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ASSEMBLEA PLENARIA
DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA
 (C.C.E.E.)

 DEMOGRAFIA E FAMIGLIA
LETTURA TEOLOGICO-PASTORALE

MONS. CARLOS SIMÓN VÁZQUEZ
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Zagabria, 1° ottobre 2010

 

Rivolgo il mio cordiale saluto agli Eminentissimi ed Eccellentissimi Membri del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, agli egregi Signori e alle gentili Signore presenti.

Grazie di cuore al Comitato di Presidenza per l’invito a partecipare a questa importante riunione che oggi ci impegna sul tema «demografia e famiglia».

I dati appena presentati e le informazioni della maggioranza dei paesi europei confermano come sia sempre forte il rapporto tra la demografia e la famiglia. La relazione primordiale tra la vita e la famiglia costituisce anche il fondamento del legame esistente tra popolazione e famiglia; si tratta di una relazione che è chiamata a configurare la società.

La riflessione teologico-pastorale ha in grande considerazione i dati offerti dalle scienze empiriche, quali la sociologia e la demografia. La teologia, attraverso la luce delle sue fonti, offre una comprensione più piena della realtà.

Dalle analisi dei paesi pervenute si può desumere un quadro complessivo della situazione europea:

 

STATUS QUAESTIONIS

a) Evoluzione demografica

L’Europa sta entrando in un periodo di inverno demografico. L’indice di fecondità è quasi dappertutto al di sotto di 2.0 per donna in età fertile. Nei paesi dove persiste una forte immigrazione il dato diventa meno preoccupante anche se costringerà i paesi interessati (Belgio, Germania, Lussemburgo, Scozia, Spagna…) a diventare nel tempo paesi multiculturali. Dove invece non c’è immigrazione, come nell’est dell’Europa, l’invecchiamento è più rapido e la fascia lavorativa è più carente nella prospettiva della crescita dei figli rimasti in patria. Il paese europeo con il pericolo più forte di invecchiamento sarà la Slovenia: indice di fecondità 1.2 e oltre il 40% degli abitanti avrà più di 65 anni; quello con minor pericolo di invecchiamento invece l’Irlanda dove solo il 22% avrà più di 65 anni. L’indice di fecondità più alto invece è dell’Islanda (2,2), mentre quello più basso è della Slovacchia (1.22)

Le ragioni sono diverse, ma in primo luogo un diffuso stile di vita consumistico, contraccettivo, di non accettazione della maternità come valore, in quanto la donna si realizza altrove principalmente nel lavoro e nella carriera. Le ricadute sulla famiglia sono notevoli perché essa in questo contesto è fortemente indebolita e fragile. La famiglia è sempre meno allargata e sempre più nucleare ed isolata: il modello diffuso è una coppia più un figlio, o anche un genitore e un figlio.

L’invecchiamento e l’aumento della speranza di vita costringono gli Stati a investire più in ricoveri per anziani che in asili per bambini. Ma per la tenuta dei sistemi previdenziali necessariamente si dovrà innalzare l’età lavorativa.

I cambiamenti demografici si ripercuotono in diversi modi, in parte positivi, in parte problematici, sulla famiglia. Tra le conseguenze positive per la famiglia vi è sicuramente quella di poter contare su una maggiore solidarietà generazionale, una più elevata aspettativa di vita e un più lungo periodo di rendimento fisico. Disporre di un più lungo periodo prima e dopo la crescita dei figli, dà ai genitori maggiori chances di gestire la propria vita. Questo ha contribuito a consolidare la posizione della donna sul lavoro. Le possibilità di continuare a progredire nella carriera professionale aumentano con un prolungamento della vita lavorativa. Tutto ciò si scontra, però, con una serie di problemi: la mancanza di rispetto nei confronti delle famiglie è maggiore in una società meno abituata ai bambini; l’aumento del numero di persone anziane le quali, pur desiderandolo, non hanno alcun contatto con famiglie con bambini o con persone giovani; la mancanza di personale qualificato nell’assistenza agli anziani. Le crescenti spese per la previdenza finiscono inoltre per gravare anche sulle famiglie stesse. In questo modo aumenta lo svantaggio delle famiglie rispetto a chi resta senza figli.

 

b) Piramide delle età

Il quadro complessivo europeo delle fasce di età è riportato di seguito, e si prevede per il 2050 la percentuale indicata solo grazie all’immigrazione che continuerà ad invadere il continente. L’apprensione dei popoli europei nei confronti degli immigrati ha contribuito finora a giustificare una politica immigratoria particolarmente restrittiva. Negli ultimi anni — grazie anche al contributo delle Chiese — è andato formandosi un consenso socio-politico che s’impegna affinché l’integrazione degli immigrati nella società sia un compito centrale e trasversale della politica.

