The Holy See Search
back
riga

 

SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

ASSEMBLEA SPECIALE
PER IL MEDIO ORIENTE
DEL SINODO DEI VESCOVI
10-24 OTTOBRE 2010

La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente:
Comunione e testimonianza.
"La moltitudine di coloro che erano diventati credenti
aveva un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32)


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione plurilingue

05 - 11.10.2010

SOMMARIO

- PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 11 OTTOBRE 2010 - ANTEMERIDIANO) - CONTINUAZIONE
- SECONDA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 11 OTTOBRE 2010 - POMERIDIANO)
- AVVISI

PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 11 OTTOBRE 2010 - ANTEMERIDIANO) - CONTINUAZIONE

- RIFLESSIONE DEL SANTO PADRE

RIFLESSIONE DEL SANTO PADRE

In apertura della Prima Congregazione Generale di questa mattina, lunedì 11 ottobre 2010, dopo la lettura breve dell’Ora Terza, il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto la seguente riflessione:

Cari fratelli e sorelle,
L’11 ottobre 1962, quarantotto anni fa, Papa Giovanni XXIII inaugurava il Concilio Vaticano II. Si celebrava allora l'11 ottobre la festa della Maternità divina di Maria, e, con questo gesto, con questa data, Papa Giovanni voleva affidare tutto il Concilio alle mani materne, al cuore materno della Madonna. Anche noi cominciamo l'11 ottobre, anche noi vogliamo affidare questo Sinodo, con tutti i problemi, con tutte le sfide, con tutte le speranze, al cuore materno della Madonna, della Madre di Dio.
Pio XI, nel 1930, aveva introdotto questa festa, milleseicento anni dopo il Concilio di Efeso, il quale aveva legittimato, per Maria, il titolo Theotókos, Dei Genitrix. In questa grande parola Dei Genitrix, Theotókos, il Concilio di Efeso aveva riassunto tutta la dottrina di Cristo, di Maria, tutta la dottrina della redenzione. E così vale la pena riflettere un po', un momento, su ciò di cui parla il Concilio di Efeso, ciò di cui parla questo giorno.
In realtà, Theotókos è un titolo audace. Una donna è Madre di Dio. Si potrebbe dire: come è possibile? Dio è eterno, è il Creatore. Noi siamo creature, siamo nel tempo: come potrebbe una persona umana essere Madre di Dio, dell'Eterno, dato che noi siamo tutti nel tempo, siamo tutti creature? Perciò si capisce che c'era forte opposizione, in parte, contro questa parola. I nestoriani dicevano: si può parlare di Christotókos, sì, ma di Theotókos no: Theós, Dio, è oltre, sopra gli avvenimenti della storia. Ma il Concilio ha deciso questo, e proprio così ha messo in luce l'avventura di Dio, la grandezza di quanto ha fatto per noi. Dio non è rimasto in sé: è uscito da sé, si è unito talmente, così radicalmente con quest'uomo, Gesù, che quest'uomo Gesù è Dio, e se parliamo di Lui, possiamo sempre anche parlare di Dio. Non è nato solo un uomo che aveva a che fare con Dio, ma in Lui è nato Dio sulla terra. Dio è uscito da sé. Ma possiamo anche dire il contrario: Dio ci ha attirato in se stesso, così che non siamo più fuori di Dio, ma siamo nell'intimo, nell'intimità di Dio stesso.
La filosofia aristotelica, lo sappiamo bene, ci dice che tra Dio e l'uomo esiste solo una relazione non reciproca. L'uomo si riferisce a Dio, ma Dio, l'Eterno, è in sé, non cambia: non può avere oggi questa e domani un'altra relazione. Sta in sé, non ha relazione ad extra. È una parola molto logica, ma è una parola che ci fa disperare: quindi Dio stesso non ha relazione con me. Con l'incarnazione, con l’avvenimento della Theotókos, questo è cambiato radicalmente, perché Dio ci ha attirato in se stesso e Dio in se stesso è relazione e ci fa partecipare nella sua relazione interiore. Così siamo nel suo essere Padre, Figlio e Spirito Santo, siamo nell'interno del suo essere in relazione, siamo in relazione con Lui e Lui realmente ha creato relazione con noi. In quel momento Dio voleva essere nato da una donna ed essere sempre se stesso: questo è il grande avvenimento. E così possiamo capire la profondità dell’atto di Papa Giovanni, che affidò l’Assise conciliare, sinodale, al mistero centrale, alla Madre di Dio che è attirata dal Signore in Lui stesso, e così noi tutti con Lei.
Il Concilio ha cominciato con l'icona della Theotókos. Alla fine Papa Paolo VI riconosce alla stessa Madonna il titolo Mater Ecclesiae. E queste due icone, che iniziano e concludono il Concilio, sono intrinsecamente collegate, sono, alla fine, un’icona sola. Perché Cristo non è nato come un individuo tra altri. È nato per crearsi un corpo: è nato - come dice Giovanni al capitolo 12 del suo Vangelo - per attirare tutti a sé e in sé. È nato - come dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini - per ricapitolare tutto il mondo, è nato come primogenito di molti fratelli, è nato per riunire il cosmo in sé, cosicché Lui è il Capo di un grande Corpo. Dove nasce Cristo, inizia il movimento della ricapitolazione, inizia il momento della chiamata, della costruzione del suo Corpo, della santa Chiesa. La Madre di Theós, la Madre di Dio, è Madre della Chiesa, perché Madre di Colui che è venuto per riunirci tutti nel suo Corpo risorto.
San Luca ci fa capire questo nel parallelismo tra il primo capitolo del suo Vangelo e il primo capitolo degli Atti degli Apostoli, che ripetono su due livelli lo stesso mistero. Nel primo capitolo del Vangelo lo Spirito Santo viene su Maria che così partorisce e ci dona il Figlio di Dio. Nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli Maria è al centro dei discepoli di Gesù che pregano tutti insieme, implorando la nube dello Spirito Santo. E così dalla Chiesa credente, con Maria nel centro, nasce la Chiesa, il Corpo di Cristo. Questa duplice nascita è l’unica nascita del Christus totus, del Cristo che abbraccia il mondo e noi tutti.
Nascita a Betlemme, nascita nel Cenacolo. Nascita di Gesù Bambino, nascita del Corpo di Cristo, della Chiesa. Sono due avvenimenti o un unico avvenimento. Ma tra i due stanno realmente la Croce e la Risurrezione. E solo tramite la Croce avviene il cammino verso la totalità del Cristo, verso il suo Corpo risorto, verso l'universalizzazione del suo essere nell'unità della Chiesa. E così, tenendo presente che solo dal grano caduto in terra nasce poi il grande raccolto, dal Signore trafitto sulla Croce viene l'universalità dei suoi discepoli riuniti in questo suo Corpo, morto e risorto.
Tenendo conto di questo nesso tra Theotókos e Mater Ecclesiae, il nostro sguardo va verso l'ultimo libro della Sacra Scrittura, l'Apocalisse, dove, nel capitolo 12, appare proprio questa sintesi. La donna vestita di sole, con dodici stelle sul capo e la luna sotto i piedi, partorisce. E partorisce con un grido di dolore, partorisce con grande dolore. Qui il mistero mariano è il mistero di Betlemme allargato al mistero cosmico. Cristo nasce sempre di nuovo in tutte le generazioni e così assume, raccoglie l'umanità in se stesso. E questa nascita cosmica si realizza nel grido della Croce, nel dolore della Passione. E a questo grido della Croce appartiene il sangue dei martiri.
Così, in questo momento, possiamo gettare uno sguardo sul secondo Salmo di questa Ora Media, il Salmo 81, dove si vede una parte di questo processo. Dio sta tra gli dei – ancora sono considerati in Israele come dei. In questo Salmo, in un concentramento grande, in una visione profetica, si vede il depotenziamento degli dei. Quelli che apparivano dei non sono dei e perdono il carattere divino, cadono a terra. Dii estis et moriemini sicut homines (cfr Sal 81, 6-7): il depotenziamento, la caduta delle divinità.
Questo processo che si realizza nel lungo cammino della fede di Israele, e che qui è riassunto in un'unica visione, è un processo vero della storia della religione: la caduta degli dei. E così la trasformazione del mondo, la conoscenza del vero Dio, il depotenziamento delle forze che dominano la terra, è un processo di dolore. Nella storia di Israele vediamo come questo liberarsi dal politeismo, questo riconoscimento - «solo Lui è Dio» - si realizza in tanti dolori, cominciando dal cammino di Abramo, l'esilio, i Maccabei, fino a Cristo. E nella storia continua questo processo del depotenziamento, del quale parla l'Apocalisse al capitolo 12; parla della caduta degli angeli, che non sono angeli, non sono divinità sulla terra. E si realizza realmente, proprio nel tempo della Chiesa nascente, dove vediamo come col sangue dei martiri vengono depotenziate le divinità, cominciando dall'imperatore divino, da tutte queste divinità. È il sangue dei martiri, il dolore, il grido della Madre Chiesa che le fa cadere e trasforma così il mondo.
Questa caduta non è solo la conoscenza che esse non sono Dio; è il processo di trasformazione del mondo, che costa il sangue, costa la sofferenza dei testimoni di Cristo. E, se guardiamo bene, vediamo che questo processo non è mai finito. Si realizza nei diversi periodi della storia in modi sempre nuovi; anche oggi, in questo momento, in cui Cristo, l'unico Figlio di Dio, deve nascere per il mondo con la caduta degli dei, con il dolore, il martirio dei testimoni. Pensiamo alle grandi potenze della storia di oggi, pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano l'uomo, che non sono più cosa dell’uomo, ma sono un potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli uomini e perfino trucidati. Sono un potere distruttivo, che minaccia il mondo. E poi il potere delle ideologie terroristiche. Apparentemente in nome di Dio viene fatta violenza, ma non è Dio: sono false divinità, che devono essere smascherate, che non sono Dio. E poi la droga, questo potere che, come una bestia vorace, stende le sue mani su tutte le parti della terra e distrugge: è una divinità, ma una divinità falsa, che deve cadere. O anche il modo di vivere propagato dall'opinione pubblica: oggi si fa così, il matrimonio non conta più, la castità non è più una virtù, e così via.
Queste ideologie che dominano, così che si impongono con forza, sono divinità. E nel dolore dei santi, nel dolore dei credenti, della Madre Chiesa della quale noi siamo parte, devono cadere queste divinità, deve realizzarsi quanto dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini: le dominazioni, i poteri cadono e diventano sudditi dell'unico Signore Gesù Cristo. Di questa lotta nella quale noi stiamo, di questo depotenziamento e caduta dei falsi dei, che cadono perché non sono divinità, ma poteri che distruggono il mondo, parla l'Apocalisse al capitolo 12, anche con un'immagine misteriosa, per la quale, mi pare, ci sono tuttavia diverse belle interpretazioni. Viene detto che il dragone mette un grande fiume di acqua contro la donna in fuga per travolgerla. E sembra inevitabile che la donna venga annegata in questo fiume. Ma la buona terra assorbe questo fiume ed esso non può nuocere. Io penso che il fiume sia facilmente interpretabile: sono queste correnti che dominano tutti e che vogliono far scomparire la fede della Chiesa, la quale non sembra più avere posto davanti alla forza di queste correnti che si impongono come l'unica razionalità, come l'unico modo di vivere. E la terra che assorbe queste correnti è la fede dei semplici, che non si lascia travolgere da questi fiumi e salva la Madre e salva il Figlio. Perciò il Salmo dice – il primo salmo dell’Ora Media – la fede dei semplici è la vera saggezza (cfr Sal 118,130). Questa saggezza vera della fede semplice, che non si lascia divorare dalle acque, è la forza della Chiesa. E siamo ritornati al mistero mariano.
E c'è anche un'ultima parola nel Salmo 81, “movebuntur omnia fundamenta terrae” (Sal 81,5), vacillano le fondamenta della terra. Lo vediamo oggi, con i problemi climatici, come sono minacciate le fondamenta della terra, ma sono minacciate dal nostro comportamento. Vacillano le fondamenta esteriori perché vacillano le fondamenta interiori, le fondamenta morali e religiose, la fede dalla quale segue il retto modo di vivere. E sappiamo che la fede è il fondamento, e, in definitiva, le fondamenta della terra non possono vacillare se rimane ferma la fede, la vera saggezza.
E poi il Salmo dice: “Alzati, Signore, e giudica la terra” (Sal 81,8). Così diciamo anche noi al Signore: “Alzati in questo momento, prendi la terra tra le tue mani, proteggi la tua Chiesa, proteggi l'umanità, proteggi la terra”. E affidiamoci di nuovo alla Madre di Dio, a Maria, e preghiamo: “Tu, la grande credente, tu che hai aperto la terra al cielo, aiutaci, apri anche oggi le porte, perché sia vincitrice la verità, la volontà di Dio, che è il vero bene, la vera salvezza del mondo”. Amen

