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CONSEJO PONTIFICIO PARA LA FAMILIA

RELAZIONE DEL CARDINALE ENNIO ANTONELLI,
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA,
SU INVITO DI MONS. ANDREATTA


«LA FAMIGLIA SCUOLA DI UMANITÀ E DI VITA CRISTIANA»

Villa Razzolini - Istituto Cavanis di Possagno (Treviso)
Giovedì, 17 settembre 2009

 

INTRODUZIONE

Il mio tema traduce evidentemente quello del VI Incontro Mondiale delle Famiglie a Città del Messico (14-18 gennaio 2009) “La famiglia formatrice ai valori umani e cristiani.

L’Incontro Mondiale ha avuto tre momenti: il congresso teologico pastorale al Centro Bancomer, la Festa delle Testimonianze e la Messa conclusiva presso la basilica della Madonna di Guadalupe.

Il Congresso ha registrato numerosissime presenze: 22 Cardinali, 180 Vescovi, 97 Delegazioni ufficiali, 12.000 partecipanti registrati ogni giorno. Tra di essi molte famiglie intere, perché la perfetta organizzazione aveva predisposto non solo la preghiera, le conferenze, le tavole rotonde, ma anche la musica, le danze, il folclore, la mostra sulle famiglie, il parco giochi per i bambini.

Il tema è stato trattato secondo molte prospettive: biblica, teologica, spirituale, psicologica, sociale, filosofica, politica, giuridica, economica, pastorale, culturale, massmediale. Sono stati messi in rilievo anche il contesto culturale e sociale sfavorevole alla famiglia, l’identità della famiglia e la sua missione procreativa; ma soprattutto si è focalizzata l’attenzione sulla sua missione educativa. La famiglia educa in modo proprio e insostituibile, basato sul clima di amore e fiducia reciproca, la testimonianza e l’esempio, l’esperienza vissuta e l’esercizio quotidiano. Perciò i valori umani e le norme etiche, la trasmissione della fede e la proposta della vita cristiana non rimangono insegnamenti teorici, non sono subiti come un’imposizione, ma vengono interiorizzati e assimilati come esigenze vitali di crescita personale. In famiglia si apprendono le dinamiche fondamentali dell’umanità autentica: essere amato e amare, bene di ognuno e bene comune, libertà e solidarietà, superamento delle difficoltà, gestione ragionevole dei sentimenti.

 

1) LA CRISI DELLA FAMIGLIA

In forza della globalizzazione si diffondono dall’Occidente in tutto il mondo tendenze culturali e dinamiche sociali sfavorevoli alla famiglia: relativismo etico (Non c’è bene oggettivo; non c’è legge naturale), soggettivismo libertario (Ha valore la scelta come tale, non la scelta per la verità e il bene; ad esempio si può scegliere l’orientamento sessuale, il suicidio assistito), egocentrismo (Si cerca la propria autorealizzazione seguendo il principio del piacere e l’onnipotenza del desiderio), utilitarismo (Si strumentalizzano gli altri; si mercifica il sesso), consumismo (Si è vivi nella misura in cui si consumano cose ed esperienze, emozioni e sensazioni soddisfacenti. Anche il matrimonio diventa matrimonio di prova), individualismo (Lavoro e società si organizzano in funzione degli individui, ignorando le esigenze della famiglia), scientismo (In seguito allo sviluppo delle neuroscienze si riduce l’uomo alla sua dimensione biologica, misconoscendo la sua dignità di soggetto personale, specialmente a proposito degli embrioni).

Tali tendenze concorrono a oscurare la sacralità della persona umana e provocano nelle famiglie la crisi della coppia, la crisi della natalità, la crisi dell’educazione.

