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PRESENTAZIONE DEL NUOVO REGOLAMENTO
DELLA PREFETTURA DEGLI AFFARI ECONOMICI DELLA SANTA SEDE

DISCORSO DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Martedì, 18 dicembre 2012

 

Signori Cardinali,
cari Fratelli nell’episcopato e nel presbiterato,
illustri Signori e Signore,

ho accolto volentieri l’invito del caro Cardinale Giuseppe Versaldi e sono lieto di prendere parte a questo incontro di presentazione del nuovo Regolamento della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare dai Superiori e dagli Officiali di questo Ufficio della Curia Romana; estendo il mio cordiale saluto ai rappresentanti delle varie Amministrazioni della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, ringraziandoli per la loro significativa presenza. A ciascuno porto il saluto e la Benedizione del Santo Padre Benedetto XVI, e a nome suo vi ringrazio per la competenza e la sollecitudine con cui vi dedicate al vostro lavoro, animati dal desiderio di servire la Chiesa e il Papa.

Le finalità e l’opera della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede vanno viste e inquadrate nell’ampio contesto della funzione che i beni temporali hanno nella missione della Chiesa. Per quanto in forme diverse e con incidenze di varia rilevanza giuridica e sociale, la Chiesa nel corso dei secoli ha costantemente rivendicato la propria libertà e autonomia patrimoniale, in ordine al perseguimento dei propri fini istituzionali. Il vigente Codice di Diritto Canonico, riprendendo un principio già codificato nel Codice del 1917, ribadisce la potestà della Chiesa cattolica di acquistare, possedere, alienare ed amministrare beni temporali, come diritto nativo, cioè originario, conseguente alla sua realtà istituzionale e perciò indipendente dal potere civile dei vari Stati nei quali essa è presente e opera (cfr can. 1254 § 1). La validità di tale principio è peraltro consona alla moderna concezione della sovranità dello Stato di diritto, che ammette la tutela costituzionale dei diritti economici delle formazioni sociali che operano quali ordinamenti intermedi all’interno dello Stato stesso.

Si può parlare di libertà e autonomia patrimoniali della Chiesa, perché essa si ritiene legittimata a realizzare la propria autosufficienza economica ed a compiere tutti gli atti e negozi giuridici relativi all’acquisto, al possesso, all’amministrazione e all’alienazione dei beni temporali afferenti alla sue attività istituzionali. La Chiesa si è però sempre preoccupata di considerare la mera strumentalità dei beni temporali in rapporto allo svolgimento della propria missione, precisando i fini istituzionali che rendono lecito l’acquisto, il possesso, l’alienazione e l’amministrazione dei beni temporali, e cioè il culto divino, le opere di apostolato e di carità, l’onesto sostentamento del clero e degli altri ministri (can. 1254 § 2). E’ da notare che la Chiesa, in quanto tale, non possiede beni: essa li possiede per il tramite degli enti che la compongono, cioè le persone giuridiche. Concretamente, infatti, il diritto patrimoniale della Chiesa si esplica, sia pure attraverso differenti modalità, tramite la Sede Apostolica e le altre persone giuridiche pubbliche o private, secondo le funzioni che rispettivamente hanno nell’ordinamento gerarchico ecclesiale.

All’interno della Curia Romana vi è un Ufficio, la Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, che, tra le altre, ha anche la funzione di indirizzo economico nei confronti di tutte le Amministrazioni della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, qualunque sia l’autonomia di cui esse godano. Questo organismo fu voluto da Paolo VI all’interno del piano di riforma della Curia Romana con compiti di conoscenza, controllo, vigilanza e coordinamento di «tutti gli investimenti e le operazioni economiche più importanti della Santa Sede … così che ogni affare si sviluppi ordinatamente verso il suo scopo» (Regimini Ecclesiae universae, 120, 3°).

Com’è noto, l’esigenza di avere una conoscenza ed un controllo di tutte le attività economiche legate al patrimonio della Santa Sede e alla sua gestione si era fatta sentire nel Concilio Vaticano II e si era poi accentuata con il manifestarsi di crescenti deficit nei bilanci vaticani. Con la Costituzione Pastor Bonus del Beato Giovanni Paolo II (1988) si specificano ancor meglio i compiti della medesima Prefettura (artt.176-179) confermando che «Praefecturae munus competit moderandi et gubernandi bonorum administrationes, quae a Sancta Sede pendent vel quibus ipsa praeest, quaecumque est autonomia qua forte gaudeant» (art. 176). La traduzione italiana ha però riduttivamente reso con «Spetta alla Prefettura la vigilanza ed il controllo sulle Amministrazioni…». Ne è scaturita una prassi che, secondo alcuni autorevoli pareri, avrebbe ridotto la Prefettura «a una sorta di ragioneria centrale della Santa Sede … offuscandone il compito di programmazione e coordinamento economico generale» (V. De Paolis, I beni temporali della Chiesa, EDB, Bologna 2011, p. 220).

Con il nuovo Regolamento, promulgato il 22 febbraio 2012, si ritorna allo spirito originario. L’art. 1 stabilisce di fatto che «la Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede è il Dicastero preposto all’indirizzo e alla programmazione economica, come pure alla vigilanza e al controllo delle Amministrazioni della Santa Sede o che ad essa fanno capo, quale che sia l’autonomia di cui esse godano». La Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede si pone pertanto in una posizione di terzietà nel rapporto tra le suddette Amministrazioni (che già possiedono i loro organi interni di controllo) e la Segreteria di Stato, che riferisce direttamente al Sommo Pontefice. Per svolgere questo suo compito istituzionale la Prefettura deve però poter agire con autorevolezza secondo criteri di metodo e di merito che permettano sia di avere un quadro completo e veritiero delle attività economiche di tutte le Amministrazioni ad essa soggette, sia di poter vedere osservate dalle stesse le linee guida di indirizzo e programmazione concordate preventivamente con la Segreteria di Stato. La necessaria trasparenza delle attività economiche e finanziarie della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano esige un impegno sempre più incisivo e congiunto di correttezza da parte delle singole Amministrazioni nella gestione del patrimonio e delle attività economiche con puntuale richiesta delle necessarie autorizzazioni e fedele trasmissione dei dati contabili agli Organi superiori. Ciò è diventato ancora più necessario anche di fronte all’impegno della Santa Sede di ottemperare alle norme internazionali di controllo finanziario che gradualmente si stanno adempiendo, come è stato pubblicamente riconosciuto a livello europeo.

Mi preme sottolineare altresì che, specialmente nelle attuali circostanze storiche, anche la Santa Sede, pur nella diversità della sua natura e finalità nella gestione dei beni temporali per i fini spirituali, non può che procedere ad una riduzione graduale, ma effettiva dei costi a fronte di una perdurante impossibilità di aumentare i ricavi, almeno in proporzione ai disavanzi che ultimamente si stanno registrando nei consuntivi consolidati.

In conclusione, formulo il fervido auspicio che questo incontro possa essere una preziosa occasione per porre ancor più in evidenza l’imprescindibile ruolo istituzionale che la Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede riveste, in stretta armonia con la Suprema Autorità, rappresentata dalla Segreteria di Stato. In pari tempo, auspico che questa giornata di studio e di confronto favorisca una concreta ed efficace collaborazione tra la Prefettura e le Amministrazioni ad essa soggette, per individuare in un clima di cordialità, di dialogo e di reciproca fiducia quei provvedimenti di rinnovamento e di riforma che risulteranno necessari, al fine di rendere un servizio sempre più adeguato al Successore di Pietro. E’ quanto mai necessario che si accresca in tutti la consapevolezza di dover sostenere non solo la missione della Chiesa e della Santa Sede, ma anche la sua credibilità. Questo sarà possibile anche grazie all’opera delle varie Amministrazioni della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, chiamate ad operare affinché ogni patrimonio, ogni scambio economico, ogni investimento, ogni attività amministrativa abbia come riferimento ultimo il Signore e il suo Regno, con fervido spirito di carità e di condivisione, di lungimirante attenzione alla salvaguardia e all’incremento dei beni pervenuti alla Chiesa per la sua alta missione spirituale in favore del Vangelo e della salvezza delle anime, la quale deve sempre essere la «suprema lex» (can. 1752).

 

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