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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI E CONSIGLIERI
DELLA COMMISSIONE INTERDICASTERIALE PERMANENTE
PER UNA PIÙ EQUA DISTRIBUZIONE DEI SACERDOTI

Sala del Trono - Giovedì, 11 gennaio 1996 

 

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio!

1. Sono molto lieto di incontrarmi con voi, Membri e Consiglieri della Commissione Interdicasteriale permanente per una più equa distribuzione dei sacerdoti nel mondo, a conclusione della vostra seconda Assemblea plenaria. Saluto il Presidente, Card. Pio Laghi, che ringrazio per l’indirizzo che mi ha rivolto, e insieme saluto il Co-Presidente, Card. José Sanchez, e tutti i convenuti.

Desidero innanzitutto esprimervi la mia riconoscenza per la disponibilità e l’impegno che ponete in questo servizio, che sta molto a cuore a me e a tutta la Chiesa, specialmente nell’attuale momento storico, alle soglie del terzo millennio cristiano.

2. Nella Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente ho invitato la Chiesa universale a preparare il grande evento del Giubileo dell’Anno Duemila, auspicando che esso diventi occasione propizia di “rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani” (Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n. 42). Noi siamo grati a Dio per la diffusione del Vangelo, che ha ormai raggiunto ogni angolo della terra. Si è trattato di un’irradiazione straordinaria, che è riuscita a superare ostacoli e difficoltà di ogni tipo.

Tuttavia, le sfide che ci stanno davanti non sono poche né piccole. La sfida più impegnativa è costituita, ovviamente, dall’umanità a cui non è ancora giunto il messaggio cristiano. Negli ultimi decenni, infatti, l’espansione missionaria non è riuscita a stare al passo con l’espansione demografica ed è contrastata, specie in America Latina, dall’azione disgregatrice delle sette. Altre sfide sono presenti nei Paesi dell’Europa dell’Est, dove si fa sentire pesantemente l’azione demolitrice svolta per lunghi decenni dal comunismo ateo nei confronti dei valori cristiani. In Occidente, poi, la secolarizzazione ha portato spesso all’oblio nei confronti di Dio ed alla ricerca affannosa del solo benessere materiale.

3. La risposta a queste sfide deve venire dal concorde impegno di tutte le Chiese locali, che per loro natura sono missionarie e corresponsabili della crescita della fede in tutto il mondo. È perciò da respingere la tentazione particolaristica, che induce le singole Chiese a limitarsi ai problemi presenti entro i propri confini. Ciò avrebbe come conseguenza lo svilimento dell’apostolato missionario e l’impoverimento dello “scambio di doni” tra Chiese sorelle. Occorre riconoscere a questo riguardo che, di fronte alle numerose richieste di sacerdoti, sono poche le diocesi che hanno comunicato alla Commissione Interdicasteriale la loro disponibilità ad offrire un aiuto. So, peraltro, che molte hanno già stabilito rapporti diretti con Chiese sorelle, e tra queste non mancano anche le cosiddette Chiese “di missione”. Tuttavia, non possiamo dimenticare che la percentuale dei sacerdoti “fidei donum” supera di poco l’un per cento del totale. Pare legittimo pensare che, insieme, si possa fare di più e meglio!

In preparazione al grande Giubileo del Duemila, vorrei perciò lanciare un accorato appello ai Vescovi ed ai sacerdoti, ma anche ai religiosi, alle religiose ed alle Comunità cristiane di ogni Paese e Continente, perché si assumano, in spirito di profonda comunione e di viva sensibilità per la missione ricevuta da Dio, una maggiore responsabilità nell’opera di evangelizzazione.

4. I Vescovi, in quanto membri del Collegio Episcopale, “sono stati consacrati non soltanto per una Diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo” (Ad gentes, n. 38). La fedeltà a questa indicazione del Concilio esige che tutti noi, Vescovi della Chiesa Cattolica, sensibilizziamo le nostre Comunità e promuoviamo azioni concrete, affinché il Vangelo possa essere proclamato fino agli estremi confini della terra.

Nell’esortare tutti i Fratelli nell’Episcopato ad una fattiva generosità, vorrei rammentare quanto scriveva san Paolo ai Corinzi riguardo alle Chiese della Macedonia: “Nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità” (2 Cor 8, 2). Non dobbiamo dimenticare che la generosità, nella logica di Dio, è sorgente di fecondità! I sacerdoti e i religiosi, dal canto loro, abbiano cuore e mentalità missionari, siano aperti ai bisogni della Chiesa e del mondo. Nella preghiera e, in particolare, nel sacrificio eucaristico, sentano la sollecitudine della Chiesa per tutta l’umanità (cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio, n. 67). Se avranno profondamente radicato nel cuore questo atteggiamento spirituale, renderanno possibile la risposta “a quell’esigenza sempre più grave oggi nella Chiesa che nasce da una diseguale distribuzione del clero” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, n. 32). Quando c’è autentica disponibilità interiore, facilmente si trova il modo di tradurla in scelte concrete. L’avvenire della Chiesa nel terzo millennio dipenderà molto da questa disponibilità e dalle scelte che ne seguiranno.

5. La parola conclusiva di questo nostro incontro non può essere che l’invito ad incrementare ulteriormente la collaborazione tra tutte le Chiese e tutti i cristiani nell’opera di evangelizzazione. In un’epoca di grande dinamismo operativo, com’è la nostra, è più che mai necessario il coordinamento nella collaborazione. È questo il compito della Commissione di cui fate parte, che ho voluto istituire perché segnalasse le richieste e le disponibilità di clero delle Chiese particolari, sensibilizzasse le forze disponibili per intervenire dove c’è più bisogno, coordinasse il flusso dello “scambio dei doni” tra Chiese sorelle.

San Paolo, esortando i cristiani di Corinto ad essere generosi, diceva loro: “Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8, 9). Questo dovrebbe diventare lo stile di tutte le Chiese, in modo che, come sta scritto, “colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno” (2 Cor 8, 15).

Auspicando che il vostro impegno possa essere coronato da quella fioritura di generosità che tutti attendiamo e speriamo, vi imparto con affetto e riconoscenza l’Apostolica Benedizione.

 

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