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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
7-28 OTTOBRE 2012

La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

12 - 12.10.2012

SOMMARIO

- SETTIMA CONGREGAZIONE GENERALE (VENERDÌ, 12 OTTOBRE 2012 - ANTEMERIDIANO)

SETTIMA CONGREGAZIONE GENERALE (VENERDÌ, 12 OTTOBRE 2012 - ANTEMERIDIANO

- INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Oggi, venerdì 12 ottobre 2012, alle ore 9:00, con il canto dell’Ora Terza, è iniziata la Settima Congregazione Generale, per la continuazione degli interventi in Aula sul tema sinodale «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».

Presidente Delegato di turno S. Em. R. Card. Francisco ROBLES ORTEGA, Arcivescovo di Guadalajara (MESSICO).

In apertura di Congregazione, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E.R. Mons. Nikola ETEROVIĆ, Arcivescovo Tit. di Cibale (CITTÀ DEL VATICANO) ha espresso, a nome dei Padri Sinodali e degli altri Partecipanti all’Assemblea Sinodale, la vicinanza, la simpatia e la partecipazione alla premura della Conferenza Episcopale di Nigeria nel trovare una via del dialogo, per promuovere la pace nella giustizia, in relazione ai disordini che generano violenza nel Paese, soprattutto nella parte nord. Nelle parole del Segretario Generale la preghiera affinché le religioni non vengano sfruttate e manipolate per gli scopi di gruppi e partiti, ma siano fattore di intesa, di collaborazione e di pace.

A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 12.05 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 252 Padri.

INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Sono intervenuti i seguenti Padri:

- S. E. R. Mons. Javier ECHEVARRÍA RODRÍGUEZ, Vescovo titolare di Cilibia, Prelato della Prelatura personale dell'Opus Dei (SPAGNA)
- S. B. R. Sviatoslav SCHEVCHUK, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, Capo del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (UCRAINA)
- S. Em. R. Card. Gianfranco RAVASI, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. Em. R. Card. Mauro PIACENZA, Prefetto della Congregazione per il Clero (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. E. R. Mons. Joseph NGUYÊN NANG, Vescovo di Phát Diêm (VIETNAM)
- S. E. R. Mons. Cornelius Fontem ESUA, Arcivescovo di Bamenda (CAMERUN)
- S. E. R. Mons. A. Malayappan CHINNAPPA, S.D.B., Arcivescovo di Madras and Mylapore [Meliapor] (INDIA)
- Rev. Pascual CHÁVEZ VILLANUEVA, S.D.B., Rettore Maggiore della Società Salesiana di S. Giovanni Bosco (Salesiani), Presidente dell'Unione dei Superiori Generali (U.S.G.)
- S. E. R. Mons. Héctor Miguel CABREJOS VIDARTE, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo (PERÙ)
- Rev. P. Mauro JÖHRI, O.F.M. Cap., Ministro Generale dell'Ordine Francescano Frati Minori Cappuccini
- S. Em. R. Card. Robert SARAH, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum" (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. E. R. Mons. Enrico DAL COVOLO, S.D.B., Vescovo titolare di Eraclea, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense in Roma (ITALIA)
- S. E. R. Mons. Pedro Mario OSSANDÓN BULJEVIC, Vescovo titolare di La Imperial, Ausiliare di Santiago de Chile (CILE)
- S. E. R. Mons. Jorge Eduardo LOZANO, Vescovo di Gualeguaychú (ARGENTINA)
- S. E. R. Mons. Józef MICHALIK, Arcivescovo di Przemyśl dei Latini, Presidente della Conferenza Episcopale (POLONIA)
- Rev. P. Mario ALDEGANI, C.S.I., Superiore Generale della Congregazione di S. Giuseppe (Giuseppini del Murialdo)
- S. E. R. Mons. Mario del Valle MORONTA RODRÍGUEZ, Vescovo di San Cristóbal de Venezuela (VENEZUELA)
- S. E. R. Mons. Juan José PINEDA FASQUELLE, C.M.F., Vescovo titolare di Obori, Ausiliare e Vicario Generale di Tegucigalpa (HONDURAS)
- S. E. R. Mons. Paul DESFARGES, S.I., Vescovo di Constantine (ALGERIA)
- S. E. R. Mons. Brian Joseph DUNN, Vescovo di Antigonish (CANADA)
- S. E. R. Mons. Philip TARTAGLIA, Arcivescovo di Glasgow (SCOZIA)
- S. E. R. Mons. Patrick Christopher PINDER, Arcivescovo di Nassau (Bahamas), Presidente della Conferenza Episcopale (BAHAMAS)
- Sua Em.za Rev.ma Card. Fernando FILONI, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

- S. E. R. Mons. Javier ECHEVARRÍA RODRÍGUEZ, Vescovo titolare di Cilibia, Prelato della Prelatura personale dell'Opus Dei (SPAGNA)

Il popolo di Dio desidera che i vescovi e i sacerdoti siano maestri di santità proprio perché la cercano quotidianamente, attraverso la vita sacramentale ed il proprio ministero. Debbono essere uomini che pregano con fede, che amano appassionatamente il Sacramento dell'Eucarestia e il Sacramento della Confessione, e li vivono con pietà sincera, per arricchirsi di grazie e poter essere, così, portatori della Buona Novella agli altri sacerdoti ed a tutti i fedeli. Il ricorso a questi mezzi istituiti da Gesù Cristo per potersi identificare con Lui fa sì che i fedeli, ascoltando i Pastori, ascoltino il Signore; vedendoli pregare, si sentano a loro volta mossi a pregare. Rendendosi conto che essi ricorrono spesso alla Confessione, andranno a ricevere il perdono sacramentale.
Giova anche meditare sull' esempio di tanti santi, il Curato d'Ars, San Pio da Pietrelcina, San Josemaría Escrivá, e su quello ancora più recente del Beato Giovanni Paolo II. Come ha ricordato Benedetto XVI, essi hanno lasciato un esempio vivo di amore al Sacramento della Penitenza, e possono rafforzare la consapevolezza di dover essere Buoni Pastori, che sanno dare la propria vita per le loro pecore. Esortando anche i presbiteri a sedersi in confessionale abitualmente, molte anime andranno a lavare le proprie colpe, e da quel ministero sbocceranno vocazioni per il seminario, per la vita religiosa e vocazioni di buoni padri e madri di famiglia.
È anche interessante curare le omelie dal punto di vista dottrinale e con il dono delle lingue. Per molti fedeli la Santa Messa domenicale, con la corrispondente Omelia, è l'unica occasione di ascoltare il messaggio di Cristo. Con un impegno sempre rinnovato, la predicazione sarà molto efficace, soprattutto se si rivolge anche alla propria anima: se si vive ciò che si dice e si predica ciò che si vive.

