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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
7-28 OTTOBRE 2012

La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

05 - 11.10.2012

SOMMARIO

- SECONDA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 8 OTTOBRE 2012 - POMERIDIANO)
- ERRATA CORRIGE

SECONDA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 8 OTTOBRE 2012 - POMERIDIANO)

- RELAZIONI SUI CONTINENTI
- INTERVENTI IN AULA (INIZIO)

Alle ore 16.35 di oggi con la recita dell’Adsumus, alla presenza del Santo Padre, ha avuto luogo la Seconda Congregazione Generale, per la lettura delle Relazioni sui Continenti e l’inizio degli interventi dei Padri sinodali sul tema: «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».

Presidente Delegato di turno S. Em. R. Card. John TONG HON, Vescovo di Hong Kong (CINA).

È seguito un tempo di interventi liberi dei Padri Sinodali.

A questa Congregazione Generale, che si è conclusa alle ore 19.00 con la preghiera dell’Angelus Domini, erano presenti 256 Padri Sinodali.

RELAZIONI SUI CONTINENTI

- Per l’Europa: S. Em. R. Card. Péter ERDŐ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell'Europa (C.C.E.E.) (UNGHERIA)
- Per l’Africa: S. Em. R. Card. Polycarp PENGO, Arcivescovo di Dar-es-Salaam, Presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (S.C.E.A.M. - S.E.C.A.M.) (TANZANIA)
- Per l’America: S. E. R. Mons. Carlos AGUIAR RETES, Arcivescovo di Tlalnepantla, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.AM.) (MESSICO)
- Per l’Asia: S. Em. R. Card. Oswald GRACIAS, Arcivescovo di Bombay, Segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences" (F.A.B.C.) (INDIA)
- Per l’Oceania: S. E. R. Mons. John Atcherley DEW, Arcivescovo di Wellington, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente della Federazione delle Conferenze dei Vescovi Cattolici di Oceania (F.C.B.C.O.) (NUOVA ZELANDA)

Pubblichiamo di seguito le Relazioni sui continenti.

- Per l’Europa: S. Em. R. Card. Péter ERDŐ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell'Europa (C.C.E.E.) (UNGHERIA)

1. L’Europa dev’essere evangelizzata. Ne ha bisogno. Al tema dell’Europa sono già state dedicate due Assemblee speciali del Sinodo dei Vescovi. La prima dopo la caduta del muro di Berlino, in un clima di entusiasmo. La seconda nel 1999, all’alba del Grande Giubileo. I frutti di quest’ultima sono stati riassunti nelI’Esortazione Apostolica “Ecclesia in Europa” del Beato Giovanni Paolo II. Nel frattempo sono passati quasi 13 anni. Si sono compiute le speranze? Si sono risolti o, al contrario, aggravati i problemi?
2. Tra i segnali di preoccupazione, il grande Pontefice menzionava lo “smarrimento della memoria dell’eredità cristiana” (Ecclesia in Europa, 7). Tale processo e diventato ancor più evidente negli ultimi anni. Nonostante molte esperienze liete, nella maggior parte del continente si sta diffondendo l’ignoranza circa la fede cristiana. Molti mass-media divulgano una presentazione della fede cristiana e della storia che talora abbonda di calunnie, disinformando il pubblico sia circa il contenuto della nostra fede sia a proposito della realtà della Chiesa. Anche la nostra attività catechetica, soprattutto quella congiunta alle istituzioni dello Stato presenta molti lirniti. II Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa ha disposto, pochi anni fa, un’indagine in tutti i paesi del continente circa la situazione giuridica, statistica, ecclesiale e culturale dell’insegnamento della religione. I risultati rivelano che nelle scuole pubbliche di molti paesi è possibile un insegnamento sulla religione o sulle religioni, ma non della religione cattolica. Tuttavia un tale insegnamento della religione, cosiddetto neutrale, comporta piuttosto un’educazione al sincretismo o all’indifferentismo.
3. La scristianizzazione è accompagnata da ripetuti attacchi giuridici, e talora fisici, contro la presenza visibile delle manifestazioni della fede.
Tra i segni preoccupanti di ostilità sistematica l’Osservatorio europeo di cristianofobia ha preso atto di molti casi di discriminazione e di violenza contro i cristiani in quasi tutti i paesi europei. Non di rado accade pure che i tribunali rifiutino l’aiuto alle vittime cristiane di tali attacchi. La stragrande maggioranza dei casi di violenza e di discriminazione per l’appartenenza religiosa si compie in Europa contro cristiani, soprattutto cattolici.
4. La scristianizzazione non e solo un processo spontaneo. Se l’Esortazione Apostolica “Ecclesia in Europa” poteva ancora salutare “con soddisfazione ciò che è stato fatto per precisare le condizioni e le modalità del rispetto dei diritti umani” (Nr. 12), oggi dobbiamo costatare con preoccupazione il sorgere dei cosiddetti “diritti umani di terza e quarta generazione”. Essi non hanno più chiari legami con la visione umana e cristiana del mondo né con la moralità oggettiva espressa anche nelle categorie del diritto naturale. Così la loro base è spesso solo di ordine umano-positivo, come se l’uomo con le proprie opinioni e desideri fosse indipendente anche rispetto alla stessa realta.
Lo “smarrimento della memoria del cristianesimo” va di pari passo con i cambiamenti antropologici che sono conseguenza di una cultura audiovisiva, ma che indeboliscono i concetti chiari e il ragionamento logico.
5. Tale processo comporta un grande rischio anche per la società civile. L’“Ecclesia in Europa” (Nr. 12) riconosce come fenomeno europeo positivo “la considerazione data al diritto”. Bisogna costatare purtroppo che lo stato di diritto si è indebolito negli ultimi anni in diversi paesi. Soprattutto la crisi finanziaria ha costretto i politici a prendere drastiche misure contrarie alla volontà dei propri elettori. La gente ha spesso l’impressione che la democrazia tradizionale stia perdendo il suo significato.
Si manifestano pure i segni di un’illusione secondo cui sia possibile governare la società con i mass-media e l’economia, rinunciando completamente al diritto e alla moralità.
6. La gente in Europa, proprio a motivo del calo demograflco e dell’invecchiamento della popolazione - fenomento indagato dal CCEE due anni fa -, per la crisi economica e per l’indebolimento dell’identità culturale e religiosa, ha fame e sete di speranza.
Le Giornate Mondiali della Gioventù di Colonia e di Madrid, e le visite pastorali del Santo Padre in diversi paesi, hanno costituito un grande segno di speranza e hanno avuto un’efficacia missionaria straordinaria. Il movimento delle masse, la partecipazione dei mass-media, le grandi celebrazioni hanno toccato il cuore della gente, particolarmente sensibile a questo linguaggio di comunicazione. Gli effetti non sono fugaci. In quelle occasioni diversi partecipanti hanno ricevuto persino la loro vocazione sacerdotale o religiosa. Anche alcuni vescovi sono tornati profondamente commossi da questi incontri.
La missione cittadina organizzata in molti centri europei ha cercato di dare rilievo a questa speranza. “Chi ci fara vedere il bene?” (Sal 4, 7) suonava il motto della missione di Parigi. “C’è una speranza per la tua discendenza” (Ger 31, 17) abbiamo sentito nella missione di Budapest. Queste missioni hanno avuto risultati durevoli: oltre alla molteplice presa di contatto con la società non credente, una tale esperienza ha aiutato soprattutto le parrocchie a riscoprire la laro vocazione alla missione verso i non praticanti, ma anche verso i non credenti. A partire dall’anno scorso, quando - con l’aiuto del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione - abbiamo nuovamente organizzato una grande missione in 12 citta europee, si e costatato con gioia lo spirito di iniziativa presso molte parrocchie. Per rispondere alla crisi familiare, si e potuta persino intraprendere la visita di tutte le famiglie cattoliche nel nome della parrocchia, con l’incarico del Vescovo. Molti laici ricevono ora la formazione per questa missione.
7. Si osserva anche il ruolo prezioso di alcuni movimenti di spiritualità, menzionati già nell’“Ecclesia in Europa” (Nr. 15). Essi sono una vera benedizione per la Chiesa, se riescono ad evitare la tentazione postmoderna di accontentarsi di sentimenti e percezioni particolari. La presenza attiva nella missione di persone provenienti da altri paesi e da altri continenti, incoraggia molto i fedeli europei.
8. Un altro segno dei tempi, particolarmente promettente in Europa, è la crescita del volontariato nelle parrocchie, specialmente nell’opera caritativa. Soprattutto i pensionati, in età compresa tra i 65 e i 75 anni, dimostrano una generosità commovente e contribuiscono a rafforzare la
solidarietà tra le generazioni.
9. Purtroppo, continuano ad essere presenti in Europa tensioni nazionali ed etniche.
Questioni irrisolte sui Balcani, la situazione precaria dei cattolici nella Bosnia, i diversi conflitti connessi con il fenomeno dell’immigrazione nell’Occidente europeo richiedono una testimonianza equilibrata e a volte un paziente servizio da parte della Chiesa.
Ringraziamo la Divina Provvidenza, perché negli ultimi anni è proseguita, nonostante i suddetti problemi, la riconciliazione tra le nazioni europee. Incoraggiate da Sua Santità Benedetto XVI, le conferenze episcopali della Slovacchia e dell’Ungheria hanno potuto sottoscrivere nel 2006 un atto di riconciliazione. Il loro gesto puo servire da esempio per la società di entrambe le nazioni. Un altro evento coraggioso si è verificato pochi mesi fa. Il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutta la Russia, Cirillo, ha firmato a Varsavia con il Presidente delIa Conferenza Episcopale Polacca un atto di riconciliazione. In esso, le parti confermano anche la loro comune intenzione di difendere e far accogliere i valori umani e cristiani in Europa.
10. In questo contesto si inseriscono i risultati ecumenici più recenti. Malgrado il fatto che alcune nuove comunità siano fortemente anticattoliche, e che altri ambienti cristiani cerchino di riaffermare la loro identità mediante attacchi contro la Chiesa cattolica, la collaborazione pratica generale tra le chiese e le comunità cristiane in Europa sta crescendo. Un segno di questo fatto è il Forum Cattolico-Ortodosso Europeo, che si occupa di questioni attuali di morale e di dottrina sociale. Gli incontri con i rappresentanti di tutte Ie Chiese ortodosse hanno espresso un larghissimo consenso circa la famiglia e la vita, circa i criteri dei rapporti tra Stato e Chiesa e la crisi economica. Anche con le comunità protestanti sta crescendo in Europa lo spirito di fratellanza e solidarietà.
11. Oltre a ciò, cresce tra i vescovi cattolici di rito latino e orientale la coscienza dell’unità, della fratellanza e della vera comunione.
Chiediamo dunque la luce dello Spirito Santo per i lavori di questa Sinodo e per tutta la nuova evangelizzazione. Santa Maria, Madre delIa Chiesa, prega per noi!

