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PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIE E DELLA PACE

ACQUA,
UN ELEMENTO ESSENZIALE
PER LA VITA

IMPOSTARE SOLUZIONI EFFICACI

Un aggiornamento

Il contributo della Santa Sede al Sesto Forum Mondiale dell’Acqua
Marsiglia, Francia, marzo 2012

 

A. Introduzione

I. Il contributo della Chiesa Cattolica al dibattito internazionale

II. Il tempo di un bilancio per impostare soluzioni future

B. La situazione attuale

I. Progressi nell’affermazione del diritto all’acqua e riconoscimento del bisogno di attuarlo

II. C’è ancora molto da fare

III. L’affermarsi di una necessaria visione integrata e multi-livello nella ricerca di soluzioni sorretta da apposite strutture internazionali

IV. Una richiesta crescente

C. Soluzioni sostenibili

I. Il bisogno di soluzioni immediate

II. Strutture e governance

III. Nuove politiche

IV. Sobrietà e giustizia

D. Conclusione


A. INTRODUZIONE

I. Il contributo della Chiesa Cattolica al dibattito internazionale

In occasione dei Fora Mondiali dell’Acqua del 2003, del 2006 e del 2009, la Santa Sede ha elaborato alcune riflessioni. Sulla base della sua competenza, che è di ordine prevalentemente morale, ha evidenziato diversi argomenti riguardanti l’acqua, ribadendone l’importanza e caldeggiando azioni destinate a migliorare la sua fruizione e la sua protezione a livello mondiale.

1. Kyoto 2003

In occasione del Forum di Kyoto, il documento Water, an essential element for life della Santa Sede[1] rilevò come l’acqua fosse un fattore comune ai tre pilastri -economico, sociale ed ambientale- dello sviluppo sostenibile. Riguardo alla drammatica situazione in cui vivono le persone che non dispongono di acqua potabile, venne evidenziata la predominanza sia dei problemi di accesso e di gestione delle risorse rispetto a quelli legati alla disponibilità globale, sia dei problemi causati dall’uso eccessivo ed irresponsabile dell’acqua nei Paesi sviluppati rispetto a quelli causati dalla domanda crescente motivata dall’aumento della popolazione.

Il documento definisce l’acqua come un triplice bene: bene sociale, collegato alla salute, al cibo, e ai conflitti ; bene economico, necessario alla produzione di altri beni e correlato con l’energia, ma che comunque non può essere considerato come qualsiasi altro bene commerciale in quanto è un bene indispensabile alla vita e dono di Dio ; bene ambientale, nel senso che esso è connesso alla sostenibilità dell’ambiente e alle catastrofi naturali.

Inoltre, la Santa Sede, sempre in occasione del Forum di Kyoto, auspicò il riconoscimento formale del diritto all’acqua potabile quale diritto umano fondamentale e inalienabile, fondato sulla dignità umana. L’acqua, infatti, è una condizione indispensabile per la vita e per la crescita umana integrale. Da ultimo, ne ha evidenziato la valenza religiosa e i molteplici collegamenti con le problematiche della povertà.

2. Mexico 2006

A Città del Messico, aggiornando il precedente documento[2], la Santa Sede considerò sopratutto l’acqua come una responsabilità di tutti, essendo un bene fondamentale della creazione di Dio destinato ad ogni persona e popolo. Il suo accesso è un fattore chiave di pace e di sicurezza.

Il nuovo documento giunge ad auspicare la promozione di una cultura dell’acqua tale da valorizzarla, rispettarla, e considerarla non una semplice merce, bensì un bene destinato a tutti. Simile cultura è fondamentale per la gestione dell’acqua secondo giustizia e responsabilità, anche con riferimento alle catastrofi naturali.

3. Istanbul 2009

Infine, in vista del Quinto Forum di Istanbul, il documento iniziale venne aggiornato col sottotitolo And now a matter of greater urgency. Il nuovo testo[3], in particolare, sollecita ad analizzare come un’unica ed importante questione l’acqua potabile e i servizi igienici, entrambi fondamentali per determinare i contenuti dello stesso diritto. Riguardo al diritto all’acqua, la Santa Sede ne constata l’affermazione giuridica ancora insufficiente e poco esplicita, nonostante esso sia stato riconosciuto indirettamente in vari testi internazionali. Propone un richiamo alla promozione e il riconoscimento esplicito di tale diritto, radicato nella dignità umana.

Osservando le tendenze statistiche in atto, infine, la Santa Sede rilevò che gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio[4] concernenti l’acqua non sarebbero stati verosimilmente raggiunti entro il 2015 e che in caso di tale insuccesso, qualsiasi percentuale della loro realizzazione avrebbe rappresentato una grave mancanza della comunità internazionale.

II. Il tempo di un bilancio per impostare soluzioni future

Nel 1990, il Beato Giovanni Paolo II lanciò un accorato appello sull’«urgente necessità morale di una nuova solidarietà [riguardo alla] crisi ecologica»[5] e sull’uso corretto delle risorse naturali. Due anni dopo, l’ONU organizzò a Rio de Janeiro un Summit su «Ambiente e Sviluppo», evento storico che ebbe un’influenza e ripercussioni a livello mondiale. Esso contribuì significativamente ad impostare le riflessioni e i progetti d’azione sullo sviluppo per i 20 anni successivi.