[00133-01.05] [IN102] [Testo originale: italiano]

- S. B. R. Sviatoslav SCHEVCHUK, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, Capo del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (UCRAINA)

La comunità parrocchiale non solo educa alla fede, ma anche genera nella fede attraverso il Sacramento del Battesimo. La comunità parrocchiale dovrebbe o meno assumersi la responsabilità di trovare il padrino e la madrina per il sacramento del Battesimo e della Cresima e di procurare i testimoni per il Sacramento del Matrimonio piuttosto che lasciare questo compito alla libertà di coloro che si preparano a questi sacramenti?
Dobbiamo riconoscere il valore ed il significato della vita monastica, anche quella contemplativa, nell’opera della nuova evangelizzazione. Nell’Oriente Cristiano, da sempre, è stato di estrema efficacia per la trasmissione della fede l’incontro del discepolo con uno staretz (anziano), come incontro dell'eternità con la vita moderna.
Una particolare attenzione e un decisivo rinnovamento merita l'annuncio del Vangelo per mezzo dell’Omelia nel contesto liturgico. Le prediche nelle nostre chiese spesso perdono il carattere kerigmatico, e quindi, non hanno più la Forza del Vangelo (Rom. l, 16) e l’efficacia della Parola di Dio. Forse questa tematica potrebbe diventare il tema anche per un’Assemblea Generale del Sinodo.

[00142-01.04] [IN111] [Testo originale: italiano]

- S. Em. R. Card. Gianfranco RAVASI, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (CITTÀ DEL VATICANO)

Nella cultura contemporanea sono molti i crocevia che l’evangelizzazione non può evitare. C’è innanzitutto quello del linguaggio. Senza abbandonare la complessità del discorso religioso, è necessario saper adottare anche i nuovi canoni della comunicazione telematica e digitale con la loro incisività ed essenzialità e col loro ricorso al racconto televisivo per immagini.
C’è, poi, l’orizzonte della secolarizzazione. Essa non riesce, però, a eliminare la domanda religiosa e la forza dell’etica naturale. In questo ambito sta operando con successo il “Cortile dei Gentili” sollecitato da Benedetto XVI con la sua evocazione del Dio sconosciuto ma forse cercato da molti non credenti.
C’è un terzo ambito di evangelizzazione che è stato per secoli decisivo, ed è quello dell’arte che esige oggi di essere ritessuto secondo la nuova grammatica e stilistica delle espressioni artistiche contemporanee senza perdere il legame con la sacralità del culto cristiano.
C’è poi il crocevia delle culture giovanili con le loro esperienze socializzanti spesso rischiose ma anche dotate di una loro fecondità: si pensi solo agli eventi e alla pratica sportiva o al costante ricorso alla musica.
C’è, infine, il mondo della scienza e della tecnica, ormai trasversale a ogni etnia e cultura, al quale vorrei dedicare una considerazione specifica. In esso la fede non deve temere di inoltrarsi, avendo lo stesso sguardo di Cristo che contemplava vegetali e animali e ricorreva persino alle previsioni meteorologiche (Mt 16,2-3; Lc 11,54-55) per annunciare il Regno, sulla scia dell’Antico Testamento che nel creato intuiva una voce trascendente, come suggerisce il Salmo 19. Oggi il nostro sguardo può fissarsi con stupore anche sulla trama dell’evoluzione globale, dal fondo cosmico primordiale fino all’elica del DNA, dal bosone di Higgs fino al multiverso.
All’incompatibilità tra scienza e fede e alla prevaricazione dell’una sull’altra e viceversa, come è accaduto in passato e come talora accade, è necessario sostituire il reciproco riconoscimento della dignità dei rispettivi statuti epistemologici: la scienza si dedica alla “scena”, cioè al fenomeno, mentre la teologia e la filosofia si rivolgono al “fondamento”. Distinzione, quindi, ma non separatezza ed esclusione reciproca, essendo unico e comune l’oggetto, ossia l’essere e l’esistere. È, quindi, comprensibile che spesso scattino sconfinamenti e tensioni, soprattutto in campo bioetico.
Indispensabile è, perciò, il dialogo senza arroganza e senza la confusione dei livelli e degli approcci specifici. Come già indicava Giovanni Paolo II nel 1988, “ciò che è assolutamente importante è che ciascuna disciplina continui ad arricchire, nutrire e provocare l’altra ad essere più pienamente ciò che deve essere e contribuire alla nostra visione di ciò che siamo e dove stiamo andando”. Lo confermava anche quel grande scienziato che fu Max Planck, il padre della teoria quantistica: “Scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente”.

[00151-01.05] [IN120] [Testo originale: italiano]

- S. Em. R. Card. Mauro PIACENZA, Prefetto della Congregazione per il Clero (CITTÀ DEL VATICANO)

Nel lodevole tentativo di rispondere all’attuale “crisi numerica” del Clero, che non prescinde da una crisi di fede, da cui discende anche la scarsità delle risposte alle vocazioni sacerdotali, non si può cedere alla tentazione di ridurre l’essenziale specificità del Ministero ordinato mentre si compie l’opera dell’Annuncio. Ovvero, non si può soffocare l’identità pneumatica del ministro ordinato, che affonda le sue radici nella configurazione ontologica a Cristo-capo, mettendone in discussione le caratteristiche essenziali: la soprannaturalità e sacramentalità, l’imprescindibile legame con l’Eucaristia, la collocazione nel corpo ecclesiale, il sacro celibato. È necessario, piuttosto, elevare il tono spirituale dei sacerdoti e delle comunità, anzitutto con la conversione personale e con la preghiera, perché solo una realtà evangelizzata è anche evangelizzatrice (cfr. Instrumentum laboris, n. 13).

[00152-01.04] [IN121] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Joseph NGUYÊN NANG, Vescovo di Phát Diêm (VIETNAM)

Il Beato Giovanni Paolo II ha detto: “La futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa domestica” (Familiaris Consortio, n. 52).
In Vietnam, infatti, la famiglia cristiana ricopre un ruolo fondamentale nel trasmettere e nutrire la fede. I genitori sono i primi catechisti, i primi a insegnare la preghiera e la dottrina ai bambini, soprattutto nei periodi di persecuzione. Molte famiglie sono progressivamente evangelizzate grazie alla preghiera serale comunitaria, durante la quale si medita il Vangelo.
Molte persone non cristiane, assistendo, per solidarietà, a riti cattolici in occasione di matrimoni e funerali, sentono parlare, per la prima volta, del significato e delle caratteristiche del matrimonio cristiano, del senso della vita, della resurrezione e della speranza escatologica. Molte persone, infatti, dopo aver partecipato a celebrazioni liturgiche, tornano per ricevere l’insegnamento religioso.