[00013-01.05] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

- Per l’Africa: S. Em. R. Card. Polycarp PENGO, Arcivescovo di Dar-es-Salaam, Presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (S.C.E.A.M. - S.E.C.A.M.) (TANZANIA)

Parlo a nome del Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e del Madagascar (SECAM).
L’evangelizzazione nel continente africano è avvenuta sin dai primordi della Chiesa. Prova ne è l’incontro tra l’eunuco etiope e il diacono Filippo (cfr. At 8, 26-39).
Tuttavia, in gran parte dell’Africa sub-sahariana l’opera di evangelizzazione è più recente, sicché è molto difficile distinguere tra Vecchia e Nuova Evangelizzazione. Parrebbe però opportuno parlare di Nuova Evangelizzazione dell’Africa a partire dalla sfida laciata da Papa Paolo VI nel 1969: “Africani, siate missionari di voi stessi” (S.S. Paolo VI, Omelia per la Celebrazione Eucaristica conclusiva del Simposio organizzato dai Vescovi africani, Kampala, Uganda, 31 luglio 1969). Per noi questa sfida significa essere veramente africani e veramente cattolici. Ciò esige una Chiesa matura nel continente.
Per rispondere alla sfida, sono state istituite e rafforzate le necessarie strutture pastorali a livello nazionale e regionale. Sulla stessa linea, nel 1969 fu istituito il SECAM, volto a “preservare e a favorire la comunione, la collaborazione e l’azione comune delle Conferenze episcopali dell’Africa e delle isole adiacenti” (cfr. www.uecon.org/SECAM.html). L’istituzione o il rafforzamento delle strutture pastorali spiega l’attuale straordinario numero di vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi e catechisti africani.
Un’istituzione fondamentale per la Nuova Evangelizzazione in Africa è costituita delle piccole Comunità cristiane. Esse sono diventate oggi centri vivi di Evangelizzazione del continente.
Per quanto riguarda gli aspetti negativi, esistono diversi fattori che ostacolano il necessario approfondimento della fede in Africa. La globalizzazione, per esempio, introduce rapidamente valori stranieri non assimilati, rendendo difficile per i cristiani nel continente essere veramente africani. La fede cristiana, dunque, in tal modo viene resa anche in larga misura estranea.
Diventa molto difficile mettere in pratica i valori tradizionali, come il rispetto per la vita e le strette relazioni sociali familiari.
D’altro canto, in Africa vi sono elementi culturali che impediscono una vera evangelizzazione. Tra questi elementi si possono citare i perenni conflitti su base tribale, le malattie, la corruzione, il traffico di esseri umani, l’atrocità degli abusi sui bambini e la violenza nei confronti dei minori e delle donne.
Un altro ostacolo che la Nuova Evangelizzazione in Africa non deve trascurare è l’attualità del fondamentalismo islamico nel continente. A tale riguardo, gli evangelizzatori devono affrontare la difficoltà di dialogare con la grande maggioranza di bravi musulmani, che però non si esprimono, e con i piccoli gruppi di fondamentalisti, che non sono disposti ad accettare nemmeno la verità oggettiva che viene contrapposta alla loro posizione preconcetta.
La Nuova Evangelizzazione in Africa richiede anche che gli evangelizzatori africani vadano oltre la richiesta di Papa Paolo VI: “Africani, siate missionari di voi stessi”. L’evangelizzazione africana ha portato già adesso missionari nelle Chiese occidentali, come negli Stati Uniti d’America e in Europa. Pur trattandosi di un’iniziativa molto lodevole, occorre però menzionare il possibile aspetto negativo, che consiste nella ricerca, da parte degli evangelizzatori, del guadagno materiale prima che dell’autentica evangelizzazione, a scapito della Chiesa, da entrambe le parti. La Chiesa in Africa viene privata degli evangelizzatori più qualificati, mentre la Chiesa occidentale, ricca dal punto di vista materiale, riceve evangelizzatori il cui obiettivo principale è il guadagno materiale.
Tenendo presente tutto ciò, è facile capire che il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione è un evento molto apprezzato. È, come ha detto Sua Santità Papa Benedetto XVI, un invito all’Africa: “Alzati, prendi la tua barella e cammina!” (Africae munus, n. 148). Ritengo che, con una fede rinnovata grazie a questo Sinodo, l’Africa possa superare i problemi profondamente radicati che le si presentano oggi.
Alla luce delle due Esortazioni apostoliche Post-sinodali Ecclesia in Africa, del 1995, e Africae munus, del 2011, come anche del Catechismo della Chiesa Cattolica e del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, la Chiesa in Africa giustamente si attende da questo Sinodo una ricca messe.

[00010-01.07] [RC002] [Testo originale: inglese]

- Per l’America: S. E. R. Mons. Carlos AGUIAR RETES, Arcivescovo di Tlalnepantla, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.AM.) (MESSICO)