Il ruolo particolare dell’acqua nello sviluppo è stato ampiamente riconosciuto, come dimostrano varie iniziative, quali: le prime attività del Consiglio Mondiale per l’Acqua a metà degli anni 1990; la decisione onusiana di indire un decennio per l’acqua per la vita (2005-2015); la creazione presso vari Governi e Organizzazioni Internazionali di strutture dedicate alle complesse problematiche dell’acqua.

Oggi, dopo l’inizio di una violenta crisi economica, anche collegata allo sfruttamento delle risorse naturali e allo scollamento fra finanza ed economia reale, fra profitto e sostenibilità, è giunto il momento di fare un bilancio dell’attuale situazione per impostare urgentemente soluzioni efficaci per le problematiche rimaste aperte, in vista della Conferenza di Rio+20 che si terrà a giugno di quest’anno e di ulteriori e necessarie riflessioni sull’acqua considerate in relazione allo sviluppo integrale dei popoli.

È motivo di speranza che gli organizzatori del Sesto Forum Mondiale dell’Acqua abbiano scelto di intitolare l’evento Time for solutions. La Santa Sede auspica che nel 2012 siano prese decisioni incisive fondate su validi principi e siano condivise pratiche «virtuose» da istituzionalizzare e universalizzare, per quanto possibile, a partire dall’anno successivo, dedicato dall’ONU alla cooperazione relativamente ai problemi dell’acqua[6].

In questa stessa ottica, la Santa Sede spera che questo documento possa offrire un utile contributo.

B. LA SITUAZIONE ATTUALE

I. Progressi nell’affermazione del diritto all’acqua e riconoscimento del bisogno di attuarlo

1. La Santa Sede e la proposta di diritti relativi ai beni collettivi compresa l’acqua

Nel 1990, il Beato Giovanni Paolo II parlava del «diritto ad un ambiente sicuro, come di un diritto che sarebbe dovuto rientrare in un'aggiornata carta dei diritti dell'uomo»[7]. L’anno seguente, nella sua Enciclica Centesimus annus, esso viene presentato come un diritto che corrisponde ad un «bene collettivo», la cui salvaguardia non può essere assicurata da semplici meccanismi di mercato[8], bensì tramite la collaborazione di tutti.

Sempre Giovanni Paolo II, nel 2003, rifletteva sull'affermarsi di una crescente e preoccupante forbice tra una serie di nuovi diritti promossi nelle società tecnologicamente avanzate e consumistiche e i diritti umani elementari non ancora soddisfatti soprattutto in situazioni di sottosviluppo, come il diritto all’acqua potabile[9].

Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato nel 2004, si specifica che «il diritto all'acqua come tutti i diritti dell'uomo, si basa sulla dignità umana, e non su valutazioni di tipo meramente quantitativo», e si precisa «che è un diritto universale e inalienabile»[10].

Nel 2009, Sua Santità Benedetto XVI, evidenziandone la connessione con gli altri diritti, sottolinea che esso riveste un ruolo importante per il loro conseguimento, a cominciare dal diritto primario alla vita[11].

2. Il cammino delle Nazioni Unite

Anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, negli ultimi anni, si è più volte interessata al diritto all’acqua e lo ha esplicitamente consacrato nel 2010, definendolo «right to safe and clean drinking water and sanitation»[12]. Nella stessa Risoluzione lo si riconosce come diritto fondamentale essenziale al pieno esercizio del diritto alla vita e di tutti i diritti umani. Nel preambolo di questa storica Risoluzione, l’Assemblea Generale ricorda, inoltre, l’Osservazione n. 15 (2002), del Comitato dei diritti economici, sociali e culturali (ECOSOC), che precisa il contenuto normativo del diritto all’acqua, gli obblighi degli Stati parte al Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali e quelli degli attori non statali coinvolti, incluse le istituzioni finanziarie internazionali[13].

L’anno successivo, il Relatore speciale per il diritto all’acqua, la Signora Catarina de Albuquerque[14], ha dato un importante contributo ad una migliore comprensione delle concrete possibilità di realizzazione di questo diritto, presentando alcune buone pratiche e condizioni di successo fra cui la chiara individuazione delle responsabilità.

Sempre nel 2011, sulla scia di questo auspicato riconoscimento, basandosi sul suddetto rapporto, il Consiglio per i Diritti Umani ha lanciato un appello agli Stati per la sua effettiva attuazione[15].

II. C’è ancora molto da fare

1. Troppe persone sono senz’acqua potabile

Ancora oggi, in contesti diversi, molte persone non possono vivere dignitosamente e sono particolarmente esposte a morbilità e mortalità. Manca, infatti, un sufficiente accesso all’acqua potabile in quantità e qualità adeguate. Si tenga, inoltre, presente che le cifre relative a tale accesso comunemente avanzate nelle sedi internazionali non rispecchiano la complessità del fenomeno. La distribuzione geografica delle persone tuttora necessitate di un accesso adeguato, poi, rende ancor più difficile la soluzione dei problemi.

