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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(1°-9 GIUGNO 1991)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UNA RAPPRESENTANZA DELLE FORZE
ARMATE DI TUTTO IL PAESE

Aeroporto di Koszalin - Domenica, 2 giugno 1991

 

Signor Presidente della Repubblica,
Signor Primo Ministro della Difesa Nazionale,
Cari soldati, Sottufficiali, Ufficiali, Generali,
Caro Vescovo Militare dell’Esercito Polacco
,

1. “Coloro . . . che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerano anch’essi come ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli” (Gaudium et spes, 79). Per la prima volta mi è dato - durante la visita in Patria - di parlare ai soldati in un apposito incontro. Ciò desta in me vari ricordi, riflessioni e sentimenti profondi del passato, mio personale e della storia del mio Popolo, nella storia della Polonia.

Come pontefice ebbi occasione di visitare molti Paesi. Quasi ovunque all’arrivo e anche al congedo, incontravo i plotoni d’onore. Così del resto è stato anche in occasione delle mie precedenti visite in Polonia, nel 1979, 1983 e 1987. La presenza dell’esercito e gli onori militari esprimono ciò di cui parla il sopracitato testo conciliare. Di più ancora: il plotone d’onore, che porta la bandiera nazionale diventa una particolare espressione della sovranità dello Stato. Durante la cerimonia di benvenuto, un ospite che visita un dato Paese si china davanti a questo vessillo. In questo modo rende onore alla società che in questo stemma esprime la propria identità. In ogni formazione militare il vessillo è un simbolo particolare non solo di una data unità ma anche della Patria, alla cui causa si dedicano specialmente coloro che compiono il servizio militare.

2. Nel corso dei dodici anni passati più volte venivo invitato da singoli gruppi dell’esercito italiano. (Il Vescovo di Roma secondo la tradizione è il Primate d’Italia). Alcuni di quegli incontri si sono fissati in modo particolare nel mio ricordo, come per esempio la Santa Messa sulle Dolomiti sulle orme della prima guerra mondiale, oppure alcuni incontri con la marina nelle numerose città portuali d’Italia.

Molte volte anche i singoli raggruppamenti, specialmente di addestramento, partecipavano alle udienze del mercoledì. Ciò non solo riguardo alle formazioni italiane ma anche a quelle dei Paesi occidentali. A volte chiedevano la celebrazione di una Santa Messa alla quale avrebbero potuto partecipare. In Italia ho visitato anche parrocchie militari, mantenendo costante contatto con l’Ordinario Militare e i cappellani. Da essi anche - come dai Vescovi castrensi di altri Paesi - venivo a sapere molto sull’importanza della pastorale militare.

Tutto questo - in un certo senso - mi ha preparato al presente incontro. Debbo aggiungere che attendevo questo momento pensando con rammarico al fatto di non poter avere gli stessi contatti con i miei connazionali.

Mentre oggi si arriva a questo, ritornano alla mia memoria le parole: “dalla terra italiana in Polonia”. Esse, come si vede, si verificano anche nei riguardi del Papa, quando si tratta dell’incontro con l’esercito.

3. È difficile non pensare al passato. La storia testimonia che la Polonia è sempre stata una nazione di coraggiosi: i polacchi non cercavano le guerre, non conducevano in genere le guerre per conquiste, sapevano però combattere eroicamente in difesa della libertà minacciata e dell’indipendenza. Le vittorie delle armi polacche segnano le singole tappe della nostra storia, dall’epoca dei Piast, attraverso il Grunwald fino a Vienna nel 1683. La tradizione guerriera, militare è stata trasmessa agli insurrezionisti nel periodo delle spartizioni. Tale tradizione si rianimò con una forza nuova alla soglia del nostro secolo. L’indipendenza della Repubblica è stata ottenuta lottando con le armi in mano, e la conclusione di questa epopea militare è stata la vittoriosa battaglia presso Varsavia, il 15 agosto 1920, che ebbe un’importanza decisiva non solo per la Polonia ma anche per l’Europa. Sotto questo aspetto viene paragonata alla vittoria di Vienna, e prima ancora (ai tempi dei Piast) alla battaglia presso Legnica, nel XIII secolo, dove era stata respinta l’irruzione tartara che veniva verso l’Europa dall’Asia.

L’ultima, la seconda guerra mondiale, è il seguito di questa epopea militare, iniziando dal settembre 1939, attraverso Norvik, Francia, Inghilterra - e dall’altra parte dei territori russi e dall’interno dell’Asia attraverso il Vicino Oriente fino a Monte Cassino e attraverso la dura battaglia per l’Argine della Pomerania fino alla partecipazione alla definitiva sconfitta del nazismo. Contemporaneamente nel Paese occupato dai due lati c’era l’Armata Clandestina insieme a tutta la struttura dello Stato clandestino. L’apice di questo sforzo eroico, e al tempo stesso tragico, è stata l’insurrezione di Varsavia nel 1944.

4. Il periodo iniziatosi nel 1945 frenò qualcosa in tutto questo processo storico. A dir il vero il servizio obbligatorio di leva continuò, i giovani polacchi entravano nell’esercito, scegliendo la carriera militare, ma a tutto questo mancò un riferimento essenziale.

Tale riferimento è la consapevolezza di servire la Patria: “servizio della Patria” (come dice il testo conciliare). Il servizio militare non è soltanto un mestiere o un dovere. Deve essere anche un comando interiore della coscienza, un comando del cuore.

Le tradizioni militari dei polacchi lungo i secoli hanno legato il servizio militare all’amor di Patria.

Gli eventi del 1989, l’inaugurazione della III Repubblica significa qui un “nuovo inizio” per tutta la Nazione. Tuttavia, come in tanti altri settori, così anche qui questo “nuovo inizio” deve ancora maturare e consolidarsi nei nostri atteggiamenti, nella coscienza di tutti.

5. La pastorale a servizio delle Forze Armate, unita alla nomina del Vescovo Castrense ha una grande importanza per questa causa.

Così era nel passato, e la storia mostra non solo le magnifiche figure di eroici soldati e comandanti, ma anche di eroici cappellani militari. Un simbolo può essere don Skorupka del 1920, ma ce ne sono molti nel passato più o meno lontano. In questo contesto forse vale la pena di ricordare che nell’ambito della tolleranza religiosa e della libertà di professare la fede, nell’esercito del tempo della Costituzione del 3 maggio, erano in servizio i cappellani di tre confessioni. Nell’esercito della II Repubblica, cappellani di tutte le confessioni potevano, senza ostacoli, esercitare il ministero religioso a seconda delle necessità dei soldati. Dagli ultimi tempi ricordiamo l’Arcivescovo Stanislao Gall e l’Arcivescovo errante Giuseppe Gawlina. Ora sono lieto che sia presente qui il primo Vescovo Castrense dell’Esercito Polacco della III Repubblica, Monsignor Slawoj Leszek Glodz. L’esperienza della Chiesa mostra la pastorale militare come un campo estremamente importante. Quando ero sacerdote e Vescovo nell’arcidiocesi di Cracovia, per me era sempre un grande dolore il fatto che in pratica da noi non c’era la pastorale militare.

A volte, nell’esercito veniva attuata una specifica antipastorale: non solo venivano espulse tutte le manifestazioni di vita religiosa dalle caserme, ma si rendeva difficile ai soldati la pratica della loro fede perfino fuori delle caserme, e nelle caserme spesso veniva fatta un’intensa propaganda ateista. È tanto più grande la mia gioia per il fatto che a quell’atmosfera non si sottomisero nemmeno molti soldati di carriera e che, nonostante le condizioni talmente sfavorevoli riuscirono, insieme alle loro famiglie, a perseverare nella fede e a condurre una normale vita religiosa. A tutti coloro che, in condizioni difficili, rinunciando a vari privilegi, e perfino alla possibilità di una carriera più veloce, sono rimasti fedeli ai valori cristiani e non hanno esitato a darne testimonianza, presento espressioni di apprezzamento e di ringraziamento. Il ripristino della pastorale a favore dei militari certamente elimina un muro, con il quale si era tentato di separare l’esercito dalla società.

