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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
7-28 OTTOBRE 2012

La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

04 - 08.10.2012

SOMMARIO

- SOLENNE APERTURA DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI
- PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 8 OTTOBRE 2012, ANTEMERIDIANO)
- ESPOSIZIONE IN OCCASIONE DELL’ASSEMBLEA SINODALE
- ERRATA CORRIGE

SOLENNE APERTURA DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

"Favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale": così ieri mattina, in una Piazza San Pietro movimentata dallo sventolio di bandiere di ogni parte del mondo, Papa Benedetto XVI ha definito lo scopo della nuova evangelizzazione, nella solenne Concelebrazione Eucaristica di apertura della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dedicata alla nuova evangelizzazione, ovvero "l'orientamento programmatico per la vita della Chiesa, delle famiglie, delle comunità", come ha detto nella sua omelia. Oltre 400 i concelebranti che, assieme al Papa, hanno ribadito che "la Chiesa esiste per evangelizzare": "L'evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio; e il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione". La nuova evangelizzazione, ha spiegato il Santo Padre, guarda principalmente a quei battezzati che si sono allontanati dalla Chiesa e "vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana". Prendendo poi spunto dal Vangelo della XXVII Domenica del Tempo Ordinario, Benedetto XVI ha richiamato l'importanza del matrimonio tra uomo e donna, oggi profondamente in crisi, e della santità, protagonista dell' evangelizzazione. "Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico", ha continuato il Papa, bensì come "unione d'amore fedele e indissolubile", una "realtà già nota ma forse non pienamente valorizzata", che "costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi", soprattutto per quello "scristianizzato". Il pensiero di Benedetto XVI è andato, quindi, ai due nuovi Dottori della Chiesa: san Giovanni d' Avila, spagnolo del XVI secolo, "uomo di Dio che univa la preghiera costante all'azione apostolica", e santa Ildegarda di Bingen, tedesca del XII secolo, "donna di vivace intelligenza", capace di "discernere i segni dei tempi". Questi e tutti i Santi, ha detto il Papa, sono "i veri protagonisti dell' evangelizzazione" ed anche "i pionieri ed i trascinatori della nuova evangelizzazione". Infine, Benedetto XVI ha ricordato il suo predecessore, il Beato Papa Giovanni Paolo II, "il cui lungo Pontificato è stato anche esempio di nuova evangelizzazione". All' Angelus Domini, nei saluti nelle diverse lingue, infine, il Santo Padre ha chiesto il "sostegno orante per i lavori sinodali", affinché "ogni cristiano sia rinnovato nella sua responsabilità di fare conoscere il Salvatore ed il suo messaggio di amore e di pace".

[00017-01.05] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 8 OTTOBRE 2012, ANTEMERIDIANO)

- MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE
- SALUTO DEL PRESIDENTE DELEGATO, S. EM. R. CARD. JOHN TONG HON, VESCOVO DI HONG KONG (CINA)
- RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, S.E.R. MONS. NIKOLA ETEROVIĆ, ARCIVESCOVO TITOLARE DI CIBALE (CITTÀ DEL VATICANO)
- RELATIO ANTE DISCEPTATIONEM DEL RELATORE GENERALE, S. EM. R. CARD. DONALD WILLIAM WUERL, ARCIVESCOVO DI WASHINGTON (USA)

Questa mattina, lunedì 8 ottobre 2012 alle ore 09.10, alla presenza del Santo Padre, nell’Aula del Sinodo in Vaticano, hanno avuto inizio i lavori della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».

Presidente Delegato di turno S. Em. R. Card. John TONG HON, Vescovo di Hong Kong (CINA).

La Prima Congregazione Generale si è aperta con il canto dell’Ora Terza.

Pubblichiamo qui di seguito una sintesi della Meditazione del Santo Padre durante l’Ora terza.

MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE

Le colonne delIa Nuova Evangelizzazione sono la Confessio e la Caritas, partendo dall'Evangelium, in un percorso che porti a far emergere il fuoco buono dell' annuncio da offrire agli altri. Lo ha spiegato il Papa nella riflessione durante l'Ora Terza di questa mattina, argomentando che solo Dio è la fonte di questo cammino, che poi implica un coinvolgimento umano. Partendo dall'Evangelium, appunto, e ritornando alla preghiera, sulla quale è fondata la cooperazione con Dio.
Perche Dio si mostra nella figura di Gesù, che è il Verbo, con un contenuto che chiede solo di penetrare dentro di noi. Alla confessione cristiana, ha detto il Santo Padre, appartiene anche la disponibilità a soffrire: la Confessio porta in sé il concetto del martirologio, nel senso che esprime la volontà della testimonianza sino al sacrificio della vita. Ed è questo che garantisce la nostra credibilità. La Confessio deve stare nel cuore e nella bocca. Essa deve necessariamente divenire pubblica, perchè la fede che si porta dentro deve essere comunicata agli altri, confessata, con il coraggio che deriva dall'intelligenza.
Perchè Dio, ha affermato il Papa, non è solo un'essenza spirituale. Entra nella vita e nei sensi dell'uomo. Così nella Confessio è necessaria la forza dei nostri sensi, che si fanno compenetrare nella sinfonia di Dio.
Tutto questo presuppone la Caritas, che è l'amore che si fa ardore. É la fiamma, secondo il Papa, che accende gli altri e che diventa fuoco della carità.
Perchè il Cristiano non deve essere tiepido: è il più grande pericolo. Riprendendo la Scrittura e i Padri della Chiesa, il Papa ha spiegato che il Fuoco, lo Spirito, è luce, colore, forza. Quello di Dio è potenza di trasformazione. Così il vigore crea il moto della Carità, che diventa fondamentale per l'Evangelizzazione.
D'altronde già nella parola Evangelium c'e il senso dell'annuncio di una vittoria, di bene e di gioia, che nel contesto dell'Evangelizzazione devono diventare giustizia, pace e salvezza. Mutuando il significato della parola dalla cultura romana antica, il Santo Padre ha spiegato come l'Evangelium sia in se messaggio di potenza, di rinnovamento e di salute. Parola valida ancora oggi, quando molti uomini si chiedono se dietro alle nuvole della storia ci sia un Dio, se si tratti di ipotesi o realtà.
Per il Cristiano, ha affermato il Papa, Dio c'è e semplicemente questa esistenza è fonte di salvezza; ma c'è di più, perchè Dio ci ama, ha parlato e ha mostrato se stesso.
Questa, per il Santo Padre, è ancora la base dell'annuncio, è ancora il messaggio che la Chiesa deve offrire. Non dimenticando mai la preghiera, perchè se Dio non agisce, ha aggiunto il Papa, le cose degli uomini sono insufficienti. Solo Dio, insomma, può cominciare un percorso di rinnovamento; agli uomini spetta il compito di cooperare con disponibilità, mettendosi in gioco con tutto il loro essere, rendendo così visibile la presenza di Dio.

[00022-01.05] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

Pubblicheremo appena possibile il testo integrale della riflessione del Papa.

Dopo la preghiera sono intervenuti: S. Em. R. Card. John TONG HON, Vescovo di Hong Kong (CINA), per il Saluto del Presidente Delegato; S. E. R. Mons. Nikola ETEROVIĆ, Arcivescovo titolare di Cibale (CITTÀ DEL VATICANO), per la Relazione del Segretario Generale.

Dopo l’intervallo è intervenuto S. Em. R. Card. Donald William WUERL, Arcivescovo di Washington (USA), per la Relatio ante disceptationem del Relatore Generale.

La Congregazione Generale si è conclusa alle ore 12.00 con la Recita dell’Angelus Domini guidata dal Santo Padre.

Erano presenti 256 Padri Sinodali.

La Seconda Congregazione Generale avrà luogo nel pomeriggio di oggi, 8 ottobre 2012, alle ore 16.30. Saranno presentate le Relazioni sui continenti ed avrà inizio la discussione generale.

Pubblichiamo qui di seguito i testi integrali degli interventi, pronunciati in Aula.

SALUTO DEL PRESIDENTE DELEGATO, S. EM. R. CARD. JOHN TONG HON, VESCOVO DI HONG KONG (CINA)

Caro Santo Padre,
a nome dei Padri Sinodali e dei partecipanti, vorrei rivolgerLe i nostri sentiti saluti e i sensi della nostra profonda gratitudine per averci invitati a questa Assemblea del Sinodo dei Vescovi. La Nuova Evangelizzazione per la Trasmissione della Fede Cristiana rappresenta un tema veramente impellente, in quanto molte persone nel mondo ancora non conoscono Nostro Signore Gesù Cristo, e molti tra i battezzati si sono allontanati dalla pratica della fede.
Cinquanta anni fa il Concilio Vaticano Secondo ci ha incoraggiati a gettare le reti (Lc 5, 4). Oggi, allo stesso modo, dobbiamo prendere la prima comunità cristiana (At 2, 42-47) come nostro modello di evangelizzazione. I membri di quella comunità possedevano tre qualità che possiamo descrivere con tre parole greche: didaché, koinonia e diakonia. Didaché significa dottrina, che non è solamente una teoria, ma piuttosto un incontro personale con Gesù Cristo incarnato, crocifisso e risorto. Koinonia significa comunione a vari livelli: anzitutto con Dio, poi con tutti i membri della Chiesa, quindi con gli uomini di tutto il mondo, in particolare con i poveri. Diakonia significa servizio, poiché Gesù ci ha insegnato a non essere serviti ma a servire, fino al dono totale di sé, che porta alla croce (cfr Mt 20, 28). Queste tre qualità sono già state illustrate a Hong Kong, a Macao e nella Cina continentale.
A Hong Kong, prima dell’annessione della città alla Cina nel 1997, molte famiglie hanno affrontato la crisi dovuta al timore di vivere sotto il regime comunista. Il termine “crisi” in lingua cinese è definito da due caratteri: “pericolo” e “opportunità”. Per questo motivo, di fronte alla crisi dell’incertezza, perfino i cattolici non praticanti sono tornati in seno alla Chiesa per avere un sostegno spirituale. E molti fedeli hanno partecipato alla catechesi, a corsi biblici e teologici per approfondire la propria fede e diventare evangelizzatori. Oggi la nostra diocesi ha oltre un migliaio di catechisti volontari ben formati. Quest’anno oltre tremila adulti hanno ricevuto il battesimo la vigilia di Pasqua.
Macao, la diocesi confinante con la nostra, ha assunto gli stessi impegni e ha visto incrementare il numero dei battesimi negli ultimi anni.
Nella Cina settentrionale, un parroco di campagna ha condiviso con me la sua esperienza di evangelizzazione. Dopo aver molto pregato, ha deciso di dividere i parrocchiani in due gruppi con compiti diversi. Ha chiesto ai neobattezzati di invogliare i propri amici e parenti non cattolici a studiare la catechesi, e ai cattolici di lunga insegnare il catechismo ai catecumeni. Mentre insegnavano, il sacerdote pregava con fervore in chiesa. Così, la parrocchia ha registrato più di mille battesimi all’anno.
Delle tre caratteristiche (didaché, koinonia e diakonia), che troviamo esemplificate nella Chiesa primitiva e che si rispecchiano nelle testimonianze di cui abbiamo parlato qui, la didaché mi sembra la più importante, perché Dio opera attraverso di noi come suoi testimoni. Oggi, quando ci confrontiamo con la cultura materialistica del mondo e col problema dell’allontanamento di molti cattolici dalla Chiesa, dobbiamo essere testimoni zelanti della nostra fede. Dobbiamo inoltre rivolgere un’attenta considerazione ai giovani, come spesso ci ricorda il Santo Padre: “Che i giovani diventino evangelizzatori di giovani”. Il piano salvifico di Dio è sorprendente. Sono certo che, con fede, speranza e amore, la nostra missione evangelizzatrice avrà successo.
Caro Santo Padre, Padri sinodali e partecipanti, grazie per la vostra cortese attenzione. Attendo con ansia di ascoltare le vostre testimonianze.

[00007-01.06] [NNNNN] [Testo originale: inglese]

RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, S.E.R. MONS. NIKOLA ETEROVIĆ, VESCOVO TITOLARE DI CIBALE (CITTÀ DEL VATICANO)

Introduzione

Beatissimo Padre,
Eminentissimi ed Eccellentissimi Padri sinodali,
cari fratelli e sorelle,

