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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

II ASSEMBLEA SPECIALE PER L'AFRICA
DEL SINODO DEI VESCOVI
4-25 OTTOBRE 2009

La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.
"Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14)


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

04 - 05.10.2009

SOMMARIO


- SOLENNE APERTURA DELLA II ASSEMBLEA  SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI
- PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 5 OTTOBRE 2009, ANTEMERIDIANO)
- AVVISI

SOLENNE APERTURA DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI

Ieri, domenica 4 ottobre 2009, giorno in cui viene ricordato San Francesco d’Assisi, conclusa nella Basilica di San Pietro la Concelebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali in occasione della solenne apertura della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, ritmata da canti africani, durante la quale si è pregato anche in diverse lingue africane, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Nell’introdurre la preghiera mariana il Papa ha detto: “Il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II convocò il primo ‘Sinodo africano’ nel 1994, nella prospettiva dell’anno 2000 e del terzo millennio cristiano. Egli, che col suo zelo missionario si fece tante volte pellegrino in terra africana, ha raccolto i contenuti emersi da quell’assise nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa, rilanciando l’evangelizzazione del Continente. A distanza di quindici anni, questa nuova Assemblea si pone in continuità con la prima, per verificare il cammino compiuto, approfondire alcuni aspetti ed esaminare le sfide più recenti. Il tema scelto è: ‘La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace’ - accompagnato da una parola di Cristo rivolta ai discepoli: ‘Voi siete il sale della terra … voi siete la luce del mondo’ (Mt 5,13.14). Il Sinodo costituisce sempre un’intensa esperienza ecclesiale, un’esperienza di responsabilità pastorale collegiale nei confronti di un aspetto specifico della vita della Chiesa, oppure, come in questo caso, di una parte del Popolo cristiano determinata in base all’area geografica. Il Papa e i suoi più stretti collaboratori si riuniscono insieme con i Membri designati dell’Assemblea, con gli Esperti e gli Uditori, per approfondire la tematica prescelta. È importante sottolineare che non si tratta di un convegno di studio, né di un’assemblea programmatica. Si ascoltano relazioni ed interventi in aula, ci si confronta nei gruppi, ma tutti sappiamo bene che i protagonisti non siamo noi: è il Signore, il suo Santo Spirito, che guida la Chiesa. La cosa più importante, per tutti, è ascoltare: ascoltarsi gli uni gli altri e, tutti quanti, ascoltare ciò che il Signore vuole dirci. Per questo, il Sinodo si svolge in un clima di fede e di preghiera, in religiosa obbedienza alla Parola di Dio. Al Successore di Pietro spetta convocare e guidare le Assemblee sinodali, raccogliere quanto emerso dai lavori e offrire poi le opportune indicazioni pastorali. Cari amici, l’Africa è un Continente che ha una straordinaria ricchezza umana. Attualmente, la sua popolazione ammonta a circa un miliardo di abitanti e il suo tasso di natalità complessivo è il più alto a livello mondiale. L’Africa è una terra feconda di vita umana, ma questa vita è segnata purtroppo da tante povertà e patisce talora pesanti ingiustizie. La Chiesa è impegnata a superarle con la forza del Vangelo e la solidarietà concreta di tante istituzioni ed iniziative di carità. Preghiamo la Vergine Maria, perché benedica la II Assemblea sinodale per l’Africa e ottenga pace e sviluppo per quel grande e amato Continente”.

