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Card. Victor Manuel Fernández
Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede

 

La Madre dell’evangelizzazione
Perché Maria è la prima evangelizzatrice?

Conferenza per l’incontro con sacerdoti, religiose e seminaristi latinoamericani
che studiano a Roma (12 dicembre 2026).

 

Maria è la Stella dell’evangelizzazione perché oggi è la prima evangelizzatrice. Ma diciamo di più: è la Madre dell’evangelizzazione. Cercheremo di fondare questa affermazione attraverso alcuni preziosi testi della Bibbia e del Magistero.

Con Lei vengono Cristo e lo Spirito

Cominciamo con Lc 1,39-45, dove viene narrata la visita di Maria a Elisabetta. Qui viene mostrato l’atteggiamento di Elisabetta nei confronti di Maria quando la riceve. Questo atteggiamento è importante perché è effetto dell’azione dello Spirito Santo che ha mosso Elisabetta in quel momento: «Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce» (Lc 1,41-42a). E così, piena della luce e del fuoco dello Spirito, pronuncia tre frasi. Mossa dallo Spirito Santo, Elisabetta chiama Maria con lo stesso elogio che usa per Cristo: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42). Li riconosce come inseparabili. Ma subito dopo, sempre mossa dallo Spirito, aggiunge: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (Lc 1,43). A che cosa devo? (“chi sono io?”). Anche questo atteggiamento di umiltà e venerazione nei confronti di Maria è effetto dell’azione dello Spirito. E la terza frase è: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45). Loda Maria per la sua fede e per questo la chiama “beata”. Nel Vangelo di Luca questa parola non esprime uno stato d’animo, ma esprime la santità: i beati sono quelli che hanno già un posto in cielo (cfr. Lc 6,20-22; Mt 5,3-12). Ma cosa c’entra questo con l’evangelizzazione?

Notiamo che tutto questo accade a Elisabetta perché lei si è avvicinata a Gesù ed è stata riempita dello Spirito Santo. Ma Gesù è giunto a Elisabetta perché Maria, inseparabile da Cristo, lo ha portato: «Benedetta tu..., benedetto» (Lc 1,42). Questo accade anche oggi, e avviene spesso nella pietà popolare latinoamericana, quando un’immagine di Maria visita una casa, o si avvicina a un malato in ospedale, o quando un ragazzo invita un amico ad andare a piedi verso un santuario mariano. Lei come madre dona Cristo e da Lui sgorga per noi lo Spirito Santo.

Piena del Vangelo

Maria evangelizza anche per un altro motivo. Perché conserva nel suo cuore tutto il Vangelo. Ricordiamo che due volte il Vangelo di Luca dice che Maria meditava attentamente tutte queste cose e le conservava nel suo cuore (cfr. Lc 2,19.51). Notate bene, due verbi: le custodiva, le metteva nel suo cuore come se fosse uno scrigno di tesori. Le meditava anche, cioè assaporava il significato, la grandezza, il valore di tutto ciò che Gesù faceva e diceva. Che bello che Maria sia quel libro vivente e luminoso, dove possiamo trovare tutto, tutta la storia di Gesù e il suo significato più profondo! Allora, in quel cuore della Madre c’è Gesù, tutta la sua storia, c’è tutto il Vangelo, perché Maria è stata testimone di tutto, dall’incarnazione e dalla nascita fino alla morte in croce e alla risurrezione, passando per tutta la vita. A lei non è sfuggito nulla, da brava Madre, non le sfuggiva alcun dettaglio. Dopo trent’anni vissuti insieme nella casa di Nazareth, quante cose sa Maria che non sono nemmeno scritte nei Vangeli, perché in realtà il Vangelo più completo, l’unico integrale, è nel cuore di Maria.

Maria collega il Vangelo alla nostra vita

Ma lei non ha dentro di sé solo la storia di Gesù. Ha anche la tua. Nel capitolo 12 dell’Apocalisse, dove appare la figura di Maria in cielo, si dice che lei ha dato alla luce Gesù (Ap 12,5), e alla fine la menziona come madre del «resto dei suoi figli» (Ap 12,17). Cioè, per lei, Gesù e noi, che siamo il resto dei suoi figli, sono due realtà inseparabili. E per questo lei contempla anche tutta la tua storia, da quando ti sei formato nel grembo di tua madre, mentre crescevi nella tua infanzia e adolescenza, ogni tua gioia e ogni tua sofferenza, tutto, dal primo all’ultimo istante della tua vita, tutto è custodito nel suo cuore di Madre, che ti dice come disse a Juan Diego: «Non sono forse qui, io che sono tua madre? […]. Non sei forse nell’incavo del mio mantello, nella piega delle mie braccia?»[1] Per questo Maria, che ha contemplato il Vangelo, custodisce anche nel suo cuore la tua vita molto concreta. Così può unire le due cose: può mettere in contatto il Vangelo con la tua vita, può far sì che il Vangelo tocchi la tua esistenza concreta. E questo non è forse evangelizzare?

