FRANCESE DEL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA.

Dopo le edizioni in Italiano, Inglese e Spagnolo, il Pontifico Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato anche l’edizione in Francese del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che raccoglie in armonica ed articolata sintesi i principi fondamentali dell’insegnamento sociale della Chiesa, riportando, per esteso, le citazioni complete delle Fonti del Magistero stesso.
Alla X Congregazione Generale il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Cardinale Renato Raffaele Martino, ha presentato ai Padri sinodali l’edizione francese del Compendio, che è stata accolta dagli stessi con un caloroso applauso.
Da tempo il mondo francofono attendeva la pubblicazione dell’edizione francese, richiesta a gran voce da operatori pastorali e centri di studio, non solo in Francia, ma in tutte le Nazioni dove il Francese è parlato.
Lo stesso Cardinale Martino ha consegnato la prima copia dell’edizione francese nelle mani del Santo Padre Benedetto XVI.

[00205-01.04] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

♦ UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 8 OTTOBRE 2005 - ANTEMERIDIANO)

● INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Alle ore 09.00 di oggi lunedì 10 ottobre 2005, alla presenza del Santo Padre, con il canto dell’Ora Terza, ha avuto inizio l’Undicesima Congregazione Generale, per la continuazione degli interventi dei Padri Sinodali in Aula sul tema sinodale L’Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa.

Presidente Delegato di turno S.Em.R. il Sig. Card. Francis ARINZE, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

In apertura dell’Undicesima Congregazione Generale il Presidente Delegato di turno, ricordando le parole del Santo Padre dopo la recita dell’Angelus Domini di ieri, ha invitato alla preghiera e alla solidarità mondiale per le vittime del terremoto in Sud Asia (Pakistan, India e Afghanistan), e anche dell’uragano in America Centrale e Messico, specialmente El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua.

Quindi, il segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E.R. Mons. Nikola ETEROVIĆ, aprendo i lavori della seconda settimana dell’XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, ha comunicato che 148 Padri sinodali hanno svolto interventi durante la prima settimana dei lavori.

A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 12.30 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 244 Padri.

● INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

In questa Undicesima Congregazione Generale sono intervenuti i seguenti Padri:

- S.Em.R. Card. Lubomyr HUSAR, M.S.U., Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini, Presidente del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (UCRAINA)
- S.E.R. Mons. Evarist PINTO, Arcivescovo di Karachi (PAKISTAN)
- Rev. P. Barry FISCHER, C.PP.S., Moderatore Generale dei Missionari del Preziosissimo Sangue
- S.Em.R. Card. Varkey VITHAYATHIL, C.SS.R., Arcivescovo Maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, Presidente del Sinodo della Chiesa Siro-Malabarese (INDIA)
- S.E.R. Mons. Tharcisse TSHIBANGU TSHISHIKU, Vescovo di Mbujimayi (REP. DEMOCRATICA DEL CONGO)
- S.Em.R. Card. Crescenzio SEPE, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (CITTÀ DEL VATICANO)
- S.E.R. Mons. Djura DŽUDŽAR, Vescovo titolare di Acrasso, Esarca Apostolico di Serbia e Montenegro per i cattolici di rito bizantino (SERBIA e MONTENEGRO)
- S.E.R. Mons. Bosco LIN CHI-NAN, Vescovo di Tainan (CINA)
- S.E.R. Mons. Christopher Henry TOOHEY, Vescovo di Wilcannia-Forbes (AUSTRALIA)
- S.E.R. Mons. Petru GHERGHEL, Vescovo di Iaşi (ROMANIA)
- S.E.R. Mons. Gabriel MALZAIRE, Vescovo di Roseau (DOMINICA)
- S.E.R. Mons. John Olorunfemi ONAIYEKAN, Arcivescovo di Abuja, Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, Presidente del Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar (S.E.C.A.M.) (NIGERIA)
- Rev. P. Peter-Hans KOLVENBACH, S.I., Preposito Generale della Compagnia di Gesù (PAESI BASSI)
- S.E.R. Mons. Oswald GRACIAS, Arcivescovo di Agra, Presidente della Conferenza Episcopale (INDIA)
- S.Em.R. Card. Pedro RUBIANO SÁENZ, Arcivescovo di Bogotá (COLOMBIA)
- S.Em.R. Card. Jozef TOMKO, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali (CITTÀ DEL VATICANO)
- S.E.R. Mons. Jean-Louis BRUGUÈS, O.P., Vescovo di Angers (FRANCIA)
- S.E.R. Mons. Francesco CACUCCI, Arcivescovo di Bari-Bitonto (ITALIA)
- S.E.R. Mons. George Cosmas Zumaire LUNGU, Vescovo di Chipata (ZAMBIA)
- S.E.R. Mons. Luis SÁINZ HINOJOSA, O.F.M., Arcivescovo titolare di Giunca di Mauritania, Ausiliare di Cochabamba (BOLIVIA)
- S.E.R. Mons. Menghisteab TESFAMARIAM, M.C.C.I., Vescovo di Asmara (ERITREA)
- S.E.R. Mons. Jean-Baptiste TIAMA, Vescovo di Sikasso (MALI)

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

- S.Em.R. Card. Lubomyr HUSAR, M.S.U., Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini, Presidente del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (UCRAINA)

Credo, anzitutto, doveroso esprimere la mia gratitudine al Segretario Generale ed alla Commissione Preparatoria per aver tenuto conto delle osservazioni avanzate dalle Chiese Orientali sia nei Lineamenta che nell' Instrumentum Laboris.
Vorrei anche intervenire sulla pratica eucaristica (nn. 22. 23. 24) nella Tradizione della Chiesa Ucraina Greco-cattolica, ma, volendo focalizzare il presente intervento su un altro problema, rinvio questo aspetto alla sola trattazione in scriptis.
Il problema che mi pongo in quanto Gerarca di una Chiesa Orientale sui iuris fa riferimento ai nn. 85, 86 e 87 dell' Instrumentum laboris. Mi esprimo in termini interrogativi. La mia premessa è che non ci può essere dubbio alcuno che l'Eucarestia è fons et culmen della vita e della missione della Chiesa. Ma anche per le Chiese Ortodosse questo è vero!
- Se la Liturgia è regula fidei (lex orandi, lex credendi).
- Se la Divina Liturgia celebrata dalle Chiese Orientali in comunione con la Sede di Roma e dalle Chiese Ortodosse o Apostoliche è identica per entrambe.
- Se è reciproco il riconoscimento della Successione Apostolica dei Vescovi e, conseguentemente, dei sacerdoti che la celebrano, allora la mia domanda è: cosa occorre di più per l'unità?
Esiste forse un' altra fons o un altro culmen superiore all'Eucarestia?
E se non esiste, perché non si permette la concelebrazione?
Una proposta finale. Anche per crescere nella comunione intra ecclesiale cattolica vorrei proporre che il prossimo Sinodo sia proprio dedicato alle Chiese Orientali.

[00087-01.05] [IN081] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Evarist PINTO, Arcivescovo di Karachi (PAKISTAN)

Sono venuto come rappresentante della Conferenza Episcopale del Pakistan. Si tratta di una piccola Chiesa di un milione e 300 mila cattolici in un paese che per il 98% è musulmano.
L’Eucaristia è sorgente di forza e nutrimento per i cattolici. Essi amano la Parola di Dio, l’ascolto della musica sacra, il canto dei salmi nella loro lingua materna.
Non sempre il sacerdote può celebrare l’Eucaristia, perché le parrocchie sono grandi e hanno molte sottostazioni. Nelle zone rurali la situazione è ancora peggiore, perché i cattolici sono sparsi in villaggi molto distanti tra loro.
Vorrei sottoporre due suggerimenti.
1. Inculturazione
Spesso i rituali non vengono compresi dalle persone semplici. Dobbiamo scoprire “i semi della Sapienza divina già presenti” nei popoli (Ecclesia in Asia, 20)
2. Nuove forme di ministero
I nostri catechisti svolgono un grande e lodevole compito pastorale. Ma abbiamo bisogno di altri operatori di pastorale: diaconi sposati, assistenti di pastorale e altre forme di ministero.