a. Accesso all’acqua potabile in quantità inadeguata

Ad alcune comunità manca l’acqua in quantità sufficiente per soddisfare i propri bisogni, oppure non dispongono di acqua in prossimità e, dunque, le persone devono percorrere lunghe distanze per procurarsela[16]. O, ancora, dipendono da risorse che variano a seconda delle stagioni e delle precipitazioni. A tali restrizioni naturali se ne aggiungono altre di tipo antropico e tecnico, come: la carenza di istituzioni adeguate; l’impossibilità di conservare o di pagare l’acqua potabile; la mancanza improvvisa delle abituali sorgenti o delle strutture di gestione dell’acqua, a causa di conflitti o di nuove attività ad alto consumo[17].

b. Accesso all’acqua di qualità potabile inadeguata

La buona qualità dell’acqua potabile non è garantita se non si possiedono efficaci meccanismi di depurazione e adeguati servizi igienici. E nemmeno se manca l’informazione necessaria per distinguere l’acqua veramente potabile dall’acqua apparentemente potabile che, invece, richiede trattamenti per potabilizzarla[18]. In altri contesti, alcune comunità dispongono e padroneggiano meccanismi efficaci di depurazione e servizi igienici compatibili con il loro livello tecnologico ed economico, ma che non sono sufficienti per trattare acque altamente inquinate, come acque nere o reflue di origine industriale.

c. Le cifre della sete sottostimate

Queste situazioni riguarderebbero circa 800-900 milioni di persone, stando alle statistiche internazionali comunemente diffuse, fra le quali quelle delle Nazioni Unite. Ma, adottando una definizione larga di accesso all’acqua -un accesso regolare e costante ad acqua potabile che sia accessibile economicamente, legalmente e di fatto, e che sia accettabile dal punto di vista della fruibilità-, la realtà descritta da alcuni studi è ancor più preoccupante: 1,9 miliardo di persone avrebbero a loro disposizione solo acqua insalubre, mentre 3,4 miliardi di persone utilizzerebbero saltuariamente acqua di qualità insicura. Secondo queste ultime statistiche, l’accesso all’acqua potabile non verrebbe, in definitiva, garantito a circa la metà della popolazione mondiale[19].

d. Una distribuzione geografica complessa

La maggior parte delle persone prive di un regolare accesso all’acqua potabile -84% stando all’Organizzazione Mondiale della Salute[20]-, vive in zone rurali, ovvero in zone in cui le possibilità di fornire acqua potabile sono limitate. In esse, vari fattori -come la lontananza di alcune comunità e il costo delle infrastrutture-, rendono improbabile un rapido e netto miglioramento della situazione.

Peraltro, anche nelle zone urbane possono rivelarsi problemi difficili da risolvere. Infatti, milioni di persone ricevono acqua corrente insalubre a causa del fatto che vivono in contesti richiedenti grandi investimenti in infrastrutture e tecnologie per la potabilizzazione dell’acqua corrente.

Tale distribuzione geografica degli assetati -così si potrebbero definire coloro che non hanno un regolare accesso all’acqua- rende particolarmente preoccupante la situazione in quanto i progressi saranno verosimilmente lenti e costosi. Inoltre, in alcune zone urbane del mondo, si nota un forte squilibrio fra crescita della popolazione e aumento delle infrastrutture idriche.

2. Il ritardo nei servizi igienici

I progressi nel settore dei servizi igienici appaiono insufficienti. Oltre un miliardo di persone non avrebbe accesso a nessun tipo di servizio igienico[21] e le tendenze attuali lasciano presagire che si procede lentamente in questo ambito.

Questo fenomeno è preoccupante perché i servizi igienici, così come la depurazione, rivestono un ruolo essenziale nei processi di riuso dell’acqua e nel contrasto a possibili pericoli per la salute umana, causati dall’acqua inquinata o stagnante. L’assenza di servizi igienici e di adeguati sistemi di depurazione è una seria minaccia per l’ambiente specie nelle grandi città a forte densità abitativa, in quanto elevate quantità d’acqua inquinata vengono riversate nell’ambiente, in uno spazio limitato.

3. I rischi di una visione mercantile

Le regole e i negoziati del commercio internazionale dovrebbero mirare al bene di tutti, in particolare di quelle persone che sono povere e vulnerabili e a garantire i mezzi per la sussistenza umana[22]. L’essenzialità dell’acqua, dono di Dio[23], per l’esistenza umana obbliga a considerarla non come un bene commerciale qualsiasi.

Purtroppo, sul piano della prassi, permane talvolta una concezione eccessivamente mercantile dell’acqua che rischia di cadere nell’errore di considerarla come una qualsiasi mercanzia, pianificando gli investimenti secondo il criterio del profitto per il profitto, senza tener conto della valenza pubblica dell’acqua.

Una visione e un comportamento eccessivamente mercantili possono portare a programmare investimenti per infrastrutture solo in zone dove appare redditizio realizzarle, ossia dove appare proficuo, là dove abitano numerose persone. Esiste il rischio di non percepire i propri fratelli e sorelle come esseri umani aventi il diritto ad un’esistenza dignitosa bensì di considerarli come semplici clienti. Un tale approccio mercantilistico induce a creare in alcuni casi una dipendenza non necessaria (da reti, da procedure, da burocrazie, da brevetti) e predispone a fornire l’acqua solo a chi è in grado di pagarla. Altro limite dell’approccio mercantile della gestione dell’acqua (e di altre risorse naturali) è quello di curare e salvaguardare l’ambiente assumendosi le proprie responsabilità solo se e quando ciò è economicamente conveniente.