[00013-01.03] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

A questa Congregazione Generale erano presenti 170 Padri.

SECONDA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 11 OTTOBRE 2010 - POMERIDIANO)

- RELAZIONI SUI CONTINENTI
- INTERVENTI IN AULA (INIZIO)

Alle ore 16.30 di oggi con la recita dell’Adsumus ha avuto luogo la Seconda Congregazione Generale, per la lettura in aula delle Relazioni sui Continenti e l’inizio degli interventi dei Padri sinodali in Aula sul tema sinodale La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32).

Presidente Delegato di turno S. Em. R. Card. Leonardo SANDRI, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali (CITTÀ DEL VATICANO).

Agli interventi sul tema sinodale è seguito un tempo di interventi liberi dei Padri Sinodali, alla presenza del Santo Padre.

A questa Congregazione Generale, che si è conclusa alle ore 18.55 con la preghiera dell’Angelus Domini, erano presenti 163 Padri.

RELAZIONI SUI CONTINENTI

Per l’Africa: S. Em. R. Card. Polycarp PENGO, Arcivescovo di Dar-es-Salaam, Presidente del "Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar" (S.E.C.A.M.) (TANZANIA)
Per l’America del Nord: S. Em. R. Card. Roger Michael MAHONY, Arcivescovo di Los Angeles (STATI UNITI D'AMERICA)
Per l’Asia: S. E. R. Mons. Orlando B. QUEVEDO, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato, Segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences" (F.A.B.C.) (FILIPPINE)
Per l’Europa: S.Em.R. Card. Péter ERDŐ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del "Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae" (C.C.E.E.) (UNGHERIA)
Per l’Oceania: S. E. R. Mons. John Atcherley DEW, Arcivescovo di Wellington, Presidente della "Federation of Catholic Bishops' Conferences of Oceania" (F.C.B.C.O.) (NUOVA ZELANDA)
Per l’America Latina: S. E. R. Mons. Raymundo DAMASCENO ASSIS, Arcivescovo di Aparecida, Presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.AM.) (BRASILE)

Pubblichiamo di seguito le Relazioni sui continenti.