[00093-01.04] [IN065] [Testo originale: francese]

- S. E. R. Mons. Cornelius Fontem ESUA, Arcivescovo di Bamenda (CAMERUN)

Le piccole comunità cristiane sono Chiese territoriali e, come tali, costituiscono la più piccola unità ecclesiale a livello di base. Il loro territorio deve essere ufficialmente definito ricavando dalla parrocchia unità più piccole, secondo le dimensioni della parrocchia stessa e il numero dei cristiani. Tali comunità accolgono meglio i nuovi membri e sono in grado di integrarli, facendo in modo che i neofiti ricevano un’adeguata iniziazione alla fede e nella comunità cristiana. In un contesto di prima evangelizzazione, organizzare sin dall’inizio le parrocchie, solitamente molto vaste e difficili da raggiungere, in piccole comunità cristiane contribuirebbe al miglior inserimento dei neofiti nella comunità di fede; sarebbe inoltre la dimostrazione che tali comunità cristiane, in quanto tali, non sono sole, ma parte del Corpo di Cristo. La comunità fornisce loro il necessario sostegno materiale e spirituale nonché la solidarietà di cui hanno bisogno per poter sopravvivere in un contesto e in una cultura prevalentemente non cristiana, e talvolta ostile alla fede cristiana che hanno abbracciato. Un processo di iniziazione ben programmato in seno alla comunità durante il catecumenato post-battesimale contribuirebbe a instillare nei neofiti un forte senso di impegno e di appartenenza alla comunità.
L’organizzazione della parrocchia in piccole comunità cristiane permetterebbe ai neofiti di capire che essi sono ora membri della Chiesa, che è una famiglia il cui vincolo di unità e di solidarietà dovrebbe essere più forte del legame della famiglia naturale. In tal modo, la comunità cristiana non si limita a somigliare alla famiglia allargata, bensì include, supera, eleva e inserisce quest’ultima in una nuova e più grande comunità, vale a dire la comunità del nuovo Popolo di Dio, dove non ci sono più Giudei o Greci, né differenze fra le lingue e le tribù. Tali comunità sono necessarie anche in seno alle parrocchie urbane, consideranto l’esodo in massa dalle aree rurali e la rapida urbanizzazione che si sta ora verificando in Africa e altrove. Sono necessarie per potersi occupare dei giovani che hanno perduto la sicurezza, morale e sociale, del sistema della famiglia allargata tradizionale che hanno lasciato al villaggio, affinché essi non siano preda delle manipolazioni delle sette o di pericolose ideologie.
L’approccio pastorale della piccola comunità cristiana è il nuovo modo di essere Chiesa, un modo che permette a tutti di impegnarsi di più, di partecipare e di collaborare all’opera di evangelizzazione con fervore, metodo ed efficacia rinnovati.

[00095-01.06] [IN067] [Testo originale: inglese]

- S. E. R. Mons. A. Malayappan CHINNAPPA, S.D.B., Arcivescovo di Madras and Mylapore [Meliapor] (INDIA)

Lo Spirito Santo è autore della pluralità e della diversità. Giovanni XXIII ha affermato che il Vaticano II è la nuova Pentecoste. Innanzi tutto, il metodo della nuova evangelizzazione nei diversi contesti seguirà la pedagogia di Gesù. Gesù non si impone, ben sapendo che tutte le persone sono soggetti creati a immagine di Dio. La pedagogia di Gesù è quella di rivelarsi nel suo incontro con la samaritana. Gesù aiuta progressivamente la samaritana (Gv 4, 1-42) a scoprire da sola il Messia, di conseguenza la samaritana finisce per scoprire Gesù... Egli è veramente il salvatore del mondo (Gv 4, 42). Nell’episodio del dialogo di Gesù con gli apostoli a Cesarea di Filippi (Mt 16, 13-19), Gesù crea un’opportunità e una condizione di spirito tali che Pietro finisce per riconoscere Gesù: “Tu sei il Messia”. Questo è quel che si dice il metodo della scoperta e noi, naturalmente, dobbiamo aiutare le persone a scoprire Gesù da sole. Noi creiamo i presupposti. Nella tradizione indiana ci sono Mangas (modi), grana manga (conoscenza), bakati manga (amore di Dio), kunma manga (modo di agire). Le persone possono giungere a Dio servendosi di uno di questi mezzi.
Il dialogo nel contesto multi religioso. Nella Nostra Aetate troviamo un barlume di luce in ogni religione. Ma la Gaudium et spes fa un passo avanti: lo Spirito Santo dà a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale (cfr. GS, 22). La Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II, al n. 5, parla di forme partecipative di mediazione nel rapporto con Dio.
Il mondo esclude a poco a poco i poveri, in base alla razza, il sesso, la discriminazione delle caste. Il messaggio del Regno di Dio che Gesù ci ha portato si basa sull’ascolto dei poveri, che vengono chiamati “beati” (Lc 6, 20; 4, 18-21). Migliorare le condizioni dei poveri, degli oppressi e dei discriminati (le razze, le tribù, i dalit) dev’essere dunque il primo compito della nuova evangelizzazione.

[00096-01.06] [IN068] [Testo originale: inglese]

- Rev. Pascual CHÁVEZ VILLANUEVA, S.D.B., Rettore Maggiore della Società Salesiana di S. Giovanni Bosco (Salesiani), Presidente dell'Unione dei Superiori Generali (U.S.G.)

Evangelizzazione e vocazione sono due elementi inseparabili. Anzi, criterio di autenticità di una buona evangelizzazione è la sua capacità di suscitare vocazioni, di maturare progetti di vita evangelica, di coinvolgere interamente la persona di coloro che sono evangelizzati, sino a renderli discepoli, testimoni ed apostoli.
Sentiamo oggi, più forte che mai, la sfida di far sì che la pastorale ecclesiale diventi realmente vocazionale, promuovendo una cultura vocazionale, cioè un modo di concepire e di affrontare la vita come un dono ricevuto gratuitamente da Dio per un progetto o una missione secondo il suo disegno. Vivere questa cultura vocazionale richiede lo sforzo di sviluppare particolari atteggiamenti e valori: la promozione e la difesa del valore sacro della vita umana, la fiducia in sé e nel prossimo, l'interiorità che permette di scoprire in sé e negli altri la presenza e l'azione di Dio, la disponibilità a sentirsi responsabili ed a lasciarsi coinvolgere per il bene degli altri in atteggiamento di servizio e di gratuità, il coraggio di sognare e di desiderare in grande, la solidarietà e la responsabilità verso gli altri, soprattutto i più bisognosi. All'interno di questo contesto o cultura vocazionale la pastorale in genere, e quella giovanile in particolare, deve proporre ai giovani i diversi cammini vocazionali - matrimonio, vita religiosa o consacrata, servizio sacerdotale, impegno sociale ed ecclesiale - ed accompagnarli nel loro impegno di discernimento e di scelta.
Questo Sinodo della Nuova Evangelizzazione deve aiutare tutti i pastori ad essere per i giovani vere guide spirituali.
I contenuti di una autentica cultura vocazionale riguardano tre aree: quella antropologica, quella educativa e quella pastorale. La prima si riferisce al modo di concepire e presentare la persona umana come vocazione; la seconda mira a favorire una proposta di valori congeniale alla vocazione; la terza fa attenzione al rapporto tra vocazione e cultura obiettiva e ne ricava conclusioni per il lavoro vocazionale.