4. Un diritto da tutelare e promuovere

Un diritto, una volta riconosciuto, va tutelato e promosso con un apposito inquadramento giuridico e con adeguate istituzioni che permettano di definire chiaramente le responsabilità, di stabilire in quali circostanze il diritto non è garantito e che consentano di denunciare e chiedere riparazione in caso di mancato rispetto.

Alcuni Paesi hanno inserito il diritto all’acqua nel loro ordinamento legislativo interno, precisando criteri di qualità e di quantità per i vari soggetti ed identificando le strutture responsabili della sua attuazione. Ciò è importante perché lo Stato è, nell'ambito del proprio territorio, il soggetto responsabile che deve garantire i diritti ed il benessere delle persone nonché la corretta gestione delle risorse naturali.

Purtroppo, non tutti gli Stati hanno recepito nel loro ordinamento giuridico nazionale il diritto all’acqua. Alcuni Stati tollerano o pongono in essere nel loro territorio azioni direttamente o indirettamente lesive del diritto delle comunità appartenenti a Stati confinanti, o giungono ad utilizzare l’acqua come strumento di pressione politica o economica.

D’altra parte, a livello internazionale, dopo che è stato riconosciuto un diritto così importante, appare in maniera ancora più eclatante l’inadeguatezza del «complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente»[24] i diritti e sono destinate a garantirli. La necessità di migliorare e rafforzare le istituzioni internazionali esistenti «appare del resto evidente, se si pensa al fatto che l’agenda delle questioni da trattare a livello globale diventa costantemente più ampia»[25] e che alcune problematiche non sono più gestibili da un singolo Stato. Ciò vale a maggior ragione per l’acqua che, per natura sua, scorre sia in superficie sia nel sottosuolo indipendentemente dai confini stabiliti dagli uomini. Oltre alla carenza delle istituzioni, si «deve registrare, purtroppo, la non infrequente esitazione della comunità internazionale nel dovere di rispettare e applicare i diritti umani»[26].

III. L’affermarsi di una necessaria visione integrata e multi-livello nella ricerca di soluzioni sorretta da apposite strutture internazionali

La Santa Sede apprezza la consapevolezza che non è possibile cercare, e ancora meno trovare ed applicare, soluzioni alla questione dell’acqua considerandola come indipendente da varie altre problematiche correlate allo sviluppo, e nemmeno limitandosi ad un unico livello di intervento. Negli ultimi anni ci sono state evoluzioni incoraggianti in tali settori. L’apparizione di alcune strutture multinazionali o internazionali, peraltro da rafforzare, riflette la progressiva presa di coscienza della comunità internazionale riguardo alla loro necessità.

1. L’acqua in un approccio globale dello sviluppo

È oramai noto che non si può analizzare e tentare di risolvere la questione dell’acqua in modo isolato, senza collegarla ad altre tematiche sociali, economiche ed ambientali interconnesse[27]. Essa viene comunemente associata alle questioni della fame e della sottoalimentazione, dell’economia e della finanza, dell’energia, dell’ambiente in senso lato, della produzione e dell’industria, dell’igiene, dell’agricoltura, dell’urbanizzazione, delle catastrofi naturali, delle «siccità devastanti e dell’aumento dei livelli delle acque»[28]. Fra queste problematiche esiste un elevato grado di interdipendenza. Esse vanno, quindi, affrontate congiuntamente in vista di un vero sviluppo integrale e sostenibile.

2. I vari livelli di analisi

Per interpretare ed affrontare adeguatamente le suddette problematiche, l’analisi interdisciplinare viene comunemente praticata -e deve continuare ad esserlo- a vari livelli. Vanno tenuti debitamente in conto il livello globale e quello locale, la struttura regionale e quella nazionale, come richiede il principio di sussidiarietà.

Gli acquiferi internazionali, i fiumi ed i laghi transnazionali, le attività che potenzialmente incidono sulla disponibilità di acqua in un altro Stato costituiscono naturalmente una questione sociale sovranazionale. La prevenzione e la gestione delle crisi in zone di tensione richiedono anch’esse un’analisi a vari livelli, in quanto le decisioni nazionali possono ripercuotersi sulle situazioni locali, come pure eventuali conflitti locali possono creare instabilità a livello regionale. Peraltro, la possibilità di cooperazione fra realtà locali e globali -per seguire progetti, per diffondere buone pratiche, per mirare investimenti- richiede anch’essa un’analisi a vari livelli.

3. Nuove strutture intergovernative ancora insufficienti

La Santa Sede apprezza la creazione, all’interno delle Nazioni Unite o in strutture intergovernative regionali, di gruppi di consulenza o di organizzazioni di coordinamento specialmente dedicati alle questioni dell’acqua. Tale tendenza, iniziata coi primi anni 2000, dimostra l’attenzione crescente prestata al «bene pubblico» che è l’acqua. Ciò nonostante, per la gestione equa dell’acqua a livello internazionale, rimangono da compiere ulteriori progressi istituzionali.

IV. Una richiesta crescente

1. Le ragioni

In futuro ci sarà una richiesta crescente di acqua sul piano mondiale, visto che la popolazione del globo è in aumento.