“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20). Le parole di Gesù risorto con le quali si chiude il Vangelo secondo Matteo, aprono il tempo della missione della Chiesa. Dopo la venuta dello Spirito Santo, che guida a tutta la verità (cfr Gv 16, 13), i discepoli abbandonano il Cenacolo, ove erano “perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù” (At 1, 14), per annunciare, “dappertutto” (Mc 16, 20) e in tutte le lingue, il Vangelo di Gesù Cristo. Il comando del Signore risorto vale anche per noi, riuniti nella XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi per riflettere sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Si tratta della stessa Buona Notizia – “che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici” (1 Cor 15, 3-5) – annunciata dagli apostoli e la cui custodia è stata affidata alla Chiesa. Il Vangelo rimane lo stesso, ma cambiano le situazioni umane, religiose, culturali e sociali nelle quali tale Parola di salvezza deve essere vissuta e trasmessa agli altri. La condizione indispensabile per tale urgente opera missionaria è la fede, misura del dinamismo apostolico. Coscienti che il Signore potrebbe rimproverare anche noi di essere uomini di poca fede (Ïλιγόπιστoι) (cfr Mt 8, 26), preghiamolo come gli apostoli: “Accresci in noi la fede!” (πρόσθες ºμĩν πίστιν) (Lc 17, 5). La preghiera si farà intensa nel corso dell’Assise sinodale e, in particolare, in occasione di quattro celebrazioni eucaristiche presiedute dal Santo Padre Benedetto XVI. Oltre a quella d’inizio dell’Assise sinodale, celebrata ieri, egli presiederà la Santa Messa di canonizzazione di sette beati domenica 21 ottobre e l’Eucaristia della conclusione dell’Assemblea sinodale domenica 28 ottobre. Un particolare significato avrà la celebrazione dell’11 ottobre, quando il Vescovo di Roma presiederà la solenne concelebrazione eucaristica per l’apertura dell’Anno della fede. Non c’è dubbio che tale evento avrà un influsso assai positivo sui lavori sinodali, considerando anche il fatto che la fede e la sua trasmissione fanno parte del tema sinodale che sarà approfondito nel contesto della nuova evangelizzazione. A nome di tutti i Padri sinodali e di tutti i partecipanti all’Assemblea sinodale, ringrazio di cuore Vostra Santità per aver voluto indire l’Anno della fede in commemorazione del 50° anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II e del 20° della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Affidandoci alla grazia dello Spirito Santo che il Signore risorto, presente in mezzo a noi, dà “senza misura” (Gv 3, 34), abbiamo la ferma fiducia che l’Anno della fede apporterà abbondanti doni spirituali alla santa Chiesa di Dio, nostra madre.
Beatissimo Padre, desidero poi ringraziarLa, anche e soprattutto, per aver convocato la presente Assemblea sinodale, quinta nel corso degli 8 anni del suo Pontificato. Un numero così alto è assai significativo in quanto esprime la sua stima nei riguardi del Sinodo dei Vescovi, espressione privilegiata della comunione tra i Vescovi, membri del collegio episcopale, e dell’unità con Lei, capo di tale collegio. Infatti, sotto la sua saggia guida hanno avuto luogo già due Assemblee Generali Ordinarie, sull’Eucaristia e sulla Parola di Dio, rispettivamente nel 2005 e nel 2008, come pure 2 Assemblee Speciali per l’Africa nel 2009 e per il Medio Oriente nel 2010.
Sono lieto di salutare voi 262 Padri sinodali che siete pervenuti da tutti i cinque continenti: 50 dall’Africa, 63 dall’America, 39 dall’Asia, 103 dall’Europa e 7 dall’Oceania, in rappresentanza dei 13 Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, delle 114 Conferenze Episcopali e dell’Unione dei Superiori Generali. Saluto cordialmente anche voi Capi dei Dicasteri della Curia Romana, collaboratori più prossimi di Sua Santità Benedetto XVI, 264° successore di san Pietro nella sede di Roma. La maggioranza dei Padri sinodali che prendono parte all’Assemblea Generale Ordinaria, 182, di cui 172 sono stati eletti dalle Conferenze Episcopali e 10 dall’Unione dei Superiori Generali; 3 sono stati designati dalle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris; 37 partecipano ex officio, 40 sono stati nominati dal Santo Padre. Tra essi vi sono 6 Patriarchi, 49 Cardinali, 3 Arcivescovi Maggiori, di cui uno è Cardinale, 71 Arcivescovi, 120 Vescovi e 14 sacerdoti. Per quanto riguarda l’ufficio che svolgono, 10 sono Capi delle Chiese Orientali sui iuris, 32 Presidenti delle Conferenze Episcopali, 26 Capi dei Dicasteri della Curia Romana, 211 Ordinari e 11 Ausiliari.
Un particolare saluto rivolgo ai Delegati fraterni, rappresentanti di Chiese e comunità ecclesiali, che con i cattolici condividono la sollecitudine per l’evangelizzazione dei fratelli e sorelle nel mondo attuale.
Nel corso dell’Assise sinodale avremo modo si salutare 3 Invitati speciali che, accogliendo l’invito del Santo Padre Benedetto XVI, prenderanno parte ai lavori sinodali.
Sono lieto di salutare, inoltre, 45 Esperti e 49 Uditori, uomini e donne, che sono stati scelti tra tanti specialisti e persone impegnate nell’evangelizzazione e nella promozione umana, nella consapevolezza che le loro testimonianze personali e delle rispettive comunità arricchiranno notevolmente i lavori sinodali.
Estendo il mio cordiale saluto agli Addetti Stampa, agli Assistenti, ai Traduttori, al personale tecnico e, in particolare, ai Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, grato per il loro generoso e valido contributo nella preparazione dell’Assemblea sinodale.
La presentazione si divide in 4 parti:

I) Attività tra la XII e la XIII Assemblea Generale Ordinaria
II) Preparazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria
III) Attività della Segreteria Generale
IV) Conclusione.

I) Attività tra la XII e la XIII Assemblea Generale Ordinaria
La XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi ha avuto luogo dal 5 al 26 ottobre 2008 sul tema La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Al termine di tale Assise sinodale è stato formato il XII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, composto da 15 membri. In conformità all’Ordo Synodi Episcoporum, i Padri sinodali ne hanno eletti 12 e il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato altri 3 Vescovi per completare il numero previsto. Il XII Consiglio Ordinario aveva due compiti principali: portare a termine le conclusioni della XII Assemblea sinodale sulla Parola di Dio e preparare la successiva XIII Assemblea Generale Ordinaria.
Per poter adempiere tale impegno, il Consiglio Ordinario si è riunito a Roma 7 volte. La prima riunione ha avuto luogo il 25 ottobre 2008, mentre l’Assemblea Sinodale volgeva al termine, ed ha permesso ai Membri del Consiglio di conoscersi meglio e di stabilire il calendario della successiva attività. Nel corso dell’anno 2009 il Consiglio Ordinario si è riunito 3 volte, rispettivamente dal 20 al 21 gennaio; dal 3 al 4 giugno e dal 24 al 25 settembre. Il Consiglio Ordinario ha tenuto una riunione nel 2010, dall’8 al 9 giugno, una nel 2011, dal 22 al 23 novembre, e una nel 2012, il 16 febbraio. D’accordo con i membri del Consiglio Ordinario, la Segreteria Generale, ha favorito lo scambio di informazioni e documentazione per via elettronica, volendo ridurre al massimo i disagi causati dai frequenti viaggi dei Vescovi dalle loro Diocesi a Roma, sede della Segreteria Generale.
Le prime due riunioni del XII Consiglio Ordinario hanno avuto per scopo principale la riflessione sulla ricca documentazione del Sinodo sulla Parola di Dio. I Membri del Consiglio Ordinario si sono concentrati, in modo particolare, sull’esame delle 55 Proposizioni che i Padri sinodali avevano approvato a grande maggioranza, con oltre i due terzi dei voti.La prima Proposizione sottoponeva alla benevola considerazione del Santo Padre Benedetto XVI la richiesta di voler valutare “l’opportunità di offrire un documento sul mistero della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, anche alla luce dell’Anno dedicato a San Paolo, Apostolo delle genti, nel bimillenario della sua nascita”.
Il Sommo Pontefice ha generosamente accolto la supplica dei Padri sinodali. Come di consueto, nell’elaborazione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale il Santo Padre è stato assistito dal XII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, coadiuvato da alcuni validi esperti. Nella riunione del gennaio 2009 è stato pertanto concordato uno schema del Documento con abbondanti e puntuali indicazioni. Nell’incontro del mese di giugno, poi, è stata esaminata la prima bozza dell’Esortazione Apostolica. Sono state fatte numerose osservazioni per raccogliere tutta la ricchezza della riflessione della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, alla luce del Magistero della Chiesa, in particolare, del Concilio Ecumenico Vaticano II, dei Padri della Chiesa e degli insegnamenti del Santo Padre Benedetto XVI. Dopo aver incluso tutte le osservazioni, il testo è stato sottomesso ancora una volta al giudizio dei membri del Consiglio Ordinario, per via elettronica, e debitamente integrato. In data 7 luglio 2009, il Segretario Generale lo ha inoltrato al Sommo Pontefice che vi ha impresso il carisma proprio del Pastore universale della Chiesa, apportando il suo notevole contributo. Accogliendo la proposta del Consiglio Ordinario, nel corso dell’udienza concessa al Segretario Generale il 13 giugno 2009, il Santo Padre ha scelto il titolo, assai significativo, dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini. Il Vescovo di Roma ha firmato tale Documento il 30 settembre 2010, Memoria di San Girolamo, grande innamorato della Sacra Scrittura. La Verbum Domini è stata pubblicata l’11 novembre 2010. Lo stesso giorno è stata presentata nella Sala Stampa della Santa Sede dall’Em.mo Card. Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che fu Relatore Generale della XII Assemblea Generale Ordinaria; da Sua Eminenza il Card. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, che fu Presidente della Commissione del Messaggio dell’Assise sinodale; come pure dall’Ecc.mo Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, e dal Rev.mo Mons. Fortunato Frezza, Sotto-Segretario della medesima Segreteria Generale. L’Esortazione Apostolica Postsinodale è stata pubblicata in 8 lingue. In seguito, sono state curate le traduzioni in varie altre lingue.
In data 30 maggio 2009, l’Ecc.mo Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi ha inviato la Relatio circa labores peractos della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi ai Capi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, ai Capi dei Dicasteri della Curia Romana e al Presidente dell’Unione dei Superiori Generali. Nel Documento è stata presentata una sintesi della preparazione e dello svolgimento dei lavori sinodali. Tra l’altro sono stati indicati i seguenti dati statistici. All’Assise sinodale del 2008 hanno partecipato 253 Padri sinodali, di cui 183 sono stati eletti, 38 ex officio e 32 di nomina Pontificia. Quanto ai continenti, i Padri sinodali provenivano 51 dall’Africa, 62 dall’America, 41 dall’Asia, 90 dall’Europa e 9 dall’Oceania. Hanno avuto luogo 23 Congregazioni Generali e 8 Sessioni dei Circoli minori. I Padri sinodali hanno approvato per acclamazione il testo del Nuntius al Popolo di Dio e, a grande maggioranza, le 55 Proposizioni.

II) Preparazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria
Anche la scelta del tema della XIII Assemblea Generale Ordinaria mostra la natura collegiale del Sinodo dei Vescovi. Infatti, essa è stata il risultato di una duplice consultazione. Prima della conclusione della XII Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, i Padri sinodali sono stati invitati a segnalare gli argomenti che a loro parere avrebbero potuto essere presi in esame durante la XIII Assise sinodale. Le risposte sono state abbastanza numerose e i temi indicati diversi, anche se si evidenziava un numero significativo di segnalazioni concernenti la trasmissione della fede.All’inizio dell’anno 2009, in seguito all’Udienza Pontificia del 9 gennaio, l’Ecc.mo Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha scritto ai Capi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, ai Presidenti della Conferenze Episcopali, ai Capi dei Dicasteri della Curia Romana e al Presidente dell’Unione dei Superiori Generali, chiedendo di indicare una terna di temi che, secondo il loro parere, sarebbero potuti diventare oggetto di approfondimento sinodale. Secondo le norme sinodali, i temi proposti avrebbero dovuto rispecchiare tre condizioni: 1) essere d’interesse per la Chiesa universale; 2) rispondere ad una viva attualità pastorale; 3) tener conto di fattibilità del loro approfondimento in seno al Sinodo dei Vescovi. Le risposte dovevano pervenire entro il 1° giugno 2009 per poter essere esaminate immediatamente dal Consiglio Ordinario della Segreteria Generale nella riunione del 3 e 4 giugno.
Nel corso di tale riunione, il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha esaminato le numerose proposte pervenute dai menzionati enti, con i quali la Segreteria Generale mantiene rapporti ufficiali. Dopo un’approfondita riflessione, è stata formulata una terna di temi che l’Ecc.mo Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale, ha sottoposto alla benevola considerazione del Santo Padre Benedetto XVI, Presidente del Sinodo dei Vescovi. Nell’Udienza concessagli il 13 giugno 2009, il Sommo Pontefice ha espresso la preferenza per la prima proposta della terna, segnalata con più frequenza dagli episcopati, e cioè La trasmissione della fede per l’educazione e l’iniziazione cristiana. Altre due proposte, meno segnalate dagli episcopati, riguardavano la parrocchia come comunità delle comunità e le sfide antropologiche del nostro tempo. Al contempo, il Santo Padre ha accolto la previsione che la XIII Assise sinodale avesse luogo nel mese di ottobre (2 -23) del 2011. Entrambi i dati sono stati in seguito modificati per le seguenti ragioni.
Per quanto attiene al tema, nell’Udienza concessa al Segretario Generale il 7 settembre 2009, Sua Santità Benedetto XVI ha fatto presente che stava riflettendo circa l’istituzione di un Consiglio per la nuova evangelizzazione e che, per un maggiore coordinamento della riflessione, sarebbe stato opportuno collegare il tema della trasmissione della fede a quello della nuova evangelizzazione. Ad ogni modo, ha incoraggiato la riflessione dei membri del Consiglio Ordinario, che dovevano riunirsi nei giorni 24 e 25 settembre 2009 a continuare a lavorare sul testo dei Lineamenta della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Non ho mancato di informarne debitamente i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi i quali hanno accolto le indicazioni del Santo Padre e, dopo una profonda riflessione, hanno riformulato la proposta dell’argomento sinodale: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Nell’Udienza concessa al Segretario Generale il 3 luglio 2010, il Sommo Pontefice ha approvato il menzionato tema dell’Assise sinodale. Come è noto, poi, con Lettera Apostolica in forma di Motu proprio Ubicumque et semper del 21 settembre 2010, il Sommo Pontefice ha eretto il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Per quanto attiene alla data, accogliendo la richiesta dei Vescovi del Medio Oriente, il Santo Padre Benedetto XVI, dopo essersi consultato con i suoi più stretti collaboratori, il 19 settembre 2009, nel corso dell’incontro con i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, ha annunciato la convocazione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Tale Assise sinodale ha avuto luogo nell’ottobre del 2010 e ha causato il rinvio di un anno della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Lo stesso Santo Padre Benedetto XVI ha voluto annunciare il tema della XIII Assemblea Generale Ordinaria il 24 ottobre 2010 nel corso della solenne concelebrazione eucaristia nella Basilica di San Pietro, alla conclusione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, indicando pure che essa avrebbe avuto luogo nel mese di ottobre del 2012.
Pertanto, il tema della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi rappresenta il risultato di un’ampia consultazione dell’episcopato mondiale e della sollecitudine pastorale del Santo Padre, Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa. Egli ha voluto inserire la riflessione sulla trasmissione della fede cristiana nel contesto della nuova evangelizzazione, sottolineandone la complementarità: la nuova evangelizzazione ha per finalità la trasmissione della fede cristiana; tale trasmissione, poi, si svolge in un ambiente religioso, culturale e sociale che richiede una nuova evangelizzazione, “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni”(Giovanni Paolo II, Discorso alla XIX Assemblea del CELAM (Port au Prince, Haiti, 9 marzo 1983), 3; AAS 75 I (1983) 778.).
Preparazione dei Lineamenta
La preparazione alla XIII Assemblea Generale Ordinaria è incominciata dopo che il Santo Padre Benedetto XVI ha stabilito l’argomento della riflessione sinodale, assai prima della pubblicazione ufficiale del tema definitivo. Il XII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale si è riunito due volte per studiare il testo dei Lineamenta. Nella riunione del 24 e 25 settembre 2009, i Membri del Consiglio Ordinario, con l’aiuto di alcuni esperti, hanno concordato lo schema dei Lineamenta tenendo presente le osservazioni dei Vescovi nelle loro segnalazioni dei possibili argomenti sinodali e le situazioni pastorali e sociali in cui le Chiese particolari vivono e operano nel mondo contemporaneo. Essi si sono pure riferiti con frequenza all’insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II e dei successivi pronunciamenti del Magistero della Chiesa e, in particolare, del Santo Padre Benedetto XVI.
Nella riunione dall’8 al 9 giugno 2010, i Membri del Consiglio Ordinario hanno esaminato le bozze dei Lineamenta che trattavano l’argomento della nuova evangelizzazione e della trasmissione della fede, anche se il tema definitivo non era ancora stato pubblicato. Dopo una profonda riflessione, sono state apportate varie modifiche allo scopo di perfezionare il testo. Allo stesso tempo, è stato segnalato qualche aspetto che aveva bisogno di un ulteriore approfondimento. La Segreteria Generale, con il concorso di alcuni esperti, ha cercato di incorporare tutte le osservazioni. Una volta pubblicato il tema dell’Assise sinodale, la Segreteria Generale ha inviato il progetto dei Lineamenta per via elettronica ai singoli Membri per l’approvazione o, eventualmente, per apportare ulteriori miglioramenti. Le osservazioni, in realtà poche, sono state incorporate al testo, che è stato quindi tradotto in varie lingue.
Terminato il processo di traduzione, la Segreteria Generale ha curato la pubblicazione dei Lineamenta della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che portano la data del 2 febbraio 2011, Festa della Presentazione del Signore. Il Documento è stato presentato nella Sala Stampa della Santa Sede il 4 marzo 2011 dall’Ecc.mo Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale, e dal Rev.mo Mons. Fortunato Frezza, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi. I Lineamenta sono stati inoltrati agli organismi con i quali la Segreteria Generale mantiene comunicazione ufficiale. Inoltre, essi sono stati ampiamente diffusi soprattutto dai mezzi di comunicazione della Santa Sede e della Chiesa Cattolica. Sul sito internet della Santa Sede riservato al Sinodo dei Vescovi è stato inserito il testo dei Lineamenta in 8 lingue: latino, francese, inglese, italiano, polacco, portoghese, spagnolo, tedesco, ossia le traduzioni curate dalla Segreteria Generale. Come di consueto, i Lineamenta contenevano una serie di domande, in tutto 72, per facilitare la riflessione e l’approfondimento degli argomenti. Nella Prefazione il Segretario Generale pregava gli Organismi interessati di rispondere entro il 1° novembre 2011, Solennità di Tutti i Santi, per poter elaborare in tempo l’Instrumentum laboris della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.
Redazione dell’Instrumentum laborisLa Segreteria Generale ha ricevuto numerose risposte, in genere assai ben elaborate, che mostrano il grande interesse per il tema dell’Assise sinodale. Inoltre, le risposte danno conto di tante attività pastorali che si stanno già svolgendo in molte Chiese particolari. Al contempo, sottolineano la necessità di uno nuovo zelo apostolico per dinamizzare ulteriormente il processo di evangelizzazione, aprendosi maggiormente alla grazia dello Spirito Santo che suggerisce anche vie nuove nell’annuncio della Buona Notizia ai vicini e ai lontani, soprattutto alle persone battezzate ma che si sono allontanate dalla Chiesa.
La percentuale delle risposte istituzionali corrisponde al 90,5 %. Essa è distribuita nel modo seguente:
– Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris: 84,6 % (su 13 Chiese hanno risposto 11) (Non hanno risposto le seguenti Chiese sui iuris: Arcivescovato Maggiore dei Siro-Malankaresi e Chiesa Metropolitana Rutena);
– Conferenze Episcopali: 81,5 % (su 114 Conferenze Episcopali hanno risposto 93);
– Dicasteri della Curia Romana: 96,1 % (su 26 Dicasteri hanno risposto 25) (Manca la risposta dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.);
– Unione dei Superiori Generali: 100 %.
Per quanto concerne le Conferenze Episcopali, può essere interessante indicare in ordine alfabetico la percentuale delle risposte secondo i singoli continenti:
– Africa: 66,6 % (su 36 Conferenze Episcopali hanno risposto 24) (Le seguenti 12 Conferenze Episcopali non hanno risposto: Camerun, Ciad, Repubblica del Congo, Gabon, Gambia e Sierra Leone, Guinea, Guinea Equatoriale, Namibia, Nigeria, Oceano Indiano, Repubblica Centroafricana, Uganda);
– America: 95,8% (di 24 Conferenze Episcopali hanno risposto 23) (Non ha fatto pervenire la risposta la Conferenza Episcopale di Haiti.);
– Asia: 88,8 % (su 18 Conferenze Episcopali hanno risposto 16) (Non hanno risposto le Conferenze Episcopali di Sri Lanka e di Timor Orientale.);
– Europa: 81, 25 % (su 32 Conferenze Episcopali hanno risposto 26) (Mancano le risposte delle Conferenze Episcopali dell’Albania, Bulgaria, Grecia, Lituania, Turchia e Ucraina.);
– Oceania: 100 % (su 4 Conferenze Episcopali, hanno risposto 4).
A tali risposte bisogna aggiungere il contributo del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (C.C.E.E.) e dell’Assemblea della Gerarchia Cattolica dell’Egitto. La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha ricevuto validi apporti anche da varie istituzioni ecclesiali, come per esempio, dall’Unione Internazionale delle Superiore Generali (U.I.S.G.). Alcune Università e Centri di Studi Superiori hanno pure fornito i loro contributi. Non sono mancate osservazioni di persone singole interessate all’argomento sinodale. La Segreteria Generale ha preso in considerazione anche i risultati di alcuni Convegni, come pure articoli pubblicati su riviste specializzate e di divulgazione.
Nella riunione dei giorni 22 e 23 novembre 2011, i Membri del XII Consiglio Ordinario, coadiuvati da alcuni esperti, hanno esaminato accuratamente le risposte ai Lineamenta, e hanno concordato lo schema dell’Instrumentum laboris, fornendo abbondanti indicazioni per la redazione del Documento.
Nella riunione del 16 febbraio 2012, il Consiglio Ordinario ha esaminato le bozze dell’Instrumentum laboris. Il lavoro ha dovuto essere concentrato su un giorno solo, perché il giorno successivo 17 febbraio, la maggioranza dei Membri del Consiglio Ordinario ha partecipato al Concistoro convocato dal Santo Padre Benedetto XVI. Per facilitare la discussione, la Segreteria Generale aveva inviato in precedenza il testo del Documento ai Membri del Consiglio. Essi, pertanto, hanno potuto entrare subito nel vivo della discussione, fornendo valide osservazioni per migliorare il testo. I Membri del Consiglio hanno anche preso nota con gratitudine della decisione del Santo Padre Benedetto XVI di indire l’Anno della Fede. Nella redazione dell’Instrumentum laboris, hanno quindi tenuto in grande considerazione la Lettera Apostolica pubblicata in forma di Motu proprio, Porta fidei.
Per ottenere l’approvazione definitiva del Documento, la Segreteria Generale ha inviato nuovamente per via elettronica il testo dell’Instrumentum laboris ai Membri del Consiglio Ordinario. Alcuni Membri hanno fatto delle ulteriori osservazioni, che sono state incorporate per migliorare il testo. La Segreteria Generale ha dunque proceduto alla traduzione del Documento in 8 lingue. L’Instrumentum laboris, che porta la data del 27 maggio 2012, Solennità di Pentecoste, è stato presentato il 19 giugno 2012 nella Sala Stampa della Santa Sede dall’Ecc.mo Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale, e dal Rev.mo Mons. Fortunato Frezza, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi. L’Instrumentum laboris ha avuto un’ampia diffusione, anche tramite internet – nel sito della Santa Sede riservato al Sinodo dei Vescovi – e per mezzo di numerose pubblicazioni. La versione italiana è stata pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana. La diffusione dell’Instrumentum laboris ha permesso a molti di conoscere l’Ordine del giorno dell’Assise sinodale, gli aspetti positivi delle attività delle Chiese particolari, come pure alcuni punti che necessitano una maggiore riflessione e approfondimento. Il Documento sulla nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede, argomenti assai importanti per la vita e la missione della Chiesa, interessa in particolare i Padri sinodali che dovranno fare riferimento ad esso nei loro interventi.
Nomina dei Membri della Presidenza dell’Assise sinodale
In vista della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato, sabato 22 ottobre 2011, Relatore Generale Sua Eminenza il Card. Donald William Wuerl, Arcivescovo di Washington (USA), e Segretario Speciale Sua Eccellenza Mons. Pierre-Marie Carré, Arcivescovo di Montpellier (Francia).
In data del 29 giugno 2012, Sua Santità ha nominato tre Presidenti Delegati: Sua Eminenza il Card. John Tong Hon, Vescovo di Hong Kong (Cina); Sua Eminenza il Card. Francisco Robles Ortega, Arcivescovo di Guadalajara (Messico); e Sua Eminenza il Card. Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo).

III) Attività della Segreteria Generale
La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi dall’ottobre 2008 a oggi ha svolto la sua attività regolare e cioè ha portato a termine le riflessioni della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi e si è dedicata alla preparazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria.
Al contempo, per incarico del Santo Padre Benedetto XVI, la Segreteria Generale ha preparato due Assemblee Speciali del Sinodo dei Vescovi: la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa e l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente. Alla prima, che ha avuto luogo dal 4 al 25 ottobre 2009, hanno partecipato 244 Padri sinodali. I risultati delle riflessioni sinodali sono state raccolte nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Africae munus che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto personalmente consegnare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali dell’Africa, nel corso della Sua Visita Apostolica a Cotonou, Benin, il 20 novembre 2011.
L’Assemblea Speciale per il Medio Oriente, tenutasi dal 10 al 24 ottobre 2010, ha visto radunati attorno al Vescovo di Roma 185 Padri sinodali, tra cui tutti i Vescovi della regione mediorientale. Sua Santità ha desiderato consegnare ai rappresentanti dell’episcopato del Medio Oriente, ai Patriarchi e ai Presidenti delle rispettive Conferenze Episcopali, i risultati dei lavori sinodali esposti nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Medio Oriente durante la Visita Apostolica in Libano il 16 settembre scorso.
Tuttavia, la Segreteria Generale ha svolto anche altre attività sulle quali mi permetto di riferire brevemente.
Consigli SpecialiOltre l’attività del Consiglio Ordinario, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi è stata impegnata anche nelle riunioni dei Consigli Speciali, in particolare per l’Africa e per il Medio Oriente, a motivo della preparazione delle rispettive Assemblee Speciali. Infatti, dalla celebrazione della XII Assemblea Generale Ordinaria, il Consiglio Speciale per l’Africa si è riunito sei volte (27-28 novembre 2008; 23-24 gennaio 2009; 19 marzo 2009; 19-20 gennaio 2010; 27-28 aprile 2010; 19-20 novembre 2011).
Il Consiglio per il Medio Oriente si è riunito nove volte (21-22 settembre 2009; 24-25 novembre 2009; 23-24 aprile 2010; 4-6 giugno 2010; 20-21 gennaio 2011; 30-31 marzo 2011; 17-18 maggio 2011; 6-7 luglio 2011; 14-16 settembre 2012).
Di altri Consigli si è riunito con più frequenza il Consiglio Speciale per l’America, praticamente una volta all’anno: 18-19 novembre 2008; 17-18 novembre 2009; 16-17 novembre 2010; 27-28 ottobre 2011).
Il Consiglio Speciale per l’Asia si è riunito nei giorni 11-12 dicembre 2008 e il Consiglio Speciale per l’Oceania il 9 dicembre 2011.
Aggiornamento del Vademecum
Con riferimento all’Ordo Synodi Episcoporum, approvato dal Santo Padre Benedetto XVI il 29 settembre 2006, e facendo attenzione alla prassi che ha avuto un certo sviluppo nelle ultime Assemblee sinodali, favorendo uno svolgimento sempre più collegiale dei lavori sinodali, mi permetto di segnalare alcune indicazioni pratiche, utili per l’Assemblea sinodale in corso.
Come nelle ultime Assisi sinodali, ogni Padre sinodale avrà a disposizione 5 minuti per il suo intervento. Il testo preparato può essere più lungo e consegnato alla Segreteria Generale. È bene tener presente che sarà pubblicato un breve riassunto, curato da ogni Padre sinodale, secondo le indicazioni del Vademecum.
Per i Delegati fraterni come pure per le Uditrici e gli Uditori sono previsti interventi, ognuno di 4 minuti. Dato l’alto numero di Uditrici e di Uditori è stato stabilito che ognuno possa consegnare il suo auspicato contributo per iscritto alla Segreteria del Sinodo dei Vescovi in modo che possa essere preso in considerazione nella riflessione generale sul tema sinodale. Ad ogni modo, si farà il possibile che anche le Uditrici e gli Uditori possano prendere parola nel seno delle Congregazioni generali sia singolarmente sia, eventualmente, in gruppo.
Dopo la relazione del Relatore Generale, durante la Congregazione pomeridiana odierna interverranno i rappresentanti dell’episcopato dei 5 continenti che cercheranno di dare uno sguardo d’insieme circa il tema della nuova evangelizzazione e della trasmissione della fede cristiana nei rispettivi continenti. Ognuno di essi avrà a disposizione 10 minuti.
Al termine delle Congregazioni generali pomeridiane è prevista la discussione libera dalle ore 18 alle 19. Ogni Padre sinodale potrà intervenire per non oltre 3 minuti, con una sola eventuale replica. Lo stesso vale per altri momenti di discussione in Aula che sono stati previsti e che saranno impiegati per una sempre maggiore partecipazione alle riflessioni sinodali. Sono previste alcune discussioni tematiche. La prima, dell’8 ottobre, dovrebbe vertere sulla relazione del Relatore Generale, Sua Eminenza il Sig. Card. Donald William Wuerl, Arcivescovo di Washington. La seconda, prevista per il 9 ottobre, dovrebbe riferirsi alla recezione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini, in seguito ad una esposizione di circa 30 minuti sul tema, da parte di Sua Eminenza il Sig. Card. Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Simili discussioni tematiche dovrebbero far seguito anche a due altre relazioni: l’intervento di Sua Grazia dott. Rowan Douglas Williams, Arcivescovo di Canterbury e Primate di tutta l’Inghilterra e della Comunione Anglicana, che si rivolgerà all’Assemblea mercoledì 10 ottobre, illustrerà dal punto di vista anglicano la sfida della nuova evangelizzazione e della trasmissione della fede cristiana; nell’intervento del 12 ottobre 2012, il Sig. Werner Arber, Professore di Microbiologia nel Biozentrum dell’Università di Basilea (Svizzera) e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, fornirà alcune riflessioni sul rapporto tra scienza e fede e sarà disposto a rispondere alle domande dei Padri sinodali.
La prima parte dell’Assise sinodale è caratterizzata dagli interventi dei Padri sinodali. Per favorire un certo ordine anche tematico degli interventi, si auspica che ogni Padre sinodale che desidera parlare in Aula si iscriva per tempo presso la Segreteria Generale, segnalando il tema sul quale intende intervenire. Si raccomanda vivamente di indicare il numero o i numeri dell’Instrumentum laboris a cui desidera riferirsi. Si cercherà di dare la priorità a coloro che vorranno parlare sulla prima parte dell’Instrumentum laboris che va dal N. 1 al N. 40. Si tratta dell’Introduzione e del tema Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo. In seguito sarà approfondita la seconda parte dal N. 41 al N. 89, Tempo di nuova evangelizzazione. Seguirà la terza parte dal N. 90 al N. 128, Trasmettere la fede. La quarta parte, dal N. 129 al N. 169 include il quarto capitolo Ravvivare l’azione pastorale e la Conclusione. Si vorrebbe in tale modo favorire una riflessione più ordinata, per argomenti, allo scopo di facilitare l’approfondimento dei temi.
Anche nel corso della presente Assemblea sinodale saranno adoperati gli apparecchi di votazione elettronica. Oltre a guadagnare tempo, essi permettono di conoscere i risultati quasi in tempo reale. Tuttavia, considerando l’importanza delle votazioni delle Proposizioni e la prassi collaudata, tale votazione sarà fatta sia per iscritto sia in modo elettronico. Com’è noto, le Proposizioni possono essere votate, per iscritto, anche dai Padri sinodali impediti a partecipare alla Congregazione generale in cui si svolge la votazione elettronica. Pertanto, i risultati ufficiali saranno quelli calcolati dall’apposita Commissione di scrutinio che verrà formata a suo tempo e che si occuperà dello spoglio delle schede cartacee.
Nel corso dell’Assemblea sinodale avremo la gioia di salutare tre Invitati speciali: fratello Alois, Priore di Taizé (Francia), il Rev. Lamar Vest, Presidente dell’American Bible Society (USA) e – nominato poc’anzi - il Sig. Werner Arber, Professore di Microbiologia nel Biozentrum dell’Università di Basilea (Svizzera) e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, Premio Nobel 1978 per la fisiologia.
Nella solenne celebrazione eucaristica dell’11 ottobre, presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI, è prevista la partecipazione del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I .
Come già ricordato, il 10 ottobre farà un intervento nell’Aula sinodale Sua Grazia dott. Rowan Douglas Williams, Arcivescovo di Canterbury e Primate di tutta l’Inghilterra e della Comunione Anglicana.
Nel Calendario delle attività della XIII Assemblea Generale Ordinaria sono previste varie iniziative per le quali si auspica la partecipazione corale dei Padri sinodali. Al riguardo, saranno fornite successivamente opportune informazioni. Ad ogni modo, tutte sono orientate ad accrescere l’affetto collegiale tra i Vescovi e tra loro e il Vescovo di Roma, capo del collegio episcopale, come pure per rafforzare ulteriormente la comunione in seno al Popolo di Dio, i rappresentanti del quale sono raccolti nell’Assise sinodale. Vi saranno altre iniziative, al margine dell’Assise sinodale, che saranno proposte alla libera scelta dei Padri sinodali.
Pubblicazioni
L’attività della Segreteria Generale è stata arricchita dalle seguenti pubblicazioni. Nell’anno 2011 è stato pubblicato il volume La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa presso la Lateran Unversity Press, a cura dell’Ecc.mo Segretario del Sinodo dei Vescovi. Tale libro raccoglie la ricca documentazione della preparazione e della celebrazione della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. In esso sono riportati tutti i testi dell’Assemblea sinodale, tra cui i riassunti degli interventi dei singoli Padri sinodali e, come coronamento delle riflessioni del Sinodo, l’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini. L’Indice dei nomi di persone permette una consultazione proficua e rapida. Coadiuvato dai suoi collaboratori, l’Ecc.mo Segretario Generale ha anche curato, presso la medesima casa editrice, il volume Il Vescovo servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo, risultato dei lavori della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che ha avuto luogo dal 30 settembre al 27 ottobre 2001. Con tale pubblicazione la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha completato la collana delle Assemblee Generali Ordinarie e Straordinarie, avvicinando l’abbondante documentazione sinodale non solamente ai Pastori e agli studiosi, bensì a tutte le persone interessate.
Grazie al sostegno della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, la Segreteria Generale ha incoraggiato anche la pubblicazione, presso l’Urbaniana University Press, del volume La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, Città del Vaticano 2012, in cui sono raccolti i risultati della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, celebrata a Roma dal 4 al 25 ottobre 2010.