[00097-01.06] [IN069] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Héctor Miguel CABREJOS VIDARTE, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo (PERÙ)

Perché parliamo della Nuova Evangelizzazione? Da dove viene questa novità? Fra le varie ragioni, possiamo indicarne due. Il messaggio di Gesù esprime l’amore del Padre verso ognuno di noi e, in particolare, verso i più deboli e bisognosi di questo mondo. Per questo motivo, rendere testimonianza al Vangelo non può che essere un atto d’amore, di condivisione della gioia della nostra figliolanza e fratellanza in Dio. E l’amore è per l’appunto sempre nuovo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34). Tuttavia, affinché sia nuovo, non dovremo limitarci a ripeterne l’enunciato, dovremo piuttosto metterlo in pratica tutti i giorni. Se la testimonianza evangelica sarà sempre giovane e creativa, sarà allora feconda e fedele al messaggio del Regno di Dio. Le radici della proclamazione della Buona Novella affondano nella nostra comunione (koinonia) con la missione di Gesù che è venuto a comunicarci l’amore del Padre (Gv 3, 16). Amare gli altri come Gesù ci ha amati significa continuare quella missione ed è per questo che è un comandamento sempre nuovo. L’amore si esprime nel servizio; negli anni del Concilio si parlò di una Chiesa servitrice e Paolo VI lo ribadì con forza ed umiltà dicendo: che il mondo lo sappia, “non siamo venuti a conquistarlo, ma servirlo” (Discorso per la seconda sessione del Concilio, n. 8). Sappiate allora trovare strade nuove di amore e di servizio per testimoniare la speranza nel mondo di oggi.
Solo se saremo autentici discepoli, umili messaggeri di una vita coerente, solo se le nostre azioni corrisponderanno alle nostre parole, e non avremo “l’animo oscillante”, come ci esorta la lettera di Giacomo (1, 8), potremo annunciare la Buona Novella di Gesù. La Nuova Evangelizzazione ci chiama come Chiesa e come seguaci di Gesù Cristo a un nuovo agire, ma anche a un nuovo vivere, a uno stile di vita che renda credibile la nostra testimonianza.

[00098-01.05[IN070] [Testo originale: spagnolo]

- Rev. P. Mauro JÖHRI, O.F.M. Cap., Ministro Generale dell'Ordine Francescano Frati Minori Cappuccini

Gli Ordini mendicanti contribuiranno alla nuova evangelizzazione nella misura in cui sapranno rinnovarsi a contatto con il carisma dei loro fondatori e in attento ascolto delle complesse situazioni del nostro tempo. Ci viene richiesta una fedeltà creativa come in fondo la seppe vivere in modo esemplare - faccio 1'esempio che più mi è vicino - San Francesco d'Assisi. In che senso si può parlare di Francesco come di “uomo veramente nuovo”?
Sento di poter dire che Egli fu uomo veramente nuovo perché seppe riproporre in modo forte e convincente Gesù Cristo e il suo Vangelo. Egli non si mise al posto di Cristo: questo proprio no. Francesco scoprì Cristo, vero Dio e vero uomo, come si scopre il tesoro nascosto nel campo. Una volta scoperto il tesoro che è Cristo, Egli motivò e accompagnò tutte le scelte della vita di Francesco. E per entrare in pieno possesso di questo tesoro, per essere profondamente trasformato dal contatto con la persona di Cristo, Francesco lasciò tutto, ruppe con la famiglia, assunse un' esistenza errabonda, rinunciò ad ogni forma di contestazione per dare inizio ad uno stile di vita allora del tutto inedito. Pose Cristo al centro della sua vita e per fargli realmente posto lo serviva nei lebbrosi, si ritirava volentieri a vivere negli eremi, andava per le piazze a predicare la penitenza.
Noi religiosi siamo chiamati decisamente a mettere Cristo al centro della nostra vita; e questo comporta di avere il coraggio di testimoniarlo apertamente. Non dobbiamo aver paura di dire che è per Lui e per Lui solo che abbiamo scelto di abbracciare la vita religiosa e di vivere in reciproca dipendenza in fraternità. Siamo invitati a dire che è da Lui che attendiamo la ricompensa per le nostre rinunce e che la parte migliore deve ancora venire.

[00099-01.05] [IN071] [Testo originale: italiano]

- S. Em. R. Card. Robert SARAH, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum" (CITTÀ DEL VATICANO)

Sia il Motu proprio Porta fidei (n. 14) che l’Instrumentum laboris di questo Sinodo (n. 123) ricordano che fede e carità si richiamano a vicenda. L'intrinseco rapporto tra evangelizzazione e diakonia è manifestato nel fatto che, come ricorda l'enciclica Deus Caritas est, insieme alla liturgia esse sono le dimensioni fondamentali e proprie attraverso cui la Chiesa realizza se stessa. La Chiesa offre al mondo un'invidiabile testimonianza di carità, dalla quale nascono numerose conversioni. I lavori sinodali devono poter maggiormente valorizzare queste testimonianze di carità come grande contributo in vista della nuova evangelizzazione. Nella sua attività missionaria, infatti, la Chiesa ha sempre unito l'annuncio del vangelo all'opera di carità. La grande missione di carità della Chiesa manifesta al mondo la forza travolgente e la vigorosa vitalità del messaggio di Cristo. La nostra pastorale di carità è un grande strumento di evangelizzazione, sia per chi presta che per chi riceve i nostri servizi. È chiaro che la Chiesa non si riduce ad un'agenzia sociale, ma la sfida per noi è proprio quella di ricondurre, attraverso l'opera di carità, al Dio che è carità. Infatti ciò che chiama alla fede sono l'unità e la carità. Un elemento portante dell'enciclica Deus Caritas est forse è stato un po' trascurato. La chiave che apre e chiude la porta dell'uomo all'annuncio del Vangelo è l'esperienza che Dio mi ama. Senza questa semplice verità l'uomo moderno non potrà mai conoscere veramente Cristo. L'attività caritativa della Chiesa, dunque, può offrici una chance enorme per far entrare la luce di Dio nel mondo.

