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mangia il più debole. Come conseguenza di que-
sta situazione, grandi masse di popolazione si ve-
dono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza
prospettive, senza vie di uscita. Si considera lâes-
sere umano in se stesso come un bene di consu-
mo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato
inizio alla cultura dello âscartoâ che, addirittura,
viene promossa. Non si tratta più semplicemente
del fenomeno dello sfruttamento e dellâoppres-
sione, ma di qualcosa di nuovo: con lâesclusione
resta colpita, nella sua stessa radice, lâappartenen-
za alla società in cui si vive, dal momento che in
essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o
senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non
sono âsfruttatiâ ma rifiuti, âavanziâ.
54.âIn questo contesto, alcuni ancora difendono
le teorie della âricaduta favorevoleâ, che presup-
pongono che ogni crescita economica, favorita
dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una
maggiore equità e inclusione sociale nel mondo.
Questa opinione, che non è mai stata confermata
dai fatti, esprime una fiducia grossolana e inge-
nua nella bontà di coloro che detengono il po-
tere economico e nei meccanismi sacralizzati del
sistema economico imperante. Nel frattempo, gli
esclusi continuano ad aspettare. Per poter soste-
nere uno stile di vita che esclude gli altri, o per
potersi entusiasmare con questo ideale egoistico,
si è sviluppata una globalizzazione dellâindiffe-
renza. Quasi senza accorgercene, diventiamo in-
capaci di provare compassione dinanzi al grido
di dolore degli altri, non piangiamo più davan-