[00148-01.04] [IN105] [Testo originale: inglese]

- Rev. P. Barry FISCHER, C.PP.S., Moderatore Generale dei Missionari del Preziosissimo Sangue

“Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo?” (1Cor 10, 16). Con queste parole San Paolo ci ricorda il cerchio di comunione che si crea con la partecipazione all’Eucaristia.
Con la condivisione del calice nell’Eucaristia Dio ci invita a rinnovare il rapporto di alleanza con Lui, fondamento di ogni altro rapporto. Poiché la riconciliazione è veramente un dono di Dio, “che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione...Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro” (2 Cor 5, 18-20).
Scopo di questo ministero di riconciliazione è quello di superare l‘odio, l’ingiustizia e la divisione. Ma la sua meta ultima è di portare la pace, la pace che Cristo ci ha guadagnato con il sangue della sua croce (cf Col 1, 20), la pace che riconcilia in Cristo tutte le cose.
La comunione che si attua nel Sangue riconciliatore di Cristo ci dà la forza di diventare costruttori di ponti, araldi della verità, balsami per le ferite. Il nostro “amen”, quando riceviamo la comunione, afferma non soltanto la reale presenza di Cristo nell’Eucaristia; ci invita ad essere pane spezzato e sangue versato, vita offerta per la vita del mondo. Diventiamo veramente “calici vivi” che portano il Sangue prezioso di Cristo, il sacro balsamo a quanti hanno bisogno di chi guarisca le loro fratture, a quanti soffrono per le ferite della povertà, a quanti sono abbandonati morenti a un lato della strada, scherniti e oppressi dal pregiudizio, dal razzismo e dalla guerra.
Quali “ambasciatori di riconciliazione” (cf 2 Cor 5, 20) offriamo il Sangue di Cristo a un mondo che ha sete di armonia con Dio, con l’umanità e con tutta la creazione. Il Sangue di Cristo estingue la sete di quella comunione in cui popoli molto diversi possono incontrarsi in un’unità profonda e duratura, e ci esorta a essere comunità eucaristiche che abbracciano anche chi è lontano, separato o tagliato fuori. La partecipazione all’Eucaristia ci rafforza e ci sprona a sognare una storia diversa, a costruire un mondo nuovo, un mondo che si conformi al progetto di Dio per l‘umanità come ci è stato rivelato nella vita, morte e risurrezione di Gesù Cristo.

[00152-01.03] [IN111] [Testo originale: inglese]

- S.Em.R. Card. Varkey VITHAYATHIL, C.SS.R., Arcivescovo Maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, Presidente del Sinodo della Chiesa Siro-Malabarese (INDIA)

L’Eucaristia conferisce il grande potere di predicare il vangelo a tutto il mondo. La Chiesa siro-malabarese è una comunità incentrata sull’Eucaristia. Le chiese parrocchiali la domenica sono affollate e molti partecipano all’Eucaristia anche nei giorni feriali. Può dipendere da questo il fatto che la nostra Chiesa sia benedetta da così tante vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa.
Sono felice di sottolineare che gran parte del personale missionario nelle diocesi missionarie dell’India, perfino in molte diocesi di rito latino, proviene dalla Chiesa siro-malabarese e noi inviamo sacerdoti e religiosi in Africa, America meridionale e settentrionale, Europa e Oceania. Ma, da oltre cento anni, la restrizione territoriale di questa Chiesa ha determinato seri problemi sia nell’attività missionaria che nella vera e propria cura pastorale dei suoi fedeli in India e all’estero. I cristiani della Chiesa siro-malabarese dedicata a San Tommaso hanno una straordinaria devozione per la Santissima Vergine Maria. L’atteggiamento della Chiesa, atteggiamento di costante compimento della volontà di Dio, il suo umile servizio ai bisognosi e il suo radicale discepolato anche sotto la Croce, tutto ciò ci induce a dedicarci alla costruzione di una società migliore basata sulla giustizia e la pace.
Quindi ritengo che quest’anno dell’Eucaristia la cui tappa finale è il Sinodo sia un’occasione offerta da Dio perché ci nutriamo costantemente dell’Eucaristia del Signore affinché il suo mandato missionario si realizzi.

[00175-01.05] [IN113] [Testo originale: inglese]

- S.E.R. Mons. Tharcisse TSHIBANGU TSHISHIKU, Vescovo di Mbujimayi (REP. DEMOCRATICA DEL CONGO)

I. Eucaristia, edificazione della Chiesa, inculturazione e riti liturgici
Come giustamente sottolinea con insistenza Papa Benedetto XVI, l’Eucaristia è veramente il centro e costituisce il grande fondamento visibile della stabilità e continuità della Fede e della Vita della Chiesa. E’ intorno ai luoghi della celebrazione eucaristica e degli altri sacramenti cristiani che si edifica la Chiesa e si organizzano le diverse strutture e ministeri a servizio del popolo di Dio.
Sull’Eucaristia dunque, si concentrano gli sforzi di inculturazione necessaria e indispensabile.
È qui, come per altre questioni dottrinali della rivelazione soprannaturale, che si presentano l’opportunità e la necessità di mettere in atto e far proseguire- come è espresso nel decreto Ad Gentes N° 22 - ricerche e studi teologici per ogni zona o regione socioculturale , al fine di mettere a punto espressioni catechetiche adeguate.L’ambito della celebrazione eucaristica è quello della liturgia. Qui restano da fare e portare avanti nuovi sforzi missionari. Dopo il Vaticano II, i cristiani d’Africa, come quelli di tutti i paesi e le regioni dell’area cattolica, hanno dovuto affrontare il trauma del passaggio dal rito universale - della liturgia o Messa di PioV - a quello promulgato da Paolo VI.
Successivamente si sono aperte altre possibilità di integrare nuovi elementi specifici, fino alla promulgazione officiale del rito detto “Rito Romano della Messa per le Diocesi dello Zaire”, pubblicato da Giovanni Paolo II nel 1988, comunemente detto “Rito zairese della Messa”.
Ora, dopo 20 anni, nel continente africano si avverte ovunque, a partire dalla Chiesa della Repubblica democratica del Congo, la necessità di valutare l’evoluzione della pratica per migliorare e attuare nella maniera più consono il modo di celebrare il rito, evitando deviazioni, più o meno gravi o preoccupanti, che già si notano qua e là.
II. Implicazioni sociali dell’Eucaristia nel mondo globalizzato di oggi.
Il mondo globalizzato di oggi è pieno di promesse positive per tutti, ma presenta anche molti aspetti ed effetti assai negativi, sfavorevoli per i paesi dell’emisfero sud in generale, e particolarmente per quello africano, continente che tutti riconoscono essere più “mondializzato” rispetto agli altri.
III. Temi per il prossimo “Sinodo africano”
In occasione del Sinodo africano (Sinodo speciale per l’Africa), già annunciato da Papa Benedetto XVI, dovrebbero figurare all’ordine del giorno alcune questioni molto importanti, quali le seguenti:
- Inculturazione del culto divino e della Liturgia in Africa.
- Situazione attuale della “mondializzazione” e della missione della Chiesa
- Solidarietà inter-ecclesiale. Scambi e aiuti reciproci.
- Situazione e avvenire degli Istituti missionari e delle Congregazioni religiose.
- Sviluppo globale dell’Africa e impegni della Chiesa
- Sfide della Missione e cammini di ricerca teologica in Africa.
Conclusione
Che questa Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi possa contribuire a rinnovare e promuovere lo slancio missionario della Chiesa.