 

Anno

Sotto i 14

Età lavorativa

Over 65

1960

27.1%

59.4%

13.5%

2004

16.3%

59.9%

23.8%

2010

15.2%

59.3%

25.5%

2050

11.9%

54.1%

34.0%

(di cui 1/3 sugli 85 anni)

 

Facendo una statistica previsione per il 2050, il rapporto tra le fasce di età vedrà una stabilizzazione numerica della popolazione attiva in età lavorativa, ma nello stesso tempo una flessione costante della fascia sotto i 14 anni e un incremento senza precedenti, della terza e quarta età, che arriveranno a rappresentare in tutte le nazioni 1/4 o addirittura 1/3 della popolazione totale. Le conseguenze politiche del dato saranno rilevanti in quanto il peso elettorale della terza e quarta età sarà sempre più importante e potrebbe condizionare le scelte politiche a danno della gioventù.

 

c)       Natalità

Ad eccezione della Francia della Svezia e dell’Islanda, che mantengono un indice sopra il 2 per donna fertile, l’indice medio di fecondità in Europa è all’1,52.

Il quadro delle famiglie risulta il seguente:

 

famiglie senza figli                  

41%

famiglie con un solo figlio

27%

famiglie con due figli

24%

famiglie con tre figli

6%

famiglie con più di tre figli

2%

(di cui famiglie con 1 solo genitore oltre 35%)

 

Il numero dei bambini che nascono fuori dal matrimonio è sempre crescente e in alcune nazioni del nord e dell’est arriva a superare già oggi il 50% delle nascite.

Dove la donna studia o lavora, l’età del matrimonio o della nascita del primo figlio è di molto posticipata. Rimane sotto i 25 anni solo dove la maggior parte delle donne non può accedere agli studi o al mondo del lavoro, soprattutto in alcune zone dell’est Europa. Quando poi la donna si contraddistingue per assidua pratica religiosa, il numero dei figli è superiore.

Laddove la burocrazia non è molto lenta, il sistema delle adozioni funziona, ma è diversificato ideologicamente. Nella maggior parte delle nazioni è consentita l’adozione alle sole coppie eterosessuali in quanto si tiene conto più del diritto del bambino ad avere una famiglia che non del diritto di un adulto di avere un figlio, in altre, l’adozione è consentita anche ai single (Francia), in altre infine anche alle coppie omosessuali (Belgio, Spagna, Scozia). Un caso singolare è dato dalla legislazione del Portogallo che è abbastanza restrittiva nel valutare i criteri della coppia adottante: salute, razza, capacità d’adozione. Esistono parallelamente due possibilità alternative: «famiglia d’accoglienza e famiglia d’appadrinamento». Nel primo caso si accoglie un bambino per un periodo limitato nell’attesa che migliorino le condizioni fisiche, psichiche o economiche dei genitori naturali. Nel secondo caso una coppia si affianca ai genitori nella crescita di un bambino, quando quest’ultima non è in grado. Ma questa seconda ipotesi è tuttora discussa perché procura diversi problemi.

Maternità e paternità godono di ottima stima a livello culturale, ma sono considerate dalle giovani generazioni una scelta di vita e non l’unica strada per realizzarsi come uomo e come donna. Non sempre le politiche fiscali e legislative rendono reale il sostegno teorico alla paternità e maternità, soprattutto dove lo stile di vita edonistico e materialistico non concepisce la prospettiva del dono, ma solo quella dell’interesse. Le città, dove tradizione e valori sono maggiormente trascurati, sono il luogo più rischioso per le famiglie e dove è più facile che i genitori abbandonino il loro ruolo educativo, mentre invece le famiglie sono più salde nei luoghi rurali. Col tempo però anche questa differenza va sfumando.

Il ruolo della Chiesa, anche dove è sparuta minoranza, è sempre stimolante per il confronto politico e sociale sul modo di concepire la famiglia. Si spinge soprattutto nella direzione dell’evangelizzazione e dell’educazione culturale. Fa sempre comprendere che non ogni desiderio è ipso facto traducibile in diritto, ma solo i diritti naturali vanno desiderati e realizzati. Ma le masse, seppure di fede cattolica, sembrano avere smarrito da tempo l’insegnamento della Chiesa sulla famiglia e sul matrimonio. Lo dimostra il calo demografico proprio nei paesi maggiormente cattolici.

Infine i nonni, quando sono vicini geograficamente ai figli e ai nipoti, hanno un ruolo molto importante nell’educazione affettiva, umana e religiosa dei fanciulli[1].

 

d) Sostegno alla famiglia

Nella maggior parte dei paesi europei esiste da anni il Ministero per la Famiglia. Dove non c’è un Ministero specifico per la Famiglia esiste comunque un dipartimento della Presidenza del Consiglio che se ne occupa.

