PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 21 dicembre 1977
Maria e il Natale
Siamo al Natale. Accogliete, Figli carissimi, con gli auguri che un pio e gentile costume rende copiosi e cordiali sulle labbra e nel cuore di quanti avvertono essere questa festività specialissima e fonte quasi primaria di alti e nobili sentimenti nella conversazione sociale, un nostro voto particolare, conforme alla nostra missione religiosa, il voto che le ragioni di tali festose espressioni natalizie siano attinte dalla loro autentica e originaria sorgente, e cioè dal fatto, dal mistero, che il Natale commemora e ravviva, cioè dall’Incarnazione del Verbo di Dio. Il Figlio eterno di Dio, consustanziale al Padre, creatore dell’universo, si è fatto Uomo, è diventato come uno di noi, si è posto in somma umiltà, ma in effettiva realtà, al centro della umanità, alla confluenza delle profezie con la storia del mondo, per dare agli uomini un Vangelo, una fede e una salvezza ch’essi non potevano conquistarsi da sé, segnando così il centro del tempo e degli avvenimenti, il punto focale, il senso del cosmo. La nostra attenzione dev’essere somma dinanzi a questo disegno divino, che s’innesta nello svolgimento del divenire terreno ed umano, e che alla fine, dall’abito dell’umiltà e della povertà e del dolore da cui storicamente fu rivestito nei giorni della sua presenza sulla terra, irradierà come un sole che si accende, una sfolgorante maestà.
Sì, attenzione e avidità di conoscere, di avvicinare, di toccare quella divina presenza, che si chiamò Gesù (Cfr. Matth. 1, 20-23; Hebr. 1, l-4; 1 Io. 1, 1-4); ed eccoci allora condotti al luogo, alla scena della nascita di Gesù, al presepio, che mille e mille artisti e santi e devoti hanno cercato di rappresentare, sull’umile scorta evangelica, seguendo i passi frettolosi dei fortunati pastori, svegliati dagli Angeli; e lieti di trovare, come dice testualmente il Vangelo di S. Luca, «Maria e Giuseppe e il Bambino posto in un presepio» (Luc. 2, 16). Qui bisogna fare una sosta e contemplare. Contemplare che cosa? il prodigio della maternità di Maria: questa è la fonte!
Occorre raccogliere subito questa rivelazione. La rivelazione del Dio che si è fatto uomo; il mistero dell’Incarnazione: riecheggia nelle nostre menti il versetto fatidico del nostro «Credo»: «Egli per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e si incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine». Per arrivare a Gesù bisogna prima salutare Maria. Noi dobbiamo accogliere con esultanza e con venerazione questo mistero dell’Incarnazione. Dice il Concilio: «Questo divino mistero di salvezza ci è rivelato ed è continuato nella Chiesa che il Signore ha costituita quale suo Corpo e nella quale i fedeli, che aderiscono a Cristo Capo e sono in comunione con tutti i suoi Santi, devono pure venerare la memoria “innanzi tutto della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo”» (Lumen Gentium, 52). Maria è la «janua caeli », la porta del cielo; Ella è l’«alma Redemptoris socia» (AAS 66 (1974) 127).
Vi è chi ha cercato di accusare la Chiesa cattolica d’aver dato a Maria un’importanza eccessiva alla sua missione e al suo culto, non badando alla irriverenza così inferta al mistero dell’Incarnazione, e all’abbandono così ammesso dall’economia storica e teologica di questo fondamentale mistero. Il culto, che la Chiesa tributa a Maria, non pregiudica la totalità e l’esclusività dell’adorazione, che solo a Dio e a Cristo in quanto Figlio consustanziale col Padre è dovuta, ma piuttosto ad essa ci guida e ce ne garantisce l’accesso, perché tale culto risale la via che Cristo ha percorso in discesa per farsi uomo.
Noi abbiamo già esposto alcune considerazioni nella nostra Esortazione Apostolica, dal titolo «Marialis Cultus» (PAULI PP. VI Marialis Cultus: AAS 66 (1974) 113 ss.); e vorremmo che la vostra devozione alla Madonna e la vostra premura di accostarvi degnamente al Natale vi ricercassero pensieri e sentimenti precisamente per predisporre gli animi a celebrare il mistero del Natale con il gaudio di Maria nel cuore. Con la nostra Benedizione Apostolica (Cfr. HENRI DE LUBAC, Méditution sur l’Eglise, le chapirre «L’Eglise et la Vierge Marie», p. 241 ss.).
Al «Gruppo Servizio Anziani»
Guardiamo con particolare sentimento di letizia al «Gruppo Servizio Anziani», che, nell’ambito dell’Opera Diocesana di Assistenza di Roma, si dedica a favore appunto degli anziani, che vediamo qui in cospicuo numero, guidati dal Vescovo Ausiliare, Monsignor Plinio Pascoli. A questi va anzitutto il nostro specialissimo saluto. A voi, figli carissimi, che avete maturato le esperienze, molteplici e varie, della vita, va l’invito a ringraziare Dio per gli anni che vi ha concesso; a voi, altresì, il nostro incoraggiamento a mantenere intatta la fiducia nell’avvenire vostro personale come della società, di cui siete parte preziosa; a voi il nostro augurio, che vi rivolgiamo nell’imminenza del Natale, festività tanto cara che ci fa volgere occhi, cuore ed anima al santo Bambino della grotta di Betlemme. Sorretti dalla fede, date a quanti vi sono intorno il frutto della vostra saggezza, per sentirvi ed essere realmente anche voi artefici di un mondo migliore.
Ai responsabili, poi, del Gruppo ed a quanti altri collaborano, in questa nostra diocesi di Roma, per aiutare da vicino i fratelli più avanti negli anni, esprimiamo il nostro ringraziamento, avvalorato dalla Benedizione Apostolica.
Al «Centro San Domenico Savio» di Arese
Abbiamo un saluto tutto particolare per il numeroso gruppo A di ragazzi appartenenti al «Centro San Domenico Savio» di Arese (Milano).
Carissimi, forse sapete che noi conosciamo bene la vostra Casa, essendo stati più volte ad Arese, e abbiamo potuto incontrare i giovani colà ospitati, partecipando da vicino ai loro problemi e alle loro storie personali. Di una cosa dovete essere sicuri: il Papa vi vuole bene, prega per voi e augura cordialmente a tutti nel nome del Signore una buona maturazione umana e un’ottima riuscita nel vostro futuro.
Siamo lieti di confermare questi voti con la nostra paterna Benedizione Apostolica, che volentieri concediamo a voi, ai vostri Cari e ai vostri benemeriti educatori Salesiani.
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