[00179-01.04] [IN120] [Testo originale: francese]

- S.Em.R. Card. Crescenzio SEPE, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (CITTÀ DEL VATICANO)

In riferimento a quanto esposto al capitolo 2 della IV parte dell "'Instrumentum laboris", si ritiene opportuno una trattazione più organica e logica che chiarisca la distinzione tra Evangelizzazione destinata "ad Gentes" e quella destinata a quanti hanno abbandonato la propria fede. E' vero, che l’evangelizzazione e unica nel contenuto, ma si diversifica in relazione ai destinatari ai quali essa è indirizzata.
Diversi sono i passi dell'Instrumentum Laboris che potrebbero essere chiariti, per esempio, dicendo chiaramente che oggi sono circa 5 miliardi le persone che non conoscono Gesù Cristo e quindi non possono alimentarsi del Suo Corpo e del Suo Sangue. La Chiesa ha il diritto e dovere di portare anche a loro il pane della vita e il calice della Salvezza.
A tal fine è necessario che la dottrina eucaristica sia offerta ai non cristiani nella sua integrale verità, senza cedere alle "mode culturali" che porterebbero a quella deriva ermeneutica per la quale l'Eucarestia perderebbe la sua dimensione mistica-reale e diventerebbe una variante di quella antropologia culturale che relativizza la stessa persona di Gesù Cristo. Con la forza dello Spirito Santo, il missionario, anche oggi, saprà impiantare la Chiesa presso le genti, alimentandole con il Pane della vita, dato per tutti.

[00180-01.05] [IN123] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Djura DŽUDŽAR, Vescovo titolare di Acrasso, Esarca Apostolico di Serbia e Montenegro per i cattolici di rito bizantino (SERBIA e MONTENEGRO)

Mi riferirò ora al quarto capitolo di Instrumentum Laboris: "Eucaristia e Inculturazione" (n. 80 e 81), "Eucaristia ed Ecumenismo” (n.86), "Eucaristia ed Intercomunione” (n.87).
L'inculturazione.
La frequentazione costante tra Oriente e Occidente porta al confronto tra le due tradizioni liturgiche cristiane. La liturgia orientale è "accusata" di incomprensibilità e arcaismo, che "appesantiscono" i momenti celebrativi, ma è a ben ragione ritenuta molto coinvolgente e mistica. Alla semplificazione latina si addebita invece un "impoverimento liturgico".
Per consentire alla nostra celebrazione di essere segno di riconoscimento e identità per i non cattolici, occorre accentuare tale formazione in tutte le categorie del popolo di Dio, con priorità per gli istituti di educazione, i sacerdoti-liturgisti, diaconi, animatori e ministranti. In una parola si deve far precedere la pastorale regolare e una adeguata ordinaria catechesi liturgica.
Eucaristia ed Ecumenismo.
Le celebrazioni comuni possono diventare nella quotidianità un forte messaggio. Ma servono premesse chiare che indichino fin dove è possibile operare a livello liturgico con le chiese e comunità cristiane che compongono il mosaico ecumenico. Perciò proponiamo una guida liturgica che aiuti a far sì che la comunione, non ancora raggiunta, sia invocata nella preghiera e non considerata scontata o addirittura come uno "strumento" di dialogo.
Eucaristia ed Intercomunione.
Sottolineo due possibili insidie: il pregiudizio, come primo pericolo, oppure il relativismo. Anche qui invochiamo chiarezza e verità; apertura ma senza misconoscere la nostra identità. Anche in questo ambito l'Eucaristia, non può essere il mezzo per la comunione, nemmeno il mezzo per l'edificazione di una generica comunità umana. L'Eucaristia non è neanche un punto di partenza. È il mistero di Cristo che nel dono dell'Eucaristia ci rende suo Corpo. È il dono fatto a chi appartiene a Cristo e deve diventare santo e quindi, grazie a questa fondamentale preoccupazione, anche germe di unità nella Chiesa e nel mondo.
La richiesta più urgente a questo sinodo: rivisitare il mistero eucaristico in rapporto agli altri sacramenti, soprattutto in rapporto alla sacramentalità del matrimonio nei matrimoni misti ed offrire orientamenti essenziali, seppure da calare nel contesto locale da parte dei vescovi interessati.È una sfida che riteniamo coinvolga aree sempre più vaste, e fortemente il continente europeo.

[00156-01.05] [IN127] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Bosco LIN CHI-NAN, Vescovo di Tainan (CINA)

Oggi la nostra fede ha grandissima difficoltà sia all’interno che all’esterno, sia di pastorale che di evangelizzazione. All’inizio di questo terzo millennio dobbiamo con tutto il cuore e le forze vincere le difficoltà. Papa Giovanni Paolo II ci ha proposto: 1. Nel nostro tempo occorre accendere lo spirito di evangelizzazione alle genti e predicare ad esse Gesù Cristo- unico Salvatore. 2. La Chiesa, riunita intorno al Sacramento dell’altare, può maggiormente comprendere la sua origine e missione. La Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica, riunita intorno al Sacramento dell’Eucaristia, è resa famiglia e Popolo di Dio.
1. Dal Sacramento dell’Eucaristia si trae la forza per promuovere la missione di Evangelizzazione.
In questo anno dedicato all’Eucaristia il Culto ad essa reso da tutta la Chiesa di Taiwan ha creato un vasto movimento: la predicazione dei sacerdoti la domenica, l’esposizione del Santissimo Sacramento, l’Ora Santa ecc. ha acceso il fervore dei fedeli per il Santissimo Sacramento, i fedeli in Cristo ricevono la forza per andare ad annuciare il Vangelo al loro prossimo. Molti adulti sono stati battezzati. Speriamo che la conclusione dell’anno Eucaristico non rappresenti un termine, bensì un inizio.
2. L’Eucaristia è Sacramento di unione e di comunione.
Il popolo cinese cresce, così anche i cattolici. Solo di un fatto dobbiamo preoccuparci: la mancanza di libertà religiosa, per cui la Chiesa corre il rischio di dividersi.
Dobbiamo pregare di cuore, perché siamo un solo corpo, un solo spirito, così come siamo stati chiamati a edificare il corpo di Gesù Cristo nostro Signore.
3. L’Eucaristia è fonte e culmine della Chiesa e della vita spirituale dei fedeli. Occorre promuovere e diffondere il catechismo relativo alla SS. Eucaristia, affinché tutti i fedeli conoscano la loro relazione, l’unione e la comunione con l’Eucaristia, e affinché compiano la sacra missione, “Andate e predicate il Vangelo”, così da raggiungere il fine, cioè un solo gregge e un solo pastore.

[00182-01.03] [IN134] [Testo originale: latino]

- S.E.R. Mons. Christopher Henry TOOHEY, Vescovo di Wilcannia-Forbes (AUSTRALIA)

Considerate il fatto che il Creatore dell’Universo ha assunto natura umana, è nato da una Vergine, ha avuto (e ancora ha) corpo e anima umani, è vissuto, è morto e risorto su questo minuscolo pianeta che chiamiamo Terra. Ha fatto tutto questo per noi e per la nostra salvezza. E la sua presenza rimane con noi vera e sostanziale nell’Eucaristia. Il Mistero fa vacillare la mente, supera la nostra piena comprensione. Ma il cuore umano può conoscerlo e accettarlo in vera umiltà nell’atto della conversione.
Sappiamo che l’Eucaristia è il pegno di fedeltà e di amore di Dio Padre verso l’umanità. La nostra fede è audace e profonda nella sua visione. Ci è donata da Dio. Noi, che la insegniamo dobbiamo rispecchiare la sua sconcertante bellezza nel modo di parlare dell’Eucaristia, di celebrare il rito dell’Eucaristia e di vivere l’Eucaristia.