Quindi, dopo la recita della Preghiera mariana, il Papa ha aggiunto, in diverse lingue: “[in italiano] Al termine della preghiera dell’Angelus di questa particolare domenica, in cui ho aperto la Seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, non posso dimenticare i conflitti che, attualmente, mettono a rischio la pace e la sicurezza dei Popoli del Continente africano. In questi giorni ho seguito con apprensione i gravi episodi di violenza che hanno scosso la popolazione della Guinea. Esprimo le mie condoglianze alle famiglie delle vittime, invito le parti al dialogo, alla riconciliazione e sono certo che non si risparmieranno gli sforzi per raggiungere un'equa e giusta soluzione. Nel pomeriggio di sabato prossimo, 10 ottobre, insieme con i Padri sinodali, guiderò nell’Aula Paolo VI una speciale recita del santo Rosario ‘con l’Africa e per l’Africa, animata dai giovani universitari di Roma. Si uniranno alla preghiera, in collegamento via satellite, gli studenti di alcuni Paesi africani. Cari giovani universitari, vi attendo numerosi, per affidare a Maria Sedes Sapientiae il cammino della Chiesa e della società nel Continente africano. [in Francese] Oggi si apre la seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Vi invito a sostenere con la preghiera la riflessione e i lavori dei padri sinodali. Vi invito anche a pregare per questo amato continente africano che ho visitato lo scorso mese di marzo. Che Dio lo benedica e gli conceda la pace, la riconciliazione e la giustizia e che dia alla Chiesa in Africa la forza e il coraggio di essere “sale della terra” e “luce del mondo” per essere testimoni della vita vera in Gesù Cristo. Affido questo Sinodo all’intercessione materna della Vergine Maria, protettrice dell’Africa! Che Dio vi benedica! [in Inglese] Vi invito tutti a unirvi a me nella preghiera per la seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, inaugurata questa mattina nella Basilica di San Pietro. E’nostro auspicio che questo grande evento ecclesiale rafforzi la Chiesa in Africa nella sua testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo e nei suoi sforzi per promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace fra I suoi popoli. Possa il Sinodo far sì che gli occhi del mondo si rivolgano a quel grande continente, e possa altresì ispirare una rinnovata solidarietà con i nostri fratelli e le nostre sorelle dell’Africa. Mentre affidiamo le nostre preghiere all’intercessione della Santa Vergine, invoco su di voi e sulle vostre famiglie la benedizione di Dio, affinché pace e gioia siano con voi! [in Tedesco] Con la santa Messa nella Basilica di San Pietro, questa mattina abbiamo inaugurato la seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Il tema è: “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo”. Per essere veramente sale della terra e luce del mondo, abbiamo bisogno della misericordia di Dio. Preghiamo il Signore perché renda i nostri fratelli nella fede in Africa e noi stessi sempre più testimoni della riconciliazione, della giustizia e della pace. A tutti voi auguro una buona domenica.”.

Al centro della II Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata all’Africa ci saranno i temi della riconciliazione, della giustizia e della pace, che furono affrontati - a distanza di 15 anni - anche nella I Assemblea Speciale dedicata alla terra africana tutt’ora lacerata da genocidi, guerre civili, AIDS, fame e numerosissime altre piaghe. “Quando si parla di tesori dell'Africa - ha sottolineato Papa Benedetto XVI nella sua omelia di ieri - il pensiero va subito alle risorse di cui è ricco il suo territorio e che purtroppo sono diventate e talora continuano a essere motivo di sfruttamento, di conflitti e di corruzione”. “Invece - ha precisato - la Parola di Dio ci fa guardare a un altro patrimonio: quello spirituale e culturale, di cui l'umanità ha bisogno ancor più che delle materie prime”. Il Papa ha sottolineato che “l’Africa rappresenta un immenso ‘polmone’ spirituale per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza. Ma anche questo ‘polmone’ può ammalarsi. E al momento almeno due pericolose patologie lo stanno intaccando: anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista. Senza entrare nel merito della genesi di tali mali dello spirito, rimane tuttavia indiscutibile che il cosiddetto ‘primo’ mondo talora ha esportato e sta esportando tossici rifiuti spirituali, che contagiano le popolazioni di altri continenti, tra cui in particolare quelle africane. In questo senso il colonialismo, finito sul piano politico, non è mai del tutto terminato. Ma, proprio in questa stessa prospettiva, va segnalato un secondo ‘virus’ che potrebbe colpire anche l’Africa, cioè il fondamentalismo religioso, mischiato con interessi politici ed economici. Gruppi che si rifanno a diverse appartenenze religiose si stanno diffondendo nel continente africano; lo fanno nel nome di Dio, ma secondo una logica opposta a quella divina, cioè insegnando e praticando non l’amore e il rispetto della libertà, ma l’intolleranza e la violenza”. La Chiesa in Africa può dare un “grande contributo a tutta la società”, ha sottolineato il Papa. “La riconciliazione, dono di Dio che gli uomini devono implorare ed accogliere, è fondamento stabile su cui costruire la pace, condizione indispensabile per l’autentico progresso degli uomini e della società, secondo il progetto di giustizia voluto da Dio. Negli ultimi anni la Chiesa Cattolica in Africa ha conosciuto un grande dinamismo”, ha ricordato Benedetto XVI, che si è rivolto anche ai fedeli laici, “chiamati a diffondere il profumo della santità nella famiglia, nei luoghi di lavoro, nella scuola e in ogni altro ambito sociale e politico”. Proteggere i bambini con mano materna, “anche quando non sono ancora nati” è una delle esortazioni rivolte ieri da Benedetto XVI all’Africa: “La realtà dell’infanzia costituisce una parte grande e purtroppo sofferente della popolazione africana”. Bambini per i quali la Chiesa, “in Africa, e in ogni altra parte della terra, manifesta la propria maternità”, “anche quando non sono ancora nati”. Cogliendo “brevemente una suggestione che precede ogni riflessione e indicazione di tipo morale, e che si collega ancora al primato del senso del sacro e di Dio, il Papa ha voluto puntualizzare. “Il matrimonio, così come la Bibbia ce lo presenta, non esiste al di fuori della relazione con Dio. La vita coniugale tra l’uomo e la donna, e quindi della famiglia che ne deriva, è inscritta nella comunione con Dio e, alla luce del Nuovo Testamento, diventa icona dell’Amore trinitario e sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Nella misura in cui custodisce e sviluppa la sua fede, l’Africa potrà trovare risorse immense da donare a vantaggio della famiglia fondata sul matrimonio”.