IV) Conclusione
Gesù Cristo, primo e grande evangelizzatore
La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, tema della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, ci orienta verso Gesù Cristo, fonte inesauribile di ogni evangelizzazione. Nell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi il Servo di Dio Papa Paolo VI ha voluto ricapitolare i lavori della III Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (27 settembre - 26 ottobre 1974) sul tema L’evangelizzazione nel mondo moderno, e ha scritto: “Molto spesso nel corso del Sinodo, i Vescovi hanno ricordato questa verità: Gesù medesimo, Vangelo di Dio, è stato assolutamente il primo e il più grande evangelizzatore. Lo è stato fino alla fine: fino alla perfezione e fino al sacrificio della sua vita terrena”(EN 7). Anche noi, riuniti nella XIII Assemblea Generale Ordinaria, in continuità con i nostri predecessori, vorremmo ripartire da Gesù Cristo, “l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine” (Ap 22, 13), nella riflessione sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.
Al riguardo, nelle catacombe di Priscilla abbiamo un dipinto assai ricco di contenuto teologico che rappresenta Gesù Cristo come Buon Pastore. Il Signore porta sulle spalle una pecora che era perduta e che egli, lasciando le altre 99, ha ritrovato. L’immagine descrive in modo plastico la parabola della pecora smarrita (cfr Lc 15, 1-7; Mt 18, 12-14). Gesù Cristo, Buon Pastore, compie ciò che Dio aveva già promesso nell’Antico Testamento: “Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita” (Ez 34, 16). Nell’icona si percepisce in modo particolare la gioia del Pastore nel riportare all’ovile la pecora perduta. Vi si riconoscono le parole dell’evangelista Matteo: “Si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite” (Mt 18, 13).
Intorno al Buon Pastore pascolano tranquillamente due pecore. Sono le pecore fedeli, rimaste sempre con il Signore. Esse conoscono il loro Pastore (cfr Gv 10, 14) che le chiama ciascuna per nome (cfr Gv 10, 3). Ai lati si trovano due alberi verdi, sui cui rami si sono posate due colombe che portano nel becco due ramoscelli di olivo. L’immagine pertanto richiama altri riferimenti biblici circa la crescita del Regno dei cieli che “è simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami” (Lc 13, 19; cfr. Mc 4, 31; Mt 13, 31). Inoltre, i ramoscelli di olivo fanno riferimento all’esperienza di Noè che percepì la fine del diluvio quando una colomba tornò nell’arca portando “nel becco una tenera foglia di ulivo” (Gen 8, 11). Con la sua venuta Gesù Buon Pastore inaugura la salvezza del mondo, apportando per mezzo del sacrificio della croce l’armonia e la pace: Egli è “la nostra pace” (Ef 2, 14).
L’immagine di Gesù Buon Pastore – anche quella delle catacombe di Priscilla – richiama un esempio riuscito di inculturazione del messaggio cristiano nella cultura greco-romana. Ai cittadini dell’impero romano il dipinto ricordava la presentazione di Ermes – il cosiddetto Ermete crioforo –, che porta un ariete sulle spalle e guida il gregge. In tale simbolo si può intravedere l’invito, assai attuale, di presentare il Vangelo di Gesù Cristo, sempre lo stesso, nelle culture degli uomini che, a loro volta, devono essere purificate ed elevate dalla Buona Notizia del Signore Gesù, unico salvatore del mondo (cfr At 4, 12).
Tra le pecore che il Buon Pastore ha portato all’ovile, si distinguono i santi e, in particolare, i grandi evangelizzatori, come Pietro e Paolo, associato con speciale disegno agli altri apostoli. Come nel Cenacolo, un posto particolare occupa la Beata Vergine Maria, madre di Gesù e madre della Chiesa, Stella della nuova evangelizzazione. Giovedì 4 ottobre 2012 a Loreto, il Santo Padre Benedetto XVI ha implorato la sua protezione materna sui lavori sinodali e sull’Anno della fede. Tra la grande schiera di beati e santi che hanno seguito il loro esempio durante la storia della Chiesa, è doveroso ricordare specialmente il beato papa Giovanni Paolo II che si è prodigato nel corso del suo pontificato nel promuovere la nuova evangelizzazione e che dal cielo non mancherà di seguire i nostri lavori. Nel corso della presente Assemblea sinodale il numero dei santi si arricchirà di altri sette che il Vescovo di Roma Benedetto XVI canonizzerà il 21 ottobre prossimo. Alla loro intercessione, come pure a quella dei santi Giovanni D’Avila e di santa Ildegarda di Bingen, nuovi dottori della Chiesa, affidiamo i lavori dell’Assemblea sinodale perché si possa realizzare la parola di Gesù Cristo Buon Pastore: “E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore” (Gv 10, 16). Grazie per l’ascolto.

[00008-01.08] [NNNNN] [Testo originale: latino]

RELATIO ANTE DISCEPTATIONEM DEL RELATORE GENERALE, S. EM. R. CARD. DONALD WILLIAM WUERL, ARCIVESCOVO DI WASHINGTON (USA)

È per me un grande onore servire da Relatore Generale in questo Sinodo e sono grato al nostro Santo Padre per questo privilegio. Stiamo per cominciare i nostri lavori sulla Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana e voglio toccare alcuni punti che spero contribuiranno a focalizzare la nostra discussione e a fornire alcuni temi di riflessione.
Nessuno di noi è arrivato a questo Sinodo senza una precedente preparazione raccolta nel nostro ministero pastorale e alimentata a sua volta anche dal lavoro della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi che ha prodotto per primo i Lineamenta con i suggerimenti e le proposte delle conferenze episcopali, dei sinodi delle chiese cattoliche sui iuris, dei Dicasteri della Curia Romana, dei vescovi senza conferenza episcopale e dell’Unione dei Superiori Generali. Sono arrivate anche osservazioni da singoli vescovi, donne e uomini di vita consacrata e laici, senza dimenticare i movimenti ecclesiali e le organizzazioni. Recentemente siamo i beneficiari dell’Instrumentum laboris, che fornisce una riflessione sviluppata con attenzione alla Nuova Evangelizzazione. L’Instrumentum dà già un quadro di riferimento per gran parte della discussione del Sinodo e ho l’intenzione di evidenziare alcune parti che possono essere sviluppate più profondamente. Durante questa presentazione farò riferimento all’Instrumentum laboris.
Nelle mie osservazioni, voglio includere i seguenti punti:
1) cosa e Chi noi proclamiamo – la Parola di Dio;
2) le recenti risorse per aiutarci nel nostro compito;
3) particolari circostanze del nostro tempo che rendono questo Sinodo necessario;
4) elementi della Nuova Evangelizzazione;5) alcuni principi teologici per la Nuova Evangelizzazione;
6) qualità dei nuovi evangelizzatori e, infine,
7) carismi della Chiesa di oggi che assistono nel compito della Nuova Evangelizzazione.