La grande sfida: il cambiamento d’epoca e la frattura culturale (cfr. Instrumentum laboris per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 47)
La V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (svoltasi a Aparecida, in Brasile, nel maggio 2007) si colloca in continuità con il Concilio Vaticano II (la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi costituisce un passo nuovo nella storia della Chiesa, soprattutto dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II. Essa dà continuità e, allo stesso tempo, ricapitola il cammino di fedeltà, di rinnovamento e di evangelizzazione della Chiesa latinoamericana al servizio dei popoli: Documento di Aparecida [DA], n. 9) e invita a ripensare in modo approfondito e a rilanciare con fedeltà e coraggio la missione della Chiesa nel nuovo e impegnativo contesto dell’America Latina e del mondo (cfr. DA, n. 11). Considera necessario uscire dal grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa per ricominciare da Cristo (cfr. DA, n.12).
La Nuova Evangelizzazione esige la comunione ecclesiale
Per raggiungere la Nuova Evangelizzazione e trasmettere la fede alle nuove generazioni, la Chiesa deve farsi in tutta onestà un esame di coscienza sul modo di vivere la fede (La proposta di un nuovo stile di vita non è solo per i Pastori, bensì per tutti i cristiani che vivono in America. Ad essi viene chiesto di approfondire e fare propria l'autentica spiritualità cristiana. “In effetti, con il termine spiritualità si intende uno stile o una forma di vita secondo le esigenze cristiane. Spiritualità è ‘vita in Cristo’ e ‘nello Spirito’, che si accetta nella fede, si esprime nell'amore e, animata di speranza, si traduce nel quotidiano della comunità ecclesiale”: Ecclesia in America [EIA], n. 29). È necessario esaminare la vita ecclesiale (cfr. Instrumentum laboris per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 95) e la sua testimonianza nella società attuale (la pastorale della Chiesa non può prescindere dal contesto storico in cui vivono i suoi membri. La loro vita si inserisce in realtà socioculturali concrete. Queste trasformazioni sociali e culturali costituiscono per la Chiesa una nuova sfida nella sua missione di edificazione del Regno di Dio. Da qui, la necessità, nella fedeltà allo Spirito Santo che la guida, di un rinnovamento ecclesiale che implica riforme spirituali, pastorali e anche istituzionali. DA, n. 367).
L’Ecclesia in America afferma: “Davanti ad un mondo diviso e desideroso di unità è necessario proclamare con gioia e fermezza di fede che Dio è comunione, Padre, Figlio e Spirito Santo, unità nella distinzione, il quale chiama tutti gli uomini a partecipare alla medesima comunione trinitaria... Questa comunione, esistente nella Chiesa ed essenziale alla sua natura, deve manifestarsi attraverso segni concreti” (EIA, n. 33).
Anche se indispensabile, l’organizzazione istituzionale della Chiesa non è sufficiente (“Gran parte dell’umanità di oggi non ritrova il Vangelo nell’evangelizzazione permanente della Chiesa”: La Nuova Evangelizzazione, conferenza del cardinal Joseph Ratzinger in occasione del Giubileo dei catechisti e insegnanti di religione svoltosi il 10 dicembre 2000 a Roma. L’Osservatore Romano, 19 gennaio 2001 [NE, JR]); è necessario che la testimonianza della spiritualità della comunione (Novo Millennio Ineunte [NMI], n. 43) sia visibile nella vita ecclesiale; a tal fine, occorre la partecipazione e la comunione dei vari membri della Chiesa a tutti i livelli e con le proprie responsabilità (La conversione pastorale richiede che le comunità pastorali siano comunità di discepoli missionari attorno a Cristo, Maestro e Pastore. Da qui nasce l’atteggiamento di apertura, di dialogo e di disponibilità per promuovere la corresponsabilità e la partecipazione effettiva di tutti i fedeli alla vita delle comunità cristiane. Oggi, più che mai, la testimonianza della comunione ecclesiale e la santità sono un’urgenza pastorale: DA, n. 368) dando testimonianza dell’arte di vivere (“Per questo occorre una nuova evangelizzazione. Se si ignora l’arte di vivere, tutto il resto non funziona più. Ma quest’arte non viene dalla scienza; la può comunicare solo colui che ha la vita, colui che è il Vangelo vivente”: NE, JR).
La presa di coscienza per generare la comunione ecclesiale inizia con la conversione pastorale (La conversione pastorale è la chiave per un’evangelizzazione nuova nell’ardore), intesa come accettazione della manifestazione del Regno di Dio e dell’impegno di diventare discepolo di Cristo per farlo conoscere al mondo (Mc 1, 15), impegno che richiede la conversione personale (La conversione personale risveglia la capacità di mettere tutto al servizio dell’affermazione del Regno di vita. Vescovi, presbiteri, diaconi permanenti, consacrati e consacrate, laici e laiche, siamo tutti chiamati a assumere un atteggiamento di permanente conversione pastorale , che implica l’ascoltare attentamente e il discernere “ciò che lo Spirito dice alle chiese” attraverso i segni dei tempi in cui Dio si manifesta: DA, n. 366) permanente (“La conversione quaggiù è traguardo mai pienamente raggiunto: nel cammino che il discepolo è chiamato a percorrere sulle orme di Gesù, essa è impegno che investe tutta la vita”: EIA, n. 28).
Il cammino incipiente e fiducioso della Nuova Evangelizzazione in America
Il rinnovamento pastorale in America, avviato in risposta al Concilio Vaticano II, ha reso più dinamica la vita interna della Chiesa: si sono moltiplicati gli agenti della pastorale, si è intensificata la formazione nella fede, sono cresciute la partecipazione e la comunione eucaristica dei fedeli alla messa domenicale; sono quindi numerosi e vari gli aspetti positivi del rinnovamento pastorale della Chiesa (cfr. DA, n. 99). Tuttavia questa crescita non è avvenuta in proporzione alla crescita demografica dei nostri popoli; si osservano enormi settori di cattolici distanti e tiepidi nella loro identità cattolica, benché sicuramente credenti (cfr. DA, n. 100, a).
La religiosità continua a essere viva ed è la grande riserva potenziale dei nostri popoli (“Una caratteristica particolare dell'America è l'esistenza di una intensa pietà popolare radicata nelle diverse nazioni. Si incontra a tutti i livelli e in tutti i settori sociali, rivestendo un'importanza speciale come luogo di incontro con Cristo per quanti con spirito di povertà ed umiltà di cuore cercano sinceramente Dio (cfr Mt 11, 25)”: EIA, n. 16). Essa, se guidata dalla Parola di Dio (“‘Io sono la Via, la Verità e la Vita’ (Gv 14, 6). Con queste parole, Gesù si presenta come l'unica via che conduce alla santità. Ma la conoscenza concreta di tale itinerario avviene in maniera precipua mediante la Parola di Dio che la Chiesa proclama con la sua predicazione”: EIA, n. 31), predispone il cuore del credente alla scoperta di Cristo (cfr. Instrumentum laboris per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 21. “Annunciare Dio significa introdurre nel rapporto con Dio: insegnare a pregare”: NE, JR), lasciandosi sedurre dal Signore della Vita (L'incontro con il Signore produce una profonda trasformazione di quanti non si chiudono a Lui. Il primo impulso che nasce da tale trasformazione è comunicare agli altri la ricchezza scoperta nell'esperienza di questo incontro: EIA, n. 68) e accettando di entrare a far parte con maggiore consapevolezza della Chiesa come membro di una comunità di discepoli missionari, che pratica una spiritualità cristiana (La sequela di Cristo ha una meta ben più elevata: l’identificazione con Lui, ossia il raggiungimento dell’unione con Dio”: NE, JR), che permette la santificazione dei suoi membri per la comunione con Dio Padre nello Spirito Santo (La santità è la meta del cammino di conversione, poiché essa “non è fine a se stessa, bensì itinerario verso Dio, che è santo. Essere santi è imitare Dio e glorificare il suo nome nelle opere che realizziamo nella nostra vita (cfr Mt 5, 16)”: EIA, n. 30).
Le piccole comunità collegate tra di loro stanno sperimentando il vantaggio della comunicazione e della comunione. La parrocchia si rinnova manifestando un nuovo volto della Chiesa che cresce e si sviluppa con forza (cfr. Instrumentum laboris per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, nn. 80-107), quando la parrocchia è in rapporto organico con le altre, guidate insieme, come diocesi, dal Vescovo (“Una via di rinnovamento parrocchiale, particolarmente urgente nelle parrocchie delle grandi città, si può forse trovare considerando la parrocchia come comunità di comunità e di movimenti”. EIA, n. 41). Questa dinamica di comunione ecclesiale è più urgente e indispensabile nelle città e nelle grandi zone urbane delle metropoli (cfr. DA, nn. 517-518).
La vita della Chiesa come comunità di comunità, in comunione e unità, permette a ogni cristiano di scoprire che nel XXI secolo è possibile vivere come discepolo di Cristo in una comunità di discepoli del Signore Gesù e prendere coscienza come discepolo missionario dell’urgente necessità di dare una testimonianza credibile e affidabile della fede nel mondo attuale (“Annunciando la conversione dobbiamo offrire anche una comunità di vita, uno spazio comune del nuovo stile di vita. Non si può evangelizzare solo a parole. Il Vangelo crea la vita, crea la comunità in cammino. Una conversione puramente individuale non ha consistenza”: NE, JR).
I processi pastorali di programmazione diocesana aprono gli spazi per la formazione del discepolo missionario e della missione continentale. La pastorale organica descritta nel Piano Diocesano per la Pastorale sta concretizzando ciò che la Novo Millennio Ineunte indica: “È nelle Chiese locali che si possono stabilire quei tratti programmatici concreti — obiettivi e metodi di lavoro, formazione e valorizzazione degli operatori, ricerca dei mezzi necessari — che consentono all'annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura.” (NMI, n. 29).
Per questo, oso dire che la Nuova Evangelizzazione, che si apre strada in America, parte dall’incontro con Cristo che la Chiesa offre ai fedeli cristiani (“Gesù Cristo è la “buona novella” della salvezza comunicata agli uomini di ieri, di oggi e di sempre; ma al tempo stesso è anche il primo e supremo evangelizzatore. La Chiesa deve porre al centro della sua attenzione pastorale e della sua azione evangelizzatrice Cristo crocifisso e risorto. “Tutto quello che si progetta in campo ecclesiale deve partire da Cristo e dal suo Vangelo”: EIA, n. 67) e giunge alla scoperta e al vissuto appassionato e impegnato della vita disciplinare (“L’annuncio di Dio conduce alla comunione con Dio nella comunione fraterna, fondata e vivificata da Cristo”: NE, JR), espressione della spiritualità di comunione.
In questo modo, la vita diocesana e parrocchiale si avvicina a quella familiare, la Chiesa domestica (Per essere veramente “chiesa domestica”, la famiglia cristiana è chiamata a costituire l'ambito in cui i genitori trasmettono la fede, dovendo essere “per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede”: EIA, n. 46), rafforzandosi reciprocamente e contribuendo a gettare le basi per affrontare l’emergenza educativa del nostro tempo (Lineamenta per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 20).