[00015-XX.08RE000] [Testo originale: plurilingue]

PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE (LUNEDÌ, 5 OTTOBRE 2009, ANTEMERIDIANO)

Questa mattina lunedì 5 ottobre 2009 alle ore 09.00, alla presenza del Santo Padre, nell’Aula del Sinodo in Vaticano, con il canto dell’Ora Terza, aperto dall’inno Veni, Creator Spiritus, hanno avuto inizio i lavori della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, con la Prima Congregazione Generale.

Il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto la riflessione.

Parlando dell’azione dello Spirito Santo, il Papa ha spiegato che solo grazie alla sua forza la Chiesa continua nella propria opera, e, invocandolo, prega che la Pentecoste non sia solo un evento del passato ma si ricrei qui ed ora. La Chiesa, ha aggiunto, non è organizzazione, ma il frutto dello Spirito, verso la Città di Dio che raccoglie tutte le culture. Ed è proprio la lingua di fuoco che da la parola giusta, perché si giunga ad una vera unità nella pluralità, collaborando nell’atto creativo di Dio. Tre le parole oggetto di riflessione: “Confessio”, “Caritas”,“Prossumus”. La “Confessio”, ha detto il Papa, è rinnovamento e trasformazione, perché attraverso la luce di Dio si possa vedere la realtà, conoscere noi stessi e poi comprendere la realtà del mondo, quindi testimoniare ed evangelizzare. Parlando della “Caritas”, il Santo Padre ha ricordato che il Cristianesimo non è una somma di idee, né una filosofia: si diventa cristiani per amore. Citando il brano evangelico del buon Samaritano, il Papa ha ricordato che la carità è universale e concreta. L’universalità parte dall’amore del prossimo, “prossumus”. L’Amore che viene dallo Spirito Santo, ha spiegato il Papa, ci richiama ad una responsabilità attiva per il vicino, che poi diventa universalità, per essere i servitori di questa ora del mondo.

[00016-01.03] [00000] [Testo originale: italiano]

Pubblicheremo appena possibile il testo integrale della riflessione del Papa.

Il presidente delegato di turno S.Em. Card. Francis ARINZE, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (Città del Vaticano).

L’assemblea sinodale aperta ieri da Benedetto XVI, che ha presieduto la solenne Concelebrazione Eucaristica nella Basilica di San Pietro, accoglierà fino al 25 ottobre 2009 una rappresentanza dei Presuli del mondo, sul tema La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13.14).

Sono intervenuti a questa Prima Congregazione Generale, dopo l’ora Terza, S.Em. Card. Francis ARINZE, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (CITTÀ DEL VATICANO), per il Saluto del Presidente Delegato; S.E.R. Mons. Nikola ETEROVIĆ, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi (CITTÀ DEL VATICANO), per la Relazione del Segretario Generale.
Dopo l’intervallo è intervenuto S.Em. Card. Peter Kodwo Appiah TURKSON, Arcivescovo di Cape Coast (GHANA), per la Relazione prima della Discussione del Relatore Generale.