[00184-01.04] [IN138] [Testo originale: inglese]

- S.E.R. Mons. Petru GHERGHEL, Vescovo di Iaşi (ROMANIA)

Il "rimanere in Cristo" (Gv 15,4) ha garantito sin dall'inizio la vitalità e la forza delle prime comunità cristiane, riunite per la celebrazione dell'Eucaristia. La sua presenza viva e insieme sacramentale, è garanzia sicura di una continuità e di una crescita che mai potranno cessare, nonostante le difficoltà della storia con le sue ideologie nonchè persecuzioni. Le numerose testimonianze delle celebrazioni eucaristiche avvenute nelle catacombe di ogni tempo e luogo, ne sono prova evidente. Anche se parzialmente, sono stato testimone diretto di tanti atti eroici durante i decenni del comunismo totalitario. Ho conosciuto vescovi e sacerdoti che sono riusciti, con una fantasia difficilmente immaginabile, a consacrare e a conservare persino nelle loro celIe, il Santo Pane Eucaristico. Nel lungo periodo comunista, l'unico luogo dove i fedeli potevano alimentare il coraggio della loro fede era la chiesa. La celebrazione dell'Eucaristia era insieme momento di evange1izzazione, catechesi e comunione con Dio e con i fratelli.
I cambiamenti del 1989 hanno aperto la strada a tanti valori in condizione di libertà, ma la libertà mal compresa porta al degrado dei costumi nella vita sociale, nella famiglia e talvolta anche l'allontanamento dalla fede. Grazie a Dio, simili tendenze non hanno invaso le nostre chiese cattoliche, dove il rispetto e l'amore per l'Eucaristia sono ancor più forti che in passato. La frequenza alla Messa domenicale e piuttosto alta e forse più motivata.
Suggerisco una proposta per incrementare il rispetto verso l'Eucaristia. Avendo presente la tradizione orientale, la ricchezza di tali testimonianze e l'intento di uno scambio di doni tra le nostre Chiese, propongo di adoperare per la Santa Messa anche l'appellativo "La Santa e Divina Liturgia", accanto a quello latino, già in uso ma poco preciso. Sarà un titolo che suggerisce maggiormente il sacro e invita al raccogIimento, allo stupore, al silenzio, all'adorazione.
Infine, un appello: conserviamo nella struttura delle nostre chiese il posta piu visibile e accessibile per il Tabernacolo, per non rischiare che le nostre chiese diventino come delle belle conchiglie il cui inquiIino non è da trovare.

[00186-01.05] [IN140] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Gabriel MALZAIRE, Vescovo di Roseau (DOMINICA)

La Conferenza episcopale delle Antille serve la Guyana, Caienna e Suriname nel continente sudamericano, tutte le Antille inglesi, francesi, olandesi e il Belize. I fondamenti etici dei cattolici, in ognuna di queste diocesi, dipende molto dalla nazione europea colonizzatrice. In tempi recenti la presenza del Movimento Evangelico preveniente dagli Stati Uniti ha penetrato sia la cultura cattolica sia quella protestante delle Antille, interessando così il loro modo di pregare e di essere Chiesa.
In alcune diocesi che sono soprattutto protestanti e/o fortemente influenzate dalla cultura evangelica, alcuni fedeli hanno una certa difficoltà a comprendere la differenza fra la Messa e la devozione non cattolica.
Per i cattolici praticanti è molto importante l’Eucaristia per la crescita della loro fede.
È estremamente importante una formazione sistematica per i bambini e i giovani che si preparano alla prima Comunione e alla Cresima.
Si fanno grandi sforzi per assicurare che la celebrazione dell’Eucaristia sia fatta con dignità , con decoro e con una autentica partecipazione dei fedeli.
Nei Caraibi sta aumentando la coscienza che bisogna inculturare la liturgia. Molti fedeli sono contrari alla stretta di mano per il segno della pace. Vorrebbero un’espressione più sentita di fraternità, come un abbraccio.
Il sacramento della Penitenza non fa più parte della normale vita spirituale per un numero sempre più grande di cattolici.
Per molti fedeli la comunione porta alla santità personale e ad una trasformazione dei comportamenti e genera un senso di responsabilità verso i bisogni degli altri. Tuttavia, per molti vi è discordanza tra ciò in cui credono e il loro modo di vivere.

[00187-01.05] [IN146] [Testo originale: inglese]

- S.E.R. Mons. John Olorunfemi ONAIYEKAN, Arcivescovo di Abuja, Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, Presidente del Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar (S.E.C.A.M.) (NIGERIA)

Il mio intervento è un inno di ringraziamento e di lode a Dio per le grandi benedizioni che il popolo dell’Africa ha sperimentato nel periodo successivo al Concilio vaticano Secondo attraverso l’”attiva, consapevole, feconda” e anche gioiosa partecipazione all’Eucaristia celebrata nella ricchezza delle nostre espressioni culturali. Mi riferisco in special modo ai numeri 80 e 81 dell’Instrumentum Laboris dal titolo “Eucaristia e inculturazione”.
L’IL in molti punti esprime cautela, prudenza e talvolta manifesta ansietà riguardo a errori, esagerazioni e sperimentazioni azzardate a tale riguardo. Indubbiamente è ragionevole manifestare queste riserve, ed esse vanno prese seriamente, ma nell’insieme, come afferma l’IL al numero 34, “non devono causare falsi allarmismi”. Anzi, dobbiamo rallegrarci delle cose meravigliose che lo Spirito compie nelle nostre Chiese locali. In tutta l‘Africa, negli ultimi quarant’anni, sono emerse bellissime celebrazioni eucaristiche che hanno approfondito la fede della gente, migliorato la qualità della loro partecipazione, intensificato l‘amore per il sacerdozio, infuso gioia e speranza in mezzo allo scoraggiamento e alla disperazione, incentivato i rapporti ecumenici e, in generale, ha promosso l’evangelizzazione.
L’Eucaristia merita - e sta ricevendo, il meglio delle nostre culture. Non avremo molto da offrire in termini di maestose architetture di cattedrali come quelle europee o di splendidi dipinti quali quelli di Michelangelo o Leonardo da Vinci. Ma quanto abbiamo siamo felici di donarlo: i nostri canti e le nostre poesie, il rullo dei nostri tamburi e i ritmi delle nostre danze, tutto per la gloria di Dio.
Ci impegniamo a riconoscere e far nostro il ricco retaggio delle tradizioni eucaristiche dei diversi riti antichi sia dell’Est che dell’Ovest. Ritengo che anch’essi siano il prodotto di un’inculturazione avvenuta molti secoli fa sotto la guida dello Spirito Santo. Lo stesso Spirito non sta riposando. “Il processo dell’inculturazione rimane vivo anche nelle attuali comunità ecclesiali”“ (IL, 80).
Concludo con il dolce ricordo del nostro caro Papa Giovanni Paolo II, il cui amore, rispetto e ammirazione per i nostri sforzi nell’inculturazione dell’Eucaristia si sono manifestati chiari e vividi non soltanto nelle celebrazioni liturgiche delle sue molte visite in diversi paesi dell’Africa, ma in tante occasioni proprio qui, nella Basilica di San Pietro.
I problemi in Africa sono molti. Ma, almeno in questo caso, siamo felici che grandi cose l‘Altissimo abbia fatto per noi. Santo è il suo Nome! Amen.

[00172-01.05] [IN148] [Testo originale: inglese]

- Rev. P. Peter-Hans KOLVENBACH, S.I., Preposito Generale della Compagnia di Gesù (PAESI BASSI)

La riscoperta della nozione tridentina di ripresentazione sacramentale ad opera di Odo Casel, di recente integrata e fondata sotto il profilo biblico, apre orizzonti promettenti nel dialogo tra Cattolici e Riformati. Invece di dire che la Messa è rinnovazione del sacrificio della Croce, oggi diciamo più esattamente che la Messa è la rinnovazione del memoriale del sacrificio della Croce. La Messa è infatti sacrificio sacramentale, vale a dire il sacramento di quel sacrificio, la ripresentazione sacramentale nostra all'unico sacrificio.
Il limite che ha contrapposto la teologia cattolica del 2° millennio a quella ortodossa è stato quello di analizzare la trasformazione eucaristica in base alla nozione di tempo fisico, facendola dipendere esclusivamente o dal momento in cui vengono pronunciate le parole della consacrazione o dal momento in cui si pronuncia l'epiclesi consacratoria. Da una parte come dall'altra si è dimenticato che l'istante in cui avviene la transustanziazione (o metabolè) non è quello del nostro cronometro, bensì è l'istante di Dio, che è tempo sacramentale. Il magistero della lex orandi insegna che questo istante, essendo per natura sua «al di là delle cose fisiche», ammette due momenti forti, entrambi provvisti di efficacia consacratoria assoluta: il racconto istituzionale e l'epiclesi. Riferita alle parole della consacrazione e all'epiclesi consacratoria, la nozione di efficacia consacratoria assoluta non sopporta né conflittualità né esclusivismi. Lungi dal presentarsi come ostacolo, la questione dell' epiclesi si rivela un vero ponte ecumenico nel dialogo tra Cattolici e Ortodossi.

