Presentazione pubblica del Prefetto
Presentiamo oggi una
Nota dottrinale. Ed è bene specificare che
l’espressione “dottrinale” nel titolo della
Nota indica che questo
documento ha un valore speciale, superiore agli altri documenti che abbiamo
pubblicato negli ultimi due anni. Firmata dal Papa, appartiene al Magistero
ordinario della Chiesa e dovrà essere presa in considerazione in relazione allo
studio e all’approfondimento di argomenti mariologici.
Senso e proposito del documento
Questo testo non è un qualcosa che di colpo cade dal cielo. Esso risponde a
numerose domande e proposte che sono giunte presso la Santa Sede soprattutto
negli ultimi 30 anni e che riguardano la devozione mariana e alcuni titoli
mariani. Si tratta, dunque, di questioni ripetutamente trattate nei diversi
ambiti di studio del Dicastero, come Congressi, Sessioni ordinarie, ecc.
Ed è così che già ai tempi del Cardinale Prefetto Ratzinger c’era stato un
accurato studio su questi argomenti. In quell’occasione il futuro Benedetto XVI
si era personalmente coinvolto, insieme ai membri della Feria IV, in
quell’approfondimento e ne era scaturita un’analisi alla quale il Papa san
Giovanni Paolo II aveva prestato particolare attenzione. Quello studio si
concluse con una risposta che gli interessati non avevano fatta pubblica,
sebbene i suoi concetti fondamentali siano stati riaffermati dal Prefetto
Ratzinger in un suo libro posteriore.
Questo è solo un esempio significativo che ci conferma che c’è una ricca storia
di decenni dietro questo documento. Il Dicastero ha ritenuto pertanto che è
giunto il momento di esprimere pubblicamente alcune conclusioni di questo lungo
studio.
Adesso voglio chiarire qualcosa sul tema della
Nota. Vedete, ad esempio,
Evangelii gaudium è un documento “sull’annuncio” del Vangelo, non
sull’evangelizzazione che è un tema molto più ampio. Se non si avverte questa
chiave d’interpretazione il documento non si interpreta bene. Un altro esempio:
Fiducia supplicans è una Dichiarazione “sul senso pastorale delle
benedizioni”. Il caso specifico della benedizione alle persone di coppie dello
stesso sesso era un modo di applicare la Dichiarazione, ma non il suo tema
centrale.
Ora dico che, sebbene il
documento che oggi presentiamo risponde a questioni
riguardanti alcuni titoli mariani, il suo tema è piuttosto quello del rapporto
di Maria con noi. Parliamo cioè dell’autentica devozione mariana alla luce della
Parola di Dio. Per questa ragione, il motivo mariano di fondo che attraversa
queste pagine è la maternità di Maria nei confronti dei credenti,
questione che torna e ritorna lungo tutto il documento. Quando una frase,
un’espressione riappare come leitmotif lungo tutto un documento, questa è
una chiave di lettura.
La maternità di Maria nei nostri confronti, che provoca la devozione dei fedeli
(tema centrale), ha due aspetti fondamentali che sono quanto di più bello e
importante possiamo dire di lei: il primo è quello della vicinanza materna, che
si esprime in modi molto diversi, ed il secondo è quello dell’intercezione
materna che ci accompagna sempre. Non bisogna, pertanto, inventare altri
concetti per valorizzare il significato concreto di Maria per la nostra vita.
Proprio perché la
Nota vuole riconoscere il valore di questa devozione,
offre un ampio approfondimento sulla devozione mariana nella Bibbia. In questo
modo si conferma che essa non è un’invenzione della Chiesa o un prodotto
meramente psicologico o culturale, ma un’opera dello Spirito Santo nei fedeli.
Ad esempio, guardiamo il testo sulla visita di Maria ad Elisabetta. Elisabetta
si presenta come indegna di ricevere la visita di Maria: «A che cosa devo che la
madre del mio Signore venga da me?» (Lc 1,43). Elisabetta non
dice: «Chi sono io perché il mio Signore venga a me?». Essa si riferisce
direttamente alla madre. Ed Elisabetta parla colma di Spirito
Santo (cf. Lc 1,41), in maniera tale che il suo atteggiamento dinanzi a
Maria si presenta come opera dello Spirito. Mossa dallo Spirito, non le basta
chiamare Gesù “benedetto”, ma chiama “benedetta” anche la madre: in questo
momento di gioia messianica li contempla intimamente uniti.
Il
documento analizza anche altri testi sacri, come la narrazione sulle nozze di
Cana o il racconto della presenza di Maria presso la Croce come madre dei
discepoli, e lascia emergere così i fondamenti biblici dell’intercessione
mariana.
Amare la fede dei semplici
La devozione mariana, che la maternità di Maria suscita, è presentata qui come
un tesoro della Chiesa. Possiamo dire che questa
Nota è un canto alla devozione
popolare mariana, che coglie sempre in Maria accoglienza, incoraggiamento,
tenerezza e speranza. Vogliamo valorizzare questa devozione preziosa,
riconoscerne la bellezza, ringraziare lo Spirito Santo che la suscita.
