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LEONE XIII

EPISTOLA

SAEPENUMERO CONSIDERANTES

 

Ai Nostri diletti Figli Cardinali di Santa Romana Chiesa Antonino De Luca, Vice Cancelliere di Santa Romana Chiesa; Giovanni Battista Pitra, Bibliotecario di Santa Romana Chiesa; Giuseppe Hergenroether, Prefetto degli Archivi Vaticani.

Il Papa Leone XIII. Diletti Figli Nostri, salute e Apostolica Benedizione.

Abbiamo analizzato sovente quali tecniche impieghino più spesso coloro che vogliono rendere la Chiesa ed il Pontificato romano oggetti di sospetto e d’invidia, ed abbiamo riscontrato che frequentemente i tentativi di costoro si sono rivolti con grande violenza ed astuzia contro la storia della cristianità e specialmente verso quella parte che riguarda le azioni dei Pontefici romani più strettamente collegate alle vicende italiche. Diversi Vescovi che registrarono le stesse Nostre ansie si dissero preoccupati non soltanto dal pensiero dei mali che da ciò erano già derivati, ma anche dal timore del futuro. Infatti, coloro che danno spazio all’odio per il Pontificato romano più che alla verità dei fatti agiscono in modo ingiusto, e contemporaneamente pericoloso, con ciò mirando palesemente a far sì che la memoria dei tempi precedenti, imbellettata con falso colore, sia asservita al nuovo potere in Italia. Poiché a Noi compete di tener lontani dall’offesa non soltanto i residui diritti della Chiesa, ma la stessa sua dignità ed il decoro della Sede Apostolica: volendo che finalmente la verità trionfi e che gli italiani sappiano donde in passato hanno ricevuto i massimi benefìci e da dove debbano sperarli per il futuro, abbiamo deliberato di trasmetterVi, diletti Figli Nostri, le Nostre decisioni in questa materia tanto rilevante, e di affidarle alla vostra saggezza perché vengano realizzate.

I non travisati ricordi dei fatti, se analizzati con animo tranquillo e senza opinioni pregiudiziali, di per se stessi difendono, spontaneamente e magnificamente, la Chiesa ed il Pontificato. Infatti in essi è possibile scorgere una grandezza ed una natura sorella delle istituzioni cristiane: fra gli ardui combattimenti e le egregie vittorie si vedono la forza divina e la virtù della Chiesa; attraverso la prova certa dei fatti appaiono con evidenza i grandi benefìci arrecati dai Pontefici massimi a tutti i popoli; benefìci ancor più grandi per quelle genti nel cui seno la provvidenza di Dio collocò la Sede Apostolica.

Perciò, coloro che hanno tentato, con ogni possibile ragionamento e sforzo, di perseguitare il Pontificato stesso avevano in animo anche di non risparmiare affatto le testimonianze storiche di eventi tanto importanti. In effetti si sono avventati ad attentarne l’integrità con tanta pervicacia ed astuzia, che quelle stesse armi che avrebbero potuto essere ottimamente adoperate per respingere le ingiurie sono state utilizzate per provocarne.

Questo genere di persecuzione fu praticato prima degli altri, tre secoli fa, dai Centuriatori di Magdeburgo; costoro, non essendo riusciti, come autori e promotori di nuove tesi, ad espugnare le difese della dottrina cattolica, costrinsero la Chiesa alle dispute storiche, come in un nuovo combattimento. Quasi tutte le scuole che si erano ribellate all’antica dottrina seguirono l’esempio dei Centuriatori, e a tale indirizzo si conformarono – il che è di gran lunga più miserevole – alcuni di religione cattolica e di nazionalità italiana.

Con lo scopo che abbiamo precedentemente indicato, furono analizzati anche i più piccoli elementi del passato: i recessi degli archivi quasi controllati uno per uno; tirate fuori storie senza fondamento; invenzioni cento volte confutate e cento volte ripetute. I lineamenti principali della storia furono rimossi od interpretati astutamente in modo riduttivo; con la reticenza furono facilmente accantonati eventi gloriosi e giustamente memorabili, mentre gli animi si volgevano aspramente a sottolineare e ad esagerare un eventuale gesto imprudente o meno che corretto; per guardarsi da tutte le azioni di questo genere chiunque avrebbe più difficoltà di quanto la natura degli uomini sia in grado di reggere. È risultato addirittura lecito scrutare, con sfacciata acutezza, i riposti segreti della vita familiare, per carpire e diffondere quelli che sembravano più facilmente motivo di spettacolo e ludibrio per la moltitudine, sempre pronta alla denigrazione.