Per l’Africa: S. Em. R. Card. Polycarp PENGO, Arcivescovo di Dar-es-Salaam, Presidente del "Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar" (S.E.C.A.M.) (TANZANIA)

I am speaking here in the name of the Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar (SECAM) of which I am the current president.
The Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar has an intrinsic link with the Church in the Middle East specifically through the Church in Egypt which is part of both Africa and the Middle East.
Egypt, not withstanding the cultural and linguistic differences with sub-Saharan Africa is by geographical necessity part of the Church in Africa (SECAM) as much as it is part of the Church in the Middle East through linguistic and cultural factors. The two component factors of the belongingness of the Church in Egypt are certainly not incompatible. On the contrary they can be positively exploited for the good of the Church both in Africa and in the Middle East.
On the one hand, Christians are migrating from the Middle East due to what may be considered oppressive conditions against the Christian Faith in some of the Middle East countries. On the other hand, many young African Christians are flocking every year from sub Saharan Africa to Northern Africa (including Egypt) for studies, employment or on transit to Europe and the Middle East. Many of those young people leave their countries as fervent Christian practitioners. When they come to Northern Africa, they find themselves in an atmosphere of Islamic predominance allowing for very limited freedom of practicing their Christian Faith.
This reminds me of the situation obtaining in Eastern Africa not so many years ago. Until some fifty years ago, Islam was so predominant on the East African coast of the Indian Ocean that it threatened the faith of the Christian youth coming from the interior areas of the continent in search of jobs in the sisal estates and government offices in the coastal areas.
What saved the situation in Eastern Africa was the close co-operation between the Christian missionaries in the interior and those on the coast. The young people going to the Coast took introductory letters from the missionaries at home to the missionaries on the coast who received these youths in established Christian settlements. There they could continue to practice their faith freely.
Today, no Christian on the coasts of Eastern Africa feels obliged to hide his Christian identity despite the fact that Islam continues to be the religion of the majority. Separate Christian settlements are no longer needed also.
With regard to the above described situation in Northern Africa and the Middle East, methods of action may need to be very different. Yet, closer co-operation between the sub-Saharan Church and the Church in North Africa and the Middle East remains and will always remain of paramount importance for the survival of Christianity on both sides. SECAM is an excellent tool for such co-operation.

[00018-02.02] [RC001] [Original text: English]

Per il Nord America: S. Em. R. Card. Roger Michael MAHONY, Arcivescovo di Los Angeles (STATI UNITI D'AMERICA)

On behalf of the Bishops and the Catholics in North America, I am pleased to offer my greetings to all our brother Bishops and Catholics from the various Churches in the Middle East gathered for this historic Special Assembly. We are blessed in our countries to have very large numbers of your members living in our midst and in solidarity with the Catholic Church in the United States.
My focus here will be on the question of how Christians from the Middle East in the diaspora are living the mystery of communio among themselves and other Christians. I will then turn my attention to the specific witness that Christians from the Middle East are challenged to give.
Although my remarks have broad application across North America, I will give examples from my experience in the Archdiocese of Los Angeles since all of the Eastern Catholic Churches are represented in our Archdiocese.
Witness to Communio
While acknowledging their union with Rome, interecclesial relations should be encouraged, not only among the sui iuris Churches in the Middle East but especially in the diaspora (para 55). Recognizing the haemorrhaging of Christians from the Middle East to Europe, Australia, and the Americas, we have sought various ways to transform emigration into a new opportunity for support for these Christians as they become established throughout the diaspora (para 47-48). We try to support these Eastern Catholic Churches sui iuris by welcoming them and by assisting them in the establishment of parishes and schools, cultural institutions and organizations to serve the needs of their people as they settle in the West.
We have welcomed Assyrian-Chaldean, Coptic, Greek Melkite, Maronite, and Syriac Catholics, and the Archdiocese has assisted several of them over the years with financial loans and other means to help these peoples make a home in Los Angeles. In my twenty-five years as Archbishop, I have visited each of these communities, encouraging them "to be themselves" while living within the geographic area of the Roman Catholic Archdiocese of Los Angeles. Among other resources, we have the Eastern Catholic Pastoral Association, which provides clergy from these and other Eastern Catholic Churches to gather bimonthly for prayer and mutual support in an effort to coordinate pastoral activities in a spirit of mutual edification rather than rivalry (para 55).
Communio is at the heart of the divine life: diversity in unity; unity in diversity. Unity in diversity; diversity in unity, lies at the heart of the communio which is the Church. In the United States, deep respect for diversity poses unique challenges. "The faithful of the various Churches sui iuris often frequent a Catholic Church different from their own" [i.e., a Roman Catholic Church]. "Such people are asked to maintain their attachment to their own community, i.e., the one in which they were baptized" (para 56).
But many Eastern Catholics coming from the Middle East do not do this and simply become Roman Catholic. Two practical examples of the tension between diversity and unity will suffice. When it comes to the question of enrolling their children in Roman Catholic elementary schools, where there is a reduction in tuition for children of those who are active "parishioners", how do Christians of the Eastern Churches maintain their attachment to the Church in which they were baptized? How might Roman Catholic pastors, administrators and heads of schools be educated and encouraged to assist these immigrants in retaining their connection with their own community by not placing additional burdens on them such as having to choose between joining a Roman Catholic parish for the benefit of a tuition reduction, or retaining their membership in a parish of their own Eastern Church?
A second example might highlight the tension: many Eastern Churches admit infants to the Eucharist beginning with Baptism. When parishioners of these Churches attend Roman Catholic Masses their young children, who are accustomed to receive the Eucharist, are often prohibited from doing so.
Greater sensitivity to very practical matters such as these would ease the plight of the Eastern Catholic immigrants from the Middle East. Do our seminary courses give sufficient attention to the practical challenges that priests and pastors will face if they are to help this diaspora live the mystery of communio in a way that respects the legitimate diversity of peoples of these Churches?
Throughout North America there are many Catholic institutes of higher learning. The preparation of catechists, the provision of spiritual and liturgical formation, and theological training in these Catholic Colleges is almost exclusively Roman in orientation. Where do Eastern Catholic immigrants fit in at these Catholic educational institutes which are keen to offer courses and seminars on other religions, be it Judaism, Islam, Buddhism or Hinduism, but little if any attention is given to the theology, liturgy or spirituality of the Eastern Churches? Especially in areas with a high concentration of such immigrants, how might we assist these institutes of higher learning, as well·as our seminaries, to recognize the need for such courses so that members of this diaspora might "acquire a sufficient knowledge of theology and spirituality proper to the Church to which they belong" (para 64)?
Witness to Forgiveness
A particularly challenging area in assisting the peoples of the Eastern Churches to live the fullness of the Gospel is addressed in Lineamenta 90f, “The Desire and Difficulty of Dialogue with Judaism” and 95f, “Relations with Muslims”. Many of these initiatives have already been taken up in our country and in our Archdiocese where we have a strong ecumenical, interfaith and interreligious legacy. Regrettably, such initiatives take place without much participation on the part of immigrant Christians from the Middle East. In fact, they are often critical of our efforts in these arenas, especially in the matter of forgiveness (para 68,69, 113).
Often Middle Eastern Christians come to north America with attitudes and opinions toward both Muslims and Jews that are not in keeping with the Gospel or with the strides we have made in the Church's relations with other religions. Because we in Los Angeles live "up close" with peoples of many different faiths, how can we assist the people of this particular diaspora to correct these erroneous beliefs which might then influence their homelands through Christians living in the West? Although they may not want to hear it, Christians living in the Middle East and emigrating to the West need to be challenged to be a sign of reconciliation and peace. The sine qua non of both is forgiveness.
I have found that the biggest challenge we face with our immigrant peoples - whether they be Middle Eastern Catholics or Vietnamese Catholics who have fled their country for Southern California, or Cubans who have fled Cuba for the Miami shores - is not one of assisting them in living the mystery of communio between and among various Christians and Christian Churches. The biggest challenge is to help them respond to the grace of giving witness to the Gospel by forgiving those enemies who quite often are the principal reason for their leaving their homeland to find peace and justice on our shores. We would do well to be mindful of our late Holy Father, Pope John Paul II. After giving his message for World Day of Peace 2002 to the world's diplomats, he summed it all up in the challenging phrase: "No peace without justice, no justice without forgiveness."