[00171-01.05] [IN149] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Oswald GRACIAS, Arcivescovo di Agra, Presidente della Conferenza Episcopale (INDIA)

Questo intervento intende prendere in esame il contesto indiano, avendo presente soprattutto il fatto che la Chiesa cattolica è minoritaria.
1. Seguendo il paradigma dell’esperienza sulla via di Emmaus, quando il Signore ha spiegato le Scritture e quindi ha spezzato il pane con i suoi discepoli, anche noi dobbiamo dare maggior importanza alla Liturgia della Parola nelle nostre celebrazioni eucaristiche. In India, dove c’è grande bisogno di formazione nella fede, occorre prestare maggiore attenzione all’obiettivo di portare le persone a comprendere, apprezzare e vivere le Scritture nella loro ricchezza. A tale scopo si può cercare di ricorrere all’impiego dei mezzi di comunicazione quali proiezioni di audiovisivi con scene del Vangelo e importanti rappresentazioni così che la proclamazione giunga a tutti i livelli dell’umana coscienza. I Vescovi, in quanto pienamente responsabili dovrebbero cercare di evitare il pericolo del protagonismo.
2. Come sottolineato nell’Instrumentum laboris, va rafforzato il legame tra Eucaristia e spiritualità. La partecipazione all’Eucaristia, un’immersione nella Passione, Morte e Risurrezione del Signore, deve portare i fedeli a una trasformazione che permetta loro di permeare il mondo temporale con la forza del Vangelo. In tal modo saranno messaggeri di unità e portatori di pace e riconciliazione in un mondo lacerato dalle lotte di caste e di classe e dall’intolleranza di gruppo e religiosa, e conferiranno umana dignità a quanti sono lacerati da ingiustizie e sfruttamenti.
3. Le persone in alcune zone dell’India sono attratte dalle sette perché trovano la nostra liturgia monotona e impersonale, ben lontana da un’esperienza di Dio. Le Conferenze episcopali, insieme alla Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti potrebbero studiare strumenti per una miglior inculturazione della liturgia, e consentire una maggiore libertà e creatività nella stessa, salvaguardandola allo stesso tempo dal pericolo di abusi.
Le Messe di gruppo e le Messe per le famiglie potrebbero rappresentare mezzi efficaci per rafforzare l’unità della famiglia e impartire la catechesi alle famiglie.

[00168-01.03] [IN152] [Testo originale: inglese]

- S.Em.R. Card. Pedro RUBIANO SÁENZ, Arcivescovo di Bogotá (COLOMBIA)

Nell’Eucaristia viviamo l’incontro con Cristo, nostra pace, e di conseguenza dobbiamo accogliere la sua pace, testimoniarla e promuoverla con la vita. La pace è amore, verità, riconciliazione, giustizia e solidarietà con il fratello nel quale scopriamo la presenza di Cristo, non solo Risorto ma anche ferito dall’odio, dall’ingiustizia e dalla violenza. Fare la Comunione richiede impegno e volontà di lavorare insieme ai fratelli per la costruzione della pace. Essere riconciliati e in pace è la condizione per avvicinarsi al banchetto eucaristico e molti battezzati vivono una vita di sofferenze per le ferite lasciate dalla violenza e dall’odio.
Il sacramento della Penitenza ci riconcilia con Dio ed esige non solo il riconoscimento del peccato ma anche il proposito di correggerci per quella conversione che porta a impostare la vita secondo la volontà di Dio. Chi si nutre dell’Eucaristia deve essere riconciliato con i suoi fratelli per vivere la comunione con Dio, nostro Padre. La parabola del figliol prodigo ci mostra la misericordia di Dio Padre e anche il pentimento del peccatore che riconosce il suo peccato e si risolleva, sicuro com’è della misericordia e del perdono di Dio.
Nel momento in cui ci scambiamo il segno di pace manifestiamo che non ci sono più odio né rancore nel nostro cuore. Sarebbe più coerente scambiarsi il segno di pace prima dell’offertorio, dopo la preghiera dei fedeli, conformemente a quanto il Signore ci chiede nel Vangelo: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23). Infatti, se non abbiamo la pace, come possiamo darla? Sarebbe semplicemente un gesto privo di contenuto e non una testimonianza di comunione con il Signore e con i fratelli.
Come avvicinarsi all’Eucaristia, sacramento dell’Amore, se non ci sono perdono e vero amore?
La pace che ci dà il Signore richiede che perdoniamo e che sradichiamo l’odio e il desiderio di vendetta, quel muro che ci separa dal fratello così come dal Signore.
La violenza provocata dall’odio sarà superata solo quando saremo capaci di perdonare come Dio ci perdona e allora, con sincerità, potremo rivolgerci al nostro Padre: “perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore” (Lc 11,4).
È uno scandalo che ci siano dei battezzati che, per ambizione, ingiustizia, discriminazione, rancore e odio, rompono i rapporti umani e fraterni : come possono chiamarsi figli di Dio se non vivono la loro relazione di amore con Lui presente nel prossimo? E come possono avvicinarsi al Sacramento dell’Eucaristia senza riconoscere che a causa dell’odio hanno interrotto la comunione con il fratello, senza prima rifugiarsi nella misericordia di Dio attraverso il Sacramento della Penitenza?
È urgente insistere sulla preparazione permanente dei fedeli al Sacramento dell’Eucaristia, che è l’alimento che nutre la fede, affinché vivano l’incontro con Gesù Cristo e accolgano la pace che Lui ci offre e che dobbiamo condividere con i fratelli.

[00167-01.06] [IN157] [Testo originale: spagnolo]

- S.Em.R. Card. Jozef TOMKO, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali (CITTÀ DEL VATICANO)