La crisi della coppia si manifesta in una valanga crescente di separazioni, divorzi, famiglie monoparentali, famiglie allargate, convivenze di fatto, omosessuali, moltissimi singles, con pesantissimi costi psicologici, etici, giuridici, economici, sociali, con innumerevoli sofferenze, purtroppo ignorate dai media, soprattutto dei bambini, ma anche dei coniugi, dei parenti, degli amici. La famiglia non viene percepita come una comunità specifica di persone e come un basilare soggetto sociale; ma viene ridotta a una somma di individui che abitano la stessa casa per un certo tempo, finché ci trovano un tornaconto. Anzi a volte si arriva a considerarla un residuo del passato, destinato a dissolversi completamente in un futuro non lontano, quando la differenza dei due sessi perderà ogni significato e i bambini saranno concepiti per inseminazione artificiale e non più per accoppiamento.

La sfida più pericolosa viene dall’ideologia del gender, nata dagli ambienti femministi e omosessuali anglosassoni e ormai largamente diffusa nel mondo. Secondo tale ideologia, il sesso biologico non ha alcuna importanza; non ha più significato del colore dei capelli. Ciò che conta è il genere, cioè l’orientamento sessuale che ognuno liberamente sceglie e costruisce secondo le proprie pulsioni, tendenze, desideri, e preferenze. E’ diventato celebre il detto di Simone de Beauvoir: “On ne naît pas femme; on le devient” (Non si nasce donna, lo si diventa). Detto coniato sulla scia di una affermazione di Erasmo di Rotterdam a proposito dell’educazione dei bambini “Homines non nascuntur, sed effinguntur”. L’essere umano dunque non è una realtà naturale, ma culturale (costruttivismo).

Il valore supremo da tutelare è la libertà di scelta. Ognuno deve avere la possibilità di costruire il proprio orientamento sessuale ed eventualmente cambiarlo durante la sua vita. Mentre i sessi biologici sono due soltanto, le categorie di comportamento sessuale sono numerose: eterosessuale maschile, eterosessuale femminile, omosessuale, lesbico, bisessuale, transessuale, travestitismo, voyerismo, altre forme indifferenziate e flessibili. Tutte le pratiche sono rispettabili e da legittimare socialmente. In passato la differenza naturale dei due sessi è servita ad affermare e mantenere la supremazia e il dominio del maschio in molti ambiti: economia, istruzione, arte, filosofia, religione, politica, convivenza civile. Secondo la concezione naturalista (vedi ad esempio Aristotele), l’uomo è nato per essere attivo nella generazione, per lavorare fuori casa, per operare nella società, per comandare; la donna invece è nata per essere passiva nella generazione, accogliere la vita e averne cura, educare i figli, lavorare in casa, obbedire. Al naturalismo occorre sostituire il costruttivismo, al falso valore del sesso il valore del gender. Occorre rinnovare la mentalità e il modo di vivere, cambiando le norme sociali che regolano la sessualità.

In nome del diritto di scelta, dell’uguaglianza e della lotta alle discriminazioni vengono rivendicati i cosiddetti “nuovi diritti umani” e in particolare i “diritti sessuali e riproduttivi”. Rientrano in queste categorie: la legittimazione giuridica delle varie convivenze, la famiglia in tutte le sue forme, il diritto all’esercizio sterile della sessualità (rimedio all’esplosione demografica), il matrimonio gay, la contraccezione, la libertà di aborto, la libertà per tutti di adottare bambini, la libertà di procreazione artificiale, la repressione dell’omofobia, la promozione della libertà sessuale degli adolescenti anche contro la volontà dei genitori.

Alle istanze politiche di vario livello viene chiesto di governare nella prospettiva del gender. Queste richieste purtroppo trovano un ascolto crescente: ONG, Agenzie ONU per la popolazione, per la sanità e per l’educazione, conferenze del Cairo (1994) e di Pechino (1995), Parlamento Europeo di Strasburgo. Perfino ONG di ispirazione cristiana e associazioni caritative cattoliche si lasciano tentare da parole sacrosante come pari dignità, misericordia, rispetto della libertà, lotta alla discriminazione ed emarginazione.