[00022-02.02] [RC005] [Original text: English]

Per l’Asia: S. E. R. Mons. Orlando B. QUEVEDO, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato, Segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences" (F.A.B.C.) (FILIPPINE)

On behalf of the Federation of Asian Bishops' Conferences, I express our deep gratitude to you for inviting me to represent the Federation of Asian Bishops' Conference (FABC) and participate in this important Synod. Likewise on their behalf may I express our communion and solidarity with all the Synod Fathers gathered here today, most especially with our brother Bishops in the Middle East.
Our theme is Communion and Witness. It is a theme very close to the heart of the Church in Asia. No.55 of the Instrumentum Laboris expresses a significant desideratum: to foster unity in diversity, to encourage communities to cooperate among themselves,
" ... some responses suggest periodically calling (perhaps every five years) an assembly of the entire episcopate of the Middle East."
May I share with you the experience of Asian Bishops. Meeting every four years since 1974 the Bishops in the Federation of Asian Bishops’ Conferences have had a very positive experience in promoting communion. Consider that the FABC has 25 regular and associate members, including two ancient Eastern rites - Syro-Malabar and Syro-Malankara, in 28 countries and territories. It covers that vast region of Asia bounded by Kazakhstan in the West, Mongolia in the North, Japan in the East, Pakistan and India in the South, Indonesia and East Timor in the Southeast. Despite diverse social, economic, political, cultural, and religious situations, Asian Bishops have gained a certain degree of communion, fellowship, solidarity, cooperation. This is so because of a common vision of mission and pastoral priority.
In 1970 Asian Bishops gathered in Manila were inspired by the message of Pope Paul VI who had spoken about pastoral challenges in Asia. In 1974 they met for their first Plenary Assembly as a Federation approved by the Holy See. They drew up the following common vision of the mission to proclaim Jesus as the Lord and Savior. They stated:
Evangelization is the carrying out of the Church's duty of proclaiming by word and witness the Gospel of the Lord. In Asia this task is carried out:
The insertion of the Gospel into the cultures renders the local Churches truly present within the life and cultures of our peoples;
Through the insertion of the Gospel into the religious traditions, the Asian religions are brought into living dialogue with the Gospe1, so that the seeds of the Word in them may come to full flower and fruitfulness within the life of our peoples;
Finally, through the preaching of the good news to the poor (Lk 4: 18), Christ's renewing life and the power of His pascha1 mystery is inserted into our people's search for human development, for justice, brotherhood and peace (FABC I, 1974, nos. 25-28).
They also drew up a common pastoral priority which is the building of the local church.
The local church is a church incarnate in a people, a church indigenous and inculturated. And this means concretely a church in continuous, humble, and loving dialogue with the living traditions, the cultures, the religions - in brief with all the life realities of the people in whose midst it has sunk its roots deeply and whose history and life it gladly makes its own.For the Asian Bishops such a vision of a local church and mission is best reflected in the building of Basic Ecclesial Communities, by which a parish or a diocese becomes a "communion of communities."
Supported by the various pastoral offices of the FABC, Asian Bishops strive together towards this vision of mission and pastoral priority. Through their leadership the Church in Asia continues to undergo waves of conversion or renewal, towards a renewed evangelization and discipleship of life, a Church renewed in the Word and Bread of God. Yesterday during his homily the Holy Father reminded us that “communion is a gift of the Lord”, communion ultimately in the life of God. That requires our response of profound renewal or conversion.
The Holy Father also reminded us: “Without Communion there is no witness; the life of communion is truly the great witness.” How imperative these words are for the whole Church in Asia, including the Middle East.
We are a "little flock" in Asia, less than 3% of the more than three billion Asians. In the light of rising religious suspicions and extremism sometimes erupting in violence and death, we can surely be afraid or timid. But we are fortified and encouraged by the words of the Lord, "Fear not, little flock." Confidently then we need to make our communion a reality and a witness of the Lord. For in many places in Asia where there is no freedom of religion the only way to proclaim the Lord is to witness to Him by a silent but truly faithful Christian life, a life of love for God and service to our neighbour (see Pope John Paul II, Ecclesia in Asia, no. 23)
That witness urges us as bishops in communion with the Holy Father and with one another to address seriously the great pastoral challenges before us in Asia, such as the phenomenon of migration which is sometimes called the new slavery, the negative impact of economic and cultural globalization, the issue of climate change, issues or religious extremism, injustice and violence; religious freedom, and biogenetic issues that threaten human life in the womb and from conception to natural death.
In our dialogue as an expression of communion in the household of God, we pray that we could draw up a common pastoral approach to these problems as a form of witness to the faith we have in the Lord Jesus.

[00019-02.04] [RC002] [Original text: English]

Per l’Europa: S.Em.R. Card. Péter ERDŐ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del "Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae" (C.C.E.E.) (UNGHERIA)

Nel nome dei vescovi europei rappresentati dai Presidenti di tutte le Conferenze Episcopali del continente, radunati dieci giorni fa a Zagabria alla quarantesima sessione plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) porgo i miei più sentiti e cordiali saluti ai Presuli qui presenti e a tutti i cattolici del Medio Oriente.
Guardando dall’Europa, la Terra Santa e il Medio Oriente si trovano a Est. È da lì che ci è arrivata la luce di Cristo che rimane per sempre il vero Sole Invincibile che non conosce tramonto. Il volto di Gesù brilla come il sole (Mt 17,2) ed illumina tutta la storia dell'umanità. Ma questo splendore i discepoli scelti l'hanno visto sul monte della trasfigurazione mentre si preparava già il dramma della passione e della risurrezione del Signore.
L’Europa è debitore del Medio Oriente. Non soltanto una moltitudine degli elementi fondamentali della nostra cultura proviene da quella regione, ma anche i primi missionari del nostro continente sono arrivati da lì. Con gratitudine conserviamo il ricordo dell'avvenimento raccontato negli Atti degli Apostoli: “Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macedone che lo supplicava ‘Vieni in Macedonia e aiutaci!’. Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo” (At 16,9-10). È stata una decisione provvidenziale del Santo Padre Benedetto XVI l’aver dedicato un intero anno a San Paolo, apostolo delle nazioni, il cui fervore e saggezza sono estremamente attuali per la nuova evangelizzazione.
A questo proposito devo ricordare il nostro pellegrinaggio episcopale europeo a Tarso, città di San Paolo, ma devo ripetere anche l’espressione di cordoglio e solidarietà dei Vescovi europei, che abbiamo manifestato in occasione della morte violenta di Sua Eccellenza Mons. Luigi Padovese, già presidente della Conferenza Episcopale della Turchia.
Pensando al Medio Oriente, noi europei dobbiamo esaminare la nostra coscienza. È vivo ancora il messaggio del Vangelo tra di noi, quella buona novella che abbiamo ricevuto dagli apostoli? O non si vede più nella nostra vita quella luce e quell'entusiasmo che scaturisce dalla fede in Cristo?
Nei nostri tempi, quando profughi ed emigranti cristiani arrivano in Europa dai diversi Paesi del Medio Oriente qual è la nostra reazione? Siamo abbastanza attenti alle cause che costringono migliaia se non milioni di cristiani a lasciare la terra dove abitavano i loro antenati da quasi duemila anni? È vero che anche il nostro comportamento è responsabile per quello che sta accadendo? Siamo proprio di fronte ad una grande sfida. Dobbiamo esaminare la natura e gli effetti dei cambiamenti in Europa e nel mondo occidentale. Sappiamo esprimere in modo efficace il nostro sostegno ai cristiani del Medio Oriente? I fattori principali della vita pubblica europea sono ancora sensibili ai valori umani illuminati dal cristianesimo? O sono piuttosto indifferenti e sfiduciati verso questa nostra preziosa eredità? Eredità senza la quale l’Europa non esisterebbe nemmeno in senso culturale.
I cristiani che arrivano dal Medio Oriente bussano alla porta dei nostri cuori e risvegliano la nostra coscienza cristiana.
Come accogliamo questi fratelli e sorelle, come contribuiamo al fatto che la loro antica eredità - anche ecclesiastica - venga conservata per il futuro?
Il tema di questo Sinodo è La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. Negli Atti degli apostoli leggiamo infatti che la moltitudine dei credenti aveva “un cuore solo e un'anima sola” (At 4,32). Tale comunione esiste nella Chiesa anche oggi, anzi, la comunione dei santi è un articolo della nostra professione di fede. Tale comunione essenziale dev' essere - come la Chiesa stessa - allo stesso tempo visibile e invisibile, deve muoversi nel mondo della grazia, ma anche nella società. I cattolici d’Europa pregano, lavorano, si sforzano e combattono per essere presenti ed efficaci anche nella società visibile. Malgrado tutte le tristezze, tutte le delusioni, tutte le esperienze negative e a volte anche le discriminazioni o le pressioni che colpiscono i cristiani che vogliono seguire la loro coscienza, non smettiamo di sperare che anche la nostra Europa possa ritrovare la sua identità radicata profondamente nella cultura della vita, della speranza e dell' amore. Più siamo consapevoli della nostra vocazione cristiana nella società, più saremo anche capaci di mostrare e irradiare la forza del vangelo che è potente e può trasformare la società umana anche nel nostro secolo. Fedeli all'insegnamento del Concilio Vaticano II manifestato in modo speciale nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes dobbiamo seguire l'invito della Chiesa: "Coloro che sono o possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così nobile, si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale. Agiscano con integrità e saggezza contro l’ingiustizia e l’oppressione, il dominio arbitrario e l’intolleranza d’un solo uomo o di un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica" (GS 75f).
"Medico, cura te stesso" (Le 4,23) - scrive San Luca, il "caro medico" (Col 4,14).
Dobbiamo quindi guarirci - noi, cristiani d'Europa - con l'aiuto dello Spirito Santo perché possiamo rispecchiare la luce di Cristo, ricevuta dall'Oriente, e ricambiare il dono ottenuto attraverso la nostra coraggiosa testimonianza.
In questo senso chiedo la benedizione di Dio al presente Sinodo e a tutti i cristiani del Medio Oriente. Stella Orientis, prega per noi!

