VIAGGIO PASTORALE IN BENIN, UGANDA E KHARTOUM
CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA «GREEN SQUARE»
IN ONORE DELLA BEATA GIUSEPPINA BAKHITA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Khartoum (Sudan) - Mercoledì, 10 febbraio 1993
“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28)
Cari fratelli e sorelle del Sudan,
1. In ogni tempo e in ogni luogo, queste parole di nostro Signore Gesù Cristo sono state fonte di forza indicibile e di consolazione per i cristiani. Specialmente in tempi di prova e di sofferenza, uomini e donne, persino bambini, hanno sperimentato nei loro cuori la presenza potente del Salvatore, che rivolgeva loro queste parole e insegnava loro il mistero della sua morte salvifica sulla Croce. “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4, 16). Una delle persone a cui la lezione della Croce ha trasmesso un’incomparabile forza fra tutti i tipi di sofferenza, è stata la Beata Giuseppina Bakhita, una figlia di questa terra. Oggi, a Khartoum, in Sudan, in Africa, la Chiesa tutta in comunione con il Successore di Pietro si rivolge alla Beata Bakhita e implora la sua intercessione per i Vescovi, i sacerdoti, i Religiosi e i laici di questa terra: per l’Arcivescovo Gabriel Zubeir e per i fedeli della Arcidiocesi di Khartoum; per l’Arcivescovo Paulinus Lukudu e i fedeli dell’Arcidiocesi di Juba; per i Pastori e i fedeli delle Diocesi di El Obeid, Malakal, Rumbek, Tombura-Yambio, Torit, Wau e Yei.
2. Non è stato forse un momento di rigenerazione e di rinnovamento, offerto da Cristo, il Buon Pastore, all’intera comunità cattolica del Sudan, quando in piazza San Pietro a Roma Giuseppina Bakhita è stata elevata alla gloria tra i Beati della Chiesa? Ella, quindi, divenne per i cristiani un modello di virtù e di santità di vita. Ella si rivolge ai credenti di ogni luogo e parla del valore della riconciliazione e dell’amore, poiché nel suo cuore lei superò tutti i sentimenti di odio per coloro che le avevano fatto del male. Ella imparò dai tragici avvenimenti della sua vita ad avere completa fiducia nell’Onnipotente che è presente sempre e ovunque, e quindi imparò a essere costantemente buona e generosa con tutti (cf. Udienza in occasione della Beatificazione, 18 maggio 1992). La sua beatificazione ha costituito un atto di rispetto non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti del Sudan, poiché una figlia di questa terra è stata presentata come un’eroina di misericordia e di buona volontà. Dio si è servito di lei per insegnare a noi tutti il significato delle parole di Gesù: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). Gesù dice: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli»” (Mt 11, 25). Con queste parole Cristo benedice la semplicità di Bakhita, figlia, come voi, di questa terra. Con la sua semplicità e infinita fiducia essa ha incarnato, sulla via dolorosa della sua vita, quella saggezza che deriva da Dio stesso. La saggezza che è propria dei Santi.
3. Oggi io ringrazio la Divina Provvidenza che mi ha concesso l’opportunità di venire incontro al desiderio della Chiesa in Sudan che Bakhita sia onorata nella sua terra, un desiderio espresso nel giorno della Beatificazione della Beata Giuseppina. Io ringrazio tutti: le autorità civili e tutti coloro che hanno operato per preparare questa visita; i Vescovi che mi hanno invitato a pregare con voi e a condividere, anche per un breve momento, la vita di questa comunità cattolica. Sono anche lieto di salutare i rappresentanti delle altre Chiese Cristiane e Comunità ecclesiali. Noi siamo uniti da profondi vincoli spirituali, grazie al nostro comune Battesimo, vincoli che devono condurci a ricercare l’unità che Cristo stesso ha voluto per i suoi discepoli (cf. Gv 17, 21). Allo stesso modo, saluto anche l’intera comunità musulmana. Uno scopo importante della mia visita è quello di fare appello per un nuovo rapporto fra i cristiani e i musulmani in questa terra. Solo di recente, ad Assisi, cattolici, altri cristiani e musulmani d’Europa si sono riuniti per una giornata di preghiera e di digiuno per la pace. Ribadisco adesso la convinzione condivisa anche dai musulmani presenti a quell’incontro: “che l’autentica fede religiosa è una fonte di comprensione reciproca e di armonia, e solo la distorsione del sentimento religioso porta alla discriminazione e al conflitto” (Discorso ai Capi musulmani, Assisi, 10 gennaio 1993). È mia sincera speranza che ci sarà maggior dialogo e maggior cooperazione fra cristiani e musulmani in Sudan. Dobbiamo tutti comprendere che: “usare la religione come pretesto per l’ingiustizia e la violenza è un terribile abuso, e deve essere condannato da tutti coloro che credono veramente in Dio... finché i credenti non saranno uniti nel rifiutare le politiche di odio e discriminazione, e nell’affermare il diritto alla libertà culturale e religiosa in tutte le società umane, non potrà esserci pace autentica” (Ivi).