Tutte le Carte Costituzionali europee sostengono la difesa della famiglia e del matrimonio, ma non tutte li definiscono. Dove c’è una definizione di cosa siano matrimonio e famiglia (Irlanda, Italia, Slovacchia…), è più difficile l’approvazione di normative legislative che equiparano la famiglia naturale ad altre forme di legame affettivo. Così come dove il matrimonio è chiaramente definito «unione libera di un uomo e di una donna» la ventata ideologica in favore dei matrimoni omosessuali non riesce nel suo intento. A volte, dove invece non vi è una definizione precisa sin dalla Carta Costituzionale, si sono introdotte troppe novità sul modo di concepire la famiglia e il matrimonio. Un esempio è la definizione molto ampia di famiglia offerta dall’Olanda nel 1996 scritta nel Government Document on Family: “Ogni gruppo di uno o più adulti che abita con uno o più  minori della cui cura e educazione è responsabile”.

Le iniziative legislative e fiscali di sostegno alla famiglia non mancano, ma molte volte sono sporadiche e non dissociate dall’aiuto ai poveri previsto dal Welfare State. Non si aiuta la famiglia quindi perché cellula fondamentale della società, ma per colmare un bisogno dovuto alla povertà. Il modello dei Paesi Scandinavi rimane comunque il migliore perché realmente va a vantaggio della natalità e delle famiglie ed è nello stesso tempo in grado di fornire migliori servizi di assistenza agli anziani. Occorre trovare la strada perché chi sceglie di avere famiglia non rimanga svantaggiato sul piano economico, sociale e della carriera; anzi ne sia incoraggiato. Ma siamo molto lontani da quest’obiettivo. Alcune forme di sostegno, come il congedo parentale per entrambi i coniugi e gli assegni di maternità, sono ormai una conquista per quasi  tutta l’Europa.

 

LETTURA TEOLOGICO-PASTORALE

Non è possibile in questa sede fare accenno a ciascuno dei particolari aspetti demografici del nostro intorno. Accennerei soltanto a quello che sembra più urgente, più fondamentale e piú legato alla vita del matrimonio e la famiglia qual è la natalità. Sulla irrazionalità di una condizione presente nei secoli in cui era possibile favorire un «benessere sociale» a scapito dal valore della vita umana[2], possiamo confermare che l’ultima rivoluzione sessuale degli anni 60[3] è stata il risultato della rivoluzione antropocentrica forgiata nel corso di secoli nell’ambito del contesto culturale europeo. Un’errata e riduttiva analisi epistemologica conduce ad una antropologia riduttiva e falsa. Pensiamo pertanto ad un fondamento filosofico-morale individualista, soggettivista, utilitarista, edonista, con riflessi sul mondo giuridico e politico. Persona, matrimonio, famiglia e vita sono state colpite da questo movimento culturale nato nella modernità e che ha portato le società europee ad una situazione, per molti aspetti, pericolosa.

Oggi stiamo nel tentativo, nella stragrande maggioranza dei paesi europei, di cambiare la società quantitativa e qualitativamente (come mostrano i dati demografici) attraverso una serie di movimenti culturali, politici e legislativi che riducono, la sessualità al desiderio, la procreazione all’utilità, e la famiglia al privato. Tenterò rapidamente di collegare questi tre concetti storicamente partendo dal primo, e cioè la riduzione a desiderio della sessualità, frutto della secolarizzazione di quest’ultima.

Per alcuni, è incomprensibile come concetti tanto a-scientifici e irreali modellino politiche e modi di vedere la realtà che sono così lontani da essa. Tuttavia i progetti legislativi, l’ideologia del gender, il colonialismo contraccettivo non sono idee, sono azioni che stanno modellando lo stile di vita e il futuro della società. Questi elementi hanno un percorso storico che è necessario valutare alla luce della teologia.

 

Breve accenno storico

Possiamo dire che la persona, la vita umana, i rapporti uomo-donna, e quindi il matrimonio, per molti non possiedono ciò che fino a poco fa era riconosciuto in tutte le culture e religioni, cioè il contenuto di mistero e trascendenza che la dimensione sessuale comporta. Da secoli, ma oggi in modo più radicale, assistiamo ad una visione secolarizzata della sessualità. Dunque la sessualità è un affare umano ed è quindi sotto il dominio e il controllo dell’uomo. E’ un fenomeno senza precedenti nella storia dell’umanità. Comincia con la riforma luterana, dove si nega il valore sacramentale del matrimonio e quindi la sessualità rimane al livello del Welethos, separata radicalmente dal Heilethos. In questa separazione — etica mondana, etica sacra — c’è un dualismo che allontana due ambiti della vita: uno per Dio, l’altro per il mondo. Il successivo passo storico, importante in questo processo di secolarizzazione, avviene con la Rivoluzione francese dove il matrimonio civile si presenta senza nessun riferimento religioso. Semplicemente è un accordo di due volontà che decidono di vivere insieme. Ma vorrei sottolineare l’influenza teista in alcuni paesi dell’Europa dell’Ottocento che porta a ragionare che la sessualità, essendo un elemento materiale e mondano, non può essere una realtà nella quale Dio si rivela all’uomo. Quindi, la sessualità è qualcosa che si usa ma non è fonte di significato per l’esistenza dell’uomo[4] .