[00020-01.04] [RC003] [Testo originale: italiano]

Per l’Oceania: S. E. R. Mons. John Atcherley DEW, Arcivescovo di Wellington, Presidente della "Federation of Catholic Bishops' Conferences of Oceania" (F.C.B.C.O.) (NUOVA ZELANDA)

Geographically, Oceania could not be further from the Middle East, and yet the links between our two regions are strong.
I represent the Federation of Catholic Bishops of Oceania: Australia (32 dioceses) Papua New Guinea (22), New Zealand (6) the Episcopal Conference of the Pacific consisting of 17 dioceses and ecclesiastical territories. In total a diverse and scattered community of about 6 million Catholics, small “islands of humanity” (Radcliffe) in the vastness of the Pacific Ocean that covers one-third of the world' s surface.
In November 1998, all the Bishops of Oceania assembled here for the Synod for Oceania. We were challenged to "Walk the way of Jesus Christ, to tell his truth and to live his life." It is a communio of faith and charity that links us with the Churches of the Middle East, we have come to appreciate the rich diversity members of these Churches bring to Oceania. We recognize their vulnerability in living as minor Churches, and we "are eager to appreciate, understand and promote the traditions, liturgy, discipline and theology of the Eastern Churches." (EIO 12)
Out of Australia's five million Catholics there are a small, but significant number of Catholics who belong to the Eastern Catholic Churches. The two largest Eastern Catholic Churches in Australia are the Maronite and Melkite, each of which is an established diocese (eparchy), with a bishop (eparch) who is a member of the Australian Catholic Bishops Conference and who from time to time come to the New Zealand Conference meeting. As well as these Eastern Catholic Churches, there are also Chaldean, Syrian, Syro-Malabar and Coptic Catholic Churches.
The Maronite, Melkite and Chaldean Eparchies extend into New Zealand, offering pastoral and liturgical services to their communities there too.
The wider Middle East is present in Oceania through migrants and refugees who have made their home in the region: European Jews from earliest days of Australia and New Zealand settlement, as well as refugees from Germany in the 1930s, and survivors of the Shoah; Lebanese, Palestinians, Egyptians; Iraqi, both Christian and Muslim; and in more recent years, Kurdish refugees from Iraq, Iran and Turkey.
Our historical links are strongly marked by war and peace .
Australian and New Zealand troops (ANZACS) trained in Egypt during the early years of the Great War (1914 - 1918); sadly the next generation was back in Egyptian desert again in the early 1940s of the Second World War.
Fijian peace keeping forces have served with the United Nations in both Lebanon and Sinai.
These links are cemented today through the presence of many pilgrims from Oceania who visit the Holy Land; through refugee resettlement; aid development programmes of Caritas Internationalis; the presence of international religious orders who are dedicated to educational work, or the support of the Holy Places.
Response to the Instrumentum Laboris:
There are two themes of the Instrumentum Laboris I would like to respond to from the experiences of Oceania.
1.Communion and Witness;
The Instrumentum Laboris has brought to our attention in a new way the challenges facing the Christians in the Middle East: the complex political conflicts, questions of freedom of religion and conscience, living in daily contact as a minority in majority Islamic or Jewish communities, and the constant movement of peoples through emigration and immigration. We are far away, but aware that we are linked to all Christians in the Middle East through a common baptism, ecclesial tradition, faith in Jesus Christ and commitment to his mission. We would like our Christian brothers and sisters in the Middle East to know that we value this communion, that we commit ourselves to stand in solidarity as they suffer, and will support them in prayer and practical assistance in the challenges they face daily.
2. A commitment to interfaith relations:
The Churches in Oceania are novices in this field, we have much to learn from the sustained commitment of the churches of the Middle East to the dialogue of Abrahamic faiths. We recognize the complexity of the historical and cultural context in which this dialogue is carried out with the signs of hope in the peace process, as well as the setbacks of misunderstanding, persecution and betrayal.
The Introduction to the Instrumentum Laboris speaks of the need for Christians to get know their Jewish and Muslim neighbours well if they are to collaborate with them in the fields of religion, social interaction and culture for the good of society.

[00021-02.04] [RC004] [Original text: English]

Per l’America Latina: S. E. R. Mons. Raymundo DAMASCENO ASSIS, Arcivescovo di Aparecida, Presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.AM.) (BRASILE)

