Index

  Back Top Print

XXXIII CONFERENZA REGIONALE DELLA FAO
PER L'AMERICA LATINA E I CARAIBI

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO LUIGI TRAVAGLINO,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LA FAO*

Santiago del Cile
Giovedì, 8 maggio 2014

 

Signor Presidente,

Desidero innanzitutto unire la mia voce a quanti mi hanno preceduto nel ringraziare il Governo del Cile per l’accoglienza che ha offerto in questa Conferenza, il cui obiettivo principale è di dare un nuovo impulso all’attività della Fao nella Regione dell’America Latina e dei Caraibi riguardo alle diverse situazioni dell’attività agricola e delle esigenze della sicurezza alimentare. Di fatto, le richieste di quanti soffrono la fame e la necessità di dare loro risposte efficaci richiedono sempre più impegni concreti. Non c’è dubbio che questa parte della popolazione si senta esclusa ed emarginata e non veda prospettive e vie di uscita alla sua condizione. Come giustamente osserva Papa Francesco: «vedendo le loro miserie, ascoltando le loro grida e conoscendo la loro sofferenza, ci scandalizza il fatto di sapere che esiste cibo sufficiente per tutti e che la fame si deve alla cattiva distribuzione dei beni e del reddito. Il problema si aggrava con la pratica generalizzata dello spreco» (Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, n. 191; Conferenza nazionale dei Vescovi del Brasile, Esigenze evangeliche ed etiche di superamento della miseria e della fame aprile 2002, Introduzione, n. 2).

Questa Conferenza dovrebbe ribadire che il principale sforzo che bisogna compiere è di dare una dimensione umana a quegli strumenti che la tecnica, la tecnologia e il progresso scientifico consentono di applicare all’attività agricola, e pertanto a una maggiore e migliore produzione di alimenti. È un compito per i paesi della Regione, che si aggiunge all’impegno di affrontare le più ampie strategie elaborate a livello mondiale per sradicare la povertà, e anche per valorizzare i risultati positivi raggiunti nell’obiettivo di dimezzare nel 2015 il numero delle persone che patiscono la fame. Già questo può essere un modo di mettere in pratica sistemi inclusivi di sviluppo agricolo, capaci di impedire che la povertà e la malnutrizione continuino ad aumentare.

L’agenda dei lavori, alla luce delle attività portate a termine nell’ultimo biennio, ha posto al centro della riflessione i criteri per migliorare la sicurezza alimentare in un contesto minacciato dai cambiamenti climatici. Situazioni particolari come l’isolamento geografico e la limitazione del territorio fanno sì che l’impatto della variabilità climatica aggravi i disastri causati dai fenomeni naturali. In tale ambito, determinate azioni concrete possono rappresentare un’opportunità per la protezione dell’ambiente e della biodiversità ampiamente presente nella Regione, a cominciare da un uso adeguato dei terreni agricoli, spesso sottoposti a coltivazioni intensive che li impoveriscono.

Ciò però richiede di considerare non solo le difficoltà della produzione agricola provocate da fattori ambientali e territoriali, ma anche quelle che si devono a politiche commerciali particolarmente sfavorevoli, causate a loro volta dalla mancanza di accesso al mercato dei prodotti agricoli. Di fatto, in diversi paesi del mondo, mentre l’economia mira quasi esclusivamente all’esportazione di un numero ridotto di prodotti locali, la sicurezza alimentare dipende invece più dall’importazione della maggior parte degli alimenti. Inoltre, una serie di fattori derivanti dalla povertà, da strutture economiche ingiuste e dalla mancanza di lavoro contribuisce a rendere questi paesi più vulnerabili.

La tutela e l’attuazione del diritto all’alimentazione significano non solo mirare a livelli di produzione agricola sempre più soddisfacenti in quantità e qualità, ma anche affrontare le questioni del mondo rurale con attività di cooperazione che incoraggino e sostengano soprattutto l’agricoltura praticata su piccola scala e le iniziative economiche vincolate alla pesca artigianale, che costituiscono la realtà economica di base per la maggior parte dei paesi.

L’Anno internazionale della Famiglia Rurale che la Comunità internazionale sta celebrando, su iniziativa della Fao, dovrebbe servire da stimolo per tenere nella giusta considerazione il lavoro agricolo, che contribuisce in modo sostanziale alla crescita economica, e che è al centro di ogni strategia di sviluppo integrale. Di fatto, la famiglia rurale offre l’esempio di un modo di operare rispettoso verso il creato e perciò attento ai bisogni concreti delle persone e delle comunità: «Anche nel lavoro, la famiglia è un modello di fraternità per vivere un’esperienza di unità e di solidarietà fra tutti i suoi membri, con una maggiore sensibilità verso chi è più bisognoso di cure o di aiuto, bloccando sul nascere eventuali conflitti sociali» (Papa Francesco, Appello durante l’Udienza generale del 20 novembre 2013, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno internazionale della Famiglia Rurale).

Il modello della società rappresentato dalla famiglia rurale può anche risultare utile quando si studiano le problematiche relative alla riforma agraria, che spesso avanza lentamente nei paesi della Regione, mentre, dall’altra parte, nelle zone rurali diviene più urgente la necessità di razionalizzare la proprietà della terra, cominciando con il garantire alla donna eguali diritti in questo ambito. Le legislazioni, oltre a prevedere la possibilità di un’applicazione concreta, dovrebbero avere come riferimento la condizione dei piccoli agricoltori, e al contempo riconoscere il ruolo delle comunità indigene nella preservazione della terra e delle zone rurali secondo la loro cultura tradizionale, che in generale non è legata unicamente agli obiettivi della produzione o a modelli di consumo sempre meno sostenibili.

Dai progressi compiuti nella Regione si percepisce che lo sviluppo agricolo e la lotta contro la fame saranno fecondi solo se s’instaurerà una collaborazione effettiva, capace di coinvolgere i Governi, le Organizzazioni internazionali, i movimenti della società civile, imprese private e altre forme di cooperazione sociale in tutti gli ambiti. Affinché tale collaborazione possa contribuire a creare un ordine economico e sociale più equilibrato e rispondere ai bisogni del nostro tempo, è però necessario mantenere la centralità e il primato della persona umana.

Da questa opzione etica deriva quasi naturalmente l’opzione della solidarietà come fonte di politiche di sviluppo e di cooperazione volte a migliorare la posizione di evidente svantaggio in cui si trovano quanti vivono nelle zone rurali e quanti hanno carenze e limitazioni alimentari. Si tratta di un obiettivo prioritario al quale la Chiesa cattolica presta grande attenzione. Questa è ben disposta a collaborare con le sue strutture e mediante l’esperienza delle associazioni che essa stessa ha creato nel settore dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca e nella conservazione e commercializzazione dei loro prodotti.

Signor Presidente,

La Santa Sede partecipa a questa Conferenza per mostrare nuovamente il proprio apprezzamento per le diverse iniziative che la Fao sta portando avanti in collaborazione con i Governi. Allo stesso tempo, desidera ribadire il suo proprio appoggio, dalla prospettiva etica, alle opzioni di natura politica e sociale, volte a rispondere in modo tangibile e coerente alle attuali necessità della popolazione rurale. In questa prospettiva, la Santa Sede sa di poter contare su quella sensibilità particolare che i diversi paesi della Regione hanno per l’aspetto spirituale e religioso della cultura latinoamericana che, se si traduce coerentemente in iniziative concrete, può garantire a tutte le popolazioni del continente il pieno rispetto dei loro diritti fondamentali, un’alimentazione adeguata e lo sviluppo integrale della loro personalità.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 109, Gio. 15/05/2014.