La crisi della natalità è particolarmente grave in Europa, in Russia e in Giappone, ma comincia a suscitare preoccupazioni anche in altre aree geografiche. Nell’Unione Europea l’indice medio di fecondità per donna è 1,56 (in Italia 1,3), al di sotto della quota di ricambio generazionale (2,1 per donna) e molto al di sotto del desiderio espresso, e per varie difficoltà non realizzato, dalle giovani coppie di sposi (in media 2,5 figli). Si va incontro a un rapido invecchiamento (e successivo calo) della popolazione con pesanti conseguenze economiche, sociali e culturali. Fra quaranta anni per ogni anziano sopra i 65 anni ci saranno due soli lavoratori, che dovranno provvedere ad assicurargli la pensione, mezza pensione ciascuno: cosa insostenibile se si pensa che già adesso si hanno grosse difficoltà con quattro lavoratori per ogni pensionato sopra 65 anni. A motivo di queste inquietanti prospettive demografiche, si moltiplicano le richieste di appropriate politiche di sostegno alla famiglia e si auspica che l’indice di fertilità nei vari paesi possa salire quando lo sviluppo umano (reddito, aspettativa di vita, istruzione, parità uomo donna) raggiungerà un indice abbastanza elevato (0,86). Ma non è solo la demografia a destare preoccupazione. Non si possono dimenticare: l’impressionante numero degli aborti, l’alta percentuale dei bambini nati fuori del matrimonio (1/3), il ricorso alla fecondazione artificiale, l’impiego eticamente disordinato delle biotecnologie, la commercializzazione del materiale riproduttivo.

Quanto alla crisi dell’educazione, essa chiama in causa, oltre la responsabilità della società nel suo insieme e quella della scuola, dei media e della comunità cristiana, ovviamente anche la responsabilità delle famiglie: priorità data al lavoro, alla carriera e al divertimento invece che alla cura dei figli; latitanza della figura paterna; crescente assenza anche della madre; mancanza di forti convinzioni etiche e religiose; atteggiamento permissivo; disaccordo tra i genitori; traumi causati da separazioni, divorzi, violenze domestiche. Anche se benestanti economicamente, molti ragazzi crescono poveri di ideali e di speranze, spiritualmente vuoti, interessati solo al tifo sportivo, alle canzoni di successo, ai vestiti firmati, ai viaggi pubblicizzati, alle emozioni del sesso. L’unica virtù in cui mostrano di credere è la cosiddetta “autenticità”, che di fatto significa spontaneismo e narcisismo. Spesso per uscire dalla noia e dall’insicurezza, si mettono in gruppo e diventano trasgressivi: bullismo, vandalismo, droga, rapine, stupri, delitti. Il Santo Padre Benedetto XVI in una lettera alla città e diocesi di Roma (21 gennaio 2008) ha parlato di “emergenza educativa”.

 

2) DIVERSITÀ E COMUNIONE

L’antropologia cristiana accoglie alcune istanze della teoria del gender: pari dignità di uomini e donne in quanto persone e figli di Dio, attribuzioni degli stessi diritti fondamentali, promozione di pari opportunità senza ruoli e gerarchie sociali fisse.

Tuttavia ci rendiamo conto che l’ideologia del gender, volendo reagire contro una storia di dominio maschilista, in realtà rimane imprigionata dentro la logica del potere. Sotto la maschera dell’egualitarismo si nascondono diffidenza, rivalità, concorrenza, conflitto tra i due sessi, per prevalere l’uno sull’altro.

Secondo l’antropologia cristiana, il dominio è una deviazione dal senso originario della sessualità, un frutto del peccato: “Verso tuo marito sarà il tuo istinto ed egli ti dominerà” (Gen 3,16). Bisogna uscire dalla logica del potere ed entrare in quella dell’amore. “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7,12). “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mt 22,29). Non si tratta di rinunciare al proprio bene, ma di armonizzarlo con quello degli altri. Si cresce insieme; mai senza o contro gli altri. L’amore è desiderio e dono, eros e agape; “mai separabili del tutto”(Benedetto XVI D.C. 7).