1) Cosa / Chi noi proclamiamo
La nostra proclamazione è centrata in Gesù, nel suo Vangelo e nella sua via. La vita cristiana è definita dall’incontro con Gesù. Quando Gesù è venuto fra noi, ci ha offerto uno stile di vita tutto nuovo. L’entusiasmo si è diffuso via via che il Figlio di Dio, diventato uno di noi, annunciava la venuta del regno. Oggi egli continua ad offrire l’invito ad essere discepoli e un posto nel regno, così come lo offriva a quelli che lo ascoltavano. E questo è stato così per 20 secoli. Man mano che il suo messaggio veniva meglio compreso, diventava sempre più chiaro che Gesù ci offre non solo un nuovo modo di vivere, ma anche un nuovo modo di essere. San Pietro scrive: “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva ...” (1 Pietro 1:3). Questa nuova vita di figlio di Dio attraverso il battesimo ci è stata rivelata da Gesù stesso: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Giovanni 3:5). (cf Instrumentum Laboris nn. 18-19, n. 31)
Ci rallegriamo perchè siamo diventati figli adottivi e San Giovanni ci assicura che questa adozione non è una finzione giuridica: “Vedete che grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1 Giovanni 3:1)
Il Vangelo che Gesù Cristo è venuto a rivelare non è un’informazione su Dio, ma piuttosto Dio stesso in mezzo a noi. Dio si è fatto visibile, udibile, tangibile. In cambio, chiede il nostro amore, come il nostro Santo Padre ha insegnato nel suo discorso alla Curia Romana nel dicembre 2011, “l’Adorazione è la prima e costante risposta di amore. La nostra risposta a Dio che consiste in ascolto, contemplazione e adorazione, è al centro di tutta l’evangelizzazione.” (cf Instrumentum Laboris n. 26)
Nel discorso della montagna presente nel Vangelo di Matteo, si parla di un nuovo stile di vita e di come coinvolge i misericordiosi, coloro che hanno fame e sete della giustizia, coloro che piangono, gli operatori di pace, i poveri in spirito. Qui veniamo a conoscere la chiamata ad essere sale della terra e luce sul candelabro. Più tardi, nello stesso Vangelo, troviamo la straordinaria affermazione che dovremmo vedere la presenza stessa di Cristo uno nell’altro. I discepoli di Gesù sono chiamati ad immaginare un mondo in cui non solo gli affamati hanno da mangiare, gli assetati da bere, lo straniero viene accolto e il nudo rivestito, ma anche, e più sorprendente ancora, che i peccati sono perdonati e si riceve il pegno della vita eterna. (cf Instrumentum Laboris n. 23, nn. 28-29)
Gesù ci attira a sè. La gioia che sperimentiamo ci spinge a condividerla con gli altri. Noi non siamo solo discepoli, noi siamo evangelizzatori. Come quei primi discepoli, siamo chiamati a immaginare noi stessi in cammino a fianco di Gesù come il seminatore di semi di un nuovo stile di vita, di azioni di un regno che durerà per l’eternità (cf Mt 13:1-9, 18-23; Mc 4:03; Lc 8:05). (cf Instrumentum Laboris n. 25 & n. 34)
Oggi, dobbiamo tener viva quella stessa visione quando invitiamo gli altri ad aprire le pagine del Vangelo e leggere l’invito ad essere rami legati alla vite del Signore, a mangiare il pane di vita eterna e ad ascoltare le parole di verità, parole per l’eternità.
Dobbiamo essere in grado di rinnovare il nostro annuncio, con viva fede, ferma convinzione e gioiosa testimonianza, con l’intesa che come Dio ci ha parlato nel passato, così egli continua a parlare con noi oggi. Come il nostro Santo Padre indica con chiarezza nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Verbum Domini, “Il rapporto tra Cristo, Parola del Padre, e la Chiesa non può essere compreso nei termini di un evento semplicemente passato, ma si tratta di una relazione vitale in cui ciascun fedele è chiamato ad entrare personalmente. Parliamo infatti della presenza della Parola di Dio a noi oggi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20)” (51)
Ciò che oggi distingue la nostra fede cattolica è proprio la comprensione che la Chiesa è la presenza permanente di Cristo, la mediatrice dell’azione salvifica di Dio nel nostro mondo, e il sacramento degli atti salvifici di Dio. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica della Chiesa, Lumen Gentium, inizia ricordandoci che “la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano....” (1) (cf Instrumentum Laboris n. 27)
La separazione intellettuale e ideologica di Cristo dalla sua Chiesa è una delle prime realtà che dobbiamo affrontare nel proporre una Nuova Evangelizzazione della cultura e della società moderna. Già nella sua enciclica Dio è amore (Deus caritas est), il nostro Santo Padre ci ricorda che “la Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo” e che “l’intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio, celebrazione dei Sacramenti, e servizio della carità.” Inoltre, egli sottolinea che “sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro.” (25)
Tutto ciò che la Chiesa è, l’ha ricevuto da Cristo. Il primo e più prezioso dei suoi doni è la grazia concessa attraverso il Mistero Pasquale: la sua passione, morte e gloriosa Risurrezione. Gesù ci ha liberati dal potere del peccato e ci ha salvato dalla morte. La Chiesa riceve dal suo Signore, non solo la straordinaria grazia che lui ha vinto per noi, ma anche l’impegno di condividere e far conoscere la sua vittoria. Siamo chiamati a trasmettere fedelmente al mondo il Vangelo di Gesù Cristo. La missione primaria della Chiesa è l’evangelizzazione. (cf Instrumentum laboris nn. 23-26)
Una delle sfide che oggi fa crollare la Nuova Evangelizzazione e allo stesso tempo crea una barriera è l’individualismo. La nostra cultura e l’enfasi in gran parte della società moderna esaltano l’individuo e minimizzano il necessario rapporto di ognuno con gli altri. Nella nostra società, che esalta la libertà individuale e l’autonomia, la realizzazione e la supremazia della persona, è facile perdere di vista la nostra dipendenza dagli altri, insieme alle responsabilità che abbiamo nei loro confronti. Il nostro Santo Padre, durante la sua visita a Washington nel 2008, nel suo discorso ai vescovi degli Stati Uniti ci ha insegnato che l’enfasi sul nostro rapporto personale con Dio a scapito della chiamata ad essere un membro di una comunità redenta “è semplicemente un’ulteriore prova dell’urgente necessità di una rievangelizzazione della cultura.” (cf Instrumentum laboris n. 7, n. 35, nn. 43-44, n. 48)
La Chiesa non si stanca mai di annunciare il dono che ha ricevuto dal Signore. Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato che l’evangelizzazione è proprio al cuore della Chiesa. Nella Lumen Gentium, testo e nucleo fondamentale del messaggio del Concilio sulla vita della Chiesa, i Padri del Concilio hanno sottolineato, “La Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli il solenne comando di Cristo di annunziare la verità salvifica e deve proseguirne l’adempimento sino agli ultimi confini della terra.” Il Concilio ha parlato con eloquenza della verità che la missione divina, che Gesù ha affidato alla Chiesa, continui attraverso gli Apostoli e i loro successori fino alla fine del mondo. (cf Instrumentum laboris n. 27 & n. 92)

2) Recenti Risorse
Noi non affrontiamo il compito della Nuova Evangelizzazione dal niente. Per decenni il Magistero dei Papi ha guidato la Chiesa con una profonda consapevolezza sia del problema che su come affrontarlo. Papa Paolo VI ne ha avviato la messa a fuoco, il beato Giovanni Paolo II ne ha stimolato una più profonda coscienza della sua necessità e il nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI, ha fatto di questo compito della Chiesa un tema costante del suo insegnamento e della sua predicazione.
Nella sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, Papa Paolo VI riprende l’insegnamento del Concilio quando afferma che la Chiesa è “una comunità che è a sua volta evangelizzatrice. Il comando ai Dodici di uscire ad annunciare la Buona Novella è valido anche per tutti i Cristiani, anche se in modo diverso ... la Buona Novella del regno che viene e che è già iniziato, è per tutti gli uomini di ogni tempo. Coloro che hanno ricevuto la Buona Novella e che sono stati raccolti da essa nella comunità della salvezza, possono e devono comunicarla e diffonderla.” ( In questo storico documento, rilasciato esattamente dieci anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, il Papa intuì la necessità di “un nuovo periodo di evangelizzazione.” (cf Instrumentum laboris n. 3 & n. 27)
Il pontificato del Beato Giovanni Paolo II ci ha fornito continui riferimenti agli elementi della Nuova Evangelizzazione con l’insegnamento incoraggiante dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Catechesi Tradendae, dell’esortazione Christifideles Laici dopo il Sinodo sui Laici, insieme all’enciclica Redemptoris Missio. Il Beato Giovanni Paolo II ci ha ricordato che l’evangelizzazione è “il primo servizio che la Chiesa può offrire a ciascun uomo e all’umanità intera”, e ha preso l’impegno di una evangelizzazione “nuova nell’ardore, nei metodi, e nella sua espressione.” (cf Instrumentum laboris n. 3 & n. 45)
Papa Benedetto XVI ha affermato che il discernimento delle “nuove esigenze di evangelizzazione” è un “compito profetico del Sommo Pontefice.” Ha sottolineato che “l’intera attività della Chiesa è un’espressione di amore” che cerca di evangelizzare il mondo. Con l’annuncio della formazione di un nuovo ufficio in Vaticano per la Nuova Evangelizzazione, fatto durante la sua omelia per la solennità degli Apostoli Pietro e Paolo nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il nostro Santo Padre ha dato una struttura formale a questo sforzo e ha evidenziato l’urgenza e l’impegno su tutti i campi di questa missione della Chiesa. (cf Instrumentum laboris n. 130, n. 149)
Un’altra tra le risorse disponibili alla Chiesa universale in questo sforzo di riproporre ancora una volta il Vangelo è il Catechismo della Chiesa Cattolica. Questo compendio della fede nelle sue molteplici manifestazioni e applicazioni fornisce un faro di luce in quello che, purtroppo, è diventato in troppi casi il buio dell’ignoranza religiosa. (cf Instrumentum laboris nn. 100-101)

3) Circostanze del Nostro Tempo
Il contesto del Sinodo è questo: una società che sta cambiando in modo drammatico e fa da sfondo all’accoglienza della fede, al farla propria e trasformarla in vita. La chiamata a riproporre la fede Cattolica, a riproporre il messaggio Evangelico, a riproporre l’insegnamento di Cristo, è necessaria proprio perché ci imbattiamo in tanti che inizialmente hanno ascoltato questo annuncio salvifico ma poi questo messaggio ha perso tutta la freschezza. La visione si è diliguata. Le promesse sono diventate vuote o senza alcun legame con la vita reale. (cf Instrumentum laboris nn. 41-44)
Nella Chiesa abbiamo a che fare in molti casi, e in modo particolare nella maggior parte dei cosiddetti paesi del primo mondo, con una drastica riduzione della pratica della fede tra coloro che sono già battezzati. Il nostro Santo Padre ha inoltre precisato che l’opera della Nuova Evangelizzazione è quella di riproporre Gesù Cristo e il suo Vangelo “ai paesi in cui il primo annuncio della fede è già stato fatto e dove esistono chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo la progressiva secolarizzazione della società e una sorta di ‘eclissi del senso di Dio’ ...” (28 giugno 2010) (cf Instrumentum laboris n. 12, nn. 52-53, n. 94)
Le risposte ricevute dai vescovi dei Paesi del terzo mondo – società evangelizzate più recentemente – presentano comunque la stessa esperienza nelle loro chiese locali. (cf Instrumentum laboris nn. 87-89)La situazione attuale affonda le sue radici proprio negli sconvolgimenti degli anni ‘70 e ‘80, decenni in cui esisteva una catechesi veramente scarsa o incompleta a tanti livelli di istruzione. Abbiamo affrontato l’ermeneutica della discontinuità che ha permeato gran parte degli ambienti dei centri di istruzione superiore e che ha avuto anche riflessi in aberrazioni nella pratica della liturgia. Intere generazioni si sono dissociate dai sistemi di sostegno che facilitavano la trasmissione della fede. È stato come se uno tsunami di influenza secolare scardinasse tutto il paesaggio culturale, portando via con sé indicatori sociali come il matrimonio, la famiglia, il concetto di bene comune e la distinzione fra bene e male. In un modo tragico poi, i peccati di pochi hanno incoraggiato una sfiducia in alcune delle strutture insite alla Chiesa stessa. (cf Instrumentum laboris n. 69, n. 95, n. 104)
La secolarizzazione ha modellato due generazioni di Cattolici che non conoscono le preghiere fondamentali della Chiesa. Molti non percepiscono il valore della partecipazione alla Messa, non ricevono il sacramento della penitenza e spesso hanno perso il senso del mistero o del trascendente come se avesse un significato reale e verificabile.
Tutto ciò che abbiamo accennato ha fatto sì che una grande parte di fedeli fosse impreparata ad affrontare una cultura che, come il nostro Santo Padre ha sottolineato nelle sue visite in giro per il mondo, è caratterizzata dal secolarismo, dal materialismo e dall’individualismo.
Ma le circostanze del nostro tempo non sono tutte negative. Così come è possibile individuare le cause o almeno le occasioni per la situazione negativa attuale, così è anche possibile identificare una risposta che vediamo sempre più positiva. Molte persone, soprattutto i giovani, che sono stati alienati dalla Chiesa stanno scoprendo che il mondo laico non offre loro risposte adeguate alle perenni e profonde richieste del cuore umano. (cf Instrumentum laboris nn. 63-64, nn. 70-71)
Molti pastori hanno notato che la Nuova Evangelizzazione si sta sviluppando contemporaneamente su due livelli, l’introduzione alla fede dei bambini e l’istruzione dei loro genitori. Per molti insegnanti e per chi è gia’ catechizzato, questo è un momento speciale, perché questa volta, i giovani adulti si avvicinano alla fede con una maggiore apertura data dal loro profondo bisogno di conoscere di più.
Oggi molti giovani trovano punti di contatto nei programmi di pastorale universitaria presso università laiche e istituti, nei programmi parrocchiali o diocesani, dove si mettono a fuoco questioni di attuale interesse, e, per chi ha bambini, anche in manifestazioni organizzate per famiglie, dove trovano sostegno spirituale e sociale.
Oggi un accenno speciale deve essere fatto alla famiglia stessa come Modello-Luogo della Nuova Evangelizzazione e delle relative questioni sulla vita. Mentre la società contemporanea vuole sottovalutare e, a volte, ridicolizzare la vita della famiglia tradizionale, questa rimane però una realtà naturale e il primo elemento costitutivo della comunità. La famiglia rappresenta il contesto naturale e normale per la trasmissione sia della fede che dei valori, ed è quella realtà a cui spesso si ritorna per sostegno durante tutta la vita. (cf Instrumentum laboris nn. 110-113)
Una qualità della Nuova Evangelizzazione sempre più evidente è che i nostri sforzi per diffondere il Vangelo non ci portano più necessariamente in terre straniere e verso popoli lontani. Coloro che hanno bisogno di sentir parlare di Cristo, ancora una volta, sono vicini a noi, nei nostri quartieri e nelle parrocchie, anche se i loro cuori e le loro menti sono lontani da noi. L’immigrazione e la diffusa emigrazione hanno creato un nuovo ambiente per l’evangelizzazione che troppo spesso è veramente un esercizio nella Nuova Evangelizzazione.
I missionari della prima evangelizzazione hanno coperto immense distanze geografiche per portare la Buona Novella. Noi, missionari della Nuova Evangelizzazione, dobbiamo superare distanze ideologiche altrettanto immense, spesso prima ancora che usciamo fuori del nostro quartiere o della nostra famiglia.