En primer lugar quisiera agradecer al Santo Padre Benedicto XVI mi nombramiento para participar, en mi calidad de Presidente del Consejo Episcopal Latinoamericano y del Caribe, en este Sínodo de las Iglesias que peregrinan en los países de Medio Oriente. Muchísimas gracias, Santo Padre, por este nombramiento que me honra y alegra y que es una señal de deferencia de su Santidad por la Iglesia de América Latina.
Las Iglesias hermanas del Medio Oriente han sido la cuna de la Iglesia de Jesucristo y lugar primero de su expansión y, más aún, lugar privilegiado de manifestación de la "plenitud de los tiempos" en la persona del Señor Jesús.
Al participar en este Sínodo para el Medio Oriente tengo que reconocer con gratitud la inmensa riqueza que hemos recibido a través de Uds. En primer lugar los libros sagrados de la Biblia que nos alimentan en nuestro encuentro con el Señor y nos iluminan en cada decisión que debemos tomar para nuestra vida personal y eclesial. También la Tradición viva y los Concilios, que, en su recepción dinámica, permiten a nuestras Iglesias con sus riquezas únicas y diversas, hacer que nuestros pueblos compartan la vida de Jesucristo. No quisiéramos olvidar la rica Pneumatología de las Iglesias Orientales.La multiculturalidad fundante de Uds. es un hecho desde la primera expansión eclesial. Con el tiempo ciertamente ha sufrido muchos ajustes y desequilibrios numéricos y social-políticos y sufrió correcciones. También hoy día, en nuestro mundo globalizado y marcado por muchas tensiones, es algo que todos experimentamos día a día y para lo cual podemos aprender mucho de las historias y dificultades presentes de estas Iglesias.
El tema de la laicidad de los gobiernos que dirigen nuestros pueblos en muchos casos se ha tornado discriminatoria, sea por intransigencias ideológicas sea, como para algunos de Uds, por una imposición teocrática, una “islamización” de lo público. Esto es un desafío que compartimos con Uds. que nos exige luchar por una auténtica libertad religiosa en el ámbito público. Debemos también, tener este hecho muy presente en la catequesis a fin de formar cristianos y ciudadanos muy conscientes de sus derechos y deberes. El Santo Padre Benedicto XVI, en su visita a Francia (2008), retomó el valioso concepto de una “laicidad positiva”.
Desde esta situación surge un desafío del cual nosotros hemos tomado nueva conciencia. Se trata de la formación de los laicos de nuestras Iglesias. En nuestra última Conferencia General de Latinoamérica y el Caribe (en el año 2007) realizada en Aparecida, Brasil, se destacó que esta formación debe iniciarse por un profundo encuentro personal con Jesucristo que marque y perdure como experiencia constante en la vida de cada uno y con una adecuada formación en la roca de la Palabra de Dios de cara a la nueva situación cultural que vivimos. Esto debe permitir la presencia de los laicos en los nuevos areópagos y en las tareas de servicio publico.
Al mencionar a los discípulos laicos no se puede dejar de mencionar la enorme importancia de la familia como formadora de valores humanos y cristianos. Todas las familias hoy día sufren de una ruptura generacional causada por la velocidad con que todo cambia hoy. Pero esto, no debe inhibir la fuerza educadora de la misma. En algunos aspectos de la familia podemos coincidir con creyentes musulmanes al respecto y lo hemos visto en votaciones en organismos internacionales. Pero hay otros aspectos de la concepción concreta de la familia que nos distancian de los mismos, por ej. en el rol de la mujer en la familia y en la sociedad.
El formar laicos para los tiempos de hoy no dispensa, muy por el contrario, requiere también formar presbíteros que se den cuenta de la honda necesidad de una gran “conversión personal y pastoral” para hacer de sus parroquias y servicios a ser lugares y ministerios de animación misionera, a la manera de las primeras comunidades cristianas. Es necesario pasar de una pastoral de conservación hacia una pastoral animada por el espíritu misionero. En la Conferencia General de Aparecida el Santo Padre afirmó que el ser “discípulos y misioneros de Jesucristo” son dos caras de la misma medalla. No hay discípulo, si no se es misionero, y no hay misioneros, si no se es discípulo.
Esta necesaria “conversión” también tendrá profundas consecuencias en la pastoral vocacional. El joven de hoy quiere darse con generosidad al Dios de la Vida, pero se retrae cuando sólo percibe esfuerzos de preservación y no descubre la novedad transformadora del Evangelio en nuestra historia presente. La pastoral vocacional debe ayudarles a los jóvenes a descubrir a Jesús como “Camino, Verdad y Vida” y mostrarles los diversos caminos para seguir a Jesús, destacando la vocación para el sacerdocio y la vida consagrada.
En nuestros países latinoamericanos y del Caribe tenemos muchos emigrantes del medio oriente - de primera y ya de segunda generación- cuya mayoría son cristianos. Muchos se han incorporado a la Iglesia latina y hay pequenos grupos con sus propias heptarquías. Quisiéramos que se crezca aún más en la conciencia de nuestra fe católica común y que se acercaran más hacia una acción misionera compartida. En este momento desarrollamos en todas nuestras Iglesias la llamada “Misión Continental”, fruto de la Conferencia General de Aparecida. Sería hermoso testimonio poder unirnos en este esfuerzo evangelizador. Por último, queremos compartir con Uds. la preocupación del conflicto Israelí-Palestino. En esto también estamos en comunión con el Santo Padre en su esfuerzo por encontrar una solución al conflicto. ¡Que la paz entre estos dos pueblos sea restablecida en la tierra de Jesús!
Pedimos al Señor Jesús, por la intercesión de María Santísima, Reina de los Apóstoles, que derrame sobre esta asamblea sinodal su Espíritu que todo lo renueva

[00040-04.03] [RC00ó] [Texto original: español]

INTERVENTI IN AULA (INIZIO)

In seguito sono intervenuti i seguenti Padri:

- S. E. R. Mons. Elias CHACOUR, Arcivescovo di Akka, San Giovanni d'Acri, Tolemaide dei Greco-Melkiti (ISRAELE)
- S. E. R. Mons. Boutros MARAYATI, Arcivescovo di Alep degli Armeni (SIRIA)
- S. E. R. Mons. Kyrillos WILLIAM, Vescovo di Assiut, Lycopolis dei Copti (REPUBBLICA ARABA DI EGITTO)
- S. E. R. Mons. Botros FAHIM AWAD HANNA, Vescovo titolare di Mareotes, Vescovo di Curia di Alessandria dei Copti (REPUBBLICA ARABA DI EGITTO)
- S. E. R. Mons. Youhannes ZAKARIA, Vescovo di Luxor, Tebe dei Copti (REPUBBLICA ARABA DI EGITTO)

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

- S. E. R. Mons. Elias CHACOUR, Arcivescovo di Akka, San Giovanni d'Acri, Tolemaide dei Greco-Melkiti (ISRAELE)

They decided to survive and to continue their very special mission, following the orders of their Compatriot, the Man from Galilee, Jesus from Nazareth. My Compatriot, My Champion and my Parishioner.
Luke 24/45-49 Acts 1/4-5 and very specially Mark 16/15 “Fear not little flock go in to all the world and preach the good news to all creation”. Since then, my ancestors, started spreading around and everywhere the exciting news revolving around an empty tomb and a RISEN MAN. We never stopped preaching this exciting news. That is why Peter and Paul were sacrificed and killed here in Rome.
During the twenty past centuries our Christians from the Holy Land were like condemned and privileged to share oppression, persecution and suffering with Christ. He is risen but his cross is still high in our sky. Our Christianity is still hanging on that terrible cross. They still live under daily threats from officials who dream continuing the transfer of our minority, away from their lands, their homes, away from their ancestral homeland. If it was not for Him, the cross would have been damned and hated.
Centuries long are gone loaded with our sufferings and our persecutions.
But today our Holy Father, Pope Benedict XVI called the Catholic Church and all Christians of good will to divert their sight and to turn around, towards the remnant of the family of Christ. We come over here to invite you all to reconsider your priorities regarding the Holy Lands, and regarding its inhabitants. For sure the shrines and the Holy Places are. important. The Franciscan brothers have been keen and loyal custodians and protectors of the Holy Places.Being the archbishop of the largest Catholic Church in the Holy Land, the Melkite Catholic Church, I insistently invite you and plead with the Holy Father to give even more attention to the Living stones of the Holy land. Once more, attention is given despite our unworthiness and undeservedly, we could restore the smile of hope on the faces of our children. We then can have the tools and the means to. We are in Galilee since immemorial times. Now we are in Israel. We want to stay where we are, we need your friendship more than your money.