L’amore è “virtus unitiva” (S.Th. I-II q 26, a 2 ad 2; I-II q 28, a 1 sed contra e ad 2), energia unificante tra le persone nel rispetto dell’alterità.

Io mi sperimento come soggetto singolo e irripetibile, autocosciente e libero, capace di autotrascendermi verso l’altro (qualcosa o qualcuno), sempre proteso verso un di più con il pensiero, il desiderio e l’azione. Sperimento soggettivamente dal di dentro anche il mio corpo, attraverso il quale sento, mi esprimo, comunico; lo stesso corpo che d’altra parte è anche oggetto osservabile e analizzabile dall’esterno con le varie discipline scientifiche (fisica, chimica, biologia, neuroscienze ecc.).

Mentre mi riconosco come persona, cioè soggetto spirituale e corporeo, irripetibile e in relazione con gli altri, devo riconoscere che anche gli altri sono persone come me; sono un bene in se stessi, meritevoli di essere valorizzati e accompagnati nel loro sviluppo. Non posso solo servirmene per il mio utile e il mio piacere, devo anche servirli, dedicarmi al loro bene secondo le mie possibilità, farmi carico della loro crescita umana integrale, senza calcoli del dare e dell’avere, senza condizioni e senza scadenze. Non devo mai ridurli a uno strumento intercambiabile e sostituibile con un altro. Verso le persone l’unico atteggiamento adeguato è l’amore, il farsi uno con gli altri, rispettando la loro libertà, valorizzando la loro alterità e le loro differenze, portando perfino il peso dei loro limiti e peccati, come ha fatto Gesù nei confronti di tutti gli uomini.

A somiglianza dell’amore di Cristo, ogni amore autentico si attua secondo una dinamica pasquale di sacrificio e di gioia, sia nelle quotidiane relazioni e attività, sia nelle grandi scelte che orientano la vita. Se dire a qualcuno “Ti amo” significasse soltanto “Con te mi sento bene”, tanto equivarrebbe dirgli “con te soddisfo i miei desideri” e in definitiva “Tu mi sei utile”. Senza dono e sacrificio non c’è amore.

D’altra parte l’amore non è autolesionismo, ma via al compimento definitivo. “Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva” (Lc 17,33); cf. Mt 10,39; 16,25; Mc 8,35; Lc 9,24; Gv 12,25). L’uomo non può “ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sè” (Vaticano II, GS 24). “L’uomo non può vivere senza amore...La sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (Giovanni Paolo II RH 10). L’amore è la vocazione fondamentale dell’uomo, il suo bene supremo, al quale sono finalizzati tutti gli altri beni e tutte le energie.

La famiglia “comunità di amore e di vita” (Vaticano II GS 48) è la prima e comune scuola di umanità, dove si sviluppa e si coltiva la vocazione all’amore. In famiglia le persone non badano solo al proprio tornaconto, ma anche al bene degli altri. Se c’è un’attenzione preferenziale, è per i più deboli: bambini, malati, disabili, anziani. Ogni persona è riconosciuta come un bene in se stessa. Ci si aiuta e ci si educa reciprocamente; si cresce insieme in umanità. Come in un coro si valorizzano e si armonizzano voci diverse, così in famiglia si valorizzano e si armonizzano le differenze fondamentali dell’essere umano, quella dei sessi (uomo-donna) e quella delle generazioni (genitori-figli).

Lo sviluppo dell’amore è un cammino progressivo verso l’alterità e la comunione nello stesso tempo. Il bambino nasce egocentrico e vive nella dipendenza dai genitori; l’adolescente rivolge l’attenzione specialmente agli amici dello stesso sesso; il giovane si interessa all’altro sesso e arriva a costituire il legame stabile di coppia nel matrimonio; i coniugi non si chiudono nel rapporto di coppia, ma si aprono insieme all’accoglienza dei figli. Una stessa dinamica porta l’uno verso l’altro e ambedue verso il terzo (inseparabilità della dimensione unitiva e procreativa).