[00100-01.05] [IN072] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Enrico DAL COVOLO, S.D.B., Vescovo titolare di Eraclea, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense in Roma (ITALIA)

La situazione attuale di progressiva scristianizzazione della vecchia Europa dipende, fra l'altro, da due innegabili processi, fra loro collegati. Essi sono: la statizzazione del diritto; la statizzazione delle Scuole.
Di fatto, le Scuole e le Università (anche quelle cattoliche) sono sempre più sottomesse al controllo diretto degli Stati. A questa logica non sfugge il cosiddetto Processo di Bologna.
I contenuti dell'insegnamento sono imposti dallo Stato non solamente attraverso i cosiddetti programmi, ma pure per mezzo dei libri di testo.
In questo procedimento, la visione culturale aperta alla fede cristiana viene sistematicamente indebolita, a vantaggio di prospettive cosiddette interreligiose o interculturali. Di fatto, in questo modo viene insinuata nella mente dei giovani una visione culturale ben lontana dalla fede cristiana, o addirittura esplicitamente contraria ad essa.
Il cavallo di Troia, attraverso il quale gli Stati si appropriano delle intelligenze degli studenti, è la formazione dei docenti. In molti Paesi i docenti sono formati unicamente nelle Università statali, e comunque chi vuole insegnare deve possedere l'abilitazione statale conseguita secondo il percorso formativo stabilito dagli Stati e con esami di Stato.
La progressiva scristianizzazione dell'Occidente è avvenuta così, attraverso la scristianizzazione delle Scuole e delle Università.
Ora, una nuova evangelizzazione non può che avvenire nel riconoscimento delle persone, della loro coscienza, dei loro diritti.
Se gli Stati, come spesso hanno fatto e continuano a fare, si appropriano del progetto personale di apprendimento, tolgono alle persone la libertà di realizzarsi, privandole di un diritto originario e costitutivo.
Di conseguenza, una comunità ecclesiale che si impegna per una nuova evangelizzazione dovrà curare con urgenza e priorità il buon funzionamento delle Scuole e delle Università in genere, ma in modo tutto particolare di quelle cattoliche.
In stretta sinergia con le famiglie e le altre agenzie educative del territorio (parrocchia, oratorio, centri giovanili, istituzioni...), esse dovranno rendersi capaci di fronteggiare efficacemente l'attuale emergenza educativa: perché la risposta della Chiesa all'emergenza educativa è la formazione, e soprattutto la formazione dei formatori, che passa in modo peculiare attraverso le Scuole e le Università.
Per questo stesso motivo, l'elemento caratterizzante delle Scuole e delle Università cattoliche dovrà essere il dialogo tra la fede e la cultura nell'insegnamento. La specificità delle Scuole e delle Università cattoliche dovrà essere il dialogo inesausto tra la scienza di Dio e le scienze dell'uomo, all'insegna di una sintesi teologica assimilata esistenzialmente, e coerentemente testimoniata dai formatori.
Un progetto di nuova evangelizzazione che collocasse in secondo ordine - o, peggio, che trascurasse - il ruolo insostituibile delle Scuole e delle Università cattoliche, rischierebbe il fallimento.

[00101-01.05] [IN073] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Pedro Mario OSSANDÓN BULJEVIC, Vescovo titolare di La Imperial, Ausiliare di Santiago de Chile (CILE)

Dopo che il Sinodo sulla Parola di Dio ci offrì, a suo tempo, la novità dell’Animazione Biblica della Pastorale, oggi possiamo domandarci se non sia opportuna la proposta di un’Animazione pastorale della vita dello Spirito, sia personale che comunitaria.
In che modo possiamo proporre questa animazione della vita nello Spirito?
Considerando la Chiesa Particolare come una Chiesa sinodale. Si tratta di organizzare la missione di evangelizzazione della Chiesa diocesana ispirandosi al discernimento nello Spirito e con un’autentica partecipazione pastorale in prima persona di tutti i fedeli.
Coltivando la vita interiore del credente, in ogni specifica vocazione, come un percorso spirituale che unisce crescita mistica personale e organizzazione pastorale al servizio dell’evangelizzazione.
Riconoscendo sempre i segni dei tempi, secondo lo Spirito Santo al servizio del Regno di Dio. Si tratta di completare la nostra opera pastorale con una disciplina che ci insegni a dialogare con la cultura nella verità e nella carità, attingendo alle Sacre Scritture e in sintonia con gli insegnamenti della Chiesa.
Facendo della preghiera, della vita, del servizio e dell’annuncio di Cristo un percorso di fede completo (cfr. Catechismo). In questo modo si riscopre l’ordine armonioso del percorso che Dio compie nell’uomo e che l’uomo compie in Dio (cfr. Giovanni Paolo II in Redemptor Hominis).
Non si tratta di spiritualizzare o di cadere nell’intimismo alienante di una fede falsa e dannosa. No. Si tratta di compiere l’opera di Dio: “credere in colui che egli ha mandato” (Gv 6, 29), come dice Gesù.
Privilegiando l’incontro con Cristo, in base alla spiritualità trinitaria di comunione, nel discernimento nello Spirito (Documento di Aparecida: metodo del vedere-valutare-agire), e nel servizio evangelizzatore e solidale. Si tratta di rinnovare così la Pastorale Organica.
Dedicandoci alla preghiera e alla contemplazione, poiché ciò ci da quella libertà di spirito che ci permette di superare i moralismi e i fondamentalismi dottrinali che tanto male ci hanno fatto. Una mistica, questa, che ci insegna a unire fede e vita, fede e ragione e, soprattutto, fede e amore.

[00103-01.06] [IN075] [Testo originale: spagnolo]

- S. E. R. Mons. Jorge Eduardo LOZANO, Vescovo di Gualeguaychú (ARGENTINA)

La Chiesa in America Latina vive ed evangelizza nella regione del pianeta con le maggiori disuguaglianze. Papa Benedetto XVI ci ha incoraggiati a confermare con slancio rinnovato l’opzione per i poveri. Il divario tra i più ricchi e i più sfavoriti è enorme e insormontabile, e richiama la parabola del povero Lazzaro che si nutriva delle briciole cadute per terra. Ci sono paesi in cui la metà dei poveri sono bambini. Nel nostro continente e nel mondo, la povertà non è un problema meramente economico o sociologico, bensì evangelico, religioso e morale. Una minima parte della popolazione mondiale si accaparra i beni della creazione. Il consumismo dilapidatore e depredatore sta esaurendo i beni della creazione. I volti dei poveri e degli emarginati sono il volto sofferente di Cristo. In una cultura che pretende di nasconderli, di trasformarli in esseri invisibili o di considerare ovvia la povertà, la fede ci incoraggia a metterli al centro della nostra attenzione pastorale. Non è possibile pensare a una nuova evangelizzazione senza un annuncio della liberazione integrale da tutto ciò che opprime l’uomo, ossia il peccato e le sue conseguenze. Non ci può essere un’autentica opzione per i poveri senza un impegno fermo a favore della giustizia e il cambiamento delle strutture di peccato. La nostra vicinanza ai poveri non è necessaria soltanto al fine di rendere credibile la nostra predicazione, ma anche al fine di renderla cristiana e non “un rame risonante o uno squillante cembalo” (1 Cor 13, 1). Qualsiasi dimenticanza o messa in secondo piano dei piccoli e degli umili fa sì che il messaggio cessi di essere una Buona Novella per trasformarsi in parole vuote e malinconiche, prive di vitalità e di speranza. Dobbiamo guardare i poveri, volgerci verso di loro per servire il Signore che amiamo.