Con la chiusura di questa Assemblea sinodale terminerà anche l’Anno dell’Eucaristia che il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha inaugurato al termine del 48° Congresso eucaristico internazionale a Guadalajara, il 18 ottobre 2004. Il tema del Congresso, che durò una settimana ed era preceduto da un denso simposio teologico, era: “L’Eucaristia, luce e vita del nuovo millennio”. Ciò che ha impressionato era la massiccia manifestazione di fede prolungatasi per una settimana, con alcuni milioni di partecipanti, la processione eucaristica durata molte ore accompagnata dai giovani che scandivano:”Se ve, se siente, Jesus es presente”, l’imponente pellegrinaggio di alcuni milioni alla Madonna di Zapopan (la Donna eucaristica), la presenza quotidiana di 17.000 partecipanti alle liturgie eucaristiche seguite da catechesi e da testimonianze e infine il messaggio di Giovanni Paolo II per mezzo del ponte televisivo. Un vero “bagno” di fede. Tutta la Chiesa era rappresentata a questa “Statio Orbis” attorno a Gesù Cristo Eucaristico, con gruppi arrivati persino dalla Siberia e dalla Corea, e con forte presenza degli Adoratori dell’Eucaristia.
I Congressi Eucaristici internazionali sono nati in Francia nel 1881 da una fervente devozione eucaristica, grazie ad un’armoniosa cooperazione tra laici e clero, sotto l’ispirazione di San Pier Giuliano Eymard. Il loro motto “La salvezza della società per mezzo dell’Eucaristia” intendeva affrontare il diffuso indefferentismo religioso tanto simile all’agnosticismo dei nostri tempi. Per la preparazione del primo Congresso internazionale di Lille, nel 1881, è stato costituito un Comitato permanente, approvato da Leone XIII e diventato più tardi “Pontificio” che continua a promuovere la celebrazione periodica dei Congressi eucaristici internazionali e, inoltre, “favorisce e privilegia quelle iniziative che, in armonia con le disposizioni vigenti nella Chiesa, hanno lo scopo di incrementare la devozione verso il mistero eucaristico in tutti i suoi aspetti, dalla celebrazione dell’Eucaristia al culto extra missam “(Statuti, art.3).
I Congressi eucaristici internazionali si celebrano ogni quattro anni nei diversi continenti. Molti ricorderanno ancora quello celebrato a Roma durante il Giubileo del 2000, e scendendo negli anni, quelli di Wroclaw, Sevilla, Seoul, Nairobi, Philadelphia, Bombay, Muenchen ed altri. Il prossimo avrà luogo a Quebec (Canada) nel 2008. La recente Giornata mondiale della gioventù a Colonia, grazie al suo tema:”Venimus adorare eum”, è diventata di fatto quasi un Congresso Eucaristico.
Con il Concilio Vaticano II i Congressi Eucaristici internazionali hanno assunto la fisionomia della “Statio Orbis”, una specie di “sosta” in cui le chiese particolari di varie parti dell’Orbe si uniscono con il Papa o il suo Legato in una città intorno a Cristo nel suo mistero eucaristico per manifestare e approfondire la loro fede. La catechesi, la celebrazione del Santo Sacrificio, l’adorazione del SS. Sacramento, la solenne processione eucaristica, le prime comunioni, le attività caritative verso i poveri, gli ammalati e handicappati, gli incontri di riflessione per categorie, fanno di un tale Congresso una vera occasione di rinnovamento spirituale, con frutti, visibili e invisibili, che solo Dio conosce ma che sono certamente abbondanti.
Nelle dovute proporzioni, ciò si può affermare anche di altre forme di Congressi Eucaristici, che si possono celebrare al livello di una Nazione, di una diocesi, di un decanato-vicariato, e simili. L’incontro comunitario con Cristo eucaristico è sempre fecondo per far crescere il fervore religioso, la comunione, le vocazioni, lo spirito missionario, la pace sociale e la solidarietà.
Si è parlato della riscoperta dell’adorazione, anche notturna. Gli adoratori che abbiamo visto in Messico sono un esempio. Così anche le contemplative. Ma ora Gesù eucaristico attira anche i giovani che in Lui scoprono Dio-Amore. Speriamo che ciò avvenga nelle nostre parrocchie, nei seminari, nei conventi e nelle case dei sacerdoti. Davanti a Lui non ci vogliono grandi ragionamenti, ci vuole soltanto la semplice fede. Come quella del contadino di Ars a cui San Giovanni Vianney chiese che cosa stesse facendo per lungo tempo davanti al tabernacolo. La risposta è disarmante nella sua profondità: “Io lo guardo e lui mi guarda!” In questo sguardo incrociato c’è la soluzione di molti problemi del nostro tempo.

[00196-01.04] [IN159] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Jean-Louis BRUGUÈS, O.P., Vescovo di Angers (FRANCIA)

Dobbiamo prendere posizione in questa secolarizzazione in corso: essa è una tendenza storica pesante e durevole. Ha prodotto una mentalità - il secolarismo - che interroga singolarmente la coscienza cristiana. Il secolarismo rifiuta ogni forma di relazione con l’al di là e il mondo invisibile. All’interno delle nostre comunità cristiane esiste anche un’auto-secolarizzazione. Cosa diventa l’Eucaristia “pane del Cielo”... se non esiste più il Cielo? E’ opportuno precisare il ruolo che deve avere l’Eucaristia nella “nuova evangelizzazione”, più precisamente nell’evangelizzazione attraverso la cultura. È necessario inoltre incoraggiare i nostri giovani che hanno scoperto nell’adorazione eucaristica la sorgente della loro missione nei confronti del razionalismo moderno.

[00197-01.07] [IN158] [Testo originale: francese]

- S.E.R. Mons. Francesco CACUCCI, Arcivescovo di Bari-Bitonto (ITALIA)

L'esigenza di una "svolta mistagogica" nella nostra pastorale si fa sempre più viva e attuale. I Lineamenta del Sinodo hanno dedicato un intero capitolo. L' Instrumentum laboris fa riferimento esplicitamente alla mistagogia ai nn.31, 40, 47 e 52. In questa direzione si sono espressi anche alcuni Padri sinodali.
Siamo ancorati a una pastorale che "prepara" ai sacramenti. Appena celebrati i sacramenti dell'iniziazione cristiana, si parla dell’"addio" alla comunità cristiana. In realtà è carente un'esperienza essenziale: l'ingresso progressivo nel mistero della salvezza.
I Padri della Chiesa, che vivevano una situazione culturale per alcuni tratti analoga a quella dell'uomo post-moderno, fanno una scelta "mistagogica", rivolta non a cristiani "ferventi", ma a cristiani segnati dalle contraddizioni di un certo "secolarismo" di quel tempo.
In un periodo di frammentazione quale il nostro, la mistagogia guida all'interno del mistero, segna l'incontro tra la catechesi, l'esperienza della celebrazione e il vissuto dei cristiani.
Non potrà esserci vera sintesi tra fede e vita, se manca l'anello della celebrazione. Così non può realizzarsi la sintesi Eucaristia-vita, senza la fede. E' il trinomio fede-liturgia-vita richiamato nell'lnstrumentum laboris al n. 29 e così diffuso nei piani pastorali.
Come una comunità cristiana può attuare questa svolta mistagogica? Recuperando la centralità dell' Eucaristia domenicale. "Sine Dominico non possumus": l'espressione dei martiri di Abitene, richiamata da un Padre sinodale pone una questione di identità cristiana, con precisi risvolti ecumenici.
Il n. 70 dell'Instrumentum laboris sottolinea questa centralità.
Di fronte alla tentazione razionalista sempre risorgente, la mistagogia eucaristica mette in
risalto il primato della grazia.
La celebrazione eucaristica domenicale è anche il luogo missionario più rilevante della Chiesa. Si incontrano i fedelissimi, ma anche coloro che partecipano raramente alla Messa domenicale.
Ma è anche questione di metodo pastorale che, a mio parere, il Sinodo potrebbe proporre.
L'Anno liturgico è stato fin dall'inizio vissuto come luogo in cui la comunità vive e annuncia il mistero di Cristo. Il ritmo di questo itinerario è fortemente scandito dal conferimento dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, che ha il culmine nell'Eucaristia, e dalle diverse tappe che li preparano.
Se la comunità cristiana è il soggetto dell'itinerario di fede, la partecipazione piena, attiva e consapevole (cfr Sacrosanctum Concilium, n.48) del popolo di Dio alla liturgia domenicale richiede un "accompagnamento mistagogico" che potrebbe essere preparato, non solo dai sacerdoti, ma anche dagli animatori in un incontro comunitario settimanale durante il quale, partendo dal mistero celebrato nel rito, alla luce della Parola dell'Antico e del Nuovo Testamento e dell'insegnamento dei Padri, imparino a riflettere insieme sulla vita della comunità e a maturare l'impegno nella storia.
Queste considerazioni scaturiscono da una scelta pastorale vissuta dalla nostra Chiesa locale e proposta in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale Italiano di quest'anno.