Potreste chiedervi che importanza abbia tutto questo, ma vi chiedo di prestare attenzione perché è estremamente bello. È importante che ci sia qualcuno che ricordi la tua storia. A volte potresti pensare che chi conosce tutto sia tua moglie, tuo marito, tua sorella, il tuo amico. Ma quante cose ci sono che quella persona non sa della tua storia, dei tuoi dubbi, delle tue sofferenze? Maria sì, conosce e custodisce tutto questo. Tu stesso dimentichi molte cose, o rimangono in una sorta di penombra interiore, o tu stesso preferisci dimenticarle. Sembra che alla fine tutta la tua storia svanirà nell’oblio. Ma lei, la Madre, conserva tutto nel suo cuore, custodisce lì tutto ciò che hai vissuto e conosce bene il significato di ogni cosa e di ogni momento. Lei non dimentica. E per questo, ogni volta che vai a pregare, a conversare con lei, lei potrà capire più di chiunque altro ciò che le dici e anche ciò che non le dici, alla luce del Vangelo. Perché lei può leggere ogni tuo momento nel contesto di tutto ciò che hai vissuto. Per questo, connettendoti con Maria, la tua vita riceve dal Vangelo quella luce di cui hai bisogno per capire il tuo cammino personale.

Evangelizzati dal volto della Madre

In modo misterioso, senza parole, grazie all’azione segreta dello Spirito Santo, senza che nessuno glielo insegni o glielo spieghi, molte persone semplici ricevono nel loro intimo il messaggio del Vangelo guardando Maria, e così vengono evangelizzate. Per questo diciamo che il Popolo fedele non si allontana da Cristo, né dal Vangelo, quando si trova di fronte a lei, ma riesce a leggere «in quell’immagine materna tutti i misteri del Vangelo».[2] (cfr. MPF 77)

Il Documento di Aparecida lo esprimeva così, riferendosi al pellegrino che arriva davanti a un’immagine di Maria:

«L’arrivo è un incontro d’amore. Lo sguardo del pellegrino si posa su un’immagine che simboleggia la tenerezza e la vicinanza di Dio. L’amore si ferma, contempla il mistero, gode in silenzio. [...] Un breve istante condensa una viva esperienza spirituale».[3]

«Contempla il mistero». Vediamo come lo spiega la Nota dottrinale Mater populi fidelis offrendo diversi esempi concreti di ciò che vive un fedele semplice e sofferente quando trova in Maria il Vangelo:

«Perché, in quel volto materno, vede riflesso il Signore che ci cerca (cf. Lc 15,4-8), che viene incontro a noi con le braccia aperte (cf. Lc 15,20), che si ferma davanti a noi (cf. Lc 18,40), che si curva su di noi e ci solleva verso la sua guancia (cf. Os 11,4), che ci guarda con amore (cf. Mc 10,21) e che non ci condanna (cf. Gv 8,11; Os 11,9). Nel suo volto materno, molti poveri riconoscono il Signore che “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc 1,52). Questo volto di donna canta il mistero dell’Incarnazione. In questo volto della Madre, trafitta dalla spada (cf. Lc 2,35), il Popolo di Dio riconosce il mistero della Croce, e in quel volto, illuminato dalla luce pasquale, percepisce che Cristo è vivo. Ed ella, che ricevette in pienezza lo Spirito Santo, è colei che sostiene gli apostoli riuniti in preghiera nel Cenacolo (cf. At 1,14)» (MPF 77).