I protagonisti della Nuova Evangelizzazione
L’influenza della fede nella società affinché il lievito del Vangelo permei e dia senso e sapore alla vita umana, dipende in gran parte dall’azione dei laici. Per questo, EIA afferma che sono loro i principali protagonisti della Nuova Evangelizzazione: “Il rinnovamento della Chiesa in America non sarà possibile senza la presenza attiva dei laici. Per questo, appartiene in gran parte ad essi la responsabilità per il futuro della Chiesa” (EIA, n. 44).
La vocazione e la missione propria e specifica dei fedeli laici è la trasformazione delle strutture temporali, affinché la condotta sociale si basi sui valori evangelici (cfr. Lumen gentium, n. 31; EIA, n. 27). Da qui deriva l’importanza della consapevolezza e della formazione dei laici in armonia con la loro identità che, in modo personale e comunitario, deve dare testimonianza di una vita coerente con le convinzioni di fede nei propri ambienti di vita e di lavoro (Due sono gli ambiti in cui si realizza la vocazione dei fedeli laici. Il primo, e più proprio del loro stato laicale, è quello delle realtà temporali, che sono chiamati ad ordinare secondo la volontà di Dio. Infatti, “col loro peculiare modo di agire, il Vangelo è portato dentro le strutture del mondo e “operando santamente dappertutto consacrano a Dio il mondo stesso”. Grazie ai fedeli laici, “la presenza e la missione della Chiesa nel mondo si realizza, in modo speciale, nella varietà di carismi e ministeri che possiede il laicato. La secolarità è la nota caratteristica e propria del laico e della sua spiritualità, che lo porta ad agire nei vari ambiti della vita familiare, sociale, professionale, culturale e politica, in vista della loro evangelizzazione”: EIA, n. 44).
Per questo è indispensabile disporre di istanze per la promozione della vocazione laicale e per l’accompagnamento nella sua formazione e nella sua missione nel mondo (cfr. Instrumentum laboris per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 118).
La Nuova Evangelizzazione e il dialogo con il mondo e con le religioni
In pieno Concilio, Papa Paolo VI affermò nella sua prima Enciclica: “la Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio” (Ecclesiam Suam, n. 67).
Oggi, in un mondo sempre più pluralistico, il dialogo si apre strada in diversi ambiti; i temi che affronta il dialogo in America sono, tra gli altri: la Parola di Dio, la Dignità Umana, la Famiglia, la Vita, l’Educazione, l’Etica, l’Economia, lo Sviluppo dei popoli, la Mobilità Umana e in particolare le Migrazioni, la Solidarietà, l’Ecologia, la Giustizia e la Pace. In tutti i temi, il faro è la Verità (“La fedeltà all'uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr. Gv 8, 32) e della possibilità di uno sviluppo umano integrale. Per questo la Chiesa la ricerca, l'annunzia instancabilmente e la riconosce ovunque essa si palesi. Questa missione di verità è per la Chiesa irrinunciabile”: Caritas in Veritate, n. 9).
Le istituzioni educative (“Nel progetto globale della nuova evangelizzazione, il settore dell'educazione occupa un posto privilegiato. Per questo, va incoraggiata l'attività di tutti i docenti cattolici, anche di quelli impegnati in scuole non confessionali. Rivolgo pure un appello urgente ai consacrati ed alle consacrate, perché non abbandonino questo campo tanto importante per la nuova evangelizzazione... La famiglia è il primo spazio educativo della persona”: EIA, n. 71), sociali e culturali, sono state strategicamente istanze proprie per promuovere, coordinare e articolare la partecipazione dei laici nel mondo.
Punti chiave della Nuova Evangelizzazione
La principale sfida della Nuova Evangelizzazione
Annunciare Cristo con il linguaggio e con le forme culturali delle nuove tecnologie della comunicazione sociale (cfr. Instrumentum laboris della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, nn. 59-62).
L’asse teologico pastorale della Nuova Evangelizzazione
Assumere la missione della Chiesa come prolungamento del dinamismo del mistero dell’Incarnazione (“Nel mistero dell'Incarnazione sono poste le basi per un'antropologia che può andare oltre i propri limiti e le proprie contraddizioni, muovendosi verso Dio stesso, anzi, verso il traguardo della “divinizzazione”, attraverso l'inserimento in Cristo dell'uomo redento, ammesso all'intimità della vita trinitaria”. NMI, n. 23) nello spirito della Gaudium et spes (cfr. nn. 1-4) e secondo le indicazioni della Novo Millennio Ineunte (n. 3): in ciascuna Chiesa locale, “raccolta intorno al suo Vescovo, nell'ascolto della Parola, nell'unione fraterna e nella “frazione del pane” (cfr. At 2, 42), è “veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica”. È soprattutto nel concreto di ciascuna Chiesa che il mistero dell'unico Popolo di Dio assume quella speciale configurazione che lo rende aderente ai singoli contesti e culture. Questa incarnazione della Chiesa nel tempo e nello spazio riflette, in ultima analisi, il movimento stesso dell'Incarnazione.
La responsabilità degli agenti della pastorale:
1. Conversione pastorale (cfr. Instrumentum laboris per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 88) e cambiamento di mentalità nel clero, nei consacrati e negli agenti di pastorale, favoriti soprattutto dalla consapevolezza delle attuali sfide sociali e culturali, e accompagnata dalla lettura assidua e dalla meditazione della Parola di Dio (“Questa lettura della Bibbia, accompagnata dalla preghiera, è nota nella tradizione della Chiesa con il nome di Lectio divina, pratica da incoraggiare fra tutti i cristiani. Per i presbiteri, essa deve costituire un elemento fondamentale nella preparazione delle loro omelie, specialmente di quelle domenicali”: EIA, n. 31).
2. La preparazione e la celebrazione dell’Eucaristia (“L'Eucaristia costituisce il centro vivo permanente intorno al quale si raduna l'intera comunità ecclesiale. I diversi aspetti di questo Sacramento ne mostrano l'inesauribile ricchezza: esso è, al tempo stesso, Sacramento-sacrificio, Sacramento-comunione, Sacramento-presenza. L'Eucaristia è il luogo privilegiato per l'incontro con Cristo vivo”: EIA, n. 35), di tutti i servizi cultuali (cfr. Instrumentum laboris della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 97) e delle pratiche religiose della pietà popolare affinché siano spazi e istanze di incontro con Cristo e con i fratelli (EIA, n. 12).
3. Pastorale organica nella partecipazione e nella comunione nelle Diocesi (La Diocesi, presieduta dal Vescovo, è il primo ambito della comunione e della missione. Essa deve promuovere e condurre un’azione pastorale organica rinnovata e vigorosa, in modo che la varietà dei carismi, ministeri, servizi e organizzazioni si orienti verso uno stesso progetto missionario per comunicare la vita nel proprio territorio. Questo progetto, che nasce da un cammino di partecipazione varia, rende possibile la pastorale organica, capace di rispondere alle nuove sfide: DA, n. 169) e nelle Province Ecclesiastiche (cfr. EIA, nn. 36-37).
La responsabilità della comunità dei fedeli:
1. Adottare il Catechismo della Chiesa Cattolica e il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa quale fondamento della formazione dei fedeli (davanti ai gravi problemi di ordine sociale che, con caratteristiche diverse, sono presenti in tutta l'America, il cattolico sa di poter trovare nella dottrina sociale della Chiesa la risposta da cui partire per individuare le soluzioni concrete. Diffondere tale dottrina costituisce, pertanto, un'autentica priorità pastorale. EIA, n. 54).
2. Esprimere la vita cristiana comunitaria nella vita dei discepoli di piccole comunità nella partecipazione e comunione (La vocazione al discepolato missionario è con-vocazione alla comunione nella sua Chiesa. Non esiste discepolato senza comunione... La fede ci libera dall’isolamento dell’io perché ci conduce alla comunione. Ciò significa che una dimensione costitutiva dell’evento cristiano è l’appartenenza a una comunità concreta in cui possiamo vivere un’esperienza permanente di discepolato e di comunione con i successori degli Apostoli e con il Papa: DA, n. 156).
3. Definire e programmare i processi di formazione cristiana (cfr. EIA, nn. 34 e 69) per guidare in modo pedagogico i fedeli nei percorsi mistagogici che permettono al credente di entrare nell’esperienza del Mistero di Dio (cfr. NMI, nn. 32-34).
La responsabilità dei laici nel mondo:
1. Associarsi e sostenersi a vicenda per poter agire nei propri ambiti di vita sociale testimoniando (cfr. Instrumentum laboris della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, n. 158) attivamente e passivamente le convinzioni di fede e la loro identità cattolica (“Di conseguenza, “i fedeli laici, in forza della loro partecipazione all'ufficio profetico di Cristo, sono pienamente coinvolti in questo compito della Chiesa” e, pertanto, devono sentirsi chiamati ed inviati a proclamare la Buona Novella del Regno. Le parole di Gesù: “Andate anche voi nella mia vigna” (Mt 20, 4) devono intendersi rivolte non solo agli Apostoli, ma a tutti coloro che desiderano essere autentici discepoli del Signore”. EIA, n. 66).
2. Ricercare il dialogo con le istituzioni pubbliche e private per collaborare alla realizzazione del bene comune e per creare una cultura (“Il mio predecessore Paolo VI, con sapiente ispirazione, rilevava che la “rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca”. Giustamente, pertanto, i Padri sinodali hanno ritenuto che “la nuova evangelizzazione richiede uno sforzo lucido, serio e ordinato per evangelizzare la cultura”. EIA, n. 70) basata sulla dignità umana (“È opportuno ricordare che il fondamento su cui poggiano tutti i diritti umani è la dignità della persona”. EIA, n. 57).
3. Utilizzare le nuove tecnologie di comunicazione per far conoscere la vita e la missione della Chiesa e per il dialogo con il mondo (“È fondamentale, per l'efficacia della nuova evangelizzazione, una profonda conoscenza della cultura attuale nella quale i mezzi di comunicazione sociale hanno grande influenza. Conoscere e usare questi mezzi, sia nelle loro forme tradizionali che in quelle più recenti introdotte dal progresso tecnologico, è, pertanto, indispensabile”. EIA, n. 72).
4. Utilizzare delle reti sociali per diffondere il pensiero cattolico e le sue risposte attuali alle sfide culturali, in particolare nei confronti delle nuove generazioni (“In realtà, molti sono i giovani americani in cerca d'un significato vero da dare alla vita ed assetati di Dio... La sensazione di frustrazione che sperimentano... li conduce ad abbandonare la ricerca di Dio. Dinanzi a così complessa situazione, “la Chiesa si impegna a mantenere la sua opzione pastorale e missionaria per i giovani, perché possano incontrare oggi Gesù Cristo vivo” (EIA, n. 47).
La conversione pastorale prosegue nella missione continentale, impegno assunto ad Aparecida dall’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Per questo, in America, la Nuova Evangelizzazione si identifica con la missione continentale.