[00024-02.06] [IN002] [Original text: English]

- S. E. R. Mons. Boutros MARAYATI, Arcivescovo di Alep degli Armeni (SIRIA)

Pubblichiamo a seguire la traduzione in italiano dell’intervento in arabo..
La versione originale verrà pubblicata nell’edizione araba del Bollettino Synodus Episcoporum.

Il movimento ecumenico sta attraversando una vera crisi, prova ne sono le situazioni difficili che devono affrontare oggi le Chiese del Consiglio Medio Orientale, che per anni è stato in prima linea nel lavoro ecumenico nei nostri paesi. Speriamo oggi che la crisi sia una fase transitoria del progresso iniziale nell’aprire una nuova pagina del lavoro ecumenico, passando dallo stile burocratico, dallo sviluppo di progetti e dall’amministrazione finanziaria a incoraggiare uno spirito di fratellanza, di dialogo e di comunione tra le Chiese.
L’Instrumentum laboris in tutte le sue pagine contiene un aspetto ecumenico, poiché tutto riguarda le Chiese in Medio Oriente. Vorremmo aggiungere che questa assemblea speciale non manterrà la sua dimensione autenticamente cristiana e cattolica a meno che non venga letta alla luce delle nostre relazioni con le Chiese e le altre comunità cristiane. È stato detto che “insieme siamo o non siamo affatto”.
1) Ritengo che manchi qualcosa tra i paragrafi 14 e 15. Non sarebbe importante menzionare che Damasco è stato il luogo della conversione di San Paolo, dal quale è partito per recarsi in Arabia e poi in tutte le nazioni? Abbiamo celebrato l’Anno Paolino, indetto da Sua Santità Papa Benedetto XVI. In Antiochia i discepoli di Cristo furono chiamati cristiani. A nord di Aleppo, la vita monastica e religiosa fu prospera nel IV secolo. Da Simeone il vecchio a san Marone, i siti archeologici ancora ne danno testimonianza. È questo un fatto ecumenico che ci riporta alle nostre radici cristiane comuni. Dobbiamo ravvivarlo, a livello non solo locale ma anche universale, affinché queste radici possano sostenere la nostra presenza cristiana nella storia.
2) Al paragrafo 25 l’Instrumentum laboris afferma che “le situazioni nei diversi Paesi del Medio Oriente sono molto differenti tra di loro”. Non si tratta di un semplice fatto, bensì di un fatto innegabile. Se vogliamo che questa Assemblea speciale sia feconda, dobbiamo pensare a una conferenza speciale per ciascun paese, avente un aspetto ecumenico, dove poter discutere delle questioni a seconda delle situazioni locali. Indubbiamente le sfide sono le stesse, ma ogni paese ha una situazione propria.
3) Le sfide menzionate nell’Instrumentum laboris, specialmente quella dell’emigrazione (paragrafi 43-48), sono una grave preoccupazione per noi come lo sono per le altre Chiese e le comunità cristiane locali. Si tratta di una vera sollecitudine ecumenica. E da qui l’obbligo di domandare: esiste un piano per evacuare i cristiani dall’Oriente? Negli ultimi 100 anni l’emigrazione o la deportazione violenta hanno continuato a verificarsi in Oriente. Nel 1915 centinaia di migliaia di cristiani armeni sono stati deportati con la forza dai loro paesi e sono stati vittima del primo genocidio del XX secolo per mano degli ottomani. Tra quei martiri vi era il vescovo Ignatius Maloyan. Lo stesso è accaduto tra i caldei e i siri... Molti cristiani sono stati allontanati dai loro villaggi e dalle loro città. Questi atti sono proseguiti con gli eventi in Palestina, la guerra civile in Libano, la rivoluzione islamica in Iran, l’invasione dell’Iraq... I cristiani vengono martirizzati, costretti ad emigrare, costretti a partire da tutte le Chiese, senza distinzione alcuna. Stiamo forse aspettando il giorno in cui il mondo come spettatore e l’indifferenza delle Chiese occidentali rimarranno fermi ad osservare la “morte dei Cristiani d’Oriente”?
Malgrado le crisi e le difficoltà che si presentano alla nostra vita cristiana e alle nostre relazioni ecumeniche, noi continuiamo a “credere, sperando contro ogni speranza” (cfr. Rm 4, 18).

[00025-01.04] [IN003] [Testo originale: arabo]

- S. E. R. Mons. Kyrillos WILLIAM, Vescovo di Assiut, Lycopolis dei Copti (REPUBBLICA ARABA DI EGITTO)

La liturgie, d’après l’Instrumentum Laboris, est un aspect profondément enraciné dans la culture orientale, ainsi on ne peut pas diminuer de sa force pour préserver aujourd’hui la vivacité de la foi. L’histoire nous affirme que dans nos pays du Moyen-Orient la liturgie fut toujours une école pour l’éducation de la foi et la morale chrétienne surtout auprès de nos populations simples et en majorité analphabètes, grâce aux nombreuses lectures bibliques (6 lectures quotidiennes dans notre liturgie copte, qui s’ajoutent aux jours de fêtes et de certaines célébrations), et aux prières composées de citations bibliques juxtaposées.
C’est pourquoi nous devons la préserver avec révérence d’après le texte du droit canonique oriental (cf. canon 39 du CCEO).
Dans la constitution Sacrosanctum Concilium, paragraphe 4, Vatican II affirme l’égalité de tous les rites en ce qui concerne les droits et la dignité. Dans le décret conciliaire Orientalium Ecclesiarum, les pères du Concile affirment une estime particulière au patrimoine des Églises Orientales, et soulignent les bienfaits de celles-ci envers l’Église Universelle, en citant la lettre apostolique “Orientalium Ecclesiarum” de Léon XIII du 30/11/1894.
Le décret conciliaire sur les Églises Orientales Catholiques exorte en outre tous les occidentaux qui sont en contact avec ces Églises, à s’appliquer a connaître, et à respecter les liturgies orientales, et il se réfère au Motu Proprio “Orientis Catholici” de Benoit XV du 15/10/1917 et à l’Encyclique “Rerum Orientalium” de Pie XI du 8/9/1926.
Le Canon 41 du CCEO confirme ceci et leur exige de connaître avec exactitude et de pratiquer ces liturgies.
Or nous constatons que pas mal de religieux latins traduisent en arabe la liturgie latine et la célèbrent pour nos fidèles orientaux les aidant ainsi à se détacher de leurs églises et à affaiblir leur appartenance à celles-ci.
En ce qui concerne la langue liturgique (Instrumentum Laboris 72), nous n’avons pas attendu Vatican II pour traduire nos textes liturgiques dans les langues courantes du peuple. Depuis les origines, notre liturgie copte fut célébrée dans les divers dialectes en Haute-Égypte, et dans les grandes villes en grec, langue de la culture et de la vie quotidienne. À partir du Xe siècle, nous trouvons tout en arabe. Un facteur qui a aidé à préserver la foi, et si nous comparons avec d’autres pays voisins comme l’Afrique du Nord, nous constatons qu’au bout de quelques siècles le christianisme, fleurissant au début, est disparu; car on leur a imposé une liturgie étrangère dans une langue peu connue.
J’ai une explication à demander et un voeu à souhaiter: dans un pays comme le notre, l’Égypte, où tous (catholiques, non catholiques, même les non chrétiens) sont des coptes, à quoi sert la célébration de la liturgie latine en langue arabe? S’il y a des latins, il est de leur droit de célébrer les messes latines, mais dans une autre langue que l’arabe, car ceci attire nos fidèles et aide à leur dispersion.