Il passo successivo di questa secolarizzazione è la privatizzazione della sessualità, che ha nel pensiero inglese la sua radice. Infatti, nella morale inglese è netta la separazione tra morale pubblica e morale privata come frutto delle guerre di religione. La morale non ha niente a che vedere con Dio, ma soltanto con la costruzione della convivenza politica tramite il consenso sociale[5]. Quindi tutto l’ambito religioso rimane nel privato. La sessualità si consolida come realtà privata. E’ una frattura sottile ma pericolosissima per la vita personale poiché stabilisce due mondi: il mondo pubblico, che dobbiamo gestire tramite i diversi accordi, e il privato, guidato dall’interesse del singolo. In questo contesto sorge il soggetto utilitario[6].

Come quarto elemento storico spunta l’estensione della morale puritana[7], dal suo inizio nel calvinismo, passando per il pietismo inglese, fino ad arrivare al giansenismo. La società dei puri può essere una realtà soltanto tramite la repressione sociale di certi comportamenti che debbono essere eliminati dalla sfera pubblica. La morale sessuale diventa in questo periodo la repressione degli affetti. Tutti questi elementi sfociano nella rivoluzione sessuale degli anni sessanta e nel maggio del 68 acquistano la loro caratteristica eloquente. Allo stesso tempo, l’enciclica Humanae Vitae propone una comprensione della sessualità, dell’etica e della vita umana totalmente diversa.

Andiamo in questo contesto a toccare il punto nevralgico del problema demografico europeo, costituito dal bassissimo tasso di fecondità[8] (in alcuni paesi più che in altri).

E’ quindi particolarmente sentita la necessità della presenza di esperti che, basandosi sulla verità, affrontino le multiforme conseguenze della caduta del tasso demografico.

Ciò che è urgente attuare sono i cambiamenti tecnici (tutela nel lavoro, esenzioni fiscali, aiuti economici alla maternità, equiparazione del lavoro domestico al lavoro fuori casa)[9] che devono avvenire in un contesto di giustizia e di solidarietà. Accanto agli aspetti sociali occorre anche considerare opportune condizioni educative e culturali. In fondo però, le sfide demografiche esigono anche un impellente cambiamento spirituale, che è necessario attuare. Con questa diagnosi, la pastorale deve fare i conti per ribadire il bisogno del cambiamento spirituale nelle persone.

Penso che ci sia un momento opportuno per una riscoperta del ruolo singolare della persona come essere degno, unico, irripetibile, libero, relazionale, aperto al servizio e all’attuazione del bene comune, testimone e agente di comunione. Dunque, dobbiamo domandarci: che tipo di famiglia? che tipo di persona? che umanità stiamo costruendo anche come società civile? Cosa dobbiamo fare innanzitutto? Tutto ciò si lega alla verità sull’uomo, alla verità sul bene, alla verità sulla sessualità. L’uomo è un essere razionale e relazionale poiché è immagine di Dio (cf. Gen 1, 28 ss). Ed è questo il principio fondamentale dell’antropologia cristiana che deve nutrire e fondamentare la pastorale. Si tratta pure di un principio valido per la società, per la politica e per la demografia.

 

Riflessioni ecclesiali per la pastorale sul tema demografia e famiglia

Riguardo al problema demografico ci troviamo di fronte a qualcosa di complesso per il quale non si può pensare a soluzioni preconcette, ma a principi orientativi in base ai quali poter affrontare ogni caso concreto. L’uomo non ha un dominio assoluto sulla vita e sulle leggi relative alla sua trasmissione. L’uomo ha il dovere di agire secondo le norme morali, le quali non sono imposte dall’uomo ma, per il credente, provengono da Dio. Tra altre argomentazioni c’è quella di porre tutte le forze economiche e le strutture giuridiche al servizio dell’uomo e del libero esercizio dei suoi diritti fondamentali, tra i quali c’è il diritto alla trasmissione della vita. Quindi, compito dell’uomo come individuo e come essere sociale è porre tutte le sue energie al servizio di queste funzioni, in modo che la vita umana si possa moltiplicare sulla terra nelle migliori condizioni, in vista dello sviluppo integrale di ogni persona umana. Sarà questo il contributo che il teologo dovrà offrire a quanti studiano i problemi demografici: la questione demografica non è soltanto un problema di salute biologica o di equilibrio economico, ma soprattutto un problema spirituale. Non limitare artificialmente la vita significa permettere le condizioni necessarie che favoriscono lo sviluppo umano e spirituale di cui ha bisogno una nuova persona che viene al mondo come bene per se stessa e per gli altri, nel contesto di una civiltà caratterizzata dalla solidarietà e dalla cooperazione a tutti i livelli, nella quale splende in forma eminente l’immagine di Dio che c’è in ogni uomo.