Il singolo è chiamato a uscire da se stesso; la coppia è chiamata a trascendere se stessa (mentre il rapporto omosessuale rimane uno sterile rapporto di coppia). La sessualità, come qualcuno ha detto, è altruismo scritto nell’anima e nel corpo (M. Zundel).

L’alterità e la differenza sono per il dono e per la comunione.

A sua volta la comunione deve mantenersi aperta e creativa verso ulteriori alterità e verso il futuro. L’amore, come è stato detto, non consiste nel guardarsi l’un l’altro, ma piuttosto nel guardare insieme nella stessa direzione. Questa direzione sono innanzitutto i figli, ma poi anche la società e la chiesa, gli obiettivi e i progetti condivisi. La famiglia unita e aperta all’esterno è la più idonea a educare bene i figli. La coppia impegnata in qualche progetto comune ha più probabilità di rimanere unita quando i figli sono diventati adulti e sono usciti di casa; resiste meglio alla tentazione del cosiddetto “divorzio grigio” intorno ai sessant’anni.

L’uomo e la donna sono ambedue esseri umani, ma in modo diverso. Sono diversi nel corpo (organi genitali, aspetto, volto, voce) nelle attitudini, negli interessi, nelle qualità di intelligenza e di carattere, nell’affettività.

Generano ambedue, ma in modo diverso: l’uomo fuori di sè; la donna dentro di sè. Coerentemente con questa differenza basilare, comprendono, amano, comunicano, lavorano in modo diverso.

Le diversità sono correlate e complementari, per propiziare l’interazione, lo scambio, la costruzione di una storia comune e di un legame di coppia. Soprattutto ognuno dà all’altro il potere di procreare e diventare genitore. L’essere genitori non è soltanto un fatto biologico, ma è un evento personale, che perfeziona grandemente i coniugi a immagine di Dio creatore e padre (S.Tommaso I, q 99, a 2).

Le diversità vissute non come conflitto nella logica del potere, ma come dono nella logica dell’amore sono un bene per tutti e un motivo di gioia. Il marito è un dono per la moglie e viceversa; i genitori sono un dono per i figli e viceversa; i fratelli sono un dono uno per l’altro. L’amore, in quanto comunione tra persone diverse, è il fine verso cui bisogna incanalare le pulsioni e le energie della sessualità. La comunione poi è “il modo proprio di esistere e vivere” delle persone (Giovanni Paolo II Gratissimam sane 7).

3) SCUOLA DI UMANITÀ
E LABORATORIO DI CONVIVENZA

Giovanni Paolo II ha messo in grande risalto il compito nativo, originale, insostituibile, inalienabile della famiglia nella società (cf. FC 42-46).

Questa cellula fondamentale e vitale, nella misura in cui è animata dall’amore e ben riuscita, alimenta in tutti i suoi membri importanti virtù personali e sociali: fiducia negli altri, giustizia, servizio, laboriosità, cura dei più deboli, gratuità, perdono, reciprocità, dialogo, sincerità, fedeltà, esercizio dell’autorità come servizio, generosa obbedienza, cooperazione, solidarietà, rispetto della natura. In un contesto di democrazia avanzata, di mobilità, di flessibilità del lavoro, la famiglia, come potente fattore di coesione e di sviluppo, appare anche più necessaria.

Dalle indagini sociologiche, realizzate in diversi paesi, risulta che la coppia uomo- donna unita in matrimonio, stabile e duratura, offre molti vantaggi rispetto alle famiglie disgregate o incomplete (monoparentali) e alle convivenze di fatto, ad esempio migliore salute fisica ed equilibrio psichico con minore consumo di sigarette, alcool e droghe; migliore educazione e minore devianza giovanile; migliore frequenza e riuscita scolastica; maggiore successo lavorativo e reddito economico; più lunga aspettativa di vita, meno suicidi e meno violenza; meno abusi sui bambini e meno mortalità infantile.