Non vogliamo giudicare i cristiani semplici come credenti di seconda classe
perché non hanno fatto corsi di teologia o perché non partecipano alle strutture
della Chiesa; vogliamo, invece, imparare da loro la loro fresca fiducia, la loro
capacità di fidarsi senza esitazioni, la tenerezza viva del loro amore spontaneo
verso il Signore e la Madre.
Tanti di loro non dubitano che esista la trascendenza, non si mettono a
ragionare se Dio esista o meno, sanno con certezza che hanno bisogno del mistero
che li supera. E, come dicevano i vescovi latinoamericani ad Aparecida, i poveri
«incontrano la tenerezza e l’amore di Dio sul volto di Maria. In lei loro vedono
riflesso il messaggio essenziale del Vangelo» (Ap 265).
Papa Francesco ricordava spesso che il popolo fedele non si allontana da Cristo,
né dal Vangelo, quando si avvicina a Maria, ma rimane capace di leggere «in
quell’immagine materna tutti i misteri del Vangelo» (EG 285).
Bisogna capire che questa fede ha un modo proprio di manifestarsi, che non è
quello delle parole, delle teorie o delle spiegazioni, ma è, piuttosto, una
espressione mistagogica e simbolica di quell’attitudine evangelica di fiducia
nel Signore che lo stesso Spirito Santo suscita liberamente nei credenti. E un
tale atteggiamento è fortemente collegato a Maria di Nazaret.
I credenti, cioè, che possono pure ornare le effigie mariane di fiori e di
dettagli d’oro e di gloria, non dimenticano mai che in quelle effigie si onora
la Maria storica, che incontriamo nei Vangeli, quella che è una di loro. Lei
che, come le nostre donne, ha portato suo figlio in grembo, lo ha allattato, lo
ha cresciuto amorevolmente, e non senza i problemi della maternità (cf. Lc
2,48-50).
È ancora colei che canta al Dio che «ha ricolmato di beni gli affamati, e ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1, 53), colei che soffre con gli sposi che sono rimasti senza
vino per la loro festa (cf. Gn 2,3), che sa correre per dare una mano
alla cugina che ne ha bisogno (cf. Lc 1,39-40), che si lascia ferire,
come trafitta da una spada a causa della storia del suo popolo (Lc 2,35);
è colei che capisce cosa significa essere un migrante o un esule (cf. Mt
2,13-15), che nella sua povertà può offrire solo due piccoli colombi (cf. Lc
2,24) e che sa cosa vuol dire essere disprezzati per appartenere alla famiglia
di un povero falegname (cf. Mc 6,3-4).
Loro capiscono che questa, una di loro, è la loro Madre. Questa Madre accompagna
la fede e la vita dei semplici, con la sua intercessione e con la sua vicinanza
materna e per molti diventa il grande sostegno che esprime la vicinanza di
Cristo con un volto di donna.
Mater populi
Il titolo del
documento mostra che la devozione mariana non è solo una questione
individuale o intimistica, ma che la devozione mariana è la forza di un popolo
di credenti.
Il popolo non è la somma degli individui ma un tessuto che formiamo insieme,
dove la fede di uno stimola la fede degli altri, dove manifestiamo insieme la
nostra fede, e questa vita comunitaria ci sostiene. Nella pietà popolare questo
aspetto si verifica specialmente nei pellegrinaggi. Lo spiegavano così ad
Aparecida:
«Mettiamo in risalto i pellegrinaggi, dove si può riconoscere il Popolo di Dio
in cammino. Lì il credente celebra la gioia di sentirsi immerso tra tanti
fratelli, camminando insieme verso Dio che li attende”.
Ma che sia una esperienza comunitaria non significa che allo stesso tempo quella
dei pellegrinaggi non sia un’esperienza meravigliosamente personale ed intima.
Continua il testo di Aparecida:
“L’arrivo è un incontro d’amore. Lo sguardo del pellegrino si posa su
un’immagine che simboleggia la tenerezza e la vicinanza di Dio. L’amore si
ferma, contempla il mistero e lo gusta in silenzio. Anche lui è commosso,
riversa tutto il peso del suo dolore e dei suoi sogni. La supplica sincera, che
fluisce con fiducia, è la migliore espressione di un cuore che ha rinunciato
all’autosufficienza, riconoscendo che nulla può realizzare da solo. Un breve
istante condensa una vivida esperienza spirituale» (Ap 259).
Guardate. Spiega che il pellegrino arriva, e di fronte allo sguardo della
madonna “l’amore si ferma, contempla il mistero, lo gusta in silenzio”. Non è una religiosità mariana di scarso valore.