4) Elementi della Nuova Evangelizzazione
La Nuova Evangelizzazione non è un programma. Si tratta di un modo di pensare, di vedere e di agire. È come una lente attraverso cui vediamo le opportunità di proclamare di nuovo il Vangelo. È anche un segno che lo Spirito Santo continua a lavorare attivamente nella Chiesa.
Al centro della Nuova Evangelizzazione c’è la rinnovata proposta dell’incontro con il Signore Risorto, il suo Vangelo e la sua Chiesa a coloro che non trovano più attraente il messaggio della Chiesa. Credo che ci siano tre fasi distinte, ma interconnesse:
il rinnovo o approfondimento della nostra fede sia a livello intellettuale che affettivo; (cf Instrumentum laboris n. 24, nn. 37-40, nn. 118-119, nn. 147-158)
una nuova fiducia nella verità della nostra fede (cf Instrumentum laboris n. 31, n. 41, n. 46, n. 49, n.120); e la volontà di condividerla con gli altri. (cf Instrumentum laboris n. 33-34, n. 81)
La Nuova Evangelizzazione inizia con ciascuno di noi nell’impegno di rinnovare ancora una volta la nostra comprensione della fede facendola diventare sempre più parte di noi, abbracciando con energia e con gioia il messaggio evangelico e mettendolo in pratica nella vita quotidiana.
Dopo l’impegno per rinnovare il nostro apprezzamento della fede nasce una nuova fiducia nella verità del nostro messaggio. Purtroppo, per troppo tempo abbiamo visto questa fiducia erosa dalla sostituzione di un sistema di valori laici che negli ultimi decenni si è imposto come uno stile di vita superiore e migliore rispetto a quello proposto da Gesù, dal suo Vangelo e dalla sua Chiesa. Nella cultura educativa e teologica che riflette l’ermeneutica della discontinuità, troppo spesso la visione del Vangelo è stata offuscata e una voce sicura e confidente ha aperto scuse per tutto ciò in cui crediamo.
Nel Vangelo leggiamo che Gesù insegnava con autorità (Mc 1,21-22). Ha insegnato dal profondo della sua identità. Gesù ha autorità a causa di chi è. “Io sono la via, la verità e la vita”, ha proclamato (Giovanni 14:6). Questa pedagogia divina rimane il modello per noi oggi. La verità – la rivelazione stessa di chi è Gesù – lui la condivide con noi attraverso la Chiesa. Gesù non ci lascia orfani. Prima di tornare dal Padre, lui chiamò quelli che aveva scelto e unto nello SpiritoSanto a continuare ad insegnare tutto ciò che aveva fatto loro conoscere e ad annunciarlo fino agli ultimi confini della terra.
Molti di coloro che oggi cercano qualche garanzia sul valore e sul senso della vita sono convinti dal messaggio chiaro, inequivocabile e fiducioso di Cristo presente nella sua Chiesa. Per fare bene questo abbiamo bisogno di superare la sindrome dell’imbarazzo che alcuni hanno individuato nella mancanza di fiducia nella verità della fede e nella saggezza del Magistero che caratterizza la nostra epoca.
Il terzo elemento della Nuova Evangelizzazione deve essere la volontà e il desiderio di condividere la fede. Ci sono numerose persone, in particolare nel mondo occidentale, che hanno già sentito parlare di Gesù. La nostra sfida è quella di smuovere e riaccendere nella loro vita quotidiana e nelle situazioni concrete, una nuova consapevolezza e familiarità con Gesù. Siamo chiamati non solo ad annunciare, ma a migliorare il nostro metodo in modo da attrarre e sollecitare un’intera generazione a ritrovare il tesoro semplice, genuino e tangibile dell’amicizia con Gesù.
Il primo momento di ogni evangelizzazione non nasce da un programma, ma nell’incontro con una Persona, Gesù Cristo, il Figlio di Dio. La Chiesa sostiene che “è lo stesso Signore Gesù che, presente nella sua Chiesa, precede l’opera degli evangelizzatori, l’accompagna, la segue e fà in modo che il loro lavoro porti frutti: ciò che è accaduto alle origini della storia cristiana, continua attraverso il suo intero corso” (CDF, Alcuni Aspetti dell’Evangelizzazione, 1).
Ci affidiamo a Gesù dall’inizio alla fine. Lui solo è la pietra angolare. Nell’avvicinarsi a coloro che sono diventati freddi e lontani nella loro fede, il criterio è la semplicità dell’istruzione che tocca e parla alla profondità della persona umana. Ci rivolgiamo ai nostri fratelli e sorelle che hanno ricevuto il battesimo, ma che non partecipano più alla vita della Chiesa. A loro offriamo la nostra esperienza dell’amore di Gesù, e non una tesi filosofica sul comportamento.
Il modo di comunicare deve trovare accesso ai cuori in un modo che lo Spirito Santo può riportare le nostre sorelle e fratelli all’amicizia con Gesù, che solo “è la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana” (Gaudium et Spes, 10) .
La personale testimonianza del seguace di Gesù è di per sè una proclamazione della Parola. Il nostro messaggio oggi deve quindi essere radicato nella testimonianza della vita. Questi sono i momenti per accogliere e non per allontanare.
Dobbiamo comunicare a tutti la nostra gioia di essere pienamente e immensamente amati e quindi capaci di amare. La nostra comunicazione deve esprimersi con parole e con la vita, in preghiere e in fatti, in azione e in capacità di soffrire.

5) Fondamenti teologici per la nuova evangelizzazione
Evangelizzazione e Nuova Evangelizzazione sono concetti teologici oltre che iniziative pastorali.
Il documento Dominus Jesus della Congregazione per la Dottrina della Fede presenta nove carenze teologiche/filosofiche prevalenti oggi nel nostro pensiero concettuale che minano i nostri sforzi di evangelizzazione. Dieci anni prima, la Conferenza Episcopale degli USA aveva condotto un sondaggio di testi catechetici e aveva individuato dieci carenze dottrinali che avevano bisogno di correzione.
Siccome la teologia usa concetti per trasmettere la nostra fede che sono radicati nel Vangelo, i principi stessi della nostra fede sono minacciati se le persone hanno difficoltà con la loro struttura concettuale. Il secolarismo e il razionalismo hanno creato un’ideologia che soggioga la fede alla ragione. La religione diventa una questione personale. La dottrina in materia di fede è ridotta a posizioni idiosincratiche senza alcuna possibilità di rivendicare mai la verità universale.
Concetti come l’incarnazione, la resurrezione, la redenzione, il sacramento e la grazia – temi centrali della teologia utilizzati per spiegare la nostra fede in Gesù Cristo – hanno poco significato per il Cattolico e per chi si è allontanato dal Cattolicesimo in una cultura in cui prevale il razionalismo. (cf Instrumentum laboris n. 20)
La tentazione per l’evangelizzatore, e forse anche per i pastori, è quella di non confrontarsi con questi ostacoli concettuali e invece porre la propria attenzione e le proprie energie su priorità più sociologiche o su iniziative pastorali o addirittura sviluppare un vocabolario distinto dalla nostra teologia.
Se è importante che la Nuova Evangelizzazione sia attenta ai segni del tempo e parli con una voce che raggiunge la gente di oggi, deve però farlo senza staccarsi dalla radice della vivissima tradizione di fede della Chiesa già espressa in concetti teologici.
Per iniziare i nostri lavori e le riflessioni sulla Nuova Evangelizzazione, vorrei suggerire un certo numero di punti con fondamento teologico che sono emersi dai Lineamenta, dall’Instrumentum laboris, e da gran parte del materiale fornito dalle Conferenze dei Vescovi di tutto il mondo. Vorrei soffermarmi su quattro di questi.
a) Fondamento Antropologico dell’Evangelizzazione
Se la secolarizzazione con le sue tendenze ateiste elimina Dio dall’equazione, la comprensione di ciò che significa essere umano è alterata. Così la nuova evangelizzazione deve indicare l’origine stessa della nostra dignità umana, la conoscenza di sé e la realizzazione di sé. Il fatto che ogni persona è creata ad immagine e somiglianza di Dio costituisce la base per la dichiarazione, per esempio, dell’universalità dei diritti umani. Qui, ancora una volta, vediamo la necessità di parlare con convinzione ad una comunità piena di dubbi circa la verità e l’integrità di realtà come il matrimonio, la famiglia, l’ordine morale naturale e la distinzione fra bene e male. (cf Instrumentum laboris nn. 63-64, n. 151)
La Nuova Evangelizzazione deve poggiare sulla comprensione teologica che è Cristo che rivela l’uomo a sè stesso, che la vera identità dell’uomo è in Cristo, il nuovo Adamo. Questo aspetto della Nuova Evangelizzazione ha un significato molto pratico per l’individuo. Se è Cristo che ci rivela chi è Dio e, di conseguenza, chi siamo e come ci relazioniamo a Dio, allora Dio non è lontano o incredibilmente distante. (cf Instrumentum laboris n. 19)
Il fondamento presuntivo della Nuova Evangelizzazione deve essere il desiderio naturale, che tutti abbiamo, di comunione con il trascendente – con Dio. In ogni essere umano c’è l’orientamento di base per il trascendente e per il giusto ordine della vita radicato nell’ordine naturale creato. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che il Decalogo è di per sé un’espressione privilegiata della legge naturale. La Nuova Evangelizzazione deve poggiare sulla comprensione che è la fede Cristiana che ci offre una certa comprensione del problema del male, della realtà del peccato, della caduta e della chiamata ad una nuova vita. Il male e il peccato sono certamente ostacoli al Vangelo, ma è proprio il messaggio Evangelico che dà senso alla condizione umana e alla possibilità di una vita che superi i limiti intrinsechi della fragilità umana. In definitiva, la Nuova Evangelizzazione deve basarsi sul riconoscimento che è alla luce di Gesù Cristo, che noi comprendiamo pienamente ciò che significa essere umani.
b) Fondamento Cristologico della Nuova Evangelizzazione
Come è già stato notato, la Nuova Evangelizzazione è la ri-introduzione e la ri-proposta di Cristo. Il nostro annuncio di Cristo, tuttavia, inizia con una chiara spiegazione teologica di chi è Cristo, il suo rapporto con il Padre, la sua divinità e umanità, e la realtà della sua morte e Risurrezione. Al centro della nostra fede Cristiana è Cristo. Ma il Cristo che proclamiamo è il Cristo della rivelazione, il Cristo inteso nella sua Chiesa, il Cristo della tradizione e non una creazione personale, sociologica, o una aberrazione teologica. Da solo, nessuno di noi potrebbe venire a conoscere la mente, il cuore, l’amore e l’identità di Dio. Gesù è venuto a rivelare la verità – su Dio e su noi stessi. . (cf Instrumentum laboris nn. 18-21)
c) Fondamento Ecclesiologico della Nuova Evangelizzazione
La Nuova Evangelizzazione deve fornire una chiara spiegazione teologica della necessità della Chiesa per la salvezza. Questo è un aspetto delicato della nostra predicazione che troppo spesso è stato trascurato nella catechesi. È dilagante in gran parte della cultura moderna il sentimento che la salvezza si ottiene attraverso un rapporto diretto con Gesù distinto dalla Chiesa. Ma ciò che deve essere sottolineato e dimostrato è che Cristo incontra l’uomo, ovunque si trovi, dentro e attraverso la presenza della Chiesa. (cf Instrumentum laboris nn. 35-36)
Le Scritture forniscono molte immagini e parabole per descrivere la Chiesa. Una immagine è quella di una grande famiglia di persone unite in Cristo e fra loro attraverso il battesimo. San Paolo parla della Chiesa come corpo di Cristo, con nostro Signore come capo e noi come membra. Scrivendo ai fedeli di Corinto dice: “Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra.” (1 Corinzi 12:27).
La base dei nostri sforzi nella Nuova Evangelizzazione deve essere il riconoscimento che nel battesimo Cristo ha dato a ciascuno di noi i doni dello Spirito Santo. È lo Spirito, l’anima della Chiesa, che ci lega insieme in una unità che supera ogni tipo di divisione. (cfr. 1 Corinzi 12:13). (cf Instrumentum laboris n. 119)
La Nuova Evangelizzazione deve parlare della volontà salvifica universale di Dio e allo stesso tempo riconoscere che Gesù ha offerto un percorso chiaro e unico per la redenzione e la salvezza. La Chiesa non è uno tra i molti modi per raggiungere Dio, considerati tutti ugualmente validi. Mentre Dio vuole che tutti siano salvi, è proprio per la sua volontà salvifica universale che Dio ha mandato Cristo per farci figli adottivi e portarci all’eventuale gloria eterna.
d) Fondamenti Soteriologici della Nuova Evangelizzazione
Intrinseca alla comprensione della presenza di Dio con noi è la consapevolezza di ciò che intendiamo per suo regno. Nel Nuovo Testamento, si parla dappertutto di regno. Sembra una preoccupazione di Gesù. Dal momento in cui egli “cominciò a predicare”, il suo annuncio era che “il regno dei cieli è vicino” (Matteo 4:17). Gesù ha parlato dei soggetti del regno, della sua potenza, dei suoi confini, della sua durata. (cf Instrumentum laboris n. 24)
Il cuore del Vangelo è il regno. Se vogliamo vivere una vita Cristiana – se vogliamo rivendicare il fatto che siamo seguaci di Gesù – è essenziale che noi guardiamo a questo regno che lui ha proclamato.
Sulla terra il regno è misteriosamente nascosto e può essere incontrato ovunque, ma solo in modo spirituale. Il regno di Dio “già esiste e si compirà alla fine dei tempi. Il regno è venuto nella persona di Cristo e misteriosamente cresce nel cuore di coloro che a lui sono incorporati” (CCC 865).
Così veniamo a conoscere che Cristo ha stabilito il suo regno sulla terra, anche se non ancora nella pienezza della sua gloria. È qui, ma è ancora in crescita. “Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza” (CCC 1060). Nel frattempo, “Cristo Signore regna già attraverso la Chiesa” (CCC 680).
Questi quattro fondamenti teologici della Nuova Evangelizzazione ci mettono in chiaro che tutto ciò che speriamo di compiere in questo Sinodo e qualunque siano gli obiettivi pastorali che decidiamo per riproporre Cristo oggi, dobbiamo farlo saldamente radicati nella visione biblica dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, e parte di una creazione che riflette la sapienza di Dio e presenta un naturale ordine morale per le attività dell’uomo. È il peccato che guasta la bellezza creata ed è l’egoismo che ha segnato ogni successiva generazione. Tuttavia, Dio mandò il suo Figlio in questo mondo per offrirci una nuova vita. Ha fondato la Chiesa per continuare la sua presenza viva e salvifica. La nostra salvezza è intimamente legata alla nostra partecipazione al grande sacramento che è la Chiesa attraverso il quale ci auguriamo di manifestare il regno che si attualizza e di realizzare la nostra partecipazione nella gloria

6) Le Qualità dei Nuovi Evangelizzatori
Tra le tante qualità identificate e richieste agli evangelizzatori di oggi, quattro vengono in evidenza:
l’audacia o il coraggio, il legame con la Chiesa, un senso di urgenza e la gioia. (cf Instrumentum laboris n. 46, n. 49, nn. 168-169)
Negli Atti degli Apostoli la parola che descrive gli Apostoli dopo l’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste è “coraggio”. Pietro è raffigurato coraggiosamente in piedi predicando la Buona Novella della Resurrezione, più tardi Paolo riprende il tema e, in una corsa frenetica per il mondo allora conosciuto, annuncia coraggiosamente la parola. (cf Instrumentum laboris n. 41)
Oggi la Nuova Evangelizzazione deve mostrare un coraggio nato dalla confidenza in Cristo. Abbiamo tanti esempi di pacifico coraggio: San Massimiliano Kolbe, Beata Teresa di Calcutta, e prima di loro Beato Miguel Pro e i martiri recenti della Lituania, Spagna, Messico e la testimonianza più lontana dei santi della Corea, Nigeria e Giappone. (cf Instrumentum laboris n. 128 & n. 158)
Quando si parla di coraggio, dobbiamo anche riconoscere la necessità della testimonianza istituzionale in quelle particolari chiese che godono della presenza di espressioni istituzionali della Chiesa, scuole, università, ospedali, servizi di assistenza sanitaria, servizi sociali e altri tipi di aiuto per i poveri; ci deve essere un riconoscimento del fatto che anche queste espressioni istituzionali della vita della Chiesa dovrebbero dare testimonianza della Parola di Dio.Gli evangelizzatori della Nuova Evangelizzazione hanno necessità di essere uniti con la Chiesa, il suo Vangelo e i suoi pastori. L’autenticazione di ciò che proclamiamo e la verifica della verità del nostro messaggio, che queste sono parole di vita eterna, dipendono dalla nostra comunione con la Chiesa e dalla nostra solidarietà con i suoi pastori. (cf Instrumentum laboris nn. 77-78)
Un’altra qualità della Nuova Evangelizzazione, e quindi di coloro che vi ci sono impegnati, è il senso di urgenza. Forse abbiamo bisogno di ritornare al racconto di Luca della Visitazione di Maria ad Elisabetta, modello per il nostro senso di urgenza. Il Vangelo racconta come Maria partì in fretta per un lungo e difficile viaggio da Nazareth a un villaggio sui colli della Giudea. Non c’era tempo da perdere, perché la sua missione era troppo importante. (cf Instrumentum laboris n. 138 & n. 149)
Infine, quando ci guardiamo intorno e vediamo il vasto campo aperto in attesa che noi vi seminiamo semi di vita nuova, dobbiamo farlo con gioia. Il nostro messaggio deve essere tale da ispirare gli altri a seguirci con gioia lungo il percorso verso il regno di Dio. La gioia deve caratterizzare l’evangelizzatore. Il nostro è un messaggio di grande gioia, Cristo è risorto, Cristo è con noi. Qualunque siano le nostre circostanze, la nostra testimonianza deve irradiare, insieme ai frutti dello Spirito Santo, amore, pace e gioia (Galati 5:22).