Oggi si osserva che gli uomini presentano, nelle loro relazioni e nel loro agire morale, un’accentuata provvisorietà. Non c’è nulla che sia più estraneo al cristianesimo di questo, poiché con ciò l’essenza del cristianesimo, che è l’Escatologia, viene eliminata in un sol colpo. La provvisorietà in tutti gli ordini è la constatazione più evidente che un osservatore imparziale può fare della civiltà attuale. La Chiesa insegna che l’azione umana è preziosa, unica e singolare non soltanto perché con gli atti singolari si costruisce o de-costruisce il Regno di Dio già su questa terra, ma soprattutto e principalmente perché questi stessi atti non sono temporanei ma sono trascendenti.

Da ciò deriva che la scienza morale, secondo il nostro punto di vista, non costituisce un consenso per l’ottenimento di un ordine migliore del mondo creato, ma la teologia morale pone l’uomo, di fronte al nucleo fondamentale della sua esistenza: il suo fine. Un fine che la fede ci indica come eterno, Iesus Christus eri et hodie ipse et in saecula. L’azione umana è quindi tutt’altro che provvisoria. Gli atti umani costruiscono progressivamente il fine dell’uomo. E la Chiesa sottolinea che proprio per questo l’azione umana acquista un valore singolare. Collegare il tempo con l’eternità, la storia con l’escatologia, la terra con il cielo è ciò che ogni persona è chiamata a realizzare. La scienza teologica aiuta a fare in modo che ciò sia possibile guardando all’unico Mediatore che ci è stato dato: l’Uomo Gesù Cristo.

La tecnologia al servizio di un’etica della relazione e del dono ha un senso radicalmente diverso rispetto a quella che è al servizio di un’etica utilitarista. Va oltre il mero calcolo che determina aprioristicamente la realtà. E’ un modo di pensare e di agire differente dalla logica del controllo.

Concetti come persona, libertà, verità, relazione, conformazione, cooperazione — oggetto di analisi originali nel Magistero recente con un approfondimento nuovo e originale — li troviamo già incoati, in parte, nel Concilio Vaticano II.

I numeri 87 e 50 della Gaudium et Spes pongono in evidenza la responsabilità dei genitori, la regolazione delle nascite, l’armonia tra l’intima espressione dell’amore e la trasmissione responsabile della vita. Il Concilio ha considerato l’amore coniugale come principio fondante del matrimonio. Quanto più genuino è l’amore, tanto più i coniugi saranno capaci di essere buoni genitori e di desiderare quel numero di figli che possono avere ed educare responsabilmente.

D’altra parte, se insiste sul fatto che qualsiasi metodo è disordinato quando i coniugi respingono irresponsabilmente il dono dei figli, cioè quando interrompono il loro dialogo conformativo con il Creatore. Il dialogo conformativo consente ai coniugi di constatare che la loro unione coniugale è allo stesso tempo segno della più intensa comunione e motore di misteriosa fecondità. Perciò i metodi indegni non lo sono soltanto e principalmente perché alterano il logos biologico naturale inerente alla costituzione somatica dell’uomo o della donna, ma perché oscurano la reciprocità ed eliminano radicalmente la relazione dell’uomo con Dio. In tal mondo, l’uomo si autodistrugge poiché tronca il suo rapporto con l’unica fonte della vita: Deus fons et origo et Dominus vitae.

Il numero 87 della Gaudium et Spes non solo tratta il problema demografico, ma indica anche la dottrina che il Concilio propone riguardo alla dignità del matrimonio e della famiglia in riferimento alla paternità responsabile.

Il numero 87 evidenzia che solamente ai genitori spetta questa missione. E, nell’esercizio della paternità responsabile, le autorità aiuteranno e collaboreranno a far sì che la decisione coniugale sul numero dei figli sia più ponderata possibile. Ma non solo questo. Dovranno contribuire affinché si possa rispondere all’invito di Dio. In questo consiste la loro collaborazione che non perché sussidiaria è carente di importanza. E’ quindi un elemento che aiuta a spiegare la paternità responsabile, a rendere possibile in questo mondo il compimento del progetto di Dio.

Sia il numero 87 che il numero 50 della Gaudium et Spes ci presentano il desiderio del Concilio di accomunare linee diverse: in primo luogo una ascendente, che rimanda esplicitamente all’amore umano e che trova il suo fondamento ultimo in Dio Creatore. In secondo luogo, una orizzontale che trova nella fecondità l’espressione concreta di quella componente essenziale dell’amore coniugale, attraverso il quale il potere di Dio e l’azione dell’uomo si incontrano. In ultimo luogo, una discendente dove questo amore fecondo rende possibile la comunità familiare.

Concludendo la lettura dei testi conciliari possiamo dedurre che la dimensione personale e sociale dell’uomo si uniscono. Non potrebbe essere altrimenti. Ogni azione in cui è coinvolta la persona umana ha questa duplice dimensione, così come la possiede, nel tema delle nascite, parte del problema demografico.

La verità ultima del nostro tema, in definitiva, sfugge al nostro dominio poiché la sessualità non è una mera funzione, ma è l’espressione della persona e la persona è mistero che a sua volta rimanda al Mistero.