4. È difficile, in questo momento, non pensare a tutte le preghiere e le sofferenze di coloro che sono colpiti dalla guerra che si protrae in questa terra, specialmente nel Sud. Tanti di voi provengono da lì, e a causa della guerra ora sono sfollati e senzatetto. L’immensa sofferenza di milioni di vittime innocenti mi impone di esprimere la mia solidarietà verso i deboli e gli indifesi, che si rivolgono a Dio chiedendo aiuto, giustizia, rispetto per la dignità che Dio ha dato loro come esseri umani, diritti fondamentali dell’uomo, libertà di credere e di praticare la propria fede senza paura o discriminazione. Io spero con tutto il cuore che la mia voce vi raggiunga, fratelli e sorelle del Sud. Come i popoli menzionati nella Prima Lettura di questa Liturgia, anche voi potreste essere tentati di dire: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato!” (Is 49, 14). E tuttavia, la vostra fede cristiana vi insegna che le vostre preghiere e le vostre sofferenze sono unite al grande grido di Cristo stesso che, come Sommo Sacerdote dell’intero popolo di Dio, entrò nel Santuario per intercedere per noi (cf. Eb 9, 11-12). E proprio come una volta sulla terra, adesso nella casa del Padre Egli dice: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28). E quando, nei vostri cuori, ascoltate le sue parole, Egli aggiunge: “imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro” (Mt 11, 29). Così dice Cristo – l’Unico che conosce il Padre e che il Padre conosce come Figlio Unigenito – il Verbo eterno, che è una cosa sola con il Padre. Oggi, in Sudan, il Vescovo di Roma, il Successore di Pietro, ripete queste parole e vi esorta a restare saldi e a essere coraggiosi. Il Signore vi è vicino. Non vi lascerà mai soli. La Chiesa intera comprende la vostra angoscia e prega per voi.
5. In mezzo a così tante difficoltà, la Beata Bakhita è il vostro modello e la vostra patrona celeste. Nelle terribili prove della sua vita Bakhita ha sempre ascoltato la parola di Cristo. Essa ha appreso il mistero della sua Croce e della sua Risurrezione: la verità salvifica di Dio che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio unigenito (cf. Gv 3, 16), la verità salvifica del Figlio che ha amato ognuno di noi fino alla fine (cf. Gv 13, 1). La Beata Bakhita era fedele, era forte. Confidava in Cristo senza riserve. Si mostrava serva di Dio sopportando pazientemente le prove, le tribolazioni e le difficoltà, con purezza, sapienza, pazienza e benevolenza (cf. 2 Cor 6, 4-6) – come i primi cristiani che, in mezzo alle persecuzioni dell’Impero Romano, mostrarono di essere come “ministri di Dio... nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama” (2 Cor 6, 8). Così scrive l’Apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi. E così parla la Storia della Chiesa in Africa, non esclusi i Paesi che io ho visitato adesso: Benin, Uganda, Sudan.
6. È stata la potenza di Dio a trasformare Bakhita – a somiglianza di Cristo – in colei che arricchisce molti. La povera ragazza schiava che non aveva nulla mostrò di essere, in realtà, l’unica ad avere il più grande dei tesori (cf. 2 Cor 6, 10). E anche se, umanamente parlando, sembrava condannata a morte, ella vive! (cf. 2 Cor 6, 9). Ella vive proprio come Cristo vive, sebbene Egli fu condannato a morte e fu crocifisso. Ella vive con la vita di Lui! Nella sua nuova vita in Cristo questa nostra sorella oggi ritorna in Africa. Questa figlia della comunità cristiana del Sudan ritorna a voi oggi. Anche voi siete stati provati in molti modi, e tuttavia, la vostra eredità è la vita, quella vita che il Cristo Risorto ha portato a voi tutti. E quali sono i segni della vita in Cristo in Sudan oggi? Le parole di San Paolo nella Seconda Lettura trattano eloquentemente della vostra fatica quotidiana: “Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricca molta gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!” (2 Cor 6, 10).