[00104-01.04] [IN076] [Testo originale: spagnolo]

- S. E. R. Mons. Józef MICHALIK, Arcivescovo di Przemyśl dei Latini, Presidente della Conferenza Episcopale (POLONIA)

L'odierna crisi della civiltà cristiana in Europa non è la crisi del cristianesimo né la crisi della fede, perché l'uomo contemporaneo di continuo cerca delle risposte alle domande che superano la dimensione dell’esistenza temporale e biologica.
Una crisi profonda ha toccato anche la cultura odierna, che ha abbandonato i criteri stabiliti della bellezza e, in ricerca del successo e dell’originalità, ha perso la creatività, soffermandosi molto spesso alla promozione della negazione e del nihilismo.
Viviamo oggi nella situazione di permanenti attacchi alla legge naturale, ai valori cristiani, alla Chiesa e alla fede. Lamentarsi di questa situazione sarebbe inutile. È necessaria una visione di se stessi e della conversione. È questo il primo compito e la condizione fondamentale dell’evangelizzazione. Riconoscere il peccato ci porta direttamente alla conclusione che solo Dio può perdonare il nostro peccato, Dio, che vuole perdonare perché Egli è il Padre misericordioso.
Se la fede di oggi diventa sempre più debole, non bisogna incolpare solo gli altri, ma piuttosto noi stessi. Se il messaggio della fede non è interessante, attraente - è forse così, perché lo stesso messagio non lo è più neanche per noi stessi, perché non ci appassiona più, perché non predichiamo Cristo alle nostre famiglie e nelle strade delle nostre città.
Anche i nostri fratelli appartenenti alle altre Chiese cristiane sono vivamente interessati alla promozione della fede viva e alla difesa del diritto della presenza di Dio nella vita pubblica. La Chiesa in Polonia con grande speranza guarda al recente appello congiunto cattolico - ortodosso ai popoli della Russia e della Polonia, firmato dal patriarca ortodosso di Mosca e di tutta la Russia Kirill e dai vescovi cattolici di Polonia, nella speranza che questa comune voce in difesa dell'identità della fede e della proclamazione del Vangelo abbia grandi possibilità di toccare più nel profondo sopratutto i nostri cuori.

[00105-01.04] [IN077] [Testo originale: italiano]

- Rev. P. Mario ALDEGANI, C.S.I., Superiore Generale della Congregazione di S. Giuseppe (Giuseppini del Murialdo)

La pratica dell’evangelizzazione si situa dentro una pratica di relazioni umane. La qualità e lo spessore delle relazioni sono spesso sottovalutati nell’evangelizzazione, o pensati in ottica strumentale, ai fini dell’accoglienza della buona novella. Vivere in verità una relazione umana significa lasciarsi raggiungere dall’appello, che è insieme promessa e dono, iscritto nella vita stessa; appello alla condivisione, a camminare insieme, ad accogliere, a rendersi responsabili, a sentire che ciò che si possiede appartiene anche all’altro ed è dono per tutti. La qualità umana della relazione è tenuta viva, nel credente, dalla coscienza che il cuore e la carne di ogni uomo portano l’immagine di Dio, la traccia della salvezza di Cristo.
Ci si può chiedere se le pratiche di evangelizzazione siano sempre pratiche di relazioni vere e se siano quindi situate sulla traccia dell'operare attuale di Dio.
Se è vero che una crisi di fiducia nella vita attraversa tanti ambiti della vita contemporanea e la stessa crisi educativa, è pure vero, forse, che la stessa crisi di fiducia attraversa anche gli ambienti ecclesiali e le stesse pratiche di evangelizzazione.
L’evangelizzazione, in realtà, ha bisogno di un clima di fiducia, di una trama di relazioni segnate dalla speranza. Una pratica evangelizzatrice nel segno della fiducia e della speranza va sostenuta da una riflessione antropologica profondamente ispirata dalla Rivelazione.
Si tratta, più che di comporre l’antropologico e il teologico, di pensare l’umano nella luce e nell’ispirazione della Rivelazione e della Pasqua del Cristo. Si tratta, più radicalmente, di abitare pienamente e in verità l’umano nelle tracce di rivelazione e di redenzione che si porta dentro.
Non ci può essere oggi evangelizzazione senza profezia sul senso e sulla verità dell’umano. La comunicazione, e la stessa evangelizzazione in quanto pratica relazionale e comunicativa, è possibile perché si abita lo stesso terreno, che non può che essere terreno di vera umanità.
Ma abitare in verità il “terreno” (la terra, tutto ciò che è umano), significa abitare le tracce della Rivelazione e della Redenzione, e intercettare la Parola attuale di Dio.
Su questo terreno chi evangelizza può far davvero risuonare la Parola che salva e chi la ascolta può davvero avvertirla come Parola interpellante e liberante, esigente, ma portatrice di gioia.

[00106-01.04] [IN078] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Mario del Valle MORONTA RODRÍGUEZ, Vescovo di San Cristóbal de Venezuela (VENEZUELA)

Per favorire un migliore sviluppo sia del tema della Nuova Evangelizzazione che della prassi pastorale della stessa, è importante avere un filo conduttore formulato come una linea teologico-pastorale. Poiché si tratta dell’annuncio del Vangelo di salvezza, la Nuova Evangelizzazione è in continuità con la missione della Chiesa e ha a che vedere con la Comunione (trinitaria, rivelata da Cristo) vissuta nella Chiesa (comunione fraterna), il cui fine ultimo è l’incontro vivo con Gesù. Questa Comunione, allo stesso tempo, si manifesta nella testimonianza che trova in Gesù un modello (poiché è il testimone fedele che fa conoscere Dio con il suo disegno di salvezza) e che costituisce lo stile di vita proprio dei discepoli di Gesù. Entrambe le realtà trovano nel Servizio un’espressione concreta: mediante il servizio, Gesù offre la maggiore dimostrazione d’amore, salvando l’umanità; i suoi discepoli sono chiamati a imitarlo in questo. Perciò, propongo che la linea teologico-pastorale per la riflessione e per la concretizzazione della Nuova Evangelizzazione si costruisca attorno a questa linea di comunione-testimonianza-servizio. In Atti 2, 42-47 possiamo trovare uno spunto biblico per questa proposta.

[00107-01.05] [IN079] [Testo originale: spagnolo]

- S. E. R. Mons. Juan José PINEDA FASQUELLE, C.M.F., Vescovo titolare di Obori, Ausiliare e Vicario Generale di Tegucigalpa (HONDURAS)