[00011-01.11] [RC013] [Testo originale: spagnolo]

- Per l’Asia: S. Em. R. Card. Oswald GRACIAS, Arcivescovo di Bombay, Segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences" (F.A.B.C.) (INDIA)

L’Asia è un continente che sta vivendo le speranze e le gioie di una costante rinascita nello Spirito (Ecclesia in Asia). Sappiamo tutti che il 60% della popolazione mondiale vive in Africa. Si tratta di un giovane continente in cui la maggioranza della popolazione è giovane. Perciò, per molti aspetti, l’Asia occupa un posto centrale nel futuro dell’evangelizzazione. L’India e la Cina, dove vive il 37% della popolazione mondiale, stanno emergendo quali protagonisti della scena internazionale in molti settori.
Non c’è uniformità nello scenario asiatico ed è quindi difficile definire cosa sia il mondo asiatico. Riscontriamo alti livelli di sviluppo economico in paesi quali il Giappone, la Corea del sud e Taiwan; in altri paesi lo sviluppo è in crescita; e alcuni combattono con la povertà. L’Asia è benedetta da una ricchezza di culture, antiche e ben sviluppate. È anche la culla di molte delle religioni del mondo. Forse a causa della natura spirituale profondamente radicata nell’anima asiatica che cerca costantemente l’Assoluto?
Le Chiese in Asia hanno individuato tre punti di forza per la nostra opera, legati alle tre sfide più importanti che ci si presentano. Dobbiamo quindi aprire un dialogo con le culture, un dialogo con i poveri e un dialogo con le religioni: studiare cosa significa per noi il mandato evangelico riguardo al nostro rapporto con queste tre importanti realtà.
Un impulso enorme che incombe su di noi e che tocca tutti gli aspetti della vita in Asia è quello della globalizzazione. Si tratta di un processo continuo, inesorabile, complesso e ambivalente, che tocca ogni sfera della nostra vita e della nostra attività. Iniziato come un processo economico che ha portato alla libera concorrenza, talvolta a detrimento dei paesi più poveri, è diventato adesso un fenomeno culturale. Influenza valori culturali asiatici custoditi gelosamente, portando con sé materialismo, individualismo, consumismo e relativismo. Sono i giovani in particolare i più esposti ai suoi effetti.
Ovunque si osservi, gli effetti della globalizzazione interessano il nostro sistema di valori. I valori tradizionali asiatici, le tradizioni e le culture che ci stanno più a cuore vengono colpite e smantellate. Mentre diamo il via al grande progetto della nuova evangelizzazione, vorrei segnalarne alcuni:
1. Come ho detto, uno spirito di secolarismo e materialismo sta diventando più preponderante. I popoli asiatici sono religiosi per natura, con centinaia di migliaia di persone che fanno la coda per visitare templi e luoghi di culto per ricevere benedizioni divine in occasione di eventi speciali. Adesso alcuni stanno scoprendo che Dio dal centro della vita della gente è stato relegato alla periferia. Dalla nostra prospettiva cristiana, vediamo che le nostre chiese ospitano ancora ampie congregazioni. Ma sarà sempre così? L’Anno della Fede ci porrà di fronte alla sfida di presentare il messaggio della fede in modo invitante e autorevole e come una risposta agli interrogativi del nostro tempo.
2. I legami familiari, una volta considerati importantissimi e ben radicati per tutti i nuclei familiari asiatici, si stanno lentamente sfaldando. Con loro sono iniziati anche gli attacchi alla santità della vita matrimoniale. Il divorziò, una volta considerato un tabù, adesso non è più così insolito. Si sono levate anche flebili voci a favore dei matrimoni omosessuali. Non è ancora un movimento di una certa portata, ma sta lentamente guadagnando terreno in nome della libertà.
Molti movimenti di famiglie sono sorti in seno alla Chiesa in Asia. Questo apostolato ha portato molto frutto, perché la famiglia viene vista come cellula fondamentale della società, il luogo da cui una volta scaturivano felicità, successo e missione nella vita. La sfida che dobbiamo affrontare è quella di trovare nuovi modi per preservare la sacralità della famiglia e del focolare.
3. I movimenti contro la vita - mentre l’anima asiatica considera importanti tutti gli aspetti della vita, stanno facendo aumentare le minacce alla vita che sgomentano sotto molti aspetti. I conflitti etnici, la soppressione violenta di diversi credo religiosi; la tragica minaccia alla vita dei più indifesi: i bimbi non ancora nati; la soppressione di feti femminili viene comunemente pratica in alcune zone in quanto una bambina viene considerata una maledizione divina o un fardello finanziario.
L’anima asiatica di per sé ha un grande rispetto per la vita. In alcune tradizioni religiose gli animali e le piante vengono considerati sacri e trattati col massimo rispetto. In questo ambiente il messaggio evangelico a favore della vita troverà facile accoglienza.
4. L’anima asiatica cerca la comunità. Adesso anche questo aspetto è interessato da un’individualismo strisciante, con un’assenza di sollecitudine per gli altri, con l’indifferenza alle loro necessità, con una mancanza di ospitalità, che era tradizionalmente importante in tutte le società. La Chiesa in Asia ha scelto il metodo delle comunità cristiane di base come il nostro nuovo modo di essere Chiesa. Ciò ha avuto un gran successo in molti luoghi e ha portato alla partecipazione dei laici nella Chiesa, alla formazione dei laici e al contatto con gli altri. Ha dato un senso di appartenenza a molti che altrimenti sarebbero stati trascurati.
5. Purtroppo assistiamo anche a un numero crescente di attacchi alla religione. In alcuni paesi la persecuzione dei cristiani è in aumento. L’opposizione viene dalla religione dominante o talvolta da una spinta ideologica, che vuole imporre autorità politica ai gruppi religiosi. Le comunità cristiane in alcuni luoghi si sentono deboli e indifese, ma abbiamo assistito a casi di testimonianze eroiche in mezzo alla sofferenza.
Le grandi intuizioni del documento del Vaticano II Nostra Aetate sono importanti ancora oggi. Per noi in Asia il dialogo è una necessità, non un lusso. Un dialogo di vita è qualcosa in cui tutti noi siamo coinvolti quotidianamente. In Asia rappresentiamo soltanto il 3% della popolazione totale, con una maggioranza di cristiani soltanto in due paesi, le Filippine e Timor est. Anche nel nostro continente il fondamentalismo religioso si fa sentire. Questi incidenti, per quanto sporadici, sono sufficienti a destare allarme.
Guardiamo con speranza all’Anno della Fede affinché possiamo comprendere più profondamente la nostra fede, viverla in modo più autentico e proclamarla con più fiducia.
Vorrei concludere con due ulteriori elementi tratti dal nostro contesto asiatico: per noi la religione è più il discepolato di una persona che l’adesione a una dottrina o l’obbedienza a una serie di regole. La persona di Gesù è profondamente affascinante: il suo messaggio e la sua vita, la sua passione, morte e risurrezione. L’adesione a una dottrina nasce come il frutto dell’essere discepolo di un maestro. In questo modo i primi cristiani hanno proclamato la Buona novella.
Inoltre la mentalità asiatica trova maggior significato nella preghiera contemplativa che nella meditazione discorsiva. Queste sono ricchezze su cui possiamo lavorare e condividere col mondo. Le nostre liturgie rappresentano un punto centrale della nostra fede cristiana, ma se la contemplazione viene posta al centro almeno del servizio para liturgico, ciò potrebbe portare una profonda gioia alla nostra gente, che sente la presenza di Dio e da lui si sente rafforzata.Le sfide che dobbiamo affrontare sono immense. Ma le possibilità sono grandi. La giovane Asia è benedetta da un’esplosione di comunicazioni senza precedenti. Ciò non va visto come una minaccia, bensì come un gran dono di Dio, da usare per diffondere la Buona novella. La nostra vocazione è quella di preparare i nostri giovani in modo particolare all’uso dei nuovi mezzi di comunicazione e a trarne beneficio.
Che Maria, stella della nuova evangelizzazione, ci guidi lungo il cammino.