A conclusione della lettura della Relatio ante disceptationem è seguito un breve momento di interventi liberi.

Pubblichiamo qui di seguito i testi integrali degli interventi, pronunciati in Aula:

- SALUTO DEL PRESIDENTE DELEGATO, S.EM.R. CARD. FRANCIS ARINZE, PREFETTO EMERITO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI (CITTÀ DEL VATICANO)
- RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, S.E.R. MONS. NIKOLA ETEROVIĆ (CITTÀ DEL VATICANO)
- RELAZIONE PRIMA DELLA DISCUSSIONE DEL RELATORE GENERALE, S.EM.R. CARD. PETER KODWO APPIAH TURKSON, ARCIVESCOVO DI CAPE COAST (GHANA)

La Prima Congregazione Generale della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi si è conclusa alle ore 12.25 con la Recita dell’Angelus Domini guidata dal Santo Padre.

Erano presenti 226 Padri Sinodali.

La Seconda Congregazione Generale, nel corso della quale saranno presentate le Relazioni sui cinque Continenti, avrà luogo nel pomeriggio di oggi, 5 ottobre 2009, alle ore 16.30.

SALUTO DEL PRESIDENTE DELEGATO, S. EM. R. CARD. FRANCIS ARINZE, PREFETTO EMERITO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI (CITTÀ DEL VATICANO)

Santo Padre,
I vescovi dell’Africa e del Madagascar e delle isole attigue la ringraziano per aver convocato questa Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.
La Chiesa vuole essere sempre più fedele a quel aspetto della sua missione che è l’essere al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.
Il nostro continente ha conosciuto sofferenze evitabili, ingiustizia, oppressione, repressione, sfruttamento, tensione e la guerra, che allontana le persone dalle proprie case e produce fame e malattia. Ma l’Africa ha conosciuto anche l’amore fraterno, la solidarietà con i sofferenti, i comitati per la verità e la riconciliazione, gli aiuti regionali tra paesi e qualche progresso verso lo sviluppo integrale, come lei, Santità, ha spiegato nella Caritas in veritate.
Il nostro amato Signore e Salvatore Gesù Cristo è la nostra pace (cfr. Ef 2, 14). Ci ha insegnato che ciò che facciamo al più piccolo dei suoi fratelli e delle sue sorelle lo facciamo a Lui (cfr. Mt 25, 40). Ha perdonato coloro che lo crocifiggevano e ha pregato per loro (cfr. Lc 23, 34). Ha mandato la sua Chiesa a essere la luce del mondo e ad agire come sale e lievito nella società (cfr. Mt 5, 13, 14; Mc 9, 50; Lc 13, 21). Ci ha mandato lo Spirito Santo.
Grazie, Santo Padre, per aver convocato i rappresentanti dei vescovi dell’Africa a riflettere, in queste tre settimane, insieme con i capi dei suoi dicasteri della Curia Romana e i rappresentanti dell’episcopato di tutto il mondo cattolico, con l’aiuto di un gruppo altamente qualificato di esperti in teologia e in altri ambiti, e con i rappresentanti dei sacerdoti, delle persone consacrate e dei fedeli laici.
Ci benedica, Santo Padre, mentre ci accingiamo a iniziare i lavori! Sotto la guida dello Spirito Santo, possa il lavoro di questo Sinodo aiutare a progredire verso la promozione della riconciliazione, della giustizia e della pace in Africa e in Madagascar e anche chiarire meglio e intensificare il ruolo della Chiesa.