D’altra parte, indipendentemente dall’aumento della popolazione, si innalzano i livelli di vita e di consumo in vari Paesi. Cresce la domanda di acqua e di energia, adoperate anche per scopi non essenziali e nella produzione di beni di consumo non sempre necessari. A tale riguardo, sono particolarmente preoccupanti «lo sperpero di risorse [destinate] ad alimentare un insaziabile consumismo»[29] e l’«accumulazione illimitata di beni (...) riservati a un piccolo numero di persone e proposti come modelli alla massa»[30].

2. Risorse compromesse

Ad un’accresciuta domanda di acqua fa, peraltro, riscontro la carenza di un tale bene, e sono manifeste le «preoccupazioni per la crescente diminuita disponibilità di acqua»[31]. Infatti le risorse idriche sono compromesse anche da attività direttamente imputabili ad una cattiva gestione, ossia: l’inquinamento che agisce a vari livelli nel ciclo dell’acqua; l’eccessivo pompaggio, che non considera debitamente i tempi di rigenerazione della risorsa acqua. Gravano su di essa anche le perdite negli impianti mal progettati o mal gestiti e gli sprechi dovuti a consumi irresponsabili.

Il riscaldamento globale, in alcune zone particolarmente affette da mutamenti climatici, assottiglia le risorse disponibili. Tale fenomeno verosimilmente colpirà e sarà maggiormente percepito in zone con poca acqua e abitate da popolazioni vulnerabili. Milioni di persone[32] potrebbero venir private dell’acqua per dissetarsi e veder la loro produzione agricola -che dipende soprattutto dall’abbondanza o meno delle piogge- essere posta a repentaglio.

Alcuni Paesi hanno peraltro sovrautilizzato l’acqua disponibile compromettendone le riserve e oltrepassando i limiti di sostenibilità[33]. La sicurezza e la sostenibilità delle risorse d’acqua rimane, pertanto, una questione di cui bisogna occuparsi urgentemente[34].

C. SOLUZIONI SOSTENIBILI

Ci troviamo, dunque, in un contesto in cui il diritto all’acqua è stato internazionalmente riconosciuto, ma i progressi nella sua attuazione, nei vari contesti di sviluppo, sono lenti.

Di fronte ad una tale sfida, è sempre più necessario che la comunità internazionale prospetti soluzioni sostenibili e che vengano applicate efficacemente ai vari livelli.

I. Il bisogno di soluzioni immediate

La Santa Sede sottolinea l’aspetto «urgente» del problema e si augura che la ricerca di soluzioni in corso nella comunità internazionale non si esprima solo con dichiarazioni di intenti sia pure suffragate da copiosi studi. Nel programmare economie sostenibili a medio e lungo termine, non vanno trascurate questioni spinose, su cui è difficile trovare un consenso unanime, ma che comunque richiedono una solerte attenzione ed azioni urgenti ed efficaci, miranti a tutelare la dignità umana e la vita di milioni di persone.

«Quando è in gioco la vita umana, il tempo si fa sempre breve: in verità, il mondo è stato testimone delle vaste risorse che i governi sono in grado di raccogliere per salvare istituzioni finanziarie ritenute “troppo grandi per fallire”. Certamente lo sviluppo integrale dei popoli della terra non è meno importante: è un’impresa degna dell’attenzione del mondo»[35].

II. Strutture e governance

Emerge, con riferimento a varie problematiche sovranazionali, tra cui quelle dell’ambiente e dell’acqua, la necessità di una governance internazionale[36]. Tale governance non va vista come un principio superiore che opprime le iniziative locali o statali, bensì come una necessità di coordinamento e di orientamento per una valorizzazione ed uno uso armoniosi e sostenibili dell’ambiente e delle risorse naturali in vista della realizzazione del bene comune mondiale.

1. Il compito della governance

Serve, cioè, un assetto di istituzioni che garantisca a tutti e ovunque un accesso all’acqua regolare e adeguato[37], che risponda ai deficit già segnalati: indicando standard qualitativi e quantitativi; offrendo criteri che aiutino a promuovere legislazioni nazionali compatibili con il diritto all’acqua riconosciuto internazionalmente; monitorando se gli Stati rispettano i loro impegni.

Compito importante è quello di favorire varie forme di cooperazione: la cooperazione scientifica e il trasferimento di tecnologie; la cooperazione amministrativa e manageriale. Sono necessarie altresì misure comuni di controllo contro la corruzione e l’inquinamento, nonché per la prevenzione e la gestione dei conflitti. In particolare, è da incoraggiare l’istituzione di autorità a livello regionale e transfrontaliero competenti per una gestione congiunta, integrata, equa, razionale e solidale delle comuni risorse.

La governance deve, inoltre, garantire il primato della politica -responsabile del bene comune- sull’economia e la finanza. Occorre ricondurre queste ultime entro i confini della loro reale vocazione e della loro funzione, in considerazione delle loro evidenti responsabilità nei confronti dell’ambiente, del bene pubblico che è l’acqua, e della società, per dare vita a mercati ed istituzioni finanziarie che siano effettivamente a servizio della persona, che siano capaci, cioè, di rispondere alle esigenze del bene comune e della fraternità universale[38] e che non siano motivate dal solo profitto per il profitto.