[00204-01.03] [IN169] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. George Cosmas Zumaire LUNGU, Vescovo di Chipata (ZAMBIA)

Parlo a nome della Conferenza episcopale dello Zambia. Devo riconoscere che, nonostante i mezzi tecnologicamente avanzati di oggi, la nostra Conferenza episcopale non ha ricevuto l’Instrumentum Laboris in tempo per poter rispondere come Conferenza. Per questo motivo il mio è un intervento personale che tiene conto della situazione pastorale dello Zambia. Il mio intervento intende prendere in esame i punti 42, 44, 61 e 62 dell’Instrumentum Laboris.
Al n. 42 si afferma che nella liturgia l’uomo non guarda a sé, ma a Dio. Il documento quindi deve soffermarsi soprattutto sul Dio vivente nel suo rapporto con gli uomini piuttosto che sulle attività umane contenute nelle tradizioni, norme e rubriche liturgiche. In tal modo eviteremo la tentazione sia di cercare soluzioni passate per le sfide pastorali di oggi riguardo all’Eucaristia, che di concentrarci troppo sugli aspetti negativi, come dice il documento. Una caratteristica della liturgia che mi viene alla mente è quella della “bellezza”.
L’art. 42 dice che la bellezza rappresenta un mezzo per penetrare il mistero di Dio e dell’Eucaristia. Sarebbe qui opportuno citare quanto l’allora Card. Ratzinger ha affermato rivolgendosi al movimento conosciuto come Comunione e Liberazione nel 2002:
Lasciarsi colpire e sopraffare dalla bellezza di Cristo rappresenta una conoscenza più reale e profonda, piuttosto che una semplice deduzione razionale. Naturalmente non possiamo sottovalutare l’importanza della riflessione teologica, del pensiero teologico esatto e preciso; ciò resta assolutamente necessario. Ma partire da qui per sminuire o respingere l’impatto prodotto dalla risposta del cuore nell’incontro con la bellezza come forma autentica di conoscenza finirebbe per impoverirci e inaridire la nostra fede e la nostra teologia. Dobbiamo riscoprire questa forma di conoscenza (attraverso la bellezza), è un’esigenza pressante del nostro tempo... Oggi, perché la fede possa crescere, noi e le persone che incontriamo dobbiamo avvicinarci ai santi ed entrare in contatto con la Bellezza:
Più di recente, i religiosi che si sono riuniti a Roma per il Congresso del 2004, hanno manifestato la stessa sensibilità verso questo aspetto che è emerso nel loro documento finale, dove si dice:
L’arte e la bellezza sono icone per tutte le culture; gli artisti aiutano le comunità di vita consacrata a combattere contro una mentalità consumistica, creano splendidi luoghi di preghiera, trovano nuovi simboli per raccontare nuove storie ai cuori degli uomini e delle donne che ascoltano. Questa trasmissione della bellezza susciterà gioia e vita in mezzo alla violenza e alla morte (Documento finale II/2/4, pag. 222, Ed. Paoline).
È possibile chiedere ai nostri teologi di avviare una riflessione pastorale sulla teologia della bellezza, al fine di gettar maggior luce sulle ombre che sono emerse nella celebrazione dell’Eucaristia?
Per quanto riguarda l‘art. 44 sulla partecipazione dei laici: la frase “un minimo di assistenza e collaborazione” riguardo alla partecipazione dei laici alla celebrazione dell’Eucaristia dovrebbe essere modificata o completamente rimossa. Nel suo articolo “L’Eucaristia: fonte e culmine della vita dei fedeli laici”, Matteo Calisi afferma:
Nonostante la riforma liturgica, esiste ancora una diffusa mentalità clericale in seno alla liturgia, che vede la celebrazione del mistero più come opera del sacerdote - il celebrante - che come “impegno di tutto il popolo di Dio” che celebra il suo Signore. Per questa ragione spesso accade che le persone non si uniscono al celebrante con una partecipazione attiva e vivace, ma in modo formale, rapportandosi a lui soltanto con il dialogo delle risposte rituali (Riscoprire l’Eucaristia: Pontificio Consiglio per i laici, pag. 70).
Sempre sul tema della partecipazione dei laici, e questa volta attraverso la musica, i canti (art. 61) e l’uso della lingua latina (negli incontri internazionali), la mia impressione riguardo a tali articoli è che non sembrano riflettere i contributi offerti da alcuni paesi di missione quali lo Zambia. Ritengo questa parte del documento troppo ottimista riguardo all’organo, al canto Gregoriano e perfino all’uso del latino negli incontri internazionali per venire veramente incontro alle necessità dei popoli di ogni luogo e tempo. La mia proposta è che non dovremmo guardarci indietro e rendere universali questi strumenti di culto. La nostra riflessione sui temi culturali non dovrebbe confrontarsi, o mettersi in rapporto con l’organo, il canto Gregoriano o il latino, anche se possono rappresentare delle opzioni per quanti li trovano utili. La comunicazione e la partecipazione sono vitali in ogni celebrazione liturgica, compresa la celebrazione eucaristica. Le nostre speranze sono nel futuro, non nel passato. Dobbiamo avere coraggio per affrontare le sfide pastorali di oggi riguardo all’Eucaristia, senza tendenze nostalgiche, se vogliamo che essa risponda alle esigenze pastorali del nostro tempo.

[00207-01.09] [IN171] [Testo originale: inglese]

- S.E.R. Mons. Luis SÁINZ HINOJOSA, O.F.M., Arcivescovo titolare di Giunca di Mauritania, Ausiliare di Cochabamba (BOLIVIA)

Parlo a nome della Conferenza episcopale della Bolivia e faccio riferimento ai numeri 53, 55 e 56 dell’Instrumentum Laboris
Cristo risorto non abbandona l’umanità, perpetua l’esperienza della croce, offrendo il suo Corpo e il suo Sangue, si offre a noi come alimento, ci accoglie con lui. Ci unisce nella comunione più piena con la sua vita eterna e con il suo amore infinito (Mane nobiscum Domine, 19).
Rimanere in lui ci dà la vita divina; è la grazia più grande per un discepolo di Gesù (Gv 15, 4-9). Simbolo dell’unità sono il pane, formato da tanti chicchi di grano, e il vino prodotto da tanti acini d’uva. Gesù unico Pane condiviso tra tutti crea comunione piena con lui: fa un solo corpo di tutti quanti credono.
L’Eucaristia è data alla Chiesa per mezzo degli Apostoli. Gesù stesso nel miracolo della moltiplicazione dei pani (Mc 6, 37-44) non offre direttamente i pani alla gente, ma invita i Dodici a dar da mangiare. Per la Chiesa questa è un’indicazione fondamentale. Il Signore, Pane di vita, cibo di salvezza, lo incontriamo nella comunità dei credenti, dove gli Apostoli, i vescovi di oggi, perpetuano il mandato di spezzare il Pane per tutto il popolo e di saziarne la fame.
Vengo, come tutti voi, da un paese ricco di cultura; un paese che ha una profonda fede nell’Eucaristia, nella Vergine Maria e in Cristo sofferente.
Il culto ai defunti è qualcosa di sacro; la gente non concepisce di seppellire un defunto senza celebrare la Santa Eucaristia; è convinta che sia il modo migliore di affidarlo a Dio. Essa celebra le proprie feste patronali, civili e ogni altro evento importante con l’Eucaristia; poi ci sono il folclore, la danza e il consumo di bevande, a volte esagerati.
Ciò che maggiormente emerge e richiama l’attenzione sono la semplicità, la fede profonda e la fame di Dio del popolo che, a volte, si rivolge agli stessi agenti di pastorale. In base a questa esperienza vorrei sottolineare l’importanza della formazione al sacerdozio e alla vita consacrata, dando priorità alla teologia dell’Eucaristia come fondamento importantissimo della sua spiritualità, alimento indispensabile nella maturazione vocazionale che porta il sacerdote a essere il buon pastore, un missionario che con il suo generoso servizio rende testimonianza alla sua fede.
La spiritualità del cristiano si fonda sull’Eucaristia, in una spiritualità di profonda comunione ecclesiale; in particolare i contadini delle comunità più lontane, dove il sacerdote non arriva e che amano il Santo Padre e i suoi pastori, nel migliore dei casi sono assistiti da un catechista o da una religiosa, cioè rimangono senza Eucaristia per mancanza di sacerdoti... Che fare in futuro? Il popolo aumenta e i sacerdoti diminuiscono, le sette crescono.
Saranno ben accetti orientamenti e suggerimenti pastorali da parte del Sinodo, che ci aiutino a riconoscere l’esperienza di Gesù Cristo risorto come vero Pane che sazia l’uomo e che è l’unico capace di dare la vera vita; suggerimenti che siano la risposta alla cultura vissuta della religiosità del popolo, una risposta che faccia comprendere il vero senso della stessa, partendo dalle “comunità eucaristiche”, “che amano e servono in solidarietà”.