La parrocchia è un’entità finalizzata a “la trasmissione della fede cristiana”. Lì si può portare avanti la Nuova Evangelizzazione. Lavoriamo per dar vita alle parrocchie, per creare luoghi di vita cristiana, sostenere la fede dei suoi membri e illuminare con la testimonianza. Il rinnovamento pastorale delle nostre parrocchie comporta “lo stato di missione permanente”; esse evitano così di essere sedi burocratiche. Crediamo nella “corresponsabilità pastorale dei battezzati”, che mettono a servizio della comunità la loro fede, il loro tempo, il loro talento e le loro ricchezze. Così, i programmi parrocchiali di pastorale e di iniziazione cristiana si arricchiscono con la collaborazione di tutti per una Chiesa più comunitaria: battezzati coerenti per una parrocchia corresponsabile, “casa e scuola di comunione”. L’impegno per la nuova evangelizzazione ha come finalità originaria la missione e parrocchie meno ripiegate verso l’interno e più impegnate nell’annuncio della fede. Riteniamo che la comunità parrocchiale rappresenti la porta per la trasmissione della fede e dell’esperienza ecclesiale, il centro di irradiazione e di testimonianza della vita cristiana, il luogo di ricerca della verità, di rafforzamento della fede, di comunicazione del messaggio, la comunità in cui si vive la gioia dello Spirito nonché la sede della missione. Presbiteri e laici inseriti nell’animazione missionaria. I laici impegnati nella comunità parrocchiale costituiscono una grande ricchezza. Questa vocazione laicale è uno dei frutti più preziosi del Concilio Vaticano II. Essi danno un forte impulso alla nuova evangelizzazione e alla trasmissione della fede. Aparecida sottolinea il rinnovamento parrocchiale, la conversione pastorale e lo stato permanente di missione. Essere Chiesa evita così i settarismi. La parrocchia è “Chiesa domestica” presente nella vita quotidiana, annunciando il messaggio vivificante del Vangelo. Nuova evangelizzazione significa ricostruire il tessuto cristiano della società umana, aiutando la Chiesa a continuare a vivere in mezzo alle case dei suoi figli (cfr. Giovanni Paolo II in Christifideles laici). Nasciamo come Chiesa inserita nell’animazione missionaria delle comunità. Si realizza l’integrazione dei Movimenti, ma non manca la lettura ecclesiologica o la sua integrazione “imperfetta”, al margine o al di fuori del programma parrocchiale di pastorale.

[00108-01.05] [IN080] [Testo originale: spagnolo]

- S. E. R. Mons. Paul DESFARGES, S.I., Vescovo di Constantine (ALGERIA)

In Maghreb, la scena della Visitazione viene considerata il paradigma della missione. Ovunque si rechi, Maria è preceduta dallo Spirito che è sempre il protagonista dell’incontro. Le nostre Chiese servono il Regno di Dio. La Chiesa è testimone e strumento di ciò che Dio opera nell’umanità. Lo Spirito le dà la possibilità di stupirsi della fede dell’altro e dei frutti che essa produce nella propria vita, come dimostra la conversione del Beato Charles de Foucauld.
Per noi non esiste dialogo interreligioso senza dialogo della vita, e il dialogo della vita rispecchia il dialogo di Dio con l’umanità. Questo dialogo della vita testimonia l’azione della salvezza; esso è mediazione, o sacramento, della salvezza di Dio. Come Dio dialoga per disporsi all’incontro con la sua creatura, allo stesso modo la Chiesa si dispone all’incontro, poiché la Buona Novella che la Chiesa annuncia non riguarda solo Dio ma anche l’uomo. Gli incontri quotidiani costituiscono la prima evangelizzazione, poiché annunciano la Buona Novella della fraternità universale. Perciò, viviamo il dialogo interreligioso, innanzitutto, come un incontro con l’umanità.
Non possiamo tuttavia negare che il dialogo islamo-cristiano è messo oggi a dura prova a causa delle correnti fondamentaliste, ma anche a causa di una nuova situazione, che seppure gioiosa, provoca sofferenza nelle persone. In alcuni dei nostri paesi, abbiamo la grazia di accogliere fedeli che provengono da famiglie musulmane. In generale, essi erano tormentati interiormente già da tempo. Questi nuovi discepoli sono talvolta rifiutati dalle loro famiglie o comunque obbligati a mantenere una grandissima discrezione. Con il tempo, scoprono tuttavia che la loro storia spirituale con Dio è iniziata molto prima della conversione e che lo Spirito li ha guidati attraverso questa o quella persona musulmana del proprio ambiente che incarnava valori spirituali e umani. Questi discepoli ci ricordano, anch’essi, che il dialogo della vita è al centro della testimonianza del Vangelo.

[00109-01.05] [IN081] [Testo originale: francese]

- S. E. R. Mons. Brian Joseph DUNN, Vescovo di Antigonish (CANADA)

Come possiamo evangelizzare coloro che sono stati profondamente feriti da uomini di chiesa coinvolti in abusi sessuali? Gesù si occupò dei disillusi ascoltando attentamente le storie dei discepoli per poi restituire loro una nuova consapevolezza della sua presenza. L’esempio di Gesù mostra che la nuova evangelizzazione, che deve aver luogo in piena crisi di abusi sessuali, avviene in almeno quattro modi differenti.
Fornendo un’autentica opportunità di ascolto e comune discernimento per comprendere la profondità del dolore, della rabbia e della delusione derivanti da questo scandalo. Tale ministero di ascolto potrebbe entrare a far parte del ministero di ogni diocesi sotto forma di ufficio di meditazione, dove le persone possano sfogare il proprio dolore e cercare un’idonea riconciliazione.
Analizzando i motivi che hanno portato a questa crisi, mettendo a punto misure atte a creare ambienti sicuri per i bambini e per i più vulnerabili nella comunità dei fedeli.
Facendo sì che tutti i rapporti e le strutture in seno alle nostre parrocchie e Chiese locali siano permeati da uno spirito di comunione mediante un dialogo che avvicini le persone, riconosca la presenza dello Spirito di Dio all’opera nei membri della comunità e assista quanti ritengono che la loro voce non venga mai ascoltata dalla Chiesa.
Incoraggiando la corresponsabilità con opportuni cambiamenti in alcune strutture della Chiesa, nonché nella mentalità, nell’atteggiamento e nell’emotività con cui si opera a stretto contatto con i laici. Questi cambiamenti potrebbero tradursi nella formazione di gruppi pastorali composti da presbiteri e laici, come riflessione e riconoscimento ufficiali dei ministri ecclesiali laici, nonché mediante un deliberato e sistematico coinvolgimento delle donne, conferendo loro posizioni di guida ad ogni livello di vita ecclesiale, e cioè permettendo loro di essere designate come lettrici e accoliti e istituendo il ministero del catechista.
Quando ciò accadrà, lo Spirito verrà ascoltato di nuovo, la nostra fede verrà trasmessa con più efficacia, saremo rinnovati nella nostra fede e la nostra testimonianza diverrà più autentica nel nostro mondo contemporaneo.