Fra i Pontefici Massimi, coloro la cui virtù rifulse furono stigmatizzati e condannati come cupidi, superbi e dispotici; a coloro ai quali non si poté sottrarre la gloria della gesta vennero contestate le decisioni; mille volte fu ripetuta la stolta tesi che la Chiesa avesse agito male nello sviluppo mentale e umano delle genti. Una crudelissima rete di maldicenze e di false accuse fu tessuta specificamente contro il potere temporale dei romani Pontefici, istituito, non senza disegno divino, per difenderne la libertà e la maestà, ed esso stesso basato su ottimi fondamenti giuridici e memorabile per innumerevoli benemerenze.

A queste macchinazioni anche oggi si è dato fiato, tanto che, se non nel passato, di sicuro adesso si può asserire fondatamente che la scienza storica sembra essere una congiura degli uomini contro la verità. Infatti, rinnovate di fronte a tutti quelle precedenti false accuse, vediamo che la menzogna si snoda audacemente fra i ponderosi volumi e negli agili libri, fra i fogli volanti dei giornali e nei seducenti apparati dei teatri. Troppi vogliono che il ricordo stesso degli avvenimenti passati sia complice delle loro offese.

Un recente esempio viene dalla Sicilia, dove – cogliendo l’occasione di un cruento anniversario – furono scagliate contro il nome dei Nostri Predecessori numerose ingiurie, scritte anche su monumenti duraturi, con selvaggia enormità di parole. Lo stesso accadde poco dopo, quando vennero attribuiti pubblici onori a quel tale di Brescia che l’intelligenza sediziosa e l’animo avverso alla Sede Apostolica resero famoso presso i posteri. Allora si ricominciò ad eccitare l’ira popolare e a lanciare contro i Pontefici Massimi vampe ardenti d’ingiurie. Se poi si trattò di commemorare avvenimenti che tornavano totalmente ad onore della Chiesa e nei quali la manifesta luce della verità avrebbe spuntato tutti gli aculei delle calunnie, ci s’impegnò a ridurre e dissimulare, affinché i Pontefici ne ritraessero la minore lode ed il minore merito possibili.

Ancora più grave è che questa abitudine di trattare la storia ha invaso persino le scuole. Troppo spesso infatti ai bambini vengono presentati libri di testo intrisi di falsità; una volta assuefatti ad esse, soprattutto con l’aiuto della malvagità o della superficialità dei docenti, gli scolari facilmente s’imbevono di fastidio per il venerando passato e d’indecoroso disprezzo per quanto c’è di più sacro: cose e persone. Superate le prime classi scolastiche, facilmente corrono rischi anche maggiori. Infatti, nell’insegnamento superiore si procede dalla narrazione degli eventi alle cause dei fatti; dopo le cause, la costruzione di leggi si basa su valutazioni arbitrariamente elaborate, molto spesso apertamente in disaccordo con la dottrina rivelata da Dio, con l’unica motivazione di dissimulare e nascondere come e quanto le istituzioni cristiane abbiano potuto beneficamente agire nel corso delle vicende umane e nel susseguirsi degli avvenimenti. Questo trova spazio tra i tanti che non si preoccupano di essere incoerenti, di avanzare affermazioni contraddittorie, di avvolgere in tenebre sempre più fitte quella che viene chiamata “filosofia della storia”. Insomma, per non soffermarci sui singoli episodi, essi rigirano ogni motivazione delle vicende storiche in modo da rendere oggetto di sospetto la Chiesa, invisi i Pontefici, e, soprattutto, da persuadere la gente che il potere temporale dei Pontefici romani danneggia l’integrità e la grandezza della nazione italiana.

Nulla si può dire di più disgustosamente lontano dalla verità, tanto che risulta stupefacente che accuse di questo genere, cui si oppongono con forza numerose testimonianze, abbiano potuto essere giudicate fondate da molti.

Di certo la storia ha già affidato all’eterna memoria dei posteri i grandissimi meriti che il Pontificato romano ha verso l’Europa ed in particolare verso l’Italia; la quale ricevette, prima fra tutti, com’era prevedibile, i più numerosi vantaggi e benefìci dalla Sede Apostolica. Fra questi va ricordato innanzitutto che gli italiani hanno potuto mantenere intatta da dissidi la concordia in materia religiosa: un bene grandissimo per i popoli che se ne giovano e che se ne avvalgono come solidissimo presidio per la prosperità pubblica e familiare.

Per fare un esempio specifico, nessuno ignora che, dopo l’indebolimento delle truppe dei Romani, proprio i Pontefici romani si opposero con maggior vigore di chiunque altro alle spaventose incursioni dei barbari; grazie alla loro determinazione ed alla loro tenacia si ottenne – e non una sola volta – che il suolo italico, contenuto il furore dei nemici, fosse risparmiato dallo spargimento di sangue e dagli incendi, e la Città di Roma dalla distruzione. Nel tormentato periodo in cui gli Imperatori d’Oriente avevano rivolto altrove tutte le loro attenzioni e preoccupazioni, fra tanta solitudine e miseria l’Italia trovò sempre tutela esclusivamente presso i Pontefici romani. La cui dimostrata carità in quelle calamità contribuì grandemente, insieme ad altri fattori, a costituirne il principato civile. Del quale è riconoscimento comune che sia sempre stato attento alla massima utilità generale. Infatti, poiché la Sede Apostolica volle favorire ogni retto studio sociale, estendere l’efficacia della propria virtù anche alla materia civile ed abbracciare strettamente i temi di maggiore rilevanza nelle comunità, di questo essa va ringraziata non poco, perché il principato civile offrì la libertà e le necessarie opportunità nell’incalzare di tante vicende. Quando il senso del dovere spinse i Nostri Predecessori a difendere dalla cupidigia dei nemici i diritti del loro dominio, non è forse vero che, proprio in questo modo, ripetutamente evitarono a gran parte d’Italia d’essere dominata da genti straniere? Qualcosa di simile è accaduto di recente ed è ben presente nella memoria, allorché la Sede Apostolica non si arrese alle armi vittoriose del massimo imperatore, e chiese ai regni alleati che le fossero restituiti tutti i diritti del principato. Né fu meno vantaggioso per gli italiani il fatto che sovente i Pontefici romani si opposero apertamente alle inique volontà dei principi, e che, stretta un’alleanza con le forze associate d’Europa, sostennero con estrema forza i violentissimi attacchi dei Turchi, che s’avvicinavano con assalti sanguinosi. Due battaglie decisive, una nel territorio milanese (Legnano) e l’altra vicino alle isole Curzolari (Lepanto), grazie alle quali furono sgominati i nemici d’Italia e della cristianità, furono sollecitate e combattute per l’impegno e sotto gli auspici della Sede Apostolica. Forza e gloria navale per gli italiani sono derivate dalle spedizioni Palestinesi (le Crociate), avviate per volontà dei Pontefici; le repubbliche popolari (i Comuni) hanno tratto leggi, vita e stabilità dalla saggezza dei Pontefici. La straordinaria fama dell’Italia negli studi liberali e nelle arti va in gran parte ascritta a merito della Sede Apostolica. La letteratura dei Romani e dei Greci si sarebbe perduta se i Pontefici e gli uomini di Chiesa non avessero raccolto, come dopo un naufragio, le reliquie di così grandi opere. Ciò che è stato realizzato nell’Urbe parla più alto di ogni cosa: gli antichi monumenti conservati con grande spesa; i nuovi costruiti ed ornati con le opere dei maggiori artisti; i musei e le biblioteche che sono stati fondati; le scuole aperte per formare gli adolescenti; le illustri università istituite. Per questi motivi Roma è giunta a tal punto di fama da esser considerata nell’opinione comune come la madre delle massime arti.

Mentre tanta luce s’irradia da queste e da molte altre realizzazioni, a nessuno sfugge che definire nocivo all’Italia il Pontificato in sé o il principato temporale dei Pontefici significa inequivocabilmente voler mentire su una materia più che evidente. Pessimo proposito è ingannare scientemente e rendere la storia un veleno micidiale: tanto più riprovevole in uomini cattolici e per di più nati in Italia; la gratitudine del loro animo, il rispetto per la propria religione e la carità di patria dovrebbero spingerli più di altri non solo a studiare la verità ma anche a farsene paladini. Mentre molti tra gli stessi Protestanti, con acutezza d’ingegno ed equità di giudizio, hanno abbandonato numerose convinzioni e, spinti dalla forza della verità, non hanno esitato a lodare il Pontificato romano come portatore di civiltà e di grandissimi vantaggi agli Stati, è indegno che molti fra i connazionali continuino ad affermare il contrario. Coloro che nelle discipline storiche amano soprattutto quel che viene dall’estero, seguendo ed elogiando soprattutto gli scrittori stranieri più feroci contro le istituzioni cattoliche, giudicano disprezzabili quelli, fra i nostri, che nello scrivere di storia non hanno voluto disgiungere la carità di patria dall’ossequio e dall’amore per la Sede Apostolica.

Intanto a mala pena ci si rende conto di quanto sia perniciosa per la storia la cortigianeria di chi serve gli studi di parte e le diverse cupidigie degli uomini. Finirà che la storia non sarà né maestra di vita né luce di verità, come gli antichi a buon diritto dissero che avrebbe dovuto essere, ma adulatrice di vizi e promotrice di corruzione; ciò soprattutto a danno dei giovani, cui questa follia riempirà le menti di pregiudizi distogliendone gli animi dall’onestà e dalla modestia. La storia infatti colpisce con grandi allettamenti le appassionate e vivaci menti dei giovani; soprattutto gli adolescenti abbracciano con trasporto e mantengono impressa per moltissimo tempo nell’animo l’immagine loro offerta del passato ed i ritratti di quei personaggi che la narrazione pone loro davanti come se fossero vivi. Così, assorbito fin dai primi anni il veleno, sarà praticamente inutile cercare poi un rimedio. Non è infatti speranza credibile che in futuro, grazie all’età, diventeranno più saggi, disimparando ciò che in principio avevano appreso: poiché pochi si dedicano a studiare analiticamente la storia con approfondita motivazione, e nell’età più matura si verificheranno forse più occasioni, nella vita quotidiana, di confermare gli errori, anziché correggerli.

Perciò è importantissimo contrapporsi ad un così grande e presente pericolo, ed adoperarsi con impegno affinché le discipline storiche, tanto nobili, non si trasformino in una fonte di grandi mali pubblici e privati. Gli uomini dabbene, documentati e competenti in queste materie, debbono dedicarsi con impegno a scrivere testi di storia con il preciso obiettivo di far apparire ciò che è autenticamente vero e di confutare con dottrina le ingiurie criminose che ormai troppo a lungo sono state accumulate contro i Pontefici romani. Alla scarna narrazione si oppongano la fatica dell’indagine e la riflessione; alla temerarietà delle affermazioni la prudenza del giudizio; alla leggerezza dei pregiudizi, l’approfondita cernita degli avvenimenti. Con ogni sforzo vanno rinnegate tutte le falsità e le invenzioni, attenendosi alle fonti degli avvenimenti; nella mente di chi scrive sia ben presente in ogni momento che “la prima regola della storia è non osare affermare nulla di falso, né tacere qualcosa di vero; perché nello scrivere non ci siano sospetti di partigianeria o di avversione”.

È inoltre necessaria la compilazione di commentari ad uso delle scuole, che possano descrivere e valorizzare la storia rispettando al verità e senza alcun pericolo per gli adolescenti. Per questo motivo, una volta compiute le opere di maggiore mole considerate più affidabili per la fondatezza della documentazione, non resterà che stralciarne gli argomenti principali e trascriverli con chiarezza e brevità; un obiettivo tutt’altro che difficile, ma che darà grandi frutti, e perciò più che meritevole dell’impegno degli ingegni migliori.

Questa non è certo palestra inesplorata e nuova; essa è anzi segnata da non poche vestigia di uomini eccellenti, giacché proprio la Chiesa coltivò con dedizione fin dall’inizio gli studi storici, che nella valutazione degli antichi erano più prossimi alle materie sacre che a quelle profane. Pur attraverso le sanguinose procelle che si abbatterono da principio contro la cristianità, moltissimi documenti e testimonianze furono conservati intatti. Così, quando spuntarono tempi più sereni, cominciò a svilupparsi nella Chiesa lo studio della storia. L’Oriente e l’Occidente videro in questa materia i dotti lavori di Eusebio Panfilio, Teodoreto, Socrate, Sozomeno e altri. Dopo il tramonto dell’impero romano, alla storia accadde come alle altre nobili discipline; non trovarono altro rifugio che nei monasteri e non ebbero praticamente altri cultori se non i religiosi. Tanto che se i monaci dei conventi non si fossero preoccupati di scrivere regolarmente gli annali, per un lungo lasso di tempo non avremmo avuto quasi nessuna notizia di quel che accadeva nelle città. Fra i più vicini a noi è sufficiente ricordare i due studiosi che nessuno ha superato: il Baronio e il Muratori. Il primo sommò rettitudine d’ingegno e sottigliezza di giudizio ad un’incredibile erudizione, il secondo, sebbene nei suoi scritti “si trovino anche molti passi censurabili”[1] , tuttavia illustrò le vicende della storia italica con tanta ricchezza di documenti come nessun altro mai. Oltre a questi, si potrebbero ricordare facilmente molti altri studiosi noti e famosi, fra i quali mi fa piacere citare Angelo Mai, lustro e decoro del vostro nobilissimo Collegio.

Proprio Agostino, grande dottore della Chiesa, primo fra tutti delineò ed elaborò la filosofia della storia. Fra quanti sono venuti dopo, coloro che hanno fatto riferimento allo stesso Agostino come maestro e guida e si sono formati accuratamente sui suoi scritti e sulle sue meditazioni, hanno ottenuto risultati degni di menzione in questo settore. L’errore ha invece più e più volte distolto dal vero coloro che si sono allontanati dalle orme di un così grande uomo, perché nell’analizzare i percorsi e le vicende degli Stati non compresero le autentiche cause che regolano gli eventi umani.

Dato che la Chiesa nell’opinione generale ha sempre acquisito meriti nei confronti delle discipline storiche, altri se ne conquisti anche ora: soprattutto perché a questa lode è spinta dalla esigenza stessa dei tempi. Infatti, quando gli attacchi nemici continuano a giungere, come abbiamo detto, soprattutto dalla storia, conviene che la Chiesa li affronti con armi adeguate e si attrezzi con maggior impegno a rintuzzare gli assalti proprio dove essi sono più violenti.

Con questo spirito in altro momento abbiamo deliberato che il Nostro Archivio fosse il più possibile di supporto alla religione ed al progresso della scienza. Oggi allo stesso modo disponiamo che dalla Nostra Biblioteca Vaticana si traggano gli strumenti per arricchire gli scritti di storia di cui abbiamo parlato. Non abbiamo alcun dubbio, diletti Figli Nostri, che l’autorevolezza del vostro ruolo e la stima per i vostri meriti indurranno facilmente personaggi dotti, esperti nello scrivere volumi di storia, ad unirsi a voi; a ciascuno di essi, secondo le sue competenze, potrete correttamente affidare un incaricato, in base a criteri precisi deliberati dalla Nostra autorità. Ordiniamo che tutti coloro che insieme con voi s’impegneranno in questo lavoro, lo facciano con buone e nobili intenzioni, e confidino nella Nostra particolare benevolenza. Questa risoluzione, per la quale nutriamo la speranza di ottimi frutti, è meritevole del Nostro impegno e del Nostro patrocinio. Infatti è necessario che la tesi arbitraria ceda di fronte alla documentazione solidamente argomentata: i tentativi, lungamente reiterati, contro la verità, saranno superati e resi nulli dalla verità stessa, che talora può essere oscurata, ma che non può essere soppressa.

Speriamo dunque che quante più persone possibili siano stimolate dal desiderio d’indagare il vero e di conseguenza ricorrano e documenti validi. Tutta la storia, infatti, per così dire proclama che è Dio colui che provvidenzialmente regge i molteplici perpetui molti di tutte le cose mortali, che Egli, anche contro il volere degli uomini, dirige a vantaggio della sua Chiesa. Tant’è vero che il Pontificato romano è sempre uscito vittorioso dalle lotte e dalle persecuzioni, e i suoi oppositori, perduta la speranza, hanno costruito da soli la loro rovina. Con altrettanta chiarezza la storia testimonia quale sia stato fin dall’origine il disegno divino per la città di Roma: che fornisse in perpetuo sede e domicilio ai successori del beato Pietro, perché da questo centro governassero tutta la cristianità, senza essere sottoposti al potere di alcuno. Nessuno ha osato opporsi a questo disegno della divina provvidenza senza accorgersi, prima o poi, di aver intrapreso una fatica inutile.

Tali sono i fatti, evidenti come se fossero collocati su un radioso monumento e confermati dalla testimonianza di diciannove secoli. Né c’è da ritenere che gli accadimenti futuri saranno diversi. Ora, in effetti, prevalgono le sette di uomini nemici di Dio e della sua Chiesa, che ordiscono ogni ostilità contro il Pontefice romano, dopo avergli portato la guerra fin dentro casa. In questo modo cercano di debilitarne le forze e di ridurre il sacro potere dei Pontefici romani; addirittura, se fosse possibile, di distruggere lo stesso Pontificato. Quel che è stato compiuto dopo l’espugnazione dell’Urbe e tutto ciò che ancor oggi viene commesso non lasciano dubbi su ciò che avessero in animo coloro che si offrirono come architetti e condottieri del nuovo. A costoro si unirono, forse non con lo stesso animo, coloro che furono presi dall’incredibile desiderio di fondare e far grande la nazione. Così crebbe il numero di coloro che erano in lotta con la Sede Apostolica ed il Pontefice romano fu miserevolmente ridotto in quella condizione che i cattolici concordemente deplorano. A costoro, per la verità, non capiterà certo nulla di meglio di quel che accadde a quanti, in precedenza, ebbero analoghi obiettivi e pari audacia. Per gli Italiani, questo veemente combattimento contro la Sede Apostolica, intrapreso in modo offensivo e sconsiderato, è fonte di gravi danni pubblici e privati. Per alienare gli animi della moltitudine, si è detto persino che il Pontificato è ostile agli interessi italiani; ma proprio quel che abbiamo ricordato prima confuta a sufficienza questa iniqua e stolta accusa. Esso, come è universalmente noto per il passato, anche in futuro sarà sempre fonte di prosperità e vantaggio per il popolo italiano, proprio perché questa è la sua costante ed immutabile natura: compiere il bene e giovare ovunque. Perciò non è una buona decisione, da parte di coloro che governano, staccare l’Italia da questa grandissima fonte di benefìci; né è degno degli italiani far causa comune con coloro che hanno come unico obiettivo la rovina della Chiesa. E non è né utile né prudente mettersi in guerra con un potere della cui eternità Dio è garante e la storia testimone; che è riverito da tutto il mondo cattolico, il quale si preoccupa di difenderlo con ogni mezzo; che inevitabilmente gli stessi reggitori degli Stati riconoscono e sostengono, soprattutto in questi tempi affannosi, nei quali sembrano vacillare i fondamenti stessi su cui si basa la società umana.

Se tutti coloro che sono animati da vera carità di patria si rendessero conto del vero, dovrebbero impegnarsi al massimo per rimuovere le cause di questo funesto dissidio e rendere la dovuta ragione alla Chiesa cattolica, che avanza richieste assolutamente fondate e rivendica i propri diritti.

Del resto, nulla desideriamo di più se non imprimere profondamente nell’animo degli uomini tutto quel che già abbiamo ricordato e che è già affidato alla memoria dei documenti. Sarà vostro compito, diletti Figli Nostri, dedicare a questo scopo quanta più solerzia e quanto più impegno potete. Affinché la fatica vostra e di coloro che vi aiuteranno produca i maggiori frutti, con sommo affetto nel Signore impartiamo a voi e a tutti loro la benedizione Apostolica, a pegno del patrocinio celeste.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 agosto 1883, anno sesto del Nostro Pontificato.

 

LEONE PP. XIII


 

[1]Benedictus XIV, Epist. Ad Supremum Hispaniae Inquisitorem, 31 Iulii 1748.  

 



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