[00012-01.06] [NNNNN] [Testo originale: inglese]

- Per l’Oceania: S. E. R. Mons. John Atcherley DEW, Arcivescovo di Wellington, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente della Federazione delle Conferenze dei Vescovi Cattolici di Oceania (F.C.B.C.O.) (NUOVA ZELANDA)

1. In questa stessa Aula, durante il Sinodo per l’Oceania del 1998, Padre Timothy Radcliffe, allora Priore Generale dei Padri Domenicani, coniò la bella frase “isole di umanità”, parlando dell’Oceania. Tali “isole di umanità” sono rispecchiate nell’Esortazione post-sinodale “Ecclesia in Oceania” (EO), che Papa Giovanni Paolo II avrebbe dovuto pronunciare durante una visita pastorale in Nuova Caledonia. Tuttavia, il peggioramento del suo stato di salute impedì quella visita, così che “Ecclesia in Oceania” fu il primo documento importante che il Vaticano diffuse per via elettronica. Ebbene, l’Oceania, che copre un terzo della superficie terrestre ed è lontana dall’abbraccio tecnologico dell’universo, ha tratto beneficio dalle comunicazioni elettroniche. L’esortazione fu un appello rivolto alle genti dell’Oceania affinché tornassero a impostare la propria vita su Gesù Cristo: a percorrere la sua via, a proclamare la sua verità, a vivere la sua vita.
L’esortazione fu per molti anche un’introduzione al termine “Nuova Evangelizzazione”. “L'evangelizzazione è la missione della Chiesa di proclamare al mondo la verità di Dio rivelata in Gesù Cristo... Oggi occorre una nuova evangelizzazione, così che ognuno possa udire, comprendere e credere nella misericordia di Dio destinata, in Cristo Gesù, a tutti i popoli” (EO 18).
Quell’“oggi” è l’“oggi” della Bibbia: “Se oggi udite la sua voce...”.
Oggi la Chiesa d’Oceania è chiamata ad ascoltare di nuovo l’invito di Gesù Cristo a seguire le sue orme, a proclamare la sua verità, a vivere la sua vita sotto la costellazione della Croce del Sud che illumina il cielo notturno sull’Oceania.
Quali sono le isole di umanità che riconosciamo nelle diocesi e nei paesi delle quattro Conferenze Episcopali che costituiscono la Federazione dei Vescovi Cattolici dell’Oceania?
La Conferenza Episcopale del Pacifico (CEPAC). Oltre il 30% della popolazione di questo vasto territorio è nata dopo il Sinodo per l’Oceania. Vediamo ovunque la vitalità dei giovani: per esempio, sono affluiti in massa alla Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a Sidney nel 2008; alle celebrazioni annuali Téné in Nuova Caledonia, o, nei primi mesi di quest’anno, al festival della gioventù a Samoa; vediamo fiorire le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa per un’azione missionaria che va oltre i confini del territorio CEPAC. In questi giovani vediamo una sincera e talvolta dolorosa ricerca di senso e di spiritualità, mentre uniscono ai valori culturali tradizionali l’entusiasmo di quest’epoca tecnologica utilizzando i loro I-pod e smartphone. È difficile per loro resistere agli specchietti per le allodole di un’industria dell’intrattenimento tecnologico così aggressiva. La pubblicazione della CEPAC del Catechismo della Chiesa Cattolica e di YouCat in francese e in inglese è un valido strumento per la formazione dei giovani.
- In Nuova Zelanda abbiamo visto la vita cattolica acquisire una nuova vitalità attraverso un incremento della diversità etnica, come conseguenza della migrazione delle popolazioni. I gruppi più vasti provengono dalle isole del Pacifico e dalle Filippine, mentre i più piccoli, sebbene con un numero significativo di cattolici e catechumeni, dal Medio Oriente, dall’India, dalla Corea, dalla Cina e dal Sudan. Gente che porta con sé la fede e la spiritualità cattoliche, ma anche l’esperienza della guerra, della povertà e dello sfollamento che quella fede ha forgiato. La Nuova Zelanda ha sancito una solida alleanza biculturale fondata sul Trattato di Waitangi, sottoscritto dalla Corona inglese e dal popolo Maori nel 1840. Il trattato fornisce “il fondamento morale per la presenza di tutti gli altri popoli in Aotearoa-Nuova Zelanda” (dichiarazione della New Zealand Catholic Bishops Conference, Avvento, 1989).
- In Australia esiste un forte impegno nei confronti della società, che si esprime attraverso l’educazione per gli adulti e nuove forme di leadership laica in seno alla chiesa. L’Australia è il più avanzato dei paesi della federazione in termini di media e tecnologie. Ha generosamente condiviso questo vantaggio, per esempio, fornendo supporto alla radio cattolica delle isole Salomone; con la sua disponibilità a condividere le risorse elettroniche per l’evangelizzazione, per la formazione educativa e per la formazione pastorale. Negli ultimi due anni, la diocesi di Broken Bay ha offerto conferenze virtuali che sono state diffuse in tutto il mondo. Alla prima di esse, cui ho assistito da Wellington, Nuova Zelanda, sono rimasto affascinato dal vedere, grazie a un collegamento via satellite, gli anfitrioni australiani dare il benvenuto e dialogare con i partecipanti provenienti da diversi paesi del Pacifico, le Isole Salomone, le Filippine, l’India e perfino dal Canada e dal Regno Unito. Questa nuova tecnologia è un agente vitale della Nuova Evangelizzazione.
- Papua Nuova Guinea e le Isole Salomone sono all’avanguardia nella ricerca e nell’inculturazione concreta del Vangelo, seguendo il richiamo dell’esortazione post sinodale, Ecclesia in Oceania (16-17). Le loro culture rispecchiano i valori del Vangelo relativi alla sacralità della vita umana e all’ospitalità. Numerose congregazioni religiose internazionali - sia clericali che laiche - hanno impostato i loro programmi formativi in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone proprio perché gli studi superiori e la formazione interculturale vi sono diffusi. In quei paesi vi sono anche molte popolazioni che ascoltano il messaggio del Vangelo per la prima volta; per esempio, oltre 60 persone sono state battezzate nelle Isole Salomone, in occasione della Pasqua scorsa.
In ciascuna delle quattro Conferenze, le nostre scuole cattoliche funzionano bene e si integrano con la vita parrocchiale. Le nostre scuole costituiscono il terreno fertile per la “nuova evangelizzazione”, poiché offrono la possibilità di reinserire le famiglie nella vita della Chiesa.
S. Pietro Chanel è riconosciuto come il Protomartire dell’Oceania e la sua intercessione è stata a lungo molto popolare. Due anni fa la canonizzazione di Santa Maria della Croce MacKillop ha riscosso enorme interesse in Australia e in tutto il Pacifico. L’interesse dei media è stato forte e la canonizzazione ha compiuto meraviglie per la Chiesa. Questi modelli di Santità continuano ad essere fonte di ispirazione, si vedano il Beato Peter To Rot di Papua Nuova Guinea, o il beato Pedro Calungsod di Guam, che sarà canonizzato durante questo sinodo, conosciuto come “il santo ragazzino”. In Nuova Zelanda stiamo aspettando notizie sulla causa di Suzanne Aubert. Questi esempi faranno per la nuova evangelizzazione più di quanto possiamo immaginare, visto l’interesse dei media che sanno catturare l’immaginazione delle persone.
2. Tuttavia, queste “isole di umanità” sono costruite lungo una catena vulcanica di instabili placche tettoniche che di tanto in tanto esplodono in superficie come “isole di disumanità”.
- CEPAC: Tutti i paesi dell’area CEPAC sono ormai decolonizzati da ben 50 anni oppure hanno raggiunto una qualche forma di autogoverno, mentre altri stanno ancora lottando per trovare una modalità di governo che rifletta sia le loro peculiarità culturali, sia le istanze di una moderna democrazia, per esempio Fiji e Tonga. L’attuale e costante instabilità politica di tanto in tanto esplode in atti di violenza, talvolta con perdita di vite umane.Molti di questi paesi/diocesi sono seriamente colpiti dal cambiamento climatico, per esempio le isole Kiribati, Tuvalu, Tokelau, Rotuma, le Isole Cook Settentrionali e la Polinesia Orientale, situate a poca altezza sul livello del mare. “Il mare e la terra, l’acqua e il suolo... con il loro splendore e la loro bellezza” (EO, 6), sono gravemente minacciati e ancor più lo sono le persone che dipendono dai doni del mare e della terra. La preoccupazione della Chiesa nei confronti dei poveri e dei più fragili deve rivolgersi anche alle particolari esigenze di potenziali “profughi ambientali”.
In Nuova Zelanda riconosciamo che il saeculum “in cui convivono credenti e non credenti presenta qualcosa che li accomuna: l’umano” (IL 54). Il “Cortile dei gentili” è un luogo privilegiato di evangelizzazione. Questo è il lato buono della secolarizzazione. Tuttavia, un secolarismo aggressivo e l’incapacità di riconoscere la dignità trascendente della persona umana spesso blocca il dialogo con la società su questioni bioetiche e sociali molto rilevanti, come ad esempio l’eutanasia, l’aborto e la definizione del matrimonio. Questo secolarismo costituisce anche una sfida per il crescente numero di credenti di altre fedi che hanno fatto della Nuova Zelanda la loro casa: musulmani, indù, buddisti e sikh. Spesso provengono da un confronto molto più positivo con i cristiani nel proprio paese d’origine e sono scandalizzati per ciò che sperimentano in quello che ritenevano essere un “paese cristiano”.
- Papua Nuova Guinea e Isole Salomone. In una regione caratterizzata da così grande diversità etnica e sociale, ci sono gravi questioni di giustizia sociale: il crollo dei valori culturali tradizionali e la frammentazione sociale, l’alta incidenza dell’Aids-HIV, l’oppressione che nasce dalla povertà e dalla corruzione, le tensioni riguardanti l’accesso alle risorse naturali, la rapida urbanizzazione, il pronto ricorso alla violenza, le dispute di confine con l’Indonesia per la Papua Occidentale. La forza dell’inculturazione di cui abbiamo parlato verrà messa alla prova dalle risposte date in questi ambiti di giustizia sociale.
- Australia. Anche la vasta “terra meridionale dello Spirito Santo” deve affrontare grandi sfide nel compito della nuova evangelizzazione, nel dialogo con una società sempre più secolarizzata, nella riduzione del divario tra ricchi e poveri, nella promozione della dignità della popolazione indigena e dei richiedenti asilo, e nelle stesse questioni bioetiche e sociali che si prospettano alla Nuova Zelanda. L’Australia viene spesso devastata dagli incendi della boscaglia, con grandi perdite di vite e di beni; questi incendi sono uno degli effetti dei cambiamenti climatici. Sebbene su scala globale i disastri naturali in Oceania siano spesso limitati, hanno però un impatto immenso sulle nazioni più piccole e sulle economie fragili.
3. La nuova evangelizzazione nel presente contesto
L’Instrumentum laboris (78) ci ricorda i tre requisiti fondamentali per la Nuova Evangelizzazione:
- La capacità di discernere... nelle circostanze presenti, saldi nella convinzione che il Vangelo possa ancora essere proclamato...;
- la capacità di vivere la fede cristiana;
- e un chiaro ed esplicito legame con la Chiesa.
Questi requisiti sono una chiamata alla conversione nel contesto della Nuova Evangelizzazione in Oceania: “Oggi occorre una nuova evangelizzazione, così che ognuno possa udire, comprendere e credere nella misericordia di Dio destinata, in Cristo Gesù, a tutti i popoli” (EO 18).
a. “Evangelizzazione significa che dobbiamo parlare degli evangelizzatori”. La preparazione e la formazione permanente di tutti coloro che partecipano alla missione evangelizzatrice della Chiesa deve essere la nostra priorità assoluta. Ciò implica riscoprire il dono della vocazione del Battesimo, incontrare Gesù Risorto nelle Scritture e nella comunità ecclesiale riunita intorno all’Eucaristia, un rinnovato impegno per la preghiera e la contemplazione, per gli studi biblici e per la lectio divina, per un generoso e coraggioso servizio della comunità alla Chiesa e alla società, nonché sostenere e promuovere la vita e i valori familiari.
b. Dobbiamo riappropriarci della tradizione kerigmatica cattolica di “annunciare la parola di Dio in ogni occasione opportuna e non opportuna”, riappropriarci della voce profetica della Chiesa, discernere i segni dei tempi che richiedono una nuova evangelizzazione, e impegnarci a proclamare e a vivere una risposta cristiana a questi segni dei tempi.
Con le parole di Ecclesia in Oceania, preghiamo affinché la Chiesa in Oceania “abbia la forza di seguire fedelmente la via di Gesù Cristo, di proclamare coraggiosamente la verità di Gesù Cristo, di vivere gioiosamente la vita di Gesù Cristo”.