Cioè, senza leggere o studiare il testo di Luca 15, nel volto di Maria riconoscono la misericordia e la tenerezza del Padre Dio. Senza leggere il testo di Osea 11, guardando Maria sentono che quel Padre li solleva verso la sua guancia. Senza leggere il racconto della Passione, in Maria trafitta dalla spada leggono il mistero della Croce redentrice. Senza leggere i racconti della risurrezione né seguire corsi accademici sul Mistero pasquale, nel volto di Maria scoprono che Cristo è vivo e che c’è speranza. Molti intellettuali non comprendono questo, perché tutto ciò ha una logica diversa: è qualcosa che avviene in modo segreto, misterioso, mistagogico, simbolico, che a volte la persona stessa che lo vive non sa spiegare, ma nell’incontro con Maria è stata illuminata dal Vangelo. Anche per questo Maria è evangelizzatrice.

Quindi, ci troviamo di fronte a una chiarificazione estremamente importante, fondamentale per una Mariologia sana: non è che Dio sia distante e Maria ci dia quella vicinanza che Dio non ha. Per favore, non dirlo. È esattamente il contrario: è impossibile per Maria essere più vicina a noi del Padre, di Cristo, dello Spirito Santo. Assolutamente no. Ciò che accade è che in lei, nel suo volto di Madre, possiamo facilmente scoprire la vicinanza di Dio, che è Colui che raggiunge la profonda intimità dei nostri cuori. In lei riconosciamo quell’amore del Padre di cui il Vangelo ci parla, la tenerezza di Cristo e la potenza dello Spirito che leggiamo nei testi del Vangelo. Lei è la trasparenza del nostro Dio vicino, misericordioso e compassionevole, come presentato nel Vangelo.

Madre della grazia

Maria però non è evangelizzatrice solo perché in lei riceviamo il messaggio del Vangelo, ma anche perché con il suo aiuto materno ci aiuta ad accoglierlo con il cuore e a viverlo. Questa è opera della grazia, e noi ci chiediamo cosa c’entri Maria con tutto questo. Ella non può meritare per noi la grazia santificante, perché «nessuno può meritare la grazia prima per un altro, se non Cristo solo».[4] Ella stessa ha ricevuto la grazia «in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano»[5]. Tuttavia, molti dottori hanno spiegato che è ragionevole (congruo) che Dio ascolti un’intercessione[6] e agisca ascoltandola, perché è sua volontà. Per questo motivo può voler liberamente riversare la sua grazia esaudendo il desiderio della Madre che prega per i suoi figli. In questo modo la Madre viene incorporata nella sua opera, in quella che viene solitamente chiamata «mediazione partecipata».[7] Questo desiderio di amore materno aveva una forza particolare quando lei offriva la sua sofferenza accanto alla Croce dell’unico Redentore (cfr. MPF 32).

D’altra parte, vediamo cosa spiega la Nota dottrinale Mater populi fidelis, quando afferma:

«Lei, con la sua intercessione, può implorare per noi gli impulsi interiori dello Spirito Santo, che chiamiamo “grazie attuali”. Si tratta di quegli aiuti dello Spirito Santo che operano anche nei peccatori al fine di disporli alla giustificazione, e altresì in coloro che sono già giustificati dalla grazia santificante, al fine di stimolarli alla crescita. In tale senso preciso, si deve interpretare il titolo di “Madre della grazia”. Maria umilmente collabora affinché possiamo aprire il cuore al Signore, il quale è l’unico che può giustificarci con l’azione della grazia santificante [...]. Questa è opera esclusiva dello stesso Signore, tuttavia non esclude che, attraverso l’azione materna di Maria, i fedeli possano raggiungere quelle parole, immagini e stimoli differenti che li aiutano ad andare avanti nella vita, e a preparare, a disporre il cuore per la grazia che il Signore infonde, come anche a crescere nella vita di grazia, ricevuta gratuitamente» (MPF 69). «Maria sviluppa così un’azione singolare per aiutarci ad aprire i nostri cuori a Cristo e alla sua grazia santificante, che eleva e guarisce. Quando lei comunica suscitando diverse “mozioni”, queste devono essere sempre intese come stimoli per aprire le nostre vite all’Unico che opera nel più intimo del nostro essere» (MPF 70).

Per questo la vediamo salda a Pentecoste, accompagnando la preghiera degli apostoli affinché si aprissero all’arrivo dello Spirito Santo (cfr. At 1,14). Lo stesso fa ora, non solo attraverso il suo esempio e la sua intercessione, ma anche attraverso “parole, immagini e stimoli” che lei, come Madre, sa come farci arrivare. Lo abbiamo visto nel corso di tutta la storia dell’evangelizzazione.