2. Ragion d’essere della governance: assicurare la destinazione universale dei beni

L’umanità ha ricevuto da Dio la missione di curare e di amministrare con saggezza l’ambiente, l’acqua e le altre risorse, che sono «beni comuni» e come tali contribuiscono al «bene comune mondiale» per la cui realizzazione sono indispensabili istituzioni proporzionate. Tali istituzioni devono incaricarsi di garantire a livello globale la destinazione universale dei beni. La dottrina sociale della Chiesa, infatti, fonda l'etica delle relazioni di proprietà rispetto ai beni della terra sulla prospettiva biblica che indica il creato come dono di Dio a tutti gli esseri umani: «Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, e pertanto i beni creati debbono essere partecipati equamente a tutti, secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità. Pertanto, quali che siano le forme della proprietà, adattate alle legittime istituzioni dei popoli secondo circostanze diverse e mutevoli, si deve sempre tener conto di questa destinazione universale dei beni. L'uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri»[39].

Il diritto all'uso dei beni terreni, compreso l’uso dell’acqua, è un diritto naturale e inviolabile, di valore universale, in quanto compete ad ogni essere umano. Esso deve essere tutelato e reso effettivo con leggi e istituzioni adeguate[40].

III. Nuove politiche

1. Politiche per l’acqua

La promozione del bene comune -tra le cui condizioni di realizzazione odierna vi è la tutela e la promozione del diritto all’acqua-, è un «dovere delle autorità civili»[41]. Occorrono, dunque, politiche che tutelino il suddetto bene, nelle sue condizioni contemporanee di realizzazione. A questo proposito, la Santa Sede è cosciente che le situazioni sono molto diverse. Ciò obbligherà a pensare a politiche che siano valide ed efficaci per i vari contesti.

a. Gli operatori privati

Premesso che l’autorità pubblica mantiene la funzione normativa e di controllo, venendo al caso degli operatori privati nel settore dell’acqua, va detto che è impossibile stabilire regole o norme universali di collaborazione privato-pubblico. Se è comprensibile e logico che gli attori privati tendano a sviluppare attività redditizie, essi non devono dimenticare che l’acqua ha una valenza sociale e deve essere accessibile a tutti. A tal proposito, l’autorità deve garantire, mediante un’adeguata legislazione, che l’acqua mantenga la sua destinazione universale, «con particolare attenzione ai settori più vulnerabili della società»[42]. Gli attori privati, hanno un ruolo essenziale nel perseguimento dello sviluppo e nella gestione di varie risorse naturali e pertanto non ne vanno aprioristicamente esclusi. Essi, però, non debbono comportarsi come se l’acqua fosse un bene di tipo meramente mercantile, e non un «bene pubblico». Vanno, pertanto, orientati a seguire comportamenti «virtuosi», ossia gestioni dei servizi di distribuzione dell’acqua conformi alle esigenze del bene comune.

b. Le politiche pubbliche

Vanno promosse politiche «coraggiose», concepite con lungimiranza, non influenzate da interessi particolaristici né varate opportunisticamente per ottenere il successo elettorale. Riguardo all’acqua, il mondo della politica deve agire in maniera responsabile, rinunciando ad interessi economici immediati o ad ideologie, che finiscono per umiliare la dignità umana. La legge positiva deve fondarsi sui principi della legge morale naturale per garantire il rispetto della dignità e del valore della persona umana[43] che possono essere intaccati qualora il diritto all’acqua non sia garantito e promosso. Servono, pertanto, legislazioni e strutture a servizio del diritto all’acqua. Ma soprattutto servono persone rette, ossia persone con forte sensibilità del bene comune e del «bene pubblico» che è l’acqua.

2. Politiche basate sulla solidarietà

Le politiche devono essere espressione della solidarietà, intergenerazionale e infragenerazionale, intesa come amore per il bene comune e dedizione generosa, corale, sistematica ad esso, a seconda dei contesti storici. Pertanto, esse vanno configurate tenendo conto delle condizioni concrete della sua realizzazione, fra le quali oggi emerge la necessità dell’accesso di tutti al bene dell’acqua.

La Santa Sede riafferma l’urgente necessità morale di una nuova solidarietà[44] riguardo alle risorse naturali, alla gestione dell’ambiente e in particolare all’acqua, secondo una dimensione internazionale che abbraccia i paesi più poveri e che implica una gestione parsimoniosa delle risorse del pianeta. Ricorda, inoltre, che per tradurla «in azione effettiva c’è bisogno di idee nuove, che migliorino le condizioni di vita in aree importanti»[45], oltre che di decisioni eticamente qualificate. Senza una reale solidarietà, non si possono concepire meccanismi finanziari né progettare politiche funzionali alla realizzazione del diritto all’acqua. La solidarietà, infatti, è una virtù di natura etica, che favorisce una vita dignitosa di tutti, consentendo di accedere ai beni fondamentali. Se la dignità umana è trascurata, sono vanificate le riforme delle strutture, la stessa governance e l’orientamento morale offerto dai grandi principi.

3. L’impegno della società civile

La Santa Sede in quest’occasione non dimentica che la gestione dell’acqua non è un problema riguardante solo alcuni tecnici, solo alcuni politici o alcuni amministratori. È e deve essere una preoccupazione di tutti, di tutta la società civile. Quest’ultima si avvale in particolare dell’ausilio della comunità politica per raggiungere i suoi fini. Ciò, però, non significa che la società civile possa essere supplita nella sua responsabilità primaria. La comunità politica è a servizio dei fini della società civile e riceve da questa il compito di produrre tutte quelle politiche ed istituzioni che sono necessarie al bene comune[46]. L’autorità politica svolge bene il suo compito se nella tutela e nella promozione del diritto all’acqua valorizza l’apporto della società civile e la sollecita ad organizzarsi. La corretta gestione del bene pubblico che è l’acqua si attua secondo solidarietà e sussidiarietà. La società civile conserva la responsabilità ultima per cui, quando la comunità politica non si mostra in grado di svolgere il suo compito, deve mobilitarsi affinché ciò avvenga.