[00014-01.14[RC005] [Testo originale: inglese]

INTERVENTI IN AULA (INIZIO)

In seguito sono intervenuti i seguenti Padri:

- S. Em. R. Card. Angelo SODANO, Decano del Collegio Cardinalizio (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. E. R. Mons. Salvador PIÑEIRO GARCÍA-CALDERÓN, Arcivescovo di Ayacucho, Presidente della Conferenza Episcopale, Ordinario Militare per il Perù (PERÙ)
- S. Em. R. Card. Stanisław RYŁKO, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici (CITTÀ DEL VATICANO)

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

- S. Em. R. Card. Angelo SODANO, Decano del Collegio Cardinalizio (CITTÀ DEL VATICANO)

Quest' Assemblea è chiamata dal Papa ad approfondire un argomento, che tocca il cuore della nostra missione pastorale, in questo inizio del Terzo Millennio cristiano. Da parte sua, il Successore di Pietro ha già avviato uno studio approfondito al riguardo, come appare da numerosi suoi interventi. Una loro sintesi è già stata pubblicata nell'ultima parte del recente volume del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, con il titolo: “Enchiridion della nuova evangelizzazione” (Libreria Editrice Vaticana 2012).
In un recente discorso ad un gruppo di Vescovi francesi venuti a Roma in visita “ad Limina” il Papa ha detto poi espressamente: “Le sfide di una socità largamente secolarizzata invitano ormai a ricercarvi una risposta con coraggio ed ottimismo, proponendo con audacia e spirito d'inventiva la novità permanente del Vangelo” (L'Osservatore Romano, 22 settembre 2012).
“Con coraggio ed ottimismo”: è questo l'augurio che esprimo anche da parte mia a tutti i presenti, pur riconoscendo le grandi difficoltà esistenti nella presente situazione. Talora viene anche a noi la tentazione degli Apostoli, che sul lago di Galilea dicevano a Gesù per bocca di Simone: "Abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò la rete” (Lc 5,5). E venne la pesca miracolosa.
Certo, la nuova evangelizzazione, a cui ora siamo chiamati, non vuole essere soltanto uno slogan o una nuova tecnica, come accade oggi per la cosiddetta nuova alfabetizzazione, che vuole insegnare ad usare i metodi di comunicazione “on line”. Si tratta invece di un’evangelizzazione nuova nel senso indicatoci dagli ultimi Romani Pontefici, per affrontare le sfide che la Chiesa oggi trova dinnanzi a sé, vincendo ogni forma di scetticismo e confidando nell'aiuto del Signore. Del resto, questo è un tema sempre ricorrente nella storia della Chiesa, chiamata ad estrarre dal suo tesoro “nova et vetera” (Mt 13, 52), cose nuove e cose antiche.
Certo ci troviamo di fronte a un'impresa grandiosa, che vede coinvolti cielo e terra, un'opera misteriosa per l’intervento preveniente e concomitante della grazia di Dio. La stessa formulazione della seconda parte del tema di questo Sinodo, e cioè la frase “per la trasmissione della fede”, non sembra del tutto adeguata, perché come ben sappiamo, la fede non si trasmette da parte nostra, provenendo essa dalla grazia di Dio, oltre che dalla decisione dell'uomo che accoglie tale dono. E appunto per invocare tale grazia la Chiesa sempre ci propone l’apostolato della preghiera accanto all'apostolato dell'azione.
Da parte mia, ho cercato di prepararmi a questa nostra Assemblea rileggendo attentamente, nei mesi scorsi, gli “Atti degli Apostoli”. Ivi già si vede chiaramente come l'opera evangelizzatrice della Chiesa era frutto di vari fattori, dalle parole e dalle iniziative pratiche degli Apostoli come dall'intervento continuo della grazia di Dio, che apriva i cuori all'accettazione della Buona Novella. Certo, lì vediamo che c'e Pietro che dopo la Pentecoste prende l'iniziativa e presenta con santo ardore Gesu di Nazareth come unico Salvatore (At, 2, 14 s.).
Devo però confessare che dopo la lettura consolante degli Atti degli Apostoli mi sono soffermato sul libro dell'Apocalisse e ho così riflettuto sulla realtà del male nel mondo, come sul mistero della libertà dell'uomo che, pur vedendo la luce, talora preferisce restare nelle tenebre. Ho voluto parimenti meditare sulle pagine dell' Apocalisse che ci descrivono la presenza devastante del Maligno nella storia umana. Però è sempre consolante leggere nella stessa Apocalisse come, alla fine, sia la potenza vittoriosa di Cristo a splendere su tutte le miserie umane.
Vorrei ora concludere con un appello che mi sento di fare, non tanto come Decano del Collegio Cardinalizio, quanto come Decano, per anzianità, dei Vescovi qui presenti. È un appello affinché tutti portiamo avanti il nostro lavoro d'evangelizzazione con grande umiltà, sapendo che non siamo i primi a lavorare nella vigna del Signore né saremo gli ultimi. Non siamo i primi perché altri, per duemila anni, ci hanno preceduto in questo impegno pastorale. Non siamo nemmeno gli ultimi, perché altri verranno dopo di noi a portare avanti quest'opera, fino al termine della storia umana, quando avremo cieli nuovi e terra nuova (Ap 21, 1).