[00110-01.04] [IN082] [Testo originale: inglese]

- S. E. R. Mons. Philip TARTAGLIA, Arcivescovo di Glasgow (SCOZIA)

La Conferenza dei vescovi di Scozia accoglie con piacere l’invito a una nuova evangelizzazione. La nuova evangelizzazione è già all’opera come impulso generale verso il rinnovamento della fede in Scozia. Auspichiamo che quest’Anno della Fede alzi il profilo della nuova evangelizzazione.
L’Instrumentum laboris fa riferimento alla nuova evangelizzazione come testimonianza di Cristo, del suo Vangelo e della fede della Chiesa, con nuova franchezza, nuovo coraggio e nuova speranza. Sulla base della recente esperienza nella difesa e nella promozione del matrimonio come unione unicamente tra un uomo e una donna, i vescovi scozzesi possono affermare che la maggioranza dei cattolici, molti altri cristiani e anche gli appartenenti ad altre fedi rispondono in maniera positiva e si rallegrano nell’ascoltare la verità religiosa e morale esposta in modo chiaro, semplice e aperto. Anche in questo tempo profondamente secolarizzato, la sete di religione autentica si impone, come abbiamo visto chiaramente quando Sua Santità Papa Benedetto XVI ha visitato il Regno Unito due anni fa, nel 2010.
Basandoci su questa esperienza, che passa anche per la croce, non dobbiamo aver paura di predicare la verità della fede cattolica e apostolica con audacia, apertura e franchezza, ma anche con amore e compassione, in modo persuasivo e umile, partendo sempre da Gesù Cristo. Oggi le persone, specialmente i giovani, hanno bisogno sia di verità sia di amore se devono vivere una vita umana autentica. L’evangelizzazione e la nuova evangelizzazione propongono in modo nuovo agli uomini e alle donne del nostro tempo Gesù Cristo, Figlio Incarnato di Dio. Egli è la verità. È l’Amore Incarnato di Dio.

[00111-01.04] [IN083] [Testo originale: inglese]

- S. E. R. Mons. Patrick Christopher PINDER, Arcivescovo di Nassau (Bahamas), Presidente della Conferenza Episcopale (BAHAMAS)

Ci riuniamo in questa XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi per affrontare un tema molto appropriato e opportuno. La nostra riflessione sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” coincide con il 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, con il 20° anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e con l’inizio dell’Anno della Fede.
Ci si attende che questo incontro sia un tempo e un luogo di incoraggiamento, di esperienze condivise e di approcci pratici per ravvivare e rinnovare la vita della Chiesa nel senso più pieno. Le circostanze attuali, che rendono tanto necessaria la nostra riflessione sull’evangelizzazione con nuove energie e nuovi metodi, sono state ben spiegate nel documento di lavoro del sinodo. Esso ci ricorda che importanti forze culturali ostacolano la capacità delle nostre culture e dei nostri popoli di rimanere saldi nella fede e di vivere i valori del Vangelo. Questa realtà è presente quasi ovunque, come hanno indicato le risposte pre-sinodali delle conferenze episcopali di tutto il mondo.
Nell’affrontare queste sfide della secolarizzazione e della globalizzazione, i vescovi della Conferenza episcopale delle Antille hanno osservato che tra la nostra gente qualcuno è confuso, si allontana dalla fede ed è incapace di articolare o difendere la fede.
La maggior parte delle persone è rimasta fedele alla Chiesa, ma si trova a disagio con la vulnerabilità della fede che sperimenta. Stanno guardando alla Chiesa cattolica perché approfondisca la loro conoscenza della fede, la loro spiritualità e la loro capacità di difenderla e di viverla con gioia.
Una raccomandazione pratica evidente è quella di un riconoscimento, una formazione e un coinvolgimento maggiore del ministero del catechista nella Chiesa. Questo ministero può certamente servire come preziosa risorsa nella trasmissione della fede in questo momento della nuova evangelizzazione.

[00112-01.04] [IN084] [Testo originale: inglese]

- Sua Em.za Rev.ma Card. Fernando FILONI, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli

L' Instrumentum laboris nei nn. 76-79 tratta della Missio ad Gentes, cura pastorale e nuova evangelizzazione. Sono aspetti ai quali bisognerebbe dare un'impostazione più adeguata. La correlazione tra di essi è stata richiamata dal Santo Padre nell'Omelia per l'apertura del Sinodo, domenica 7 ottobre scorso.
Infatti, la Chiesa, quale Corpo di Cristo, cammina nella storia e tra i popoli per il mandato del suo Signore: andate, battezzate, portate la salvezza. Si tratta di un corpo vitale che, per attraversare luoghi e tempi, ha bisogno, per così dire, di due forti arti che le permettono speditamente di incedere: ossia la prima, ad Gentes, e la nuova evangelizzazione.Il Sinodo che stiamo celebrando costituisce, dunque, un momento eccellente che ci permette di riflettere sulla correlazione e sul valore dell'impegno missionario e al tempo stesso di ripensare quali siano le vie più significative per una ri-proposta coraggiosa del Vangelo.
Noi sappiamo bene che il Concilio Vaticano II è stato determinante per lo sviluppo delle cosiddette Chiese indigene, indicate non soltanto come “luoghi” in cui esercitare il servizio missionario, ma, soprattutto, come vere e proprie protagoniste della missione (Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la giomata missionaria mondiale 2012). A 50 anni dal Concilio possiamo anche vedere. ad esempio, come le Chiese indigene, con il clero, i religiosi e le religiose si siano inserite nella vita delle antiche cristianità, nonostante la prima evangelizzazione ad Gentes sia ancora fortemente da sviluppare.
Il Sinodo deve pertanto farci percepire la necessità di un coordinamento dell'opera di evangelizzazione, intesa come primo e nuovo annuncio, perché si tratta ormai di una missio globale a tutto tondo, anche in considerazione del fenomeno migratorio dei popoli che fa sì che i soggetti tradizionali della missio ad Gentes si incontrino ormai ovunque, creando dappertutto società sempre più plurali. Inoltre, non pochi fedeli provenienti dai cosiddetti territori di missione, che dimorano nelle società occidentali, apportano nelle nostre parrocchie e comunità la vivacità e le ricchezze spirituali di cui sono detentori. In essi si percepisce la freschezza della loro fede, così diversa da quelle forme di “stanchezza...o di tedio dell’essere cristiani” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana e alla Famiglia Pontificia, per la presentazione degli auguri natalizi (22 dicembre 2011)), e così evidenti tra le antiche secolarizzate cristianità.
Né va dimenticato che queste Chiese giovani danno testimonianza vera al Vangelo, inteso come Parola che sostiene in tutte le circostanze, anche in gravi situazioni di drammaticità, di discriminazione e di persecuzione (penso a numerose situazioni in Asia, Africa e America). L'Agenzia missionaria Fides ha pubblicato che nel 2011 18 sacerdoti e 4 religiose sono stati uccisi, ma chi può dire quale sia il numero dei fedeli? La missione evangelizzatrice di queste Chiese indigene risulta così essere un' esigenza interiore del dono ricevuto dall'alto.
Il mandato di Cristo redentore, affidato alla Chiesa, ha detto il Beato Giovanni Paolo II, è ancora agli inizi e dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris missio circa la permanente validità del mandato missionario (7 dicembre 1990), 1.) non solo per la percentuale di coloro che non conoscono Cristo e che è proporzionalmente in costante aumento, ma anche per la percentuale dei battezzati dove l'abbandono della fede costituisce un fattore rilevante. Di ciò occorre farne un kairos, un momento forte di grazia, in quanto provoca la Chiesa a rafforzare la propria identità di comunità voluta da Gesù Cristo, per essere segno e strumento di salvezza per tutti i popoli della terra (Lumen Gentium).

[00094-01.07] [IN066] [Testo originale: italiano]

 
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