DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI GIUNTI A ROMA PER
LA BEATIFICAZIONE DI SUOR GIUSEPPINA BAKHITA
Lunedì, 18 maggio 1992
Carissime Suore Canossiane “Figlie della Carità”,
e ugualmente cari e amati Sacerdoti e fedeli partecipanti a questa Udienza!
1. Il 2 ottobre del 1988 ebbi la grande gioia di dichiarare “Santa” Madre Maddalena di Canossa, Fondatrice della Famiglia religiosa dei “Figli e delle Figlie della Carità”, appartenente a un nobile casato di Verona, ben noto in quel periodo di tempo e benefico lungo la storia d’Italia. E ieri ho avuto la fortuna di dichiarare “Beata” una sua figlia spirituale, Suor Giuseppina Bakhita, che doveva pur provenire da una agiata famiglia del Sudan, nella regione del Darfur, ma che all’età di nove anni fu rapita da due negrieri e ridotta in schiavitù. Fu tale il terrore per questa crudele e improvvisa vicenda, che la bambina dimenticò perfino il proprio nome davanti al negriero che la interrogava, cosicché - per ironia e disprezzo - le fu imposto il nome di “Bakhita”, che significa “Fortunata”. Povera Bakhita! Quanto dovette soffrire negli anni della sua fanciullezza e della sua giovinezza! Fu venduta per ben cinque volte, passando da una situazione penosa a un’altra peggiore. C’è veramente da rabbrividire pensando alle crudeltà alle quali essa con le altre schiave venne sottoposta, fin quando, finalmente, al seguito di due italiani giunse in Italia, a Genova prima e poi a Venezia. E qui, dopo un anno di catecumenato, il 9 gennaio ricevette il battesimo, tanto atteso e sospirato, con il nome di Giuseppina. Tre anni dopo entrò nel noviziato della vostra Congregazione, care Sorelle Canossiane, professando quindi i voti religiosi nella vostra Casa Madre di Verona l’8 dicembre 1896. Destinata in seguito a Schio, al Centro comprendente asilo, orfanotrofio, oratorio festivo e scuole, la sua vita fu tutta dedita ai lavori più umili - come cuoca, sacrestana, portinaia, rammendatrice e ortolana - che ella compì sempre con fervore religioso e con ardore di carità.
2. Elevata ora all’onore degli altari e posta come esempio davanti alla Chiesa intera, la beata Giuseppina Bakhita, nella sua umiltà e nel suo totale abbandono in Dio, ci insegna non soltanto a lavorare e a pregare, ma soprattutto a confidare. Dalle sue dolorose vicende aveva imparato, con la grazia di Dio, ad avere completa fiducia in Lui, che è presente sempre e dappertutto, e ad essere, pertanto, costantemente e con tutti buona e generosa. Sempre lieta e serena, compiva con gioia il suo dovere, accettando, infine, con coraggio e rassegnazione anche la lunga e penosa malattia, senza mai lamentarsi e senza mai parlare male di nessuno. Così essa diceva: “Se incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita, e anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare le loro mani, perché se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e religiosa”. Vedeva, cioè, la mano provvidenziale dell’Altissimo, che guida e sostiene la storia umana, non abbandonando mai chi a Lui si affida, anche se molte volte consente che egli passi attraverso avvenimenti oscuri e impenetrabili. Alla luce della Grazia, Suor Giuseppina Bakhita aveva scoperto che “non è importante quello che sembra tale, ma quello che vuole il Signore”. Ora la beata Giuseppina Bakhita ci sta ancora più vicino con il suo esempio e la sua intercessione. Quando a 78 anni, l’8 febbraio 1947, ella si spense, le sue ultime parole furono: “La Madonna! La Madonna!”, mentre sorridendo entrava nell’eternità. Seguendo l’esempio della sua devozione a Maria Santissima, invochiamo in modo speciale, durante il mese di maggio, l’aiuto della Nostra Madre celeste per rimanere fermi nella nostra fede e insieme operosi sempre nell’esercizio della bontà e della carità!
3. To the Bishops, priests, religious and lay faithful of the Sudan, the example of Blessed Josephine Bakhita speaks of the difficulties and sufferings which continue to be so much a part of your people’s history. In her body she bore the signs of terrible injustice. Yet, in her soul there shone forth the light of an inner strength which eventually found its fulfilment in the grace of Baptism and the profession of the evangelical counsels among the Daughters of Charity of Canossa.
Today, her luminous example speaks to her brothers and sisters of the Church in the Sudan about the courage of faith and the power of evangelical love in the face of intense distress. Blessed Josephine Bakhita’s life points to the victory of God’s love over the ravages of sin and evil. It presents a striking example of the role of reconciliation in Christian life and practice. Her Beatification therefore is a sign of the universal Church’s closeness to you as, with complete trust in the Lord, you seek a just solution to the sufferings of so many in your land, as you alleviate the consequences of long-standing conflict, and as you use appropriate means to defend the fundamental human right to religious freedom.
Our prayer to Blessed Josephine Bakhita embraces the whole of the Sudanese people and all the peoples of Africa. We ask her intercession for the peace and harmony of that beloved Continent, especially for the plight of the victims of famine, the refugees, the sick and the defenceless.
Upon all of you, your families and communities, I invoke abundant blessings from Almighty God.
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