Chiarimenti su alcuni titoli mariani
Solo in questo contesto preciso si colloca bene e si comprende la preoccupazione
per chiarire la legittimità o la portata di alcuni titoli mariani.
Perché, oltre alla diffusa pietà popolare, esistono alcuni gruppi di ispirazione
mariana, alcune pubblicazioni, nuove forme di devozione e diverse richieste di
dogmi mariani che prendono la parola sui titoli mariani. Essendo molto presenti
nel web risvegliano con frequenza dubbi nei fedeli più semplici.
Perciò, il presente
documento prende in considerazione tali proposte, per
indicare in che senso alcune di esse rispondono ad una devozione mariana genuina
e ispirata al Vangelo, o in quale senso altre devono essere evitate, perché non
favoriscono un’adeguata comprensione dell’armonia del messaggio cristiano.
Non si tratta di giudicare le intenzioni di questi gruppi e persone –
sicuramente oneste e piene di fede - che tentano di esprimere in nuovi modi la
bellezza di Maria.
Tempo fa mi sono fermato a lungo davanti alla pietà di Michelangelo. Guardando
le braccia ferme di Maria, il suo volto che esprime un immenso dolore e allo
stesso tempo la forza della sua maternità, e tanti altri messaggi assai belli,
ho capito come, di fronte a tale bellezza, alcuni gruppi vogliano dire di tutto
e di più su Maria.
Ma allo stesso tempo è compito proprio del Magistero quello di discernere, al
fine di tutelare la genuina fede del popolo di Dio.
Sul titolo “Corredentrice”, il documento conclude che “è sempre inappropriato” e
che “diventa sconveniente”, facendo eco al parere che a suo tempo aveva espresso
il cardinale Ratzinger.
Sul titolo “Mediatrice” la
Nota spiega in che senso non è accettabile e
in che senso ha un suo valore.
Qui la
Nota formula l’invito, come aveva fatto lo stesso Cardinale Ratzinger, a
prendere molto sul serio alcuni testi biblici perentori, come questi due testi
che seguono e che vanno letti “sine glossa”, senza annacquarli:
«In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato
agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,12).
«Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini,
l’uomo Cristo Gesù, che ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1Tim 2,5-6).
Non si farebbe, pertanto, alcun omaggio alla Madonna se questa convinzione
centrale venisse indebolita. La Chiesa ha spiegato questo posto unico di Cristo
per il fatto che, essendo Egli Figlio eterno e infinito, a Lui è unita
ipostaticamente l’umanità che Egli ha assunto. Tale posto è esclusivo della sua
umanità e le conseguenze che ne derivano possono applicarsi solamente a Cristo.
Questo non esclude che, in altri sensi, il Figlio coinvolga Maria in una
“mediazione partecipata”.
Di conseguenza, anche il titolo “Mediatrice di tutte le grazie” dev’essere
adeguatamente interpretato, in modo da evitare che si pensi che Maria si
collochi tra noi e Cristo effondendo lei stessa la grazia, o che si ritenga
che lei sia più vicina di Cristo o addirittura che si immagini che Cristo abbia
bisogno di Maria per effondere la grazia in modo pieno e completo; né infine
quel titolo si deve interpretare in modo da pensare che Maria sia il
“parafulmine” che ferma l’ira di un Dio incapace di amare e perdonare con
tenerezza.
E si torna sempre al centro: la maternità spirituale di Maria che si esprime
particolarmente nella sua intercessione, ma anche in gesti materni che ci
motivano ad aprire il cuore alla grazia che soltanto Dio può creare e comunicare
nel più intimo dei nostri cuori. Solo Dio salva, solo Lui infonde la sua grazia
che ci fa ineffabilmente vicini a Lui in modo tale che nemmeno Maria può
situarsi fra noi e Lui.
Per arricchire la comprensione di questi temi ci sono nella
Nota tante
citazioni dei Padri, dei Dottori della Chiesa, di Pontefici, di teologi di
Oriente ed Occidente, che nel loro insieme permettono di contemplare l’armonia
della questione nel quadro così tanto ricco del messaggio evangelico.
Questi chiarimenti vogliono mantenere il necessario equilibrio tra i misteri
della fede. Proprio l’armonia tra i diversi misteri della fede, insieme
alla gerarchia che esiste tra loro in questo complesso armonico, è fondamentale
per l’adeguata trasmissione della fede.
La
Nota cerca, in conclusione, di accompagnare e sostenere l’amore dei
credenti verso Maria e la fiducia nella sua intercessione materna; allo stesso
tempo si impegna ad evitare che questa fede perda la sua freschezza e il suo
profumo di Vangelo. Ci si prende così cura della fede del popolo fedele senza
complicarla con questioni che non appartengono alle preoccupazioni della
stragrande maggioranza dei fedeli né aggiungono niente di essenziale al loro
amore verso Maria: un amore che la libertà dello Spirito Santo sempre genera nel
cuore del suo popolo.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto