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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO «COR UNUM»

Venerdì, 8 aprile 1994

 

Signor Cardinale,
Cari amici
,

1. In questa settimana pasquale, l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum” prolunga in un certo senso naturalmente lo sforzo compiuto durante la Quaresima in tutta la Chiesa per mettere in opera la carità senza la quale il discepolo di Cristo “non è nulla”, come dice San Paolo (cf. 1 Cor 13, 2). Ringrazio il Cardinale Roger Etchegaray, vostro Presidente, per le parole che mi ha appena rivolto per presentare i vostri lavori. E mi associo a voi nell’azione di grazia per la carità vissuta nella Chiesa: voi ne siete i testimoni e spesso gli ispiratori e gli animatori.

Posto nel cuore della Chiesa, il vostro Consiglio ha in effetti la missione di coordinare tutte le azioni concrete di aiuto alle diverse comunità, ispirate dall’amore fraterno. Con qualche riflessione, vorrei semplicemente sottolineare i tre aspetti più importanti dell’opera del Cor Unum.

2. In primo luogo, vi dedicate a svolgere una catechesi della carità. Dovete ricordare costantemente l’autentica fonte delle azioni caritative, questo “amore (che) è da Dio”, l’amore di cui siamo amati, e in nome del quale “anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1 Gv 4, 7-11). Non possiamo svuotare queste parole del loro significato. Il Concilio Vaticano II ha ricordato a sua volta che, tra le vie della santità, si distingue particolarmente quella del “servizio attivo dei fratelli” (Lumen gentium, 42). Senza sviluppare questo tema, che vi è familiare, insisto solo sulla necessità di non perdere mai di vista il fatto che, secondo San Paolo, è la fede che opera mediante la carità in Cristo (cf. Gal 5, 6), e allo stesso tempo che, secondo San Giacomo, le opere sono necessarie alla piena realizzazione di una vita di fede (cf. Gc 2, 14-26).

Nella diversità delle organizzazioni e dei programmi che siete chiamati a coordinare, una tale ispirazione deve sempre rimanere presente. Le moderne esigenze tecniche e la ricerca di una migliore efficienza in una buona organizzazione non faranno dimenticare che le strutture non hanno altro fine che quello di essere dei canali per la carità del popolo di Dio. Come i semplici fedeli non devono disinteressarsi dell’azione che essi affidano a organismi specializzati, allo stesso modo i responsabili di questi gruppi non possono erigersi a padroni indipendenti dei loro progetti o a possessori assoluti dei loro mezzi. Mossi, essi stessi, da una generosità alla quale rendo omaggio, sono i servitori della carità che è chiamata a riflettere l’unità fraterna dei membri del popolo di Dio.

3. In ogni momento potete essere chiamati a rispondere a degli appelli urgenti, in seguito a catastrofi naturali o altre situazioni di crisi. È questo il secondo aspetto importante della vostra missione. Ciò esige da “Cor Unum” una vigilanza costante, al fine di venire a conoscenza subito delle più profonde situazioni di disperazione e di fornire i soccorsi urgenti più adeguati. In questi campi, al lato di organizzazioni che traggono altrove la loro ispirazione, la presenza della Chiesa è spesso stata riconosciuta per la sua efficacia reale, grazie ai vincoli costanti mantenuti tra le istituzioni caritative che agiscono nelle diverse regioni. In questo ambito, i cristiani rendono così una testimonianza importante e offrono un segno della solidarietà che dovrebbe essere naturale per tutta la famiglia umana. Al di là del carattere spettacolare di alcune azioni, a causa della eco prodotta dai mezzi di comunicazione sociale, spetta a voi seguire attentamente lo svolgimento dei vostri interventi, affinché la loro utilità sia durevole, e di farlo in totale intesa con le popolazioni coinvolte e le loro organizzazioni locali di mutuo soccorso.

4. L’animazione della carità implica la preoccupazione di far conoscere a tutto il popolo cristiano le dimensioni reali delle sofferenze da alleviare e delle povertà da soccorrere. Questo terzo aspetto della vostra missione vi consente, mediante l’informazione che raccogliete e i contatti che mantenete in tutto il mondo, di aiutare i membri della Chiesa a comprendere meglio i bisogni dei loro fratelli vicini e lontani. In tal modo, in questi ultimi decenni, i cristiani si sono preoccupati di prendere in considerazione le necessità dello sviluppo, come aveva chiesto Paolo VI nell’Enciclica Populorum progressio.

Ogni anno vi affido il compito di diffondere un messaggio di quaresima che ponga l’accento ogni volta su un ambito particolare dove deve esercitarsi la solidarietà attiva della famiglia umana. Così, abbiamo sottolineato recentemente la situazione dei rifugiati, la condivisione delle risorse del creato, i problemi dell’acqua e della desertificazione e ultimamente il ruolo della famiglia nell’esercizio della carità, chiedendo il sostegno della carità verso le famiglie più bisognose. Nella loro diversità questi pochi esempi sono sufficienti a ricordare l’ampiezza dei campi d’azione che si presentano oggi. Dobbiamo evidentemente unire strettamente gli appelli alla carità alle esigenze di giustizia e il dovere di assistenza alla definizione e alla tutela dei diritti dell’uomo. Ricordiamo le parole del Signore, secondo il profeta Geremia, quando invita il re a seguire l’esempio di suo padre: “Egli praticava il diritto e la giustizia... Egli tutelava la causa del povero e del misero . . . questo non significa infatti conoscermi?” (Ger 22, 15-16).

Il tema principale dei lavori della vostra assemblea riveste una particolare importanza nell’attuale situazione mondiale: “La testimonianza della carità di Cristo nell’azione umanitaria in tempo di guerra”. Lo sappiamo, molti popoli subiscono oggi le conseguenze dei conflitti che provocano sofferenze drammatiche. Voi dovete guidare o consigliare l’azione umanitaria svolta dalla Chiesa, spesso in coordinazione con altre organizzazioni. Esiste un dovere di solidarietà che porta a difendere il diritto dei popoli a vivere degnamente nella pace. L’azione umanitaria deve essere condotta indipendentemente dai condizionamenti politici; bisogna ricordare, all’occasione, che la necessità di una assistenza è prioritaria rispetto alla competenza degli Stati quando sono in gioco la vita umana e la sua dignità. È anche opportuno integrare nella riflessione non solo il punto di vista dei bisogni materiali di sopravvivenza, ma anche il punto di vista spirituale concernente i diritti umani, poiché si tratta di difendere i popoli con la loro cultura, la loro religione, le loro legittime strutture familiari e sociali. Vi esorto a riprendere su questi punti la riflessione che ho già affrontato al cospetto dei rappresentanti della comunità internazionale (cf. Giovanni Paolo II, Ai partecipanti alla conferenza internazionale sulla nutrizione, 5 dic. 1992: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 2 (1992) 816ss.; Ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 genn. 1993: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 1 (1993) 115ss.). Dovete in particolare contribuire affinché sia praticato chiaramente il discernimento sempre necessario perché l’azione umanitaria dei fedeli rimanga una testimonianza della carità di Cristo, sia mediante l’autenticità della motivazione sia mediante un aiuto disinteressato dato a ogni fratello e a ogni sorella in umanità senza escludere nessuno.

5. Al termine di questo incontro, vorrei ringraziarvi nuovamente per essere infaticabili ispiratori dell’azione caritatevole nella Chiesa, adempiendo ai diversi compiti della vostra missione. In particolar modo aiutate il Successore di Pietro a rispondere a numerosi appelli. Vi sono anche grato per il fatto di poter presiedere alle due Fondazioni che vi ho affidato: la Fondazione per il Sahel che aiuta le popolazioni a lottare contro la desertificazione, e la Fondazione “Populorum progressio”, che sostiene i gruppi autoctoni più svantaggiati in America Latina. Queste due Fondazioni che riuniscono apporti generosi, inviano dei segnali al mondo, mediante azioni concrete, sostanziali e concertate con le persone coinvolte, affinché non si dimentichi lo stato di miseria, spesso tragico, di importanti gruppi di nostri fratelli in umanità.

Al di là dell’azione del vostro Consiglio e di tutti gli organismi rappresentati nella vostra Assemblea, vorrei trasmettere la gratitudine della Chiesa agli uomini e alle donne che sanno rispondere concretamente, con umiltà e con generosità al precetto dell’amore fraterno. Penso in particolare ai poveri che non esitano ad apportare il loro obolo a coloro che sono ancora più poveri: mediante l’apertura del loro cuore e la condivisione dei loro beni, essi testimoniano la carità di Cristo che dovrebbe ispirare coloro che potrebbero fare di più perché la solidarietà superi tutte le frontiere.

Che la luce della Pasqua illumini la vostra fede, che Cristo risorto rafforzi la vostra speranza e accresca la vostra carità! Che la benedizione di Dio vi accompagni lungo le vie del mondo!

 

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