Quando la Chiesa si pronuncia sulle questioni relative alla popolazione in genere e alla vita umana in particolare, non si riferisce soltanto ai problemi di morale coniugale, ma anche a quelli di morale sociale. Questo deve essere molto chiaro nella pastorale. E’ importante che le coppie capiscano che la trasmissione della vita non è una questione che riguarda soltanto loro, a titolo privato, ma che ha anche una valenza sociale. Il fatto che le coppie abbiano o non dei figli non è certamente irrilevante né per la società civile, né per lo Stato. E’ questa una delle riflessioni poste maggiormente in risalto nella pubblicazione a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia: «Evoluzioni demografiche: dimensioni etiche e pastorali», Libreria Editrice Vaticana, 25 marzo 1994.

Ma in questi anni, sono aumentati le preoccupazioni della Chiesa in Europa in materia demografica per quanto riguarda il tasso di natalità [10]. Dall’altro canto c’è comunque da sottolineare che ci sono delle famiglie fondate sul matrimonio monogamico e indissolubile che hanno la capacità di fornire un capitale umano unico e di contribuire singolarmente alla costruzione del bene comune[11].

Una altra causa importante della scarsa fecondità in Europa è il duplice ruolo della donna come sposa e madre [12]. Non è riconosciuto spesso, né accettato, né valorizzato in alcune zone europee, come pure dall’ideologia del gender, e, ancor prima, dal movimento eugenetico, contraccettivo, utilitaristico degli inizi del XX secolo, che ha avuto come figure di rilievo Margaret Sanger, negli Stati Uniti, e Marie Stopes in Inghilterra e che hanno modellato una mentalità contraccettiva forte in Europa [13]. Si sostiene che la maternità è una costruzione sociale[14]. Una attenta pastorale della gioventù e della donna è auspicabile che ci sia nei programmi pastorali che ribadiscano il genuino e singolare ruolo della donna in questa ora.

Un altra sfida pastorale importante dove dovrebbe essere coinvolta la famiglia è quella dell’educazione e della formazione del capitale umano per la Chiesa e per la società[15]. In questo senso, il Pontificio Consiglio per la Famiglia sta avviando il proietto “famiglia soggetto di evangelizzazione” che tra altro, tenta di discernere le esperienze pastorali più riuscite in questo senso. Un momento particolare è proprio questo, conoscere e discerne le esperienze di famiglie con apertura generosa alla vita, esperienze di preghiera in famiglia, educazione umana e cristiana dei bambini e  degli adolescenti, famiglie impegnate nella preparazione al matrimonio, esperienze di famiglie che si dedicano all’accompagnamento di coppie in difficoltà, esperienze nel volontariato e nelle rete di solidarietà. Per arrivare alle famiglie impegnati nel mondo culturale, nel sociale e nella vita politica. La pastorale è chiamata a far conoscere tutta questa ricchezza come pure a svilupparla nella vita della Chiesa.

Inoltre, il Vademecum per la preparazione al matrimonio, affidato al Pontificio Consiglio per la Famiglia dal Santo Padre,  rientra in questa emergenza educativa [16] nel campo della pastorale.

 

Contributi del Magistero pontificio

Il corpo dottrinale ecclesiale, nel corso del tempo, è andato sviluppando i contenuti e gli effetti del dono della rivelazione ricevuta. Nell’ultima assise conciliare (1962-1965) abbiamo visto come il Magistero della Chiesa abbia offerto una bella e robusta sintesi mostrando la relazione esistente tra il tema della popolazione e il tema della paternità responsabile (cf. Gaudium et Spes, 50 e 87). Inoltre il Concilio ha indicato la dimensione fondamentale relazionale e sociale che deve permeare l’unione sponsale (cf. Ibid. 87).

L’Enciclica Humanae Vitae (1968) indica magistralmente la relazione tra popolazione, vita, matrimonio, famiglia, responsabilità, paternità, sessualità, amore. Il numero 12, che è quello centrale del documento di Paolo VI, sottolinea l’intrinseca unità, che l’uomo non può separare, tra la dimensione unitiva e procreativa che ha in Dio il suo fondamento ultimo. E quando questo ordine viene turbato, la persona, il matrimonio, la famiglia e la società subiscono una notevole alterazione. Il progetto di Dio è chiamato ad essere presente nel tempo e nello spazio. Non dipende dalle mode, dagli stili, dagli atteggiamenti, dalle evoluzioni culturali. Il progetto di Dio è la verità sull’uomo, sul matrimonio, sulla famiglia, sulla vita.

Prima ancora, Paolo VI, nella Populorum Progressio (1967), scriveva che nell’ambito del problema demografico i diritti della famiglia vanno rispettati. Di quali diritti si parla? Del diritto a vivere con dignità, del diritto alla procreazione e all’educazione, ad essere rispettati come persone e nelle decisioni intime di procreare o non, del diritto a decidere il numero dei figli, a ricevere l’aiuto reale e il sostegno della società. Quando queste indicazioni non si compiono, si viene ad instaurare una logica di violenza, di profitto, di ingiustizia, di potere e di guerra.