La Madre incarnata nelle nostre vite

Maria è evangelizzatrice anche per un altro motivo. Perché i deboli, i sofferenti, i poveri e i feriti riconoscono in Maria una di loro, e per questo non hanno paura di lei, si affidano docilmente a lei, si lasciano evangelizzare da lei. Ricordiamo che i vescovi latinoamericani dicevano ad Aparecida che i poveri «incontrano la tenerezza e l’amore di Dio nel volto di Maria».[8]Vediamo come lo spiega la Nota Mater populi fidelis:

«Il Popolo semplice e povero non separa la Madre gloriosa da Maria di Nazaret, che incontriamo nei Vangeli. Al contrario, riconosce la semplicità dietro la gloria, e sa che Maria non ha cessato di essere una di loro. È colei che, come ogni madre, ha portato suo figlio in grembo, lo ha allattato, lo ha cresciuto amorevolmente con l’aiuto di San Giuseppe, e non le sono mancati gli scossoni e i dubbi della maternità (cf. Lc 2,48-50). È colei che canta al Dio che “ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1,53), colei che soffre con gli sposi che sono rimasti senza vino per la loro festa (cf. Gn 2,3), che sa correre a dare una mano alla cugina che ne ha bisogno (cf. Lc 1,39-40), che si lascia ferire, come trafitta da una spada a causa della storia del suo popolo, di cui suo Figlio è “segno di contraddizione” (Lc 2,34); è colei che capisce cosa significa essere un migrante o un esule (cf. Mt 2,13-15), che nella sua povertà può offrire solo due piccoli colombi (cf. Lc 2,24) e che sa cosa vuol dire essere disprezzati per appartenere alla famiglia di un povero falegname (cf. Mc 6,3-4). I popoli sofferenti riconoscono Maria che cammina al loro fianco e per questo cercano la Madre per implorare il suo aiuto» (MPF 78).

Lei non solo intercede per noi, affinché possiamo aprire il nostro cuore a Cristo, ma è anche un segno potente e bello della vicinanza di Dio che è veramente Dio con noi. Ella ci permette di smettere di sentire Dio come qualcuno lontano, incapace di comprendere e condividere le nostre vite, e in questo modo ammorbidisce i nostri cuori affinché il Signore possa compiere la sua opera in noi.

Prima e massima collaboratrice dell’opera della Redenzione

Per tutte queste ragioni, Maria evangelizza, ma non redime. La Bibbia dice con estrema chiarezza: «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,12). L’unico Redentore è Cristo e usare questa parola per riferirsi a Maria può complicare troppo le cose. Quando parliamo di parole, titoli o espressioni usate dal Popolo di Dio, è importante distinguere bene ciò che chiamiamo “pietà popolare”: alcuni gruppi sviluppano un’intera argomentazione per difendere alcune espressioni, ed è loro diritto farlo, ma questa non è la pietà popolare, perché non si tratta di espressioni usate dalla grande maggioranza del Popolo di Dio. I fedeli semplici non usano un linguaggio tecnico fatto di titoli e dogmi, ma manifestano il loro apprezzamento per Maria in altro modo, come quando nel pellegrinaggio del Rocío in Andalusia dicono: “Che bella che sei!”, o soprattutto quando in America Latina la chiamano “Mamita” o “Mamacita”. Non abbiamo una parola più bella per Maria: Madre di Dio, Madre della Chiesa, Madre della grazia, Madre dell’evangelizzazione: Madre…

Tuttavia, ricordiamo ciò che afferma il documento Mater populi fidelis quando sostiene che se per ogni credente la sua «cooperazione con Cristo diventa tanto più fruttuosa quanto più si lascia trasformare dalla grazia, a maggior ragione ciò si deve affermare di Maria, in un modo unico e supremo […]. Lei è la Madre che ha dato al mondo l’Autore della Redenzione e della grazia, che è rimasta ferma sotto la Croce (cf. Gv 19,25), soffrendo insieme al Figlio, offrendo il dolore del suo cuore materno trafitto dalla spada (cf. Lc 2,35). Lei è rimasta unita a Cristo dall’Incarnazione alla Croce e alla Resurrezione in un modo esclusivo e superiore a quanto potesse accadere a qualsiasi credente» (MPF 32).

Da qui deriva che lo stesso documento sostiene testualmente che Maria è la «prima e massima collaboratrice dell’opera della Redenzione e della grazia» (MPF 22) e che «esiste una singolare collaborazione di Maria all’opera salvifica che Cristo compie nella sua Chiesa» (MPF 42).