[00026-03.02] [IN004] [Texte original: français]

- S. E. R. Mons. Botros FAHIM AWAD HANNA, Vescovo titolare di Mareotes, Vescovo di Curia di Alessandria dei Copti (REPUBBLICA ARABA DI EGITTO)

Con una scelta particolare di Dio, la Sacra Scrittura è nata nella nostra terra d'Oriente, portando in sé le caratteristiche della nostra cultura, con simile scelta si è incarnato il Verbo Divino ed ha condiviso la nostra realtà, in Oriente. Si è dato alla morte, sulla Croce, per la salvezza di tutti.
Dall'Oriente è partito il primo annuncio del Vangelo. Le nostre chiese, continuano la loro fedeltà alla testimonianza del Vangelo, con l'aiuto di Dio, di tutta la Chiesa Cattolica e di tutti gli uomini di buona volontà, donando al mondo e alla Chiesa testimoni fedeli alla loro fede, alla Parola, alla giustizia e all'amore fraterno. Così la Parola di Dio sarà sempre la guida del nostro impegno missionario.
La Parola di Dio ha nutrito, sempre, i popoli dell'Oriente e così hanno prodotto delle ricche tradizioni bibliche, liturgiche, teologiche e spirituali.
La sorgente della Parola di Dio è ancora zampillante, ma la sete di Essa è ancora grande sulle nostre terre. Perciò abbiamo bisogno di altri specialisti, centri, comunità pastorali per studiare, meditare, vivere ed effondere la cultura biblica nella nostra realtà, perché la Parola sia il fondamento di ogni educazione, insegnamento e dialogo per costruire la civiltà del vangelo e dell'amore per il bene di tutti.

[00030-01.03] [IN005] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Youhannes ZAKARIA, Vescovo di Luxor, Tebe dei Copti (REPUBBLICA ARABA DI EGITTO)

Il mio resoconto si concentra sulla rinnovazione delle attività missionarie delle Chiese Orientali, visto che l’Instrumentum Laboris non ha trattato con sufficienza quest’argomento.
Dall’inizio della storia della Chiesa, i fedeli dell’Oriente sono stati caratterizzati dallo zelo missionario, e dall’entusiasmo a realizzare il mandato del Signore, che chiede la predicazione del Vangelo in tutto il mondo.
La debolezza e la divisione dell’Impero Romano, la violenza dei conflitti nazionali, l’avversità delle discussioni dogmatiche fra i cristiani, le divisioni della Chiesa e, successivamente, il dominio arabo e islamico sul Medio Oriente, hanno indebolito le Chiese Orientali, e hanno condizionato la loro presenza in oriente; e come conseguenza è venuto meno l'entusiasmo missionario, e si è ridotto lo slancio evangelico, come dice il numero 20 dell’Instrumentum. Laboris.
Nonostante la Chiesa nel Medio Oriente, attualmente, sia una minoranza che vive in mezzo ad una maggioranza non cristiana, e stia combattendo contro il pericolo del proprio tramonto, e stia lottando per conservare la fede cristiana nei cuori dei suoi fedeli, ma questa Chiesa non deve avere paura, ne vergogna, e non deve esitare ad obbedire al mandato del Signore, che le chiede di continuare la predicazione del Vangelo.
Partendo da questo Sinodo, chiedo alle nostre Chiese Orientali di rinnovare il loro entusiasmo missionario e la loro attività di predicazione; devono inoltre promuovere la formazione di tutti i loro figli perché riscoprano la loro vocazione missionaria e li incoraggino a consacrare con entusiasmo la vita per l’annuncio del Vangelo, partecipando così con i figli della Chiesa Universale, specialmente della Chiesa Occidentale, al servizio della predicazione della Parola di Dio in tutto il mondo.

[00027-01.03] [IN006] [Testo originale: italiano]

AVVISI

- CONFERENZE STAMPA

CONFERENZE STAMPA

La seconda Conferenza Stampa sui lavori sinodali (con la traduzione simultanea in italiano, inglese, francese e arabo) si terrà nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede lunedì 18 ottobre 2010 (dopo la Relatio post disceptationem), alle ore 12.45 orientativamente. Interverranno:

- S. Em. R. Card. Leonardo SANDRI, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali (CITTÀ DEL VATICANO), Presidente Delegato
- S. B. Ignace Youssif III YOUNAN, Patriarca di Antiochia dei Siri (LIBANO), Presidente Delegato
- S. Em .R. Card. John Patrick FOLEY, Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (CITTÀ DEL VATICANO), Presidente della Commissione per l’Informazione
- Rev. P. Federico LOMBARDI, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede (CITTÀ DEL VATICANO), Segretario Ex officio della Commissione per l’Informazione

La terza Conferenza Stampa sui lavori sinodali (con la traduzione simultanea in italiano, inglese, francese e arabo) si terrà nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede sabato 23 ottobre 2010 (dopo il Nuntius e l’Elenchus finalis propositionum), alle ore 12.45 orientativamente. Interverranno:

- S. B. Antonios NAGUIB, Patriarca di Alessandria dei Copti (REPUBBLICA ARABA DI EGITTO), Relatore Generale
- S. E. R. Mons. Joseph SOUEIF, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti (CIPRO), Segretario Speciale
- S. E. R. Mons. Cyrille Salim BUSTROS, S.M.S.P., Arcivescovo di Newton dei Greco-Melkiti (STATI UNITI D'AMERICA), Presidente della Commissione per il Messaggio
- Rev. P. Federico LOMBARDI, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede (CITTÀ DEL VATICANO), Segretario Ex-Officio della Commissione per l’Informazione

I Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) e fotoreporter sono pregati di rivolgersi per il permesso di accesso al Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali.


Avviso ai lettori

Regole ortografiche applicate per i testi in arabo

Si avvisa che per i testi in arabo sono state applicate le seguenti regole ortografiche.

Per quanto riguarda l’uso delle sigle degli Ordini religiosi: l’uso delle sigle degli Ordini religiosi in arabo presenta alcune complicazioni e quindi per il Bollettino - che non è una pubblicazione ufficiale, ma uno strumento di lavoro ad uso giornalistico - è stata scelta la soluzione meno faticosa e più semplice. Nel lavoro accademico non si usa indicare le appartenenze a Ordini religiosi, ma questa soluzione non è stata ritenuta opportuna per il Bollettino. La soluzione sarebbe stata indicare i nomi degli Ordini religiosi per intero, ma questa prassi si sarebbe discostata molto dalle altre edizioni linguistiche. Quindi, per l’Edizione araba è stato deciso di sostituire le sigle degli Ordini religiosi con il nome di uso comune (gesuiti, salesiani, francescani, ecc.).

Per quanto riguarda i nomi e i titoli dei Partecipanti: per i nomi non arabi dei Partecipanti la Redazione del Bollettino ha seguito il consueto metodo di traslitterazione secondo la pronuncia. Per i nomi originali in arabo dei Partecipanti, in assenza della versione araba dell’Elenco dei partecipanti, è stata fatta una ricerca sistematica a cura della Redazione del Bollettino. Per circa il 5 % dei nomi arabi, di cui non è stato possibile rintracciare in tempo il nome originale in arabo, è stato deciso di effettuare comunque la re-traslitterazione in caratteri arabi a partire dall’Elenco dei partecipanti consegnato in versione plurilingue con caratteri romani, per conservare l’uniformità ortografica dell’Edizione araba.
In assenza della dicitura araba, tutti i titoli di tutti i partecipanti sono stati traslitterati (o re-traslitterati), anche qui con un certo margine di errore.

Errata corrige

Nel caso venissero riscontrati degli errori, si prega gli interessati di voler segnalare alla Redazione del Bollettino i nomi e/o i titoli errati e la corretta ortografia araba, via E-mail a:
fungogenerale@pressva-fungo.va
Lo stesso indirizzo E-mail potrà essere usato anche per segnalare degli errori riguardanti tutto il contenuto del Bollettino.

 
Ritorna a:

- Indice Bollettino Synodus Episcoporum - Assemblea Speciale per il Medio Oriente - 2010
  [Plurilingue, Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Spagnolo]

- Indice Sala Stampa della Santa Sede
 
[Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

 

top