[00211-01.04] [IN175] [Testo originale: spagnolo]

- S.E.R. Mons. Menghisteab TESFAMARIAM, M.C.C.I., Vescovo di Asmara (ERITREA)

Vengo da un’area di tradizione cristiana dell’Africa orientale dove, tra i non cattolici, non sono praticate la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia, l’assunzione frequente della Santa Comunione, la custodia delle Sacre Specie nel tabernacolo e l’adorazione eucaristica al di fuori della Santa Messa.
Ciò significa forse che c’è una minor celebrazione dei Sacri Misteri? O forse ciò significa che in queste Chiese c’è meno adorazione? Niente affatto. Ci sonosolo un diverso approccio e differenti sensibilità teologiche. Come minoranza cattolica, abbiamo tutte le suddette pratiche tradizionali del cattolicesimo latino, ma avvertiamo la necessità di meglio integrarle in una spiritualità cristiana orientale.
Il secondo capitolo della parte III dell’Instrumentum Laboris ha un bellissimo titolo: Adorare il Mistero del Signore. L’Eucaristia è davvero il mistero della nostra fede. Tuttavia il sottotitolo dello stesso capitolo non è chiaro. Che cosa significa “Dalla celebrazione all’adorazione”? Spero che non indichi una sequenza temporale o una essenziale dicotomia tra le due azioni del popolo di Dio. Nell’azione liturgica delle Chiese orientali, celebrazione e adorazione sono due azioni intrinsecamente unite. Sono due aspetti della stessa realtà proprio come la mensa della parola e quella del Corpo e Sangue di Cristo sono due parti dello stesso Banchetto eucaristico. Celebrazione e adorazione vanno di pari passo. L’una non segue l’altra. La prima sottolinea l’aspetto festivo, la seconda sottolinea la Grandezza e Santità di Dio. Da una parte celebriamo le grandi cose che Dio ha fatto per noi per mezzo del suo unico figlio, il nostro Signore e Redentore Gesù Cristo. Ci sentiamo vicini e intimi con Lui e cantiamo Alleluia! Nella nostra tradizione dovrebbe esserci solo la Messa Solenne, tutta cantata e con il coinvolgimento di tutti: sacerdoti, diaconi, laici. Prima della messa, la gente prepara danze liturgiche. Dio è diventato uno di noi e ha immolato la sua vita per noi. Egli è l’Emanuele!, Dio con noi.
D’altra parte, adoriamo il Signore della Gloria insieme agli angeli e agli arcangeli, ai Cherubini e ai Serafini. Durante la santa azione eucaristica Cielo e terra all’unisono si prostrano in adorazione davanti alla Maestà del Dio trino, il completamente Altro. La dossologia cantata nel corso della Santa Messa non è altro che l’espressione della profonda esperienza del “Sanctus” che ispira timore reverenziale: “Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della sua gloria. Osanna nell’alto dei Cieli”.
Celebrazione e adorazione sono entrambe due azioni inseparabili del popolo di Dio raccolto intorno alla mensa della parola e del Corpo e Sangue di Cristo. Queste due azioni uniscono Cielo e Terra. Per un breve istante il cielo scende tra gli uomini ed è tangibile. È come l’esperienza dei discepoli di Gesù, Pietro, Giovanni e Giacomo, sul monte Tabor. L’Eucaristia è il Mistero di Fede. Non può essere celebrato semplicemente a parole, senza un profondo senso del sacro. Un atto di adorazione non accompagnato da una sensazione di meraviglia e stupore può ispirare solo timore e disperazione. Perciò dobbiamo sottolineare l’unità di celebrazione e adorazione. Dobbiamo incoraggiare i nostri fedeli a diventare comunità adorante e celebrante, esserlo durante la Messa e fuori di essa.

[00215-01.04] [IN179] [Testo originale: inglese]

- S.E.R. Mons. Jean-Baptiste TIAMA, Vescovo di Sikasso (MALI)

Nel Mali, la Chiesa cattolica, ha scelto di essere una Chiesa Famiglia, Comunione fraterna a servizio del Vangelo.
Essa è minoritaria fra una popolazione che è per l’80% musulmana e rappresenta il 20% della religione tradizionale del paese; i cristiani (cattolici e protestanti) malesi rappresentano solo una piccola parte (3%) della popolazione.
Nel paese, la Chiesa cattolica si presenta bene ed è ben rispettata. Il suo obiettivo pastorale è quello di costruire una Chiesa Famiglia, comunione fraterna al servizio del Vangelo, una Chiesa che vive e celebra la sua fede: una Chiesa dove la Parola di Dio viene annunciata, accolta e celebrata, e in cui l’Eucaristia costituisce il luogo dove si esprime per eccellenza la sua unità, essendo anche il punto di partenza della sua missione fra i fratelli di altre religioni, come l’Islam e la religione tradizionale. E, per grazia di Dio, essa accoglie ogni anno a Pasqua centinaia di nuovi figli.
Da questo Sinodo essa attende d’essere aiutata a promuovere in tutto il corpo della Chiesa il “culto eucaristico”: rispetto dei luoghi sacri, adorazione e processione del Santissimo Sacramento con i sacerdoti, le persone di vita consacrata e i fedeli.
Effettivamente, la popolazione in mezzo alla quale vive la Chiesa è profondamente religiosa e accoglie con rispetto tutto ciò che riguarda la religione. Per questo il cristiano ha la possibilità di assentarsi dal suo posto di lavoro per partecipare alle celebrazioni liturgiche dei giorni di precetto, anche quando per legge non sono giorni festivi. Durante i periodi di siccità e di calamità, le autorità amministrative ci rivolgono loro richieste di preghiera per aiutare il paese a superare la situazione.
La serietà e l’impegno dei cristiani nella società ha dato alla Chiesa il posto che le spetta. Una testimonianza che ispira fiducia, trova la sua sorgente e la sua forza nella buona formazione delle persone e soprattutto dall’unità di tutti intorno a Cristo, unità che aumenta ogni giorno di più grazie all‘Eucaristia. Il nostro augurio più profondo è quello di promuovere o almeno di preservare in seno a questa Chiesa il culto eucaristico: a livello sia del clero, sia delle persone consacrate e a quello dei laici.
Occorre anche insistere sulla formazione a tutti i livelli: la catechesi ordinaria e l’iniziazione cristiana degli adulti; ma non insisteremo mai abbastanza su quello che crediamo essenziale. E’ di grande importanza la formazione dei bambini nell’età della prima comunione, e per i sacerdoti bisogna intensificare ulteriormente la formazione liturgica nei seminari, affinché una volta in parrocchia, il ministro del culto sia veramente rispettoso verso il culto che sta celebrando.

[00216-01.04] [IN180] [Testo originale: francese]

♦ SECONDA CONFERENZA STAMPA

Si informano i giornalisti accreditati che giovedì 13 ottobre 2005, alle ore 12.45, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, avrà luogo la seconda Conferenza Stampa sui lavori dell’XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (Relatio post disceptationem.)

Interverranno:

● Em.mo Card. Francis Arinze
Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
Presidente-Delegato
● Em.mo Card. Juan Sandoval Íñiguez
Arcivescovo di Guadalajara (Messico)
Presidente-Delegato
● Em.mo Card. Telesphore Placidus Toppo
Arcivescovo di Ranchi (India)
Presidente-Delegato
● S.E. Mons. John Patrick Foley
Arcivescovo tit. di Neapoli di Proconsolare
Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali
Presidente della Commissione per l’Informazione
● S.E. Mons. Sofron Stefan Mudry, O.S.B.M.
Vescovo emerito di Ivano-Frankivsk (Ucraina)
Vice-Presidente della Commissione per l’Informazione

 
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