Viceversa il “non matrimonio” causa molte sofferenze agli uomini, alle donne, ai figli, ai parenti; e ha pesanti costi sanitari, psicologici, etici, giudiziari, economici, demografici, sociali.

E’ interesse pubblico che le famiglie siano unite e stabili, fondate sul matrimonio, capaci di compiere la loro missione procreativa ed educativa. Esse hanno diritto di ricevere un adeguato sostegno culturale, giuridico, economico. Occorre perciò tutelare la loro identità nei confronti di altre forme di convivenza; agevolare l’accesso alla casa; offrire opportunità di lavoro e assicurare comunque un reddito minimo vitale; incentivare la conciliazione del lavoro con le esigenze della vita familiare; rendere equo e commisurato al carico familiare il prelievo fiscale; favorire i compiti di cura e l’assistenza in casa; prolungare e retribuire in misura adeguata i congedi parentali; provvedere i servizi per l’infanzia; rendere effettiva la libertà di scegliere tra scuola statale e non statale; concedere sconti e agevolazioni alle famiglie numerose; incoraggiare la formazione di reti di famiglie.

I politici, nel fare leggi, programmi e interventi, dovrebbero ascoltare non solo le associazioni che rappresentano i lavoratori e le imprese, ma anche le associazioni che tutelano gli interessi delle famiglie. Le politiche del lavoro e quelle della famiglia sono collegate tra loro e andrebbero pensate insieme.

Da parte loro le associazioni familiari dovrebbero impegnarsi a fondo nel fare pressione sull’opinione pubblica e sui governi, nell’incontrare i parlamentari e partecipare alle audizioni, nell’intervenire ai forum delle ONG. E’ necessario edificare una società amica della famiglia e governata non in prospettiva gender, ma in prospettiva famiglia.

 

4) LA FAMIGLIA
SOGGETTO DI EVANGELIZZAZIONE

La partecipazione della famiglia alla missione evangelizzatrice della Chiesa è stata indicata sinteticamente da Giovanni Paolo II con queste parole: “ La famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere e agire, in quanto intima comunità di vita e di amore” (Giovanni Paolo II FC 50).

Evangelizzare significa accogliere, testimoniare, manifestare e comunicare nel mondo l’amore e la presenza salvifica di Dio e di Cristo (cf. Concilio Vaticano II A.G., 10).

Soggetto in senso pieno di evangelizzazione è la Chiesa, sacramento, segno e anticipo del regno di Dio che viene, corpo ed espressione visibile nella storia di Cristo crocifisso e risorto, partecipazione e manifestazione della comunione trinitaria delle persone divine “perché il mondo creda” (cf. Gv 17,20-23).

Ma soggetto indispensabile di evangelizzazione è anche la famiglia cristiana, attuazione parziale della Chiesa, “chiesa domestica (Concilio Vaticano II LG 11), “chiesa in miniatura” (Giovanni Paolo II FC 49). “La famiglia cristiana – spiega Giovanni Paolo II - è inserita a tal punto nel mistero della Chiesa da diventare partecipe, a suo modo, della missione di salvezza propria di questa: i coniugi e i genitori cristiani, in virtù del sacramento, hanno, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio. Perciò non solo ricevono l’amore di Cristo diventando comunità salvata, ma sono anche chiamati a trasmettere ai fratelli il medesimo amore di Cristo, diventando così comunità salvante” (Giovanni Paolo II, FC 49). Il sacramento del matrimonio conferisce agli sposi un ministero ecclesiale, per l’edificazione del popolo di Dio, simile a quello dei sacerdoti ordinati (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1535).

Da sempre e dovunque le famiglie cristiane sono la principale via di trasmissione delle virtù umane e della fede e vita cristiana (La principale via, non l’unica).

Già nell’Antico Testamento la trasmissione della fede avveniva soprattutto in famiglia (cf. Es 10,2; Dt 6,20-25) e la stessa festa di Pasqua aveva un carattere eminentemente familiare (cf. Es 12,24-27).