[00009-01.04] [RE000] [Testo originale: inglese]

RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, S.E.R. MONS. NIKOLA ETEROVIĆ (CITTÀ DEL VATICANO)

Padre Santo,
Eminentissimi ed Eccellentissimi Padri,
Cari fratelli e sorelle,

“Con la forza dello Spirito Santo rivolgo a tutti questo appello: ‘Lasciatevi riconciliare!’ (2 Cor 5,20). Nessuna differenza etnica o culturale, di razza, di sesso o di religione deve divenire tra voi motivo di contesa. Voi siete tutti figli dell’unico Dio, nostro Padre, che è nei cieli. Con questa convinzione sarà finalmente possibile costruire un’Africa più giusta e pacifica, all’altezza delle legittime attese di tutti i suoi figli” [1].
Ispirato dallo Spirito Santo che guida i credenti nello scrutare la sacra Scrittura, con queste parole, che mostrano la Sua premura apostolica nell’esercizio della sollecitudine per tutta la Chiesa, Vostra Santità ha espresso il suo amore per la Chiesa pellegrina in 53 Paesi africani, come pure per tutta l’Africa, continente di grande dinamismo ma anche di non poche sfide. Lo ha fatto a Yaoundé, capitale del Camerun, durante la sua prima Visita Apostolica in Africa che ha avuto luogo dal 17 al 23 marzo 2009. In tale occasione Ella ha idealmente aperto i lavori della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Infatti, al termine dell’Eucaristia celebrata nello stadio Amadou Ahidjo, nella solennità di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria, Ella ha consegnato ai Presidenti di 36 Conferenze Episcopali dell’Africa e ai Capi di 2 Sinodi dei Vescovi delle Chiese Cattoliche Orientali sui iuris, come pure dell’Assemblea della Gerarchia della Chiesa Cattolica d’Egitto, l’Instrumentum laboris, documento di lavoro della presente Assise sinodale. Lo stadio di Yaoundé era diventato il cuore del continente perché intorno a Lei, Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa, si erano stretti i Vescovi delle Chiese particolari, “rappresentando in qualche modo la Chiesa presente tra tutti i popoli dell’Africa” [2]. In tale occasione la Santità Vostra ha invitato tutti i fedeli ad accompagnare i loro Pastori con la preghiera nella preparazione e soprattutto nello svolgimento dei lavori del grande evento ecclesiale qual è la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Vostra Santità ha dunque affidato la celebrazione dell’Assise sinodale alla protezione della Beata Vergine Maria, Nostra Signore d’Africa, invocando la sua intercessione affinché “la Regina della Pace sostenga gli sforzi di tutti gli ‘artigiani’ di riconciliazione, di giustizia e di pace!” [3]. Nell’incontro con il Consiglio Speciale per l’Africa, nella sede della Nunziatura Apostolica di Yaoundé, Ella, Santo Padre, ha per primo recitato la preghiera mariana che ha voluto comporre per accompagnare la preparazione dell’Assise sinodale e per implorare l’abbondanza di grazie dello Spirito Santo allo scopo di ottenere un rinnovato dinamismo della Chiesa disposta a servire sempre meglio gli uomini di buona volontà del continente africano. All’inizio dei lavori sinodali, facciamo nostra tale preghiera, affinché le riflessioni dell’Assemblea sinodale contribuiscano a far crescere la speranza per i popoli africani e per il Continente nel suo insieme; contribuiscano ad infondere a ciascuna delle Chiese locali in Africa “un nuovo slancio evangelico e missionario al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, secondo il programma formulato dal Signore stesso: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13.14). Che la gioia della Chiesa in Africa di celebrare questo Sinodo sia anche la gioia della Chiesa universale!” [4].
Tale auspicio di Vostra Santità si sta realizzando. Ne sono testimoni i rappresentanti degli Episcopati di tutti i continenti che volentieri hanno accettato la nomina pontificia per partecipare all’Assise sinodale, significando la loro vicinanza alla Chiesa Cattolica in Africa, parte promettente della Chiesa universale. Saluto pertanto, i rappresentanti delle Conferenze Episcopali di altri 4 continenti, come pure i Vescovi provenienti da 17 Paesi. Insieme con i loro confratelli d’Africa, essi sono disposti a pregare, a dialogare, a riflettere sul presente e sul futuro della Chiesa Cattolica nel continente africano. In tale modo essi si inseriscono nel processo sinodale di dare e di ricevere, di partecipare alle gioie e ai dolori, alle speranze e alle preoccupazioni, condividendo i doni spirituali per l’edificazione non solamente di alcune Chiese particolari d’Africa, bensì di tutta la Santa Chiesa di Dio diffusa nel mondo intero.
Saluto cordialmente tutti i 244 membri della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, di cui 78 partecipanti ex officio, 129 sono eletti e 36 sono di nomina Pontificia. Tra essi vi sono 33 cardinali, 79 arcivescovi e 156 vescovi. Quanto agli uffici svolti, vi sono 37 Presidenti delle Conferenze Episcopali, 189 Vescovi Ordinari, 4 Coadiutori, 2 Ausiliari e 8 (arci)vescovi emeriti.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai Delegati fraterni, rappresentanti di 6 Chiese e comunità ecclesiali, ringraziando per avere accettato l’invito di prendere parte a questo evento ecclesiale.
Saluto, poi, 29 Esperti e 49 Uditori, disposti a dare il loro contributo al buon svolgimento dei lavori sinodali, arricchendo la riflessione con le loro significative testimonianze.
Ringrazio pure la preziosa collaborazione degli Assistenti, dei Traduttori e del personale tecnico, come pure dei generosi Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Senza il loro qualificato e generoso contributo non sarebbe stato possibile organizzare questa Assise sinodale.
La presente relazione è composta di VI parti:
I. Significato della Visita Apostolica in Africa
II. Alcuni dati statistici
III. Indizione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa
IV. Preparazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa
V. Osservazioni d’indole metodologica
VI. Conclusione