IV. Sobrietà e giustizia

In una società che persegue l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile ed inclusivo, tutti sono chiamati a vivere con sobrietà e giustizia[47].

1. Sobrietà nei consumi

Alcune società hanno la possibilità e l’abitudine di consumare, per diversi scopi più o meno essenziali, più volte al giorno, la quantità d’acqua indispensabile per una vita dignitosa e di cui sono tragicamente prive altre società. Questa diseguaglianza nell’accesso e nel consumo di acqua non può essere approvata.

Non possono essere lodate le società che consumano acqua per finalità superflue, in preda a un consumismo sempre più sfrenato, orientate all’accumulazione illimitata di beni[48], giacché rappresentano pratiche contrarie ad uno sviluppo sostenibile.

Non è condivisibile la motivazione secondo cui il consumo o il risparmio di acqua in un determinato luogo, particolarmente in un Paese avanzato, non avrebbe conseguenze altrove, soprattutto in Paesi in via di sviluppo. L’acqua costituisce un «sistema» su scala mondiale e, se anche non ci fosse un collegamento diretto fra consumo e disponibilità in due luoghi diversi, esistono altri nessi indiretti che vanno tenuti presenti: trasportare, depurare e consumare acqua costa e richiede energia. Orbene, le somme richieste potrebbero essere spese in modo più utile aiutando i più poveri. Non si dimentichi, poi, il fatto che tale energia viene talora sottratta a regioni che ne hanno maggiormente bisogno.

La Santa Sede, pertanto, ribadisce l’importanza della sobrietà nei consumi, invocando la responsabilità delle amministrazioni, delle imprese e dei singoli cittadini. Tale sobrietà è sorretta da valori quali l’altruismo, la solidarietà e la giustizia.

2. Principio di giustizia

Il principio della giustizia, articolato negli aspetti commutativi, contributivi, distributivi, ossia come giustizia sociale, deve ispirare le soluzioni della questione dell’acqua.

Questo stesso principio deve, ad esempio, orientare la suddivisione equa degli investimenti necessari allo sviluppo e a promuovere l’attuazione del diritto all’acqua. I Paesi in via di sviluppo e le economie emergenti devono contribuire a tali investimenti, in proporzione alle loro possibilità, affiancandosi così ai tradizionali Stati donatori. La comunità internazionale, dal canto suo, è chiamata ad adottare modalità innovative di finanziamento. Tra queste può essere inclusa quella rappresentata dai capitali ricavati da un’eventuale tassazione sulle transazioni finanziarie.

Il principio di giustizia deve, inoltre, aiutare a individuare i danni causati al bene dell’acqua e a proporre possibili riparazioni o sanzioni. A tale scopo appaiono funzionali corti di giustizia abilitate alla ricezione di reclami da parte di coloro il cui diritto all’acqua non è garantito.

Parimenti, il sopracitato principio orienta l’equa distribuzione dell’acqua. La Santa Sede, in proposito, sottolinea che esistono livelli minimi per un’esistenza dignitosa, peraltro non garantiti in molti Paesi in via di sviluppo, che vanno soddisfatti in modo prioritario rispetto ad altri livelli elevati di consumo, tipici dei Paesi maggiormente sviluppati.

Inoltre, per la Santa Sede, la giustizia, in armonia con il principio di sussidiarietà, deve operare su tutti i livelli, dal locale al transfrontaliero, dal nazionale al regionale, dal continentale all’internazionale. Come la solidarietà, essa deve essere intergenerazionale e infragenerazionale.

Il principio di giustizia, dal momento che deve salvaguardare il diritto di tutti in particolare dei più deboli, sollecita a considerare che certe politiche forzose di controllo delle nascite imposte a questi ultimi non sono una soluzione equa. Tali politiche costringono, infatti, le comunità più povere a condizionare il loro sviluppo demografico per consentire ad altre società di mantenere i loro livelli eccessivi di consumo.

D. CONCLUSIONE

Miliardi di persone sono ancora senz’acqua in quantità o in qualità sufficiente per una vita dignitosa, sicura e confortevole. La Santa Sede, fiduciosa nel senso di responsabilità dei vari attori coinvolti nella gestione dell’acqua, desidera condividere il proprio punto di vista con i Governi e con tutte le persone di buona volontà. Richiamando il dovere di solidarietà, auspica che gli impegni presi vengano rispettati e che siano adottate soluzioni sostenibili con urgenza e con particolare attenzione ai più vulnerabili e alle generazioni future. I prossimi grandi eventi internazionali potranno così proporre tali soluzioni, giuste e sostenibili per l’ambiente, sorrette da meccanismi innovativi che ne garantiscano il rispetto ed una rapida attuazione. Non è da ignorare che nell’attuazione del diritto all’acqua influisce il divario tra i finanziamenti ritenuti necessari e quelli effettivamente mobilitati.