Nel Nuovo Testamento poi vediamo che le famiglie sono coinvolte fortemente nella missione evangelizzatrice (cf. Mc 6,10; At 12,12; 16,4; 18,7,18; 20,7-12; Rm 16,3-5,11,15; Fm 1-2). Ad esempio, Timoteo ha appreso la fede dalla madre Eunice e questa dalla nonna Lóide (traditio familiare) (2 Tm 1,5; 3,14-15). Nei primi secoli il Vangelo passava in modo spontaneo da persona a persona, dalla moglie al marito e viceversa, dai genitori ai figli e viceversa, dallo schiavo al padrone e viceversa; si diffondeva di casa in casa, da ambiente ad ambiente, da città a città, malgrado le persecuzioni.

Oggi, in un mondo secolarizzato e religiosamente indifferente, l’evangelizzazione ha buone prospettive di riuscire solo se si ridesta la responsabilità missionaria dei cristiani praticanti e delle loro famiglie. L’apostolato individuale e familiare è il più capillare, il più efficace e persuasivo. La famiglia può evangelizzare in casa mediante la preghiera e l’ascolto comune della parola di Dio, il dialogo, l’esperienza concreta della comunione, l’edificazione scambievole.

Riguardo alla catechesi familiare Giovanni Paolo II dice: “La catechesi familiare precede, accompagna e arricchisce ogni altra forma di catechesi” (Cat.Trad 68). “È in certo senso insostituibile” (Cat.Trad 68).

Inoltre la famiglia può evangelizzare nel suo ambiente mediante le relazioni con i vicini, i parenti, gli amici, i colleghi di lavoro, la scuola, i compagni nei vari sports e gli operatori e fruitori di musica e arte e altri referenti sociali.

Infine può evangelizzare nella parrocchia mediante la partecipazione fedele alla Messa domenicale, la collaborazione sistematica nel cammino catechistico dei figli, l’inserimento nelle attività formative, caritative, ricreative, la partecipazione a incontri per famiglie, a gruppi, movimenti e associazioni, l’animazione di itinerari di educazione dei giovani all’amore e di preparazione dei fidanzati al matrimonio, la vicinanza alle famiglie in difficoltà. “La famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque, nell’intimo di una famiglia cosciente di questa sua missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati...E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita” (Paolo VI, EN 71).

 

5) SOSTEGNO PASTORALE ALLA FAMIGLIA:
ALCUNE PROPOSTE

La preghiera in famiglia. E’ auspicabile un convinto, intelligente e perseverante rilancio pastorale. La preghiera non è tutto, ma tutto dipende dalla preghiera. La preghiera comune apre la porta di casa a una speciale presenza di Gesù “Dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20).

La preghiera trasforma ed eleva progressivamente la vita personale e familiare, facendo crescere l’amore reciproco e verso tutti. Attiva la trasmissione della fede e delle virtù cristiane dai genitori ai figli. Fa della famiglia un soggetto di evangelizzazione nel suo ambiente. Le forme della preghiera possono essere molto varie. Mi pare però che oggi sia da promuovere con idonei sussidi soprattutto la preghiera di ascolto della Parola di Dio per viverla, come ha raccomandato Giovanni Paolo II: “Partecipe della vita e della missione della chiesa, la quale sta in religioso ascolto della parola di Dio e la proclama con ferma fiducia, la famiglia cristiana vive il suo compito profetico accogliendo e annunciando la parola di Dio: diventa così, ogni giorno di più, comunità credente ed evangelizzante” (Giovanni Paolo II FC 51).