7. La Chiesa e gli uomini di buona volontà in tutto il mondo si sono rallegrati quando è stata annunciata l’introduzione di un nuovo sistema politico, un sistema in cui tutti i cittadini sono uguali, senza alcuna discriminazione di razza, religione o sesso. È stato detto che le legittime diversità sarebbero state rispettate in un Paese multietnico, multiculturale e multireligioso; che tutte le religioni sarebbero state libere di svolgere le proprie attività religiose. La libertà religiosa è un diritto che tutti possiedono perché esso deriva dall’inalienabile dignità di ogni essere umano. Esso esiste indipendentemente dalle strutture politiche e sociali e, come è stato asserito in vari Documenti internazionali, lo Stato ha l’obbligo di difendere questa libertà da attacchi o interferenze. Dove c’è discriminazione nei confronti dei cittadini sulla base delle loro convinzioni religiose, viene commessa un’ingiustizia fondamentale contro l’uomo e contro Dio, e la strada che conduce alla pace è intralciata. Oggi il Successore di Pietro e tutta la Chiesa riaffermano il loro sostegno all’appello pressante dei vostri Vescovi per il rispetto dei vostri diritti di cittadini e di credenti. Ogni giorno i cristiani del Sudan sono nei miei pensieri e nelle mie preghiere. La Chiesa tutta prova una profonda solidarietà verso le vittime della carestia, verso la terribile piaga dei rifugiati e degli sfollati, degli ammalati e degli afflitti, di coloro che vengono trattati ingiustamente, dei così tanti bambini soli e abbandonati. L’Africa non può fare a meno di trovare e di seguire nuovi sentieri di solidarietà umana, di giustizia e di rispetto per i diritti umani, di pace e di progresso costruttivo. La comunità internazionale non deve trascurare i suoi impegni solenni verso l’Africa. Le agenzie internazionali devono essere in grado di fornire assistenza, di incentivare lo sviluppo, di promuovere le condizioni di libertà e di pace in questa area del mondo dolorosamente colpita.
8. Cari fratelli e sorelle, questa Eucaristia celebrata sul suolo sudanese deve essere un segno di speranza per tutti noi. Cristo è presente qui in mezzo al suo popolo fedele! “Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra... perché il Signore consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri” (Is 49, 13). Rallegrati, Africa tutta! Bakhita è tornata da te: la figlia del Sudan venduta come schiava, come merce viva e tuttavia ancora libera. Libera della libertà dei Santi. La Beata Giuseppina torna da te con il messaggio di Dio, il Padre di infinita misericordia. L’uomo a volte pensa: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato” (Is 49, 14). E Dio risponde con le parole del grande Profeta: “Si dimentica forse una donna del proprio bambino così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Is 49, 15-16). Sì, sulle palme delle mani di Cristo, trafitte dai chiodi della Crocifissione. Il nome di ognuno di voi è scritto su queste palme. Quindi, con grande fiducia diciamo: “Il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in lui la mia fiducia; mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore, con il mio canto gli rendo grazie” (Sal 28, 7). Amen.
Sallu lillah / bi wasitati at / tubawiya Bakhita / as / sudanya likay yubarika ‘aylati-kom (Attraverso l’intercessione della Beata Bakhita, chiedo a Dio di benedire le vostre famiglie)
Al termine della Santa Messa, Giovanni Paolo II rivolge un saluto conclusivo ai fedeli presenti nella “Green Square” di Khartoum. Questo il testo del saluto.
Questa celebrazione è stata una grande grazia di Dio. Desidero ringraziare tutti coloro che l’hanno preparata e vi hanno partecipato: specialmente l’Arcivescovo Gabriel Zubeir e gli altri Vescovi del Sudan; i Cardinali e i Vescovi giunti in visita; gli organizzatori e i volontari che hanno preparato tutto così bene. Ringrazio voi tutti per la rispettosa e orante partecipazione alla liturgia.
Durante questa visita ho ricordato un mio caro amico sin dal tempo della mia opera pastorale con gli studenti dell’Università di Cracovia – il professor Jerzy Ciesielski. Egli ha lavorato per alcuni anni come professore ospite all’Università di Khartoum, ma nel 1970 morì tragicamente nel Nilo, insieme con le sue due figlie. Uomo di fede autentica, fece della santità lo scopo della sua vita, come marito, come padre e come professore universitario. La causa per la sua beatificazione è già stata introdotta. Prima di lasciarvi desidero ancora una volta incoraggiarvi a riporre la vostra fiducia in Dio e a non perdervi d’animo, specialmente i giovani che sono la speranza di un futuro migliore.
Vi ricorderò nelle mie preghiere: voi, i vostri figli e il vostro Paese.
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