L’acqua troppo frequentemente è oggetto di inquinamento, di sprechi e di speculazioni, è sempre più contesa ed è una nota causa di persistenti conflitti. Essa, invece, va custodita come un bene universale che è indispensabile per lo sviluppo integrale dei popoli e per la pace.


[1] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Water, an essential element for life, Città del Vaticano 2003.

[2] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Water, an essential element for life – An update, Città del Vaticano 2006.

[3] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Water, an essential element for life and now a matter of greater urgency – An update, Città del Vaticano 2009.

[4] Obiettivo 7.c.

[5] Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXIII Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 1990), n. 10.

[6] Assemblea Generale dell’ONU, Resolution adopted by the General Assembly 65/154. International Year of Water Cooperation, 2013, A/RES/65/154, 11 febbraio 2011.

[7] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXIII Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 1990), n. 9.

[8] Giovanni Paolo II, Centesimus annus, n. 40.

[9] Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXVI Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 2003), n. 5.

[10] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, n. 485.

[11] Cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 27.

[12] Assemblea Generale dell’ONU, The human right to water and sanitation, A/64/L.63/Rev.1*, 26 luglio 2010.

[13] Cfr. ECOSOC, General Comment No. 15 (2002). The right to water (arts. 11 and 12 of the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights), E/C.12/2002/11, 20 gennaio 2003.

[14] Cfr. Assemblea Generale dell’ONU, Report of the Special Rapporteur on the human right to safe drinking water and sanitation, Catarina de Albuquerque, A/HRC/18/33, 4 luglio 2011.

[15] Cfr. Assemblea Generale dell’ONU, The human right to safe drinking water and sanitation, A/HRC/18/L.1, 23 settembre 2011.

[16] Con una conseguente riduzione del tempo disponibile per altre attività fondamentali come l’istruzione e il lavoro.

[17] Acqua pompata per usi industriali e agricoli.

[18] È emblematica l’attività di educatori sanitari che consiste, in paesi in via di sviluppo, nello spiegare alla gente che l’acqua corrente o l’acqua trasportata da camion cisterna non è necessariamente acqua potabile, indipendentemente dal fatto che venga fornita dalle autorità pubbliche locali o da entri privati.

[19] Cfr. Gerard Payen Les besoins en eau potable dans le monde sont sous-estimés : des milliards de personnes sont concernées in AA.VV. Implementing the right to drinking water and sanitation in Europe, Académie de l’Eau, France 2011, p. 26.

[20] Cfr. Organizzazione Mondiale della Sanità, World health statistics 2011, 2011, p. 18.

[21] Cfr. Organizzazione Mondiale della Sanità, World health statistics 2011, 2011, p. 18.

[22] Cfr. Intervento della Santa Sede al Consiglio dell'Organizzazione Mondiale del Commercio sugli aspetti dei diritti sulla proprietà intellettuale attinenti al commercio, Ginevra 8 giugno 2010.

[23] Nessuno può avvalersi del merito dell’acqua, nel senso che nessuno ne è all’origine.

[24] Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 7.

[25] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011, n. 3.

[26] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXVI Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 2003), n. 5.

[27] Cfr. United Nations Secretary-General’s High-level Panel on Global Sustainability, Resilient People, Resilient Planet : a Future Worth Choosing, 30 gennaio 2012, p. 6.

[28] Benedetto XVI, Discorso per la Festa di Accoglienza dei Giovani, viaggio apostolico a Sydney, 17 luglio 2008.

[29] Benedetto XVI, Discorso per la Festa di Accoglienza dei Giovani, viaggio apostolico a Sydney, 17 luglio 2008.

[30] Benedetto XVI, Discorso ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede in occasione della presentazione collettiva delle lettere credenziali, 17 dicembre 2009.

[31] Intervento della Santa Sede alla 37a sessione della Conferenza della FAO, 28 giugno 2011.

[32] Il Rapporto di sintesi Changements Climatiques 2007 del Gruppo di esperti sul clima (IPCC) avanza addirittura la stima di 75-250 milioni addizionali di persone che soffriranno di stress idrico in Africa entro il 2020 a causa del cambiamento climatico.

[33] Cfr. Nazioni Unite, UN Millenium Development Goals Report 2011, 2011, p. 52.

[34] Cfr. Nazioni Unite, UN Millenium Development Goals Report 2010, 2010, p. 4.

[35] Benedetto XVI, Discorso in occasione dell’incontro con le autorità civili a Westminster Hall, viaggio apostolico nel Regno Unito, 17 settembre 2010.

[36] Cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 67.

[37] Cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 27.

[38] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011, n. 4.

[39] Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 69.

[40] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Per una migliore distribuzione della terra, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, n. 28.

[41] Cfr. Benedetto XVI, Discorso in occasione dell’incontro con le autorità civili a Westminster Hall, viaggio apostolico nel Regno Unito, 17 settembre 2010.

[42] Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXIII Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 1990), n. 9.

[43] Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la XLIV Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 2011), n. 12.

[44] Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXIII Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 1990), n. 10.

[45] Benedetto XVI, Discorso in occasione dell’incontro con le autorità civili a Westminster Hall, viaggio apostolico nel Regno Unito, 17 settembre 2010.

[46] Cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 74.

[47] Cfr. Tt 2, 12.

[48] Benedetto XVI, Discorso ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede in occasione della presentazione collettiva delle lettere credenziali, Città del Vaticano, 17 dicembre 2009.

    

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