Attraverso la mediazione della Sacra Scrittura, interpretata in accordo con la Chiesa, Dio ci rivolge adesso la sua Parola vivente piena di Spirito Santo e perciò vera ed efficace. Tale Parola è in definitiva Gesù Cristo, soggetto e contenuto centrale della Rivelazione. Perciò, leggendo con fede la Scrittura, si realizza un incontro con la persona di Gesù Cristo che viene a illuminare e trasformare la nostra vita. Leggere, ascoltare, riflettere insieme, mettere in pratica, per diventare sempre più una famiglia che appartiene a Cristo: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Per collegare più facilmente le parole scritte con Gesù Cristo, la Parola Vivente, è bene seguire lanno liturgico scegliendo i testi da meditare soprattutto dalle letture della Domenica. Può bastare anche un breve tempo per pregare e ascoltare insieme, fare discernimento sulla propria vita, prendere qualche impegno da attuare nel vissuto quotidiano e da verificare al momento opportuno nel dialogo familiare spontaneo.

Gli incontri tra le famiglie. Ricordare la raccomandazione di Benedetto XVI al V Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia: “Le famiglie non siano sole... E’ molto importante il ruolo delle parrocchie, così come delle associazioni ecclesiali”. L’accompagnamento dei coniugi deve continuare nei limiti del possibile anche dopo il matrimonio, specialmente riguardo alle giovani coppie. E’ auspicabile che gli incontri per famiglie vengano inseriti organicamente nei programmi pastorali e che siano abbastanza frequenti, come antidoto alla povertà relazionale del nostro tempo. Incontri periodici in un luogo adatto, con momenti comuni e momenti distinti per i genitori e per i figli. Incontri di preghiera e di amicizia, di formazione e di dialogo, di convivialità e di divertimento. E’ necessario aprire il circuito chiuso della famiglia nucleare; vincere l’isolamento costruendo una rete di relazioni e di solidarietà, umanamente e spiritualmente significativa. Gli adulti e soprattutto gli adolescenti hanno bisogno di avere interlocutori con cui confidarsi anche fuori delle pareti domestiche.

Per attivare e consolidare i rapporti tra famiglie, sono assai utili anche iniziative straordinarie come vacanze comunitarie, pellegrinaggi, feste della famiglia a livello parrocchiale e diocesano, celebrazioni di anniversari di matrimonio.

Le comunità familiari di evangelizzazione. Gli incontri tra famiglie a volte assumono la forma delle piccole comunità cristiane all’interno della più grande comunità parrocchiale. Il Direttorio di Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale Italiana le raccomanda con queste parole: “Risulta opportuna l’opera di coppie e famiglie che mettono a disposizione la loro casa per momenti di ascolto della Parola di Dio e sanno chiamare a questo confronto altre coppie e famiglie del quartiere o del vicinato” (DPF 141).

Si tratta di promuovere riunioni a carattere familiare, in casa, animate da una coppia di sposi spiritualmente motivata e adeguatamente preparata e aiutata dalla parrocchia, con la partecipazione dei figli e degli invitati (parenti, vicini, amici, colleghi, circa quindici persone in tutto). Si rinnova così l’esperienza delle origini cristiane, quando i gruppi dei credenti si riunivano nelle case (cf. Rm 16, 5,10-11, 14-15; Fm 1-2; Col 4,15), e si recuperano alcune benefiche funzioni della ormai tramontata famiglia patriarcale, composta da vari nuclei. Invece di faticare a creare in parrocchia attività organizzate e artificiali, si valorizzano a scopo di evangelizzazione le relazioni spontanee che già esistono tra famiglie.

La collaborazione tra parrocchia e famiglia. Sottolineo soltanto ciò che si riferisce all’itinerario di iniziazione cristiana dei figli. Si coinvolgono i genitori durante l’intero percorso: alcuni incontri di preparazione al battesimo dei figli; alcuni incontri dopo il battesimo ogni anno, per aiutarli nell’educazione dei bambini (almeno dai tre anni in poi); ruolo complementare a quello dei catechisti nella catechesi di preparazione alla prima comunione. Così si trasmette la fede ai figli come modo di vivere; si fa catechesi come iniziazione al mistero della vita e al mistero di Cristo;, riscoprono e approfondiscono la fede anche i genitori.

La Preghiera per e con le famiglie. È il sostegno principale, perché “Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori” (Sal 127,1).

 

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