Ulteriormente la riflessione di Giovanni Paolo II sulla materia è molto ricca. Egli, come Pontefice, lavora al tema antropologico-teologico nelle catechesi sull’amore umano nel piano divino (1979-1984) dove, in forma originale, interpreta magistralmente le relazioni tra matrimonio, famiglia e vita. Le sue Encicliche sociali (Sollicitudo Rei Socialis [17] e Centesimus Annus), molto attente al tema della popolazione, fanno leva su ciò che significa rispetto dei diritti umani fondamentali: la possibilità di optare liberamente per il matrimonio, la paternità responsabile, l’azione dello Stato a sostegno dei poveri nella procreazione, educazione e promozione della dignità. Ma l’intimo rapporto che Giovanni Paolo II aveva già evidenziato tra l’etica personale e l’etica sociale appare in documenti come la Familiaris Consortio, e ulteriormente la Lettera alle Famiglie e l’Evangelium Vitae. La Carta dei Diritti della Famiglia, documento della Santa Sede, di fronte a progetti alternativi alla famiglia, traccia un iter importante per il nostro cammino. Ugualmente, nei numerosi messaggi per la Giornata Mondiale della Pace, Giovanni Paolo II ha segnalato come il problema sia trattato in forma integrale, corretta e umana.

Benedetto XVI ha continuato a chiarire, con il suo vigoroso magistero, le questioni relative al tema della popolazione. Ne fa un esplicito riferimento nella sua ultima Enciclica Caritas in Veritate dove auspica un autentico progresso sociale che rispetti le leggi umane guidate dall’amore divino e tese alla trasmissione della vita [18].

Quindi, non ci si deve aggrappare a pregiudizi ideologici a-scientifici che hanno impoverito e tolto parecchi diritti umani essenziali. Tanti specialisti parlano proprio di una attuale e profonda crisi economica che ha nella prospettiva demografica uno dei fattori decisivi (cf. E. Gotti Tedeschi, Meeting Rimini 2010).

 

Conclusione

La famiglia costituisce il vero capitale sociale e umano. La famiglia stessa è la mediatrice sociale per eccellenza. La famiglia forma i cittadini. Era considerata da Cicerone «seminarium rei publicae». La famiglia è la fonte e la divulgatrice dei valori e delle virtù sociali. Dunque, occorre che la pastorale della famiglia consideri l’istituto familiare non solo come cellula fondante della Chiesa, ma anche come pilastro imprescindibile del tessuto sociale. La famiglia è in grado non soltanto di apportare alla società la forza della vita umana, ma è scuola primaria dove si apprendono i rapporti fondamentali necessari per il progresso del mondo. E’ innanzitutto luogo per imparare le virtù sociali, per diventare cittadini in grado di costruire un mondo più equo, solidale e umano, giacché è proprio nella famiglia che si possono offrire le condizioni per imparare ad amare, elemento ultimo di cui necessita il progresso sociale a tutti i livelli.

Inoltre, è urgente che la pastorale familiare sia una proposta cristiana unitaria, trasversale dove persona, matrimonio, famiglia e vita siano ancora più presenti nella dottrina sociale della Chiesa e dove si di-mostri (faccia vedere) come la famiglia è la risorsa sociale unica, capace, in forma singolare, di contribuire al bene comune di una nazione. Questo è un altro progetto del Pontificio Consiglio: sottolineare scientificamente il ruolo necessario della famiglia e della vita nel progresso della società. Certo, vogliamo cittadini pienamente felici, ma anche società degne dell’uomo. Entrambe le cose sono vicinissime e possono essere offerte partendo dalla famiglia aperta alla fecondità e alla generosità. Una generosità che può essere goduta anche nella vita terrena, senza dover attendere l’altra vita (cf. Gal 6,6-10).

E’ urgente prendere coscienza di questa situazione di sfida. La persona senza la famiglia risulta più manipolabile, più isolata. La disgregazione della famiglia, che si manifesta in diversi campi (politico, culturale, legislativo), non fa che isolare ed allontanare la persona dal suo habitat naturale. Di conseguenza l’individuo è più soggetto ad essere manipolato, a svuotarsi del suo essere. Questa non è forse una nuova forma di totalitarismo mal celato?

Ci viene quindi richiesta una sensibilità ed un coraggio rinnovati per rafforzare i programmi ecclesiali che sono di assoluta preminenza ed urgenza nella formazione del soggetto cristiano come essere familiare. Dobbiamo operare in modo opportuno, illuminante e positivo nell’ambito del mondo pastorale, culturale, economico, legislativo, politico, della comunicazione sociale, cercando di far sì che tutti riescano a capire la singolarità, l’insostituibilità, la centralità della famiglia come cellula fondamentale della società e della Chiesa stessa.

La pastorale può aiutare tutti a vivere nella Chiesa come famiglia e allo stesso tempo a sviluppare una cittadinanza non di individui ma di famiglie nelle nostre società. Questo implica uno sforzo e una emergenza educativa integrale che, al tempo stesso, confermerà il successo e la sopravvivenza del nostro popolo.

