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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI DELL'ARCIDIOCESI DI
SORRENTO - CASTELLAMARE DI STABIA

Sabato, 22 gennaio 1994

 

Carissimi fratelli e sorelle
di Sorrento e Castellammare di Stabia!

1. Benvenuti, allora, nella casa di Pietro! Un saluto cordiale a ciascuno di voi, in particolare al vostro Arcivescovo, il caro Mons. Felice Cece, che ringrazio per le calde parole che ha voluto rivolgermi.

Questo vostro incontro era previsto per il 13 novembre scorso. Purtroppo, a causa del piccolo incidente che in quei giorni mi capitò, è slittato fino ad oggi. So con quanta partecipazione di sentimenti e di preghiera mi avete seguito anche in quella circostanza. Desidero pertanto dirvi subito il mio grazie più cordiale.

Ho sempre ben vivo nella memoria il ricordo dell’intensa giornata vissuta in mezzo a voi, quando, due anni or sono, ho avuto la gioia di visitare la vostra terra. Ho negli occhi l’incanto del paesaggio della vostra costa, giustamente così rinomato. Soprattutto mi è rimasta nel cuore la testimonianza del vostro affetto accogliente, di cui l’odierna visita mi riporta l’eco.

2. So che il mio passaggio a Sorrento e Castellammare di Stabia ha costituito, in questo arco di tempo, oggetto di riflessione e motivo di orientamento del vostro impegno spirituale ed apostolico. Ne sono grato al Signore.

Quando venni tra voi, nella solennità liturgica di san Giuseppe del 1992, le mie parole ebbero come sfondo costante la fede del Custode di Gesù, l’uomo giusto, chiamato a vivere in operosa contemplazione al fianco del Figlio di Dio. Consentitemi di prendere le mosse pure quest’oggi da tale tema fondamentale, chiedendovi a che punto è il cammino della vostra fede. È questo il “principio” da cui occorre sempre ricominciare, come ama ricordarvi il vostro Pastore. Sono certo che il vostro sforzo in questa direzione non è mancato; ripeto tuttavia volentieri quanto ebbi a dire nella Cattedrale di Sorrento: “Stare con Gesù: sia questo il vostro più grande desiderio . . . ParlarGli in modo familiare, ascoltarlo e seguirlo docilmente: questa non è soltanto una esigenza comprensibile per chi vuole seguire il Signore; è anche condizione indispensabile di ogni autentica e credibile evangelizzazione” (cf. Giovanni Paolo II, Ai sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi e ai laici, 19 mar. 1992: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 1 (1992) 652).

3. Il cammino di fede ha per sua natura una dimensione ecclesiale. A mano a mano che l’esperienza personale di Cristo si consolida, s’accresce la consapevolezza di essere parte viva, responsabile ed operosa del suo Corpo Mistico, ciascuno secondo la propria vocazione. Ed è in questa chiave ecclesiale che vorrei oggi sottolineare la specifica vocazione della famiglia cristiana.

I valori legati alla famiglia sono ancora ben radicati nella vostra cultura e ciò costituisce una ricchezza inestimabile. Bisogna però che questi siano oggetto di sapiente ed efficace pedagogia ecclesiale, non solo per difenderli dalle insidie cui vanno incontro nell’odierno relativismo etico, ma anche per consentire ai nuclei familiari di sviluppare le loro potenzialità nella stessa vita pastorale. Vi esprimo pertanto il mio più vivo apprezzamento per il Convegno che avete recentemente celebrato sul tema “Famiglia e Catechesi”, e che ben si inquadra nell’orizzonte dell’Anno della Famiglia da poco inaugurato. Continuate, carissimi, fiduciosamente su questa strada. Salvate la famiglia, e avrete salvato la società. Mettetela al centro delle vostre attenzioni, anzi rendetela “protagonista” della vostra azione apostolica e missionaria: avrete così dato un contributo fondamentale al futuro della Chiesa.

4. Vorrei ora rivolgere un particolare pensiero ai giovani, sul cui futuro, nel vostro ambiente, grava l’incubo di una preoccupante crisi economica e sociale.

Cari amici, non perdetevi di coraggio! Rimboccate piuttosto le maniche, impegnando tutte le risorse della vostra intelligenza, del vostro entusiasmo, della vostra creatività. Gli adulti, e specialmente gli operatori pastorali vi stiano accanto, investendo per voi il meglio della loro disponibilità e del loro impegno. Lavorate insieme. Voi, giovani, quando vi sentite accolti e ricevete fiducia, rivelate spesso doti insospettate, che vanno opportunamente valorizzate. Siate pronti a dare la vita per grandi ideali. Sono convinto che molti di voi, carissimi, riconosceranno in sé più facilmente la stessa chiamata al sacerdozio o alla vita religiosa, se la Comunità cristiana non avrà timori infondati di proporla e presentarla qual è, cioè come una delle strade più esigenti, ma pure più belle e gioiose per realizzare in pienezza la propria esistenza.

5. Carissimi fratelli e sorelle! Il campo di lavoro che sta davanti all’intera vostra Diocesi è irto di difficoltà. La Chiesa non può rimanere inerte nella faticosa costruzione della città dell’uomo, pur evitando di invadere spazi che non le competono. Spetta soprattutto ai laici assumere con coraggio le proprie responsabilità nella vita sociale e nelle pubbliche istituzioni. È importante però che tale impegno, per quanto attento alla complessità della realtà socio-politica, poggi sulla profonda convinzione che solo il Vangelo getta una luce piena sulla liberazione, la promozione e la salvezza integrale dell’uomo. Andate avanti, dunque, guardando ogni giorno con fiducia al Signore.

Voi, Sacerdoti, rendete generosamente il vostro servizio di Pastori, educatori, annunciatori della Parola di Dio. È Cristo la risposta alle attese più intime dell’uomo: nutrite, pertanto, la più grande speranza nella fecondità dei mezzi soprannaturali, rispettando il primato dell’evangelizzazione e della santificazione personale, senza la quale si possono conseguire effimeri successi, ma non frutti di vita eterna.

6. Non posso oggi dimenticare che la vostra visita cade tra la giornata di digiuno di ieri e quella di preghiera che faremo domani per implorare dal Signore la pace nella martoriata regione della Bosnia-Erzegovina. Il cuore del cristiano deve essere sempre aperto al mondo, e le sofferenze dei fratelli anche lontani non possono non coinvolgerlo profondamente. Non dubito perciò che anche voi stiate già dando e continuerete a dare la vostra adesione a questo grande impegno, nella consapevolezza che “la preghiera unita al sacrificio costituisce la forza più potente della storia umana” (Giovanni Paolo II, Udienza generale, 12 gennaio 1994).

). Analoga preghiera insistente e fiduciosa vogliamo elevare al Signore per la piena comunione tra tutti i discepoli di Cristo, in questa settimana appunto dedicata all’unità dei cristiani.

7. Carissimi, vi rinnovo il mio ringraziamento per l’odierna visita ed affido all’intercessione di Maria i vostri desideri di bene. Con tali sentimenti imparto di cuore a ciascuno di voi qui presenti l’apostolica benedizione, estendendola volentieri all’intera Famiglia diocesana, specialmente agli ammalati, agli anziani, ai bambini ed a quanti in questo momento sono spiritualmente uniti a noi.

 

© Copyright 1994 - Libreria Editrice Vaticana

 



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