I. Significato della Visita Apostolica in Africa

Saluto in modo particolare i 197 Padri sinodali provenienti dai Paesi africani. A loro nome ringrazio Vostra Santità per la Visita Apostolica in Africa che è stata organizzata con lo sguardo alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Ne testimonia anche il motto che Vostra Santità ha scelto per la sua prima Visita pastorale nel continente africano: “Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13. 14), lo stesso della presente Assemblea sinodale.
Grazie, Santo Padre, soprattutto per l’illuminato magistero impartito nel corso di tale Visita Apostolica. Anche se materialmente si è realizzata in due Paesi: Camerun ed Angola, essa ha interessato tutta l’Africa. Inoltre, essa ha ulteriormente rafforzato i vincoli d’unità che nella fede, nella speranza e nella carità, caratterizzano i rapporti tra il Vescovo di Roma e i suoi confratelli nell’episcopato, posti a capo delle Chiese particolari d’Africa, come pure tra questi ed i fedeli affidati alle loro cure pastorali, con riferimento ideale a tutti gli uomini di buona volontà del grande continente africano. Infatti, il Vangelo, Buona Notizia, è stato indirizzato a tutti gli abitanti d’Africa e di tutto il mondo. Riferendosi alla vita di santa Josephina Bakhita, che il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha canonizzato il 1° ottobre 2000, Vostra Santità ha proposto la sua splendida figura come esempio dell’auspicata trasformazione degli uomini e delle donne dell’intero continente, risultato del loro incontro con il Dio vivente.
Anche oggi, “il messaggio salvifico del Vangelo esige di essere proclamato con forza e chiarezza, così che la luce di Cristo possa brillare nel buio della vita delle persone” [5]. La luce del Vangelo dissipa le tenebre del peccato anche in Africa ove uomini e donne sono disposti a lasciarsi trasformare da Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, anelando di udire una parola di perdono e di speranza. “Di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla corruzione o all’abuso di potere, un cristiano non può mai rimanere in silenzio” [6]. Tali mali coinvolgono tutti gli abitanti dell’Africa che “implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace, e questo è proprio ciò che la Chiesa offre loro. Non nuove forme di oppressione economica o politica, ma la libertà gloriosa dei figli di Dio (cfr. Rm 8, 21)” [7]. Gli uomini di Chiesa sono pertanto chiamati a farsi apostoli del Vangelo, Buona Notizia anche per l’uomo africano. “Dopo quasi dieci anni del nuovo millennio, questo momento di grazia è un appello a tutti i Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici del Continente a dedicarsi nuovamente alla missione della Chiesa a portare speranza ai cuori del popolo dell’Africa, e con ciò pure ai popoli di tutto il mondo” [8].
Considerata l’importanza di tale Messaggio Apostolico per tutta l’Africa, come pure per le riflessioni sinodali, insieme con l’Instrumentum laboris, è sembrato assai utile consegnare ai Padri sinodali i Discorsi di Vostra Santità nelle lingue disponibili: francese, inglese, italiano, portoghese e spagnolo. Non vi è dubbio, che tali Documenti saranno di grande aiuto ai Padri sinodali e che permetteranno l’approfondimento di alcuni argomenti di fondo, in connessione con il tema della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa.