                                                                       Grazie



[1] Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti alla XVIII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Familia et Vita, 13 (2008), 8.

[2] Per esempio l’accenno demografico nella Politica di Platone e tutta la diffusione della mentalità contraccettiva sorta nel corso dei secoli, ma con un influsso importante dopo il secolo XVIII.

[3] Cf., J.J. Pérez Soba, El pansexualismo de la cultura actual, Diálogos de Teología VI, 83-110, 96ss.

[4] Il corpo dell’uomo appartiene al suo essere e non al suo avere; Marcel, Être et avoir, Paris 1935, 237. Per una ulteriore e dettagliata comprensione teologica, cf., A. Scola, Hombre-Mujer. El misterio nupcial, Madrid 2001.

[5] Cf., G. Abbà, Quale impostazione per la filosofia morale, LAS Roma 1995, 141-203.

[6] Si tratta della persona che interpreta la sua vita secondo i parametri dei beni utili e dei diversi consensi per forgiare un ottimale stato delle cose nel mondo. Il calcolo deve essere presente per giungere ad una valutazione positiva esterna e quindi dobbiamo tentare di ridurre tutto perché venga misurato e pesato.

[7] È importante sottolineare la forza secolarizzante della morale puritana del giansenismo che sembra dimenticare la realtà della grazia divina. Repressione sessuale=divieto=morale=Dio. Josè Pérez Soba, El pansexualismo de la cultura actual, o.c., 94.

[8] Pier Paolo Donati afferma: «Qualora l’abbassamento della natalità andasse avanti così ancora per alcuni decenni, nell’arco di circa un secolo molte popolazioni autoctone sarebbero destinate a sparire» (P.P. Donati, ale di sociologia della famiglia, Laterza, Bari, 1988, p. 319).

[9] Cf., Comune di Parma, Una città a misura di famiglia, «La famiglia al centro del welfare di comunità», Parma 2010.

[10] E’ decisivo il ricorso alla contraccezione e all’aborto. Quest’ultimo, convertito da delitto in diritto, è il peggiore dei metodi contraccettivi perché sottintende un uso arbitrario della libertà umana con conseguenze imprevedibili.

[11] L’economista Gary Becker dimostra che non esiste nulla che sia più importante della famiglia per la prosperità, il benessere, la felicità dell’uomo, della donna e dei figli. La famiglia è essenziale perché la società funzioni bene e perché ci sia la pace e lo sviluppo. tato in M. Schooyans, Gli idoli della modernità, ESD, Bologna 2010, 204. E in questo è particolarmente importante il ruolo della donna e il suo genio femminile. Cf., Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Mulieris Dignitatem. Nella visione cattolica, la donna è la creatura più strettamente associata all’opera creatice di Dio, perchè trasmette la vita.

[12] La mamma nutre, cucina, alimenta, è infermiera, parrucchiera, autista, giudice di pace fra i figli, li aiuta a fare i compiti, li stimola a praticare degli sport, a partecipare ai movimenti giovanili, insegna loro i rudimenti della vita economica, come gestire i piccoli risparmi, insegna ai figli ad essere ordinati, rispettosi, ad aiutarsi e amarsi vicendevolmente. E’ la grande confidente delle gioie e dei dolori, insegna ai piccoli a discernere il bene dal male, li inizia alla preghiera e alla scoperta di Dio. Educa il bambino alle virtù fondamentali (solidarietà, gratuità, organizzazione, disponibilità, generosità, fedeltà). (Cf. La Familia, formadora en los valores humanos y cristianos, [a cura di] Pontificio Consejo para la Familia, VI Encuentro Mundial de las Familias México 2009, Universidad Católica S. Antonio de Murcia 2010). La donna madre è dunque insostituibile poiché molte sono le funzioni insostituibili che esercita.

[13]Cf., C. Simón, Estudio histórico-crítico del concepto y término de Planificación Familiar, Murcia 2003, in particolare da pag. 203-219.

[14] Cf., O. Alzamora Revoredo, Ideología de género: sus peligros y alcance, en Lexicon (a cura di) Pontificio Consiglio per la Famiglia, Madrid 2004, 582.

[15] Cf., E. Antonelli, Sostegno alla famiglia in un tempo di crisi demografica ed emergenza educativa, Convegno promosso dal Consiglio d’Europa su: «Cura dei figli e politiche dell’impiego: conflitto o complementarietà», Praga, 6 febbraio 2009.

[16] Benedetto XVI, Discorso alla Assemblea della Diocesi di Roma. Basilica Lateranense, 11/6/2007.

[17] La Chiesa sostiene che la crescita demografica non è incompatibile con uno sviluppo ordinato (Sollecitudo Rei Socialis, 25), che è, anzi, necessario. Le diverse scienze sperimentali così lo dimostrano.

[18] Cf., Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in Veritate, nº 28. «L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo».

  

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