7) Carismi della Chiesa di Oggi che assistono nella Nuova Evangelizzazione
Problemi di Giustizia Sociale
Un’area che sottolinea un rinnovato apprezzamento e interesse della nostra fede Cattolica è il valore che si mette nelle questioni di giustizia sociale. Ci rendiamo conto che la dottrina sociale Cattolica, articolata da più di un secolo, ha plasmato e continua a influenzare gran parte dello sviluppo della giustizia sociale in vaste aree del mondo. La giustizia sociale Cattolica non si è sviluppata dal niente. Nei decenni prima dell’enciclica Rerum Novarum, la situazione era tale che è scoppiata nella lotta per la giustizia sociale e per i diritti umani. Con la promulgazione della Rerum Novarum nel 1891, la Chiesa ha cercato di affrontare il terribile sfruttamento e la povertà dei lavoratori della fine del XIX secolo. (cf Instrumentum laboris n. 71, nn. 123-124, n. 130)
Mentre sarebbe inesatto dire che Gesù ha promosso un particolare programma politico, sociale o economico, ha però stabilito dei principi di base che dovrebbero caratterizzare qualsiasi sistema giusto, umano, economico o politico. Soltanto la fede può fornire la convinzione che le nostre opere di giustizia servono come parte del piano di Dio per realizzare il regno di Dio.
Oggi, mentre guardiamo a quelle questioni che offrono un invito a chi si è allontanato dalla Chiesa, riprendiamo coraggio vedendo il desiderio di tanti giovani di essere coinvolti nel servizio pastorale. Per loro, l’insegnamento della Chiesa sulla giustizia sociale è allo stesso tempo una rivelazione e un invito a una vita più piena nella Chiesa stessa.
Nuove Comunità / Movimenti Ecclesiali
Noi non siamo soli ad affrontare il compito della Nuova Evangelizzazione. E non siamo neanche i primi a studiare come portare avanti questa operazione. Un segno della Nuova Evangelizzazione sono i movimenti ecclesiali e le nuove comunità che sono una grande benedizione alla Chiesa di oggi. Queste espressioni del lavoro dello Spirito Santo si aggiungono alla ricchezza spirituale dei carismi antichi degli ordini religiosi e delle congregazioni che con tanta fedeltà lavorano a testimoniare la venuta del regno con il loro impegno a vivere i consigli evangelici di perfezione. L’invito di Cristo a molti di diventare suoi discepoli è ancora vivo nella Chiesa in modo speciale nella vita religiosa. (cf Instrumentum laboris n. 115)
Non cercherò di elencare qui le nuove comunità religiose, per timore di lasciarne fuori troppe che stanno già dando grandi frutti. Lo stesso vale per i nuovi movimenti ecclesiali come Comunione e Liberazione, Opus Dei e il Cammino Neocatecumenale, per citarne solo tre. Tutti puntano verso l’opera dello Spirito Santo, che impegna la Chiesa di oggi ad andare verso quelli che si sono allontanati.
Uno dei nostri compiti nell’impegno di coinvolgere la Chiesa nell’opera della Nuova Evangelizzazione potrebbe essere quello di invitare tutti i nuovi movimenti e le nuove comunità ad integrare più pienamente le loro energie e attività nella vita di tutta la Chiesa, specialmente a livello locale, nella Chiesa particolare sotto la cura apostolica del vescovo. (cf Instrumentum laboris n. 116)
All’incontro di settembre 2011 promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, è venuto in grande rilievo che c’è un bel gruppo di giovani, con fede vibrante che sono già impegnati nei compiti della Nuova Evangelizzazione e che sono già riuniti in gruppi composti da una vasta gamma di movimenti e centri spirituali.
Conclusione
Nell’incominciare a rispondere alla chiamata del nostro Santo Padre in questo Sinodo di studiare la Nuova Evangelizzazione, mi sembra opportuno suggerire che ciò che ci sta davanti è una quadruplice missione:
1) riaffermare la natura essenziale dell’evangelizzazione;
2) notare i fondamenti teologici della Nuova Evangelizzazione;
3) incoraggiare le tante attuali manifestazioni della Nuova Evangelizzazione;
4) suggerire modi concreti con cui la Nuova Evangelizzazione può essere incoraggiata, strutturata e realizzata, per esempio, nelle parrocchie, nei programmi di pastorale universitaria, nelle organizzazioni di professionisti, nelle cappellanie di gruppi distinti, compresi i militari, i servizi di assistenza sanitaria e sociale, insieme al sostegno di giovani professionisti in ogni campo perchè si possano scoprire come strumenti di attività evangelizzatrice della Chiesa. Data l’importanza della politica che è riflesso della libertà e dignità umana e dell’ordine morale naturale, dovremmo mettere a fuoco nelle nostre osservazioni pratiche la generazione di coloro che in futuro si impegneranno nella vita politica.
Sembra che dalle deliberazioni sulla situazione attuale che la Chiesa deve affrontare oggi, dovrebbe venire fuori l’affermazione della sua essenziale chiamata all’evangelizzazione, il riconoscimento di tanti fattori e strumenti di rinnovamento e la presentazione di una guida pratica insieme ad un incoraggiamento.
Questo Sinodo deve essere un richiamo per tutta la Chiesa a guardare alla vita e alla realtà attraverso la lente della Nuova Evangelizzazione in un modo che venga in evidenza che molte iniziative sono già in corso e che molti fedeli hanno già familiarità con gli aspetti di essa, anche se non sempre sono definiti col nome di Nuova Evangelizzazione.
Ora che cominciamo i nostri lavori, abbiamo tutte le ragioni per farlo con ottimismo ed entusiasmo perché i semi della Nuova Evangelizzazione seminati nel corso dei pontificati di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI stanno già iniziando a germogliare. Il nostro compito è trovare il modo di coltivarne, incoraggiarne e accelerarne la crescita.

[00009-01.11] [NNNNN] [Testo originale: latino]

ESPOSIZIONE IN OCCASIONE DELL’ASSEMBLEA SINODALE

La nuova evangelizzazione, ripartendo dalle origini della fede cristiana. E’ questo il senso dell'esposizione allestita nell'atrio dell'Aula Paolo VI e curata dai Musei Vaticani in occasione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Tre i reperti cristiani antichi che "accompagneranno" il lavoro dei Padri Sinodali e degli altri partecipanti all'assise sinodale. Le opere, dall'alto valore storico ed artistico, provengono dalle catacombe e rappresentano immagini simboliche del Cristianesimo primitivo; la loro scelta è stata curata dal Museo Pio Cristiano, dove le opere sono conservate.

[00021-01.04] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

Riportiamo di seguito le schede delle opere esposte.

La “statuetta del Buon Pastore”

fine del III - inizi del IV sec. d.C., marmo bianco, cm 100 x 36 x 27
Dal complesso delle catacombe di S. Callisto a Roma (ante 1764), Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 28590
Per motivi conservativi viene esposto un calco in resina marmorea dell'opera originale.
La statuetta del Buon Pastore è il reperto più celebre della collezione di reperti cristiani antichi custoditi nei Musei Vaticani ed è senz'altro, tout court, una delle immagini simboliche del Cristianesimo primitivo. Questo splendido monumento fa parte di un gruppo di opere acquisite per liberalità del papa Clemente XIII Rezzonico (1758-1769), che le destinò alla collezione di antichità cristiane contenute nel Museo Sacro o Cristiano della Biblioteca Apostolica Vaticana, fondato nel 1756 per illuminata volontà di papa Benedetto XIV (1740-1758), predecessore di Clemente. Tra queste opere vanno ricordati soprattutto una serie di sarcofagi cristiani dei primi secoli ornati da rilievi figurati, entrati nel Museo Sacro della Biblioteca attraverso acquisti dello scultore Giuseppe Angelini (1735-1811), effettuati nel fiorente mercato antiquario di antichità cristiane che allora era attivo nella città di Roma, in seguito ai ritrovamenti nelle catacombe che s'andavano esplorando proprio fra Sei e Settecento.
Tutte le opere giunte al Museo furono opportunamente restaurate e integrate: le fronti dei sarcofagi istoriati furono spesso distaccate dalle casse integre ritenute inservibili in quanto prive di rilievi, anche per permetterne l'affissione alle pareti alte del Museo. In alcuni casi i "restauri" furono vere e proprie rilavorazioni, al punto da non distinguere più i tratti stilistici originari; talvolta si trasformò persino l'aspetto dell'opera, travisandone l'originaria destinazione, come nel caso della celebre opera che qui presentiamo.
Val la pena, per comprendere l'operazione dell'Angelini, rileggere le sue stesse parole, così come sono riportate nei conti da lui presentati per ricevere il suo compenso: "Essendomi capitato un pezzo di Fragmento di Bassorilievo rappresentante la figura del Buon Pastore è stato da me ristaurato [ ... ], ed essendo approvati li modelli si è eseguito il lavoro di Marmo, quale è stata ridotta ad una buona figurina di Proporzione palmi 4 ½ ed il tutto importa Scudi cento" (Archivio Segreto Vaticano, Sacri Palazzi Apostolici, Computisteria 309, Reg. 216 (anno 1764), p. 2). Come risulta evidente da un'attenta lettura, il nostro 'Buon Pastore' in verità non era dunque in origine una statua, bensì un "fragmento di Bassorilievo", la cui forma, in seguito all'intervento, "è stata ridotta ad una buona figurina" a tutto tondo, alta circa un metro. Se si osserva con attenzione l'opera, si può apprezzare, eliminando idealmente le aggiunte stesse, la sagoma piuttosto bidimensionale della figura, coerente con la sua realtà di "bassorilievo", o più propriamente, d'altorilievo. Esempi analoghi permettono oggi di ricostruire l'aspetto originario del reperto quale frammento, appunto, di un monumentale sarcofago, verosimilmente strigilato, secondo la ricostruzione ipotetica che qui proponiamo.
Se la romantica figura della statuetta è allontanata, così, dal nostro immaginario, non va invece sminuita la straordinaria valenza iconografica di tale opera. La raffigurazione di un pastore con un agnello sulle spalle, così come di scene genericamente pastorali, era assai diffusa nell'arte antica, riferita ad una pluralità di temi positivi, fra i quali il più significativo appare quello della filantropia (humanitas, in latino): il dio Mercurio, infatti, ma anche l'eroe Ercole, conducevano pietosamente le anime dei defunti nell'aldilà, caricandosele sulle spalle come appunto un pastore porta un agnello. Immagini di pastori "criòfori" (in greco, "portatori di un ariete") erano, pertanto, frequentissime nelle espressioni artistiche dell'antichità greco-romana, intese come personificazioni virtuose della bontà verso il genere umano. I cristiani dei primi secoli trovarono del tutto naturale utilizzare queste stesse immagini artistiche per veicolare attraverso di esse un contenuto nuovo: la rivelazione, appunto, di Gesù quale Buono (e Bel) Pastore, secondo le parole di Giovanni. L'immagine evangelica del Pastore richiama, a sua volta, uno dei temi più significativi della cultura biblica ebraica. Dio stesso, infatti, nell'Antico Testamento si rivela pastore del suo popolo (cfr. Ez 34; Sal 23) ed i profeti promettono che egli farà germogliare dal suo popolo un pastore di sua scelta, dal nome simbolico di Davide che esprime la regalità del Messia: "Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide-mio-servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore; io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide-mio-servo sarà principe in mezzo a loro" (Ez 34, 23-24). Quando Gesù si definisce "buon pastore" rivendica, dunque, la sua identità messianica e la sua figliolanza divina e si rivela guida del popolo della Nuova Alleanza.
I Padri della Chiesa spiegano estesamente il significato profondo di questo straordinario antico simbolo che noi chiamiamo semplicemente il "Buon Pastore", giocando soprattutto sulle espressioni linguistiche della discesa e dell'ascesa, come si può desumere di quel "casto Pastore" di cui si dichiara discepolo Abercio, nella celebre iscrizione, "il quale pascola greggi di pecore per monti e pianure". La discesa verso la pianura diventa, infatti, simbolo dell'incarnazione di Gesù: "una discesa straordinaria dovuta a un eccesso di amore per gli uomini, per ricondurre, secondo l'espressione misteriosa della divina Scrittura, "le pecore perdute della casa di Israele" discese dai monti" (Origene, Contro Celso, 4, 17). La discesa (katabasis, in greco) del pastore diviene immagine della sua kénosis, cioè del suo "abbassamento", "umiliazione": Egli - sostiene san Paolo - "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2, 6-8). Come Origene in Oriente, anche Ireneo di Lione (fine del II sec.) riprende la parabola sinottica del "buon pastore", quella cioè della pecorella smarrita (cfr. Mt 18, 12-14; Lc 15, 3-7): "Il Signore è venuto a cercare la pecora che si era perduta, ed è l'uomo che si era perduto" (Dimostrazione della predicazione apostolica, 33). Ma la "discesa" del Pastore divino nella sua incarnazione è anche la sua discesa nella morte, compimento estremo della sua kénosis: la parabola della pecorella smarrita è compresa, allora, come "parabola della Passione" (Pseudo Cipriano, Sulla centesima parte, 10), indicando come Cristo, morendo, "è disceso nelle profondità della terra per cercarvi la pecorella smarrita" (Ireneo, Contro le eresie, 3, 19, 3). Proprio Ireneo, però, riprendendo un'immagine della lettera agli Ebrei (“ha fatto risalire dai morti il grande pastore delle pecore”: 13, 20), porta a pieno compimento la ricca simbologia del pastore, mostrando infine la sua ascesa (anabasis, in greco), la sua risalita dai morti, la Risurrezione: "dopo essere disceso per noi nelle profondità della terra per cercarvi la pecorella smarrita [ ... ], risale in alto per offrire e ridare al Padre suo l'uomo così ritrovato" (Contro le eresie, 3, 19, 3). E conclude Origene: "Per una sola piccola pecora che si era smarrita, egli è disceso sulla terra; l'ha trovata; l'ha presa sulle spalle e riportata in cielo" (Su Giosuè, 7, 16).
Ecco quale ricchezza di significati si cela in quel pastore con un agnello sulle spalle.
Ecco per qual motivo il simbolo pagano della filantropia poté ben esprimere la filantropia di Dio, rivelata in Cristo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16). Poco importa di stabilire se le figure di pastori "criofori" che ci sono giunte da quel momento prezioso di contatti culturali e spirituali, quale fu il III secolo, siano state realmente sempre create in ambiente cristiano: noi possiamo riconoscere in ogni caso, con la guida delle scritture bibliche e patristiche, senza paura di sbagliare, il vero Pastore del quale esse ci parlano. In qualche caso l'identificazione appare comunque più sicura, ad esempio laddove la figura del Pastore, ormai idealizzata, assunse - come in questo, che è il più celebre fra tutti gli esempi - il volto di Apollo, dio fallace della bellezza e dell'eloquenza, il quale si piega tuttavia, in quella libertà espressiva già apprezzata, ad illustrare un' antica immagine biblica riferita al Messia: "Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, ti ha benedetto Dio per sempre" (Sal 45, 3).