[00024-01.05] [IN001] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Salvador PIÑEIRO GARCÍA-CALDERÓN, Arcivescovo di Ayacucho, Presidente della Conferenza Episcopale, Ordinario Militare per il Perù (PERÙ)

Durante il mio servizio sacerdotale, sono sempre stato parroco e ho scoperto che il luogo privilegiato per educare alla fede è la celebrazione della domenica, perché noi credenti ascoltiamo Gesù e celebriamo il trionfo della sua croce, per vivere il mandato dell’Amore. Ogni settimana impariamo parole e gesti del Maestro da vivere in famiglia, nel quartiere, sul luogo di lavoro e di studio.
La domenica, il giorno del Signore e della Chiesa, dobbiamo ringraziare, nel giorno eucaristico, il Padre buono e misericordioso che ci dà la vita ma soprattutto la fede in Cristo, la comunione con i fratelli, in particolare con i più bisognosi che ci attendono perché immersi nel dolore, nella povertà e nell’emarginazione.
Questo percorso settimanale viene inserito nel sistema pedagogico dell’Anno Liturgico che, ispirato al Vangelo di Giovanni (16, 28), ci fa rivolgere lo sguardo al Natale e alla Pasqua, preparandoli e celebrandoli nella gioia della salvezza.Un’accurata preparazione della liturgia e dei segni della celebrazione è la migliore catechesi per i fedeli; per questo, la proclamazione biblica e i canti devono condurci a una partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa (Sacrosanctum Concilium [SC], 11) che ci riempia di spirito per la missione. L’altare è il culmine e la fonte del lavoro ecclesiale (SC 10).
Occorre intensificare, nell’azione pastorale delle nostre diocesi e parrocchie, i gruppi liturgici che riflettano, preparino e animino questo luogo privilegiato di evangelizzazione.
Se la teologia diventa pastorale nella liturgia, dobbiamo curare la formazione dei sacerdoti e dei catechisti affinché approfondiscano i contenuti e promuovano metodologie specifiche per bambini e giovani.
Accanto alle celebrazioni ufficiali, c’è la religiosità popolare, molto accentuata tra i nostri popoli latinoamericani, attraverso la quale molti fedeli esprimono la propria gioia e desiderano rendere omaggio a Gesù Cristo, alla Vergine Maria e ai santi.
Attraverso Evangelii Nuntiandi, il magistero del Servo di Dio Paolo VI ci rivela il valore della pietà popolare; perciò, dobbiamo accompagnare questa ricerca di Dio, insistendo sulla catechesi e sui corsi, affinché questi appuntamenti rappresentino per le comunità un impegno di trasformazione sociale che contribuisca al benessere dei più bisognosi.
Non possiamo dimenticare la preghiera semplice delle grandi masse che, nei santuari e durante le feste popolari, esprimono la propria devozione e purtroppo si sentono poco accolti e poco accompagnati.

[00025-01.05] [IN002] [Testo originale: spagnolo]

- S. Em. R. Card. Stanisław RYŁKO, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici (CITTÀ DEL VATICANO)

Al n. 115 dell'Instrumentum laboris leggiamo che "il fiorire in questi decenni in modo spesso gratuito e carismatico di gruppi e movimenti dediti in modo prioritario all'annuncio del Vangelo è un altro dono della Provvidenza alla Chiesa".
Il Magistero degli ultimi Pontefici ha ribadito in molte circostanze questa natura provvidenziale della "nuova stagione aggregativa dei fedeli laici", evidenziandone la stretta relazione con la "rinnovata Pentecoste" del Concilio Vaticano II. In particolare, il Beato Giovanni Paolo II non ha mancato di rimarcare il dinamismo missionario dei movimenti e delle nuove comunità che: "rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana e all'evangelizzazione, in una visione pluralistica dei modi di associarsi e di esprimersi". Il Papa Benedetto XVI a sua volta ha ribadito che "strumento provvidenziale per un rinnovato impulso missionario sono i movimenti ecclesiali e le nuove comunità; accoglieteli e promuoveteli nelle vostre Diocesi". E in un'altra occasione ha incoraggiato i vescovi ad accoglierli "con molto amore".
Purtroppo movimenti e nuove comunità rimangono ancora una risorsa non ancora pienamente valorizzata nella Chiesa, un dono dello Spirito e un tesoro di grazie ancora nascosti agli ocehi di molti Pastori, forse intimoriti dalla novità che apportano alla vita delle diocesi e delle parrocchie. Il Santo Padre è ben consapevole di questa difficoltà, perciò esorta i Pastori a "non spegnere i carismi, essere grati anche se sono scomodi". Si esige dunque una vera "conversione pastorale" dei vescovi e dei preti, chiamati a riconoscere che i movimenti sono innanzitutto un dono prezioso piuttosto che un problema.
Lo slancio missionario delle nuove realtà, infatti, non deriva da un entusiasmo emotivo e superficiale, ma scaturisce da esperienze molto serie ed esigenti di formazione dei fedeli laici ad una fede adulta, capace di rispondere adeguatamente alle sfide della secolarizzazione. La novità della loro azione, dunque, non va ricercata nei loro metodi, ma nella capacità di riaffermare la centralità di Dio nella vita dei cristiani, una questione fondamentale negli insegnamenti del Santo Padre Benedetto XVI. Anche per il compito delIa nuova evangelizzazione vale l'antico adagio scolastico: “operari sequitur esse”, perché il nostro agire esprime sempre ciò che siamo. L'evangelizzazione non è solo e non è tanto questione di "saper fare", ma è innanzitutto una questione di "essere", essere cioè cristiani veri e autentici.
D'altronde i metodi di evangelizzazione che movimenti e nuove comunità adottano sono all'apparenza diversissimi, veramente multiformi, ma tutti riconducibili alle "tre leggi della nuova evangelizzazione" che l'allora Cardinale Ratzinger formulò per catechisti e insegnanti di religione in occasione del Giubileo del 2000: innanzitutto la "legge dell’espropriazione", ovvero non parlare a nome proprio, ma a nome delia Chiesa, tenendo fermo che "evangelizzare non è semplicemente una forma di parlare, ma una forma di vivere", cioè la chiara coscienza di appartenere a Cristo e al Suo Corpo (Chiesa!) che trascende il proprio io. La seconda è la "legge del granellino di senapa", cioè il coraggio di evangelizzare con pazienza e perseveranza, senza pretendere di ottenere risultati immediati, e ricordando sempre che la legge dei grandi numeri non è la legge del Vangelo. È un'attitudine che possiamo riconoscere, ad esempio, nell'opera di evangelizzazione intrapresa da movimenti e nuove comunità nelle zone più secolarizzate della terra. La terza "legge" è quella del chicco di grano, che per dare la vita deve morire, deve accettare la logica della croce. In queste leggi è racchiuso il segreto più profondo dell'efficacia dell'impegno evangelizzatore della Chiesa in tutti i tempi.

[00026-01.02] [IN003] [Testo originale: italiano]

ERRATA CORRIGE

 
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