Una nazione più facilmente può riconoscere come suo, come parte viva ed integrale della società, l’esercito che facilita ad un soldato, e non glielo impedisce, di volgersi ai valori che erano particolarmente importanti nella sua casa paterna. Perciò mi rallegro del ritorno dei cappellani nelle caserme, principalmente in considerazione di voi, vari Soldati.

Un giovane che nel momento della vita decisivo per il suo sviluppo, viene chiamato al servizio militare, si dimostra particolarmente aperto a tutto ciò che comporta il servizio sacerdotale e pastorale. Sottoposto alla disciplina militare, allo stesso tempo sente maggiormente i problemi del proprio intimo e in certo senso spontaneamente cerca l’ordine e l’armonia interiori. Mi parlarono di questo molti vescovi e cappellani militari del mondo intero.

Esiste una particolare possibilità per l’evangelizzazione, per un avvicinamento alla preghiera e alla vita sacramentale. E questo, infatti, per la maggioranza dei giovani è la soglia di scelte mature e decisive per tutta la vita. Guidati dalla fede è più facile salvaguardarsi dagli errori, o persino da una frattura spirituale.

Che questo primo incontro con l’esercito: del Papa-polacco con l’Esercito Polacco, rimanga segno di un “nuovo inizio” nella vita della società e della Nazione, di cui sono figlio. E come polacco so, quanto debbo - nello spazio di tutta la storia e anche in quello della mia propria vita - a coloro che, spesso in modo eroico, “si consideravano come ministri della sicurezza e della libertà della Patria”.

Voi, Signori Generali, Ufficiali, Sottufficiali e Soldati, siete successori di quei soldati. Che dunque anche in voi l’amore per la Patria, il senso di giustizia, la sollecitudine per la sicurezza e la libertà della Polonia, determinino il senso del vostro servizio militare.

Per concludere ancora una volta ritornerò al Concilio Vaticano II. Esso insegna che “Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa” (Gaudium et spes, 79).

Non mi rimane altro che augurare che le possibilità di una pacifica trattativa siano sempre efficaci e portino la pace. La pace per tutto il mondo. Auguro che l’Esercito Polacco e tutti gli altri eserciti possano servire nella pace il loro popolo e la loro Patria.

Prima di concludere l’incontro con i Militari polacchi il Papa aggiunge le seguenti parole:

Desidero esprimere il mio caldo ringraziamento, con l’antica espressione polacca “Bòg zaplac” (Dio te ne renda merito), per questo primo incontro con la Patria, nel quale possiamo già cantare con tutta convinzione “La Patria Libera benedici, o Signore!”.

Desidero esprimere la gioia per l’incontro con questa regione della costiera baltica, nella quale si trovano anche i principali poligoni militari, con la Diocesi di Koszalin-Kolobrzeg e con l’intera Pomerania che già nel precedente viaggio ho visitato a Stettino ed a Danzica. Desidero ringraziare per questo vento che proviene dal mare, che ha avuto grande forza e severità, come accade al nord, e ancora di più desidero ringraziare per il verde vivo di questi boschi, questo magnifico verde intenso. Questi boschi mi ricordano tanti avvenimenti della gioventù. Per tutto ciò ringrazio di cuore. Poiché mi reco in viaggio verso il sud, nella regione dei Carpazi, do l’addio al Baltico, do l’addio alla Pomerania, do l’addio a tutti i connazionali che qui vivono, do l’addio in modo particolare all’esercito polacco. Che Dio vi aiuti.



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