Umberto Utro (Musei Vaticani )

[00018-01.09] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

Fronte di sarcofago con il Buon Pastore e il collegio apostolico

ca. 375-400 d.C. marmo bianco, cm 60 x 221 x 11
Dal Cimitero di Ciriaca (o S. Lorenzo)?; quindi nella basilica di S. Lorenzo fuori le Mura; poi a Santa Maria Nuova (S. Francesca Romana); dal 1757 nel Museo Cristiano di Benedetto XIV; dal 1854 nel Museo Pio Cristiano
Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 31534 (ex 177).

L'ampia fronte di sarcofago, oggi isolata dalla cassa originaria e priva del coperchio, è interamente ornata di rilievi: al centro è la figura di Cristo, con il volto apollineo nimbato, raffigurato come "buon pastore" in atto di carezzare alla sua destra un agnello; ai suoi fianchi si dispongono, su ciascun lato, due teorie di sei personaggi virili in tunica e pallio, variamente atteggiati (gli apostoli, fra cui si distinguono, a destra e a sinistra di Cristo, i tratti fisionomici di Pietro e di Paolo) e, ai loro piedi, di sei agnelli, comprendendo il primo alla destra di Cristo. Alle estremità del campo iconografico, due altri pastori (dal volto non caratterizzato) si prendono cura di altri ovini, entro un paesaggio agreste.
Il sarcofago è un pregevole esempio dell'arte aulica a Roma nell'età dell'imperatore Teodosio (379-395), che vide la produzione di manufatti scultorei raffinati, sempre più attenti a rappresentare in immagini la nuova consapevolezza della comunità ecclesiale la quale, dall'età della Pace costantiniana, era ormai giunta, alla fine del secolo, al ruolo di unico referente religioso riconosciuto dallo Stato (editto di Tessalonica, 380). Si moltiplicano così, sulle fronti dei sarcofagi, le scene che mostrano la dignità regale del Cristo, circondato dagli apostoli come da dignitari; si diffondono le immagini enfatiche della maiestas Domini e della traditio Legis; s'ingigantiscono, nel partito decorativo, le scene bibliche dalla valenza trionfale, come l'ingresso in Gerusalemme, la presentazione a Pilato (dove Cristo si manifesta quale vero re), la guarigione del paralitico di Bethesda (con la figura centrale del Cristo taumaturgo), o ancora il grandioso Passaggio del Mar Rosso (con Mosè che vi prefigura Cristo, guida e salvatore del nuovo popolo). Ma al di là del sostrato sociale, è il pensiero teologico della comunità stessa - che si fa più approfondito e sistematico - a manifestarsi nelle opere d'arte prodotte nel suo seno. Così, la fronte di sarcofago qui considerata costituisce anche una pagina mirabile, scritta in immagini, della Cristologia e dell'Ecclesiologia del tardo IV secolo, che qui desideriamo tratteggiare.
Si consideri, innanzi tutto, la figura del Pastore. Se le scene pastorali e 1'immagine già "pagana" del pastore criòforo ("che porta un agnello") avevano popolato le fronti dei sarcofagi fra la metà del III e il primo IV secolo, veicolando - in un passaggio interculturale di sorprendente naturalezza - la figura evangelica del Buon Pastore (cfr. Gv 10, 11), la libertà espressiva seguita alla Pace di Costantino ne aveva causato una progressiva scomparsa, in favore delle più esplicite scene dei miracoli di Cristo, che meglio evidenziavano la potenza salvifica del Salvatore. Qui invece la figura di Cristo, Buon Pastore, torna al centro della raffigurazione, il suo volto umano, prestatogli dal fallace dio della bellezza e dell'eloquenza, ne manifesta la natura celeste, così come il nimbo circolare, mutuato proprio in quegli anni dall'iconografia pagana. Questa figura del Pastore va, tuttavia, compresa in collegamento al collegio apostolico che lo affianca, in un sorprendente accostamento iconografico. I Dodici appaiono, infatti, raffigurati canonicamente in sontuose vesti, in gesto di acclamazione o di adlocutio, o semplicemente reggenti un rotolo, tutti rivelandosi "discipuli" in dialogo con il loro "magister". Ma è qui la sorpresa: il Maestro che altre raffigurazioni sugli stessi sarcofagi ci hanno abituato a riconoscere in una figura ugualmente e riccamente panneggiata si presenta qui invece umilmente vestito da pastore, con la sua tunica corta e la mantellina abbottonata sulle spalle. Anzi, egli mostra di accarezzare il primo di una serie di dodici agnelli, i quali, posti ai piedi degli apostoli, si manifestano non altro che immagine ribadita degli apostoli stessi, in quella che è forse la più comune delle "sostituzioni zoomorfe" paleocristiane, che traducono in simbolici animali i personaggi biblici (si pensi al Gesù pesce, o appunto agnello; agli apostoli agnelli o altrove colombe, eccetera). Solitamente, le teorie di agnelli/apostoli si rivolgono, però, a un agnello centrale, Cristo, rappresentato di solito sul monte apocalittico, come in molte raffigurazioni conosciute. Sul nostro sarcofago si è dunque operata la fusione di due diverse tipologie iconografiche: il collegio apostolico presieduto dal Maestro "filosofo" e gli agnelli/apostoli che si volgono all'agnello/Cristo. Il trait d'union concettuale di questa singolare, duplice composizione è proprio nella sua figura centrale: la teologia giovannea del Buon Pastore, cardine di tanta parte del pensiero cristologico delle origini cristiane, si fonde qui a una considerazione ecclesiologica sul collegio apostolico e sul servizio pastorale nella comunità cristiana del tardo IV secolo. Se la missione degli apostoli è quella di pascere il gregge affidato loro dal Signore (cfr. 1 Pt 5, 2) ammaestrando i fedeli nella verità del suo Vangelo, è pur vero che questo munus pastorale deriva loro dall'ufficio di Gesù stesso, "il pastore supremo" (1 Pt 5, 4), il Buon Pastore appunto raffigurato al centro (cioè a capo) di questo collegio. Proprio in tal senso, nel gesto di tenerezza che Gesù rivolge all'agnello alla sua destra, in corrispondenza dell'apostolo Pietro, si può udire l'eco delle parole rivolte a lui dal Risorto: "pasci i miei agnelli" (Gv 21, 15-17). Pietro, il corìfeo degli apostoli, come il Vangelo rivela in più punti e come l'iconografia sottolinea ponendolo come primo alla destra del Signore, viene esplicitamente indicato come 1'agnello/pastore degli altri agnelli/pastori suoi compagni. Non è fuori luogo un riferimento all'organizzazione sempre più definita, in questo tempo, della struttura gerarchica della Chiesa, e della coscienza primaziale della "sede apostolica" di Roma, favorita proprio dai due papi della seconda metà del IV secolo, Damaso (366-384) e Siricio (384-399). Si osservi, infine, alla sinistra di Cristo, la presenza di Paolo, che ha ormai sostituito nell'iconografia l'apostolo traditore, imponendosi nell'immaginario ecclesiale sul Mattia degli Atti (cfr. At 1, 26) e collocandosi definitivamente quale corrispettivo simmetrico di Pietro, come già nelle scene di maiestas e traditio (per ribadire in tal modo le origini apostoliche della Chiesa romana, luogo del martirio dei due apostoli, ma anche l'unità delle anime occidentale ed orientale della cristianità). I pastori che accarezzano gli agnelli alle estremità della fronte del sarcofago chiudono, infine, la raffigurazione (anche come pendant iconografico del Cristo/pastore centrale) e forniscono la chiave interpretativa ultima per le due teorie di apostoli: essi sono infatti "inviati" (come dice il loro nome) a pascere il suo popolo con amore, e ascoltano dal loro grande "pastore" l'invito che costituisce 1'explicit del Vangelo di Matteo: "Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi [ ... ]. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!" (Mt 28, 16-20).

Umberto Utro (Musei Vaticani)

[00019-01.06] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

Frammento di sarcofago con Cristo e gli Evangelisti su una nave

ca. 325-350 d.C., marmo bianco, cm 20 x 46 x 7,5
Provenienza sconosciuta; quindi a Spoleto, località Apostoli, riutilizzato quale elemento murario; acquistato da G.B. de Rossi e donato infine al Museo Pio Cristiano da Natalia Ferraioli de Rossi, 1931.
Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 31594.

Questo piccolo frammento del coperchio di un sarcofago, degli inizi del IV secolo, si ricollega alle tante raffigurazioni marine frequenti nell'arte antica greco-romana, e spesso utilizzate nella decorazione dei sarcofagi. Vi si riconosce un'imbarcazione dalla prua slanciata e basso scafo, guidata da un nocchiero dalla folta chioma e ricco abito, mentre tre rematori coperti dal solo perizoma ne seguono gli ordini. La nave si muove su un mare mosso da onde, mentre a destra si vede a malapena una superstite porzione del basamento di un faro. Iscrizioni poste a mo' di didascalia a fianco delle figure ne chiariscono l'identità: il nocchiero a destra è Gesù (Iesus) - di cui s'intuiva l'iconografia del volto apollineo, per quanto parzialmente sberciato - e i rematori sono invece, procedendo verso sinistra, Marcus, Lucas e [Io]annes, i nomi di tre degli evangelisti, che hanno fatto ipotizzare coerentemente, oltre la frattura, la presenza del quarto evangelista, Matteo.
La generica nave che appare su tanti sarcofagi e iscrizioni antiche riceve dunque, su questo frammento, la sua più vera identità: essa rappresenta, infatti, la Chiesa, la quale, come la barca della tempesta sedata (cfr. Matteo 8, 23-27 e paralleli), "sul mare del mondo è scossa dalle onde delle persecuzioni e delle tentazioni, mentre il Signore nella sua pazienza sembra dormire, fino al momento ultimo in cui, svegliato dalla preghiera dei santi, padroneggia il mondo e ridona la pace ai suoi" (Tertulliano, De Baptismo, 12, 8). All'inizio delle sue Omelie, nella lettera indirizzata a Giacomo (14, 1), anche 1'autore delle Pseudo-Clementine afferma che "il corpo intero della Chiesa somiglia ad una grande nave, che trasporta in una violenta tempesta uomini di provenienze lontane". Egli precisa anche che di questa nave Cristo è il pilota - come proprio il nostro frammento fa ben vedere -, il vescovo è la vedetta, mentre i diaconi, i presbiteri e i catechisti sono i rematori. Anche Ippolito di Roma riprende (De antichristo, 59) la stessa analogia, ribadendo che "il mare è il mondo; la Chiesa, come una nave, è scossa dai flutti, ma non sommersa: ha infatti con sé un pilota esperto, il Cristo", mentre "ha come timone i due Testamenti".
Altri Padri sottolineano il significato delle varie parti di questa nave, in particolare riferendosi all'albero maestro, che simboleggia nella sua forma la Croce; tuttavia qui ci preme sottolineare il riferimento alle Scritture proposto da Ippolito e l'importanza data da Clemente, nella composizione dell'equipaggio della nave, ai catechisti: questi infatti istruiscono i fedeli nella fede, e primariamente sulla Scrittura e i Vangeli, e sono dei veri protagonisti nell'opera di diffusione e comprensione del “lieto annuncio” della salvezza. Gli evangelisti che sospingono la barca guidata da Cristo, non possono infatti che riferirsi all'invito che Gesù rivolge ai suoi al termine del racconto evangelico: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo" (Marco 16, 15); "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Matteo 28, 19).
La barca condotta dagli evangelisti e guidata da Cristo al porto della salvezza è anche, in conclusione, un' immagine efficace dell'inarrestabile diffusione del messaggio cristiano (il kérygma, con parola greca), di quell'euanghélion, “lieto annuncio”, che, accolto, conduce alla salvezza (il battesimo, come ingresso nella vita nuova), e che, grazie alla capillare diffusione dei testi evangelici, si è propagato - proprio attraverso le vie del mare - sulle rive del mondo antico.

Umberto Utro (Musei Vaticani)

[00020-01.04] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

ERRATA CORRIGE

Le correzioni pubblicate nell'Errata Corrige sul Bollettino N.04 sono state riportate direttamente sui relativi Bollettini pubblicati in queste pagine Internet

 
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