Evangelizzazione integrale

Ma se parliamo di Maria e dell’evangelizzazione, non possiamo dimenticare che la Chiesa propone un’evangelizzazione integrale, che non separa la fede dalla vita concreta e dalla dignità delle persone. Lo vediamo in Maria quando, nonostante avesse ricevuto il tremendo annuncio dell’angelo, corse senza indugio ad aiutare sua cugina Elisabetta (cfr. Lc 1,39-40). Questo è il suo cuore evangelizzatore, che non si accontenta di darci il massimo, che è Gesù Cristo. Come vera Madre piena d’amore, si preoccupa di tutta la nostra vita, nel corpo e nell’anima, e non separa la fede dalla promozione delle persone.

Lo vediamo anche nell’atteggiamento di servizio e compassione che ha mostrato alle nozze di Cana (cfr Gv 2,1-11) e oggi continua a rivolgersi a Gesù per dirgli: «Non hanno più vino» (Gv 2,3). Questo testo ci mostra Maria come interceditrice, ma non solo per i nostri bisogni spirituali, ma anche di fronte alle più svariate necessità delle nostre famiglie.

Lei, solidale con le sofferenze dei poveri, loda Dio perché «ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati» (Lc 1,52-53).

Alcune perle di Francesco

In quest’ultima parte riprenderemo brevemente alcuni paragrafi mariani tratti da tre documenti di Papa Francesco.

In Christus vivit si trova una descrizione di Maria nel Vangelo come Madre preoccupata per l’evangelizzazione. Dice così: «Maria era la ragazza con un’anima grande che esultava di gioia (cfr Lc 1,47), era la fanciulla con gli occhi illuminati dallo Spirito Santo che contemplava la vita con fede e custodiva tutto nel suo cuore (cfr Lc 2,19,51). Era quella inquieta, quella pronta a partire [...]. Con la sua presenza, è nata una Chiesa giovane, con i suoi Apostoli in uscita per far nascere un mondo nuovo (cfr At 2,4-11)» (ChV 46-47).

In Evangelii gaudium Papa Francesco capovolge l’espressione “Maria ci porta a Cristo” e dice qualcosa di sorprendente: «Ai piedi della croce, nell’ora suprema della nuova creazione, Cristo ci conduce a Maria. Ci conduce a lei perché non vuole che camminiamo senza una madre» (EG 285).

Cioè, Cristo ha voluto che tutta la sua opera salvifica avesse una Madre, una presenza e un volto materno, e per questo Cristo ci porta a lei, che «cammina con noi, combatte con noi, ed effonde incessantemente la vicinanza dell’amore di Dio» (EG 286).

Infine, in Gaudete et exsultate ci invita ad avvicinarci a lei senza timore per ricominciare sempre: «Lei non accetta che quando cadiamo rimaniamo a terra e a volte ci porta in braccio senza giudicarci» (GE 176).

Per questo, continua, «la Madre non ha bisogno di tante parole, non le serve che ci sforziamo troppo per spiegarle quello che ci succede» (ibid).  Basta ripetere più volte quelle parole che abbiamo imparato da bambini. Diciamole ora insieme: «Ave Maria...».

Victor Manuel Card. Fernandez

 


[1] J.L. Guerrero Rosado, Nican Mopohua: Qui si racconta... il grande evento, Cuautitlán 2003, nn. 23, 119.

[2]  Francesco, Esort. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 285: AAS 105 (2013), 1135.

[3] Consiglio Episcopale Latinoamericano, V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (Aparecida, 13-31 maggio 2007), n. 259.

[4] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 114, a. 6, co.

[5] Pio IX, Cost. ap. Ineffabilis Deus (8 dicembre 1854): Pontificis Maximi Acta. Pars prima, Romae 1854, 616: «… la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale» (DH 2803); Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964), n. 53: AAS 57 (1965), 58: «Redenta in modo eminente in vista dei meriti del Figlio suo».

[6] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 114,  a. 6, ad 3.

[7] S. Giovanni Paolo II, Carta enc. Redemptoris Mater (25 marzo 1987), n. 38: AAS 79 (1987), 411-412; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 62: AAS 57 (1965), 63.

[8] Consiglio Episcopale Latinoamericano, V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (Aparecida, 13-31 maggio 2007), n. 265.