II. Alcuni dati statistici
Ringraziamo insieme Dio buono e misericordioso per tanti doni che la Chiesa in Africa ha ricevuto e che ha messo a servizio di tutti, specialmente dei più poveri e bisognosi. In particolare, rendiamo grazie per il suo grande dinamismo, che può essere indicato con le seguente statistiche.
Su una popolazione

alquanto significativo se si tiene conto che, per esempio, nel 1978, all’inizio del Pontificato di Papa Giovanni Paolo II, il numero dei cattolici africani era di circa 55.000.000. Nel 1994, anno in cui è stata celebrata la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, il loro numero era di 102.878.000 fedeli, cioè del 14,6% della popolazione africana.
Anche per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, notiamo, nello stesso periodo, una notevole crescita. In tutti i settori si registra, grazie a Dio, un consistente aumento. Esso riguarda, soprattutto, gli operatori pastorali: Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiose, laici impegnati, tra cui i catechisti occupano un posto di rilievo. Può essere significativo paragonare i dati statistici dal 1994 con i dati disponibili dell’anno 2007.
 

  1994 9 2007 10 + %
       
Circoscrizioni ecclesiastiche 444 516 + 16,21
Vescovi 513 657 + 28,07
Sacerdoti 23.263 34.658 + 49,09

diocesani

12.937 23.154 + 78.97

regolari

10.326 11.504 + 11.40
Diaconi permanenti 326 403 + 23,61
Religiosi non sacerdoti 6.448 7.921 + 22,84
Consacrate 46.664 61.886 + 32,62
Membri di istituti secolari 390 578 + 48,20
Missionari laici  1.847 3.590 + 94,36
Catechisti 299.994  399.932 + 33,31
Seminaristi 17.125  24.729  + 44,40


È doveroso ricordare anche gli agenti pastorali che hanno sigillato con il sacrificio della vita il loro servizio ecclesiale. Dal 1994 al 2008 sono morti in Africa ben 521 operatori pastorali. In tale cifra sono inclusi anche 248 vittime della tragedia in Rwanda nel 1994 e, poi, 40 seminaristi minori uccisi nel 1997 in Burundi. Si tratta del personale non solamente africano, ma anche dei missionari provenienti da altri Paesi. Per esempio, nell’anno 2006 sono stati uccisi 11 operatori pastorali: 5 sacerdoti diocesani, di cui 1 peruviano, e 4 religiosi, di cui 1 portoghese e 1 brasiliano, 1 religiosa italiana e 1 missionaria laica portoghese; nel 2007 hanno perso vita 4 operatori pastorali: 1 sacerdote diocesano, 2 religiosi e 1 suora svizzera; nel 2008 sono morti 5 operatori missionari di cui 1 religioso dell’Inghilterra e 1 fratello francese.
Con gli occhi della fede, dietro i dati statistici possiamo riconoscere un grande dinamismo di evangelizzazione del continente africano che spinge gli operatori pastorali all’impegno generoso ed indiviso, fino al dono della propria vita nel martirio. Insieme con l’azione di grazia a Dio Onnipotente per tale dono della sua infinita misericordia, preghiamo affinché tale dinamismo continui, anzi che si rafforzi, per il bene delle Chiese particolari in Africa e nel mondo intero. I Pastori delle Chiese particolari non mancheranno di riconoscere tra tale numero eletto di servitori del Vangelo coloro che potrebbero essere canonizzati, secondo le norme della Chiesa, non solo per aumentare il numero dei santi africani, tra cui non pochi martiri, bensì per ottenere più intercessori nel cielo affinché le care Chiese particolari del continente continuino, con rinnovato zelo, il loro pellegrinaggio terrestre nella lode di Dio e al servizio del prossimo.
Oltre all’evangelizzazione, sua missione principale, la Chiesa Cattolica è assai attiva anche nel campo della carità, della salute, dell’educazione e, in genere, in numerose iniziative di promozione umana. Come esempi significativi ricordiamo la Fondazione per il Sahel, istituita il 22 febbraio 1984, Anno Santo della Redenzione, dal Papa Giovanni Paolo II, in seguito alla sua visita Apostolica in Burkina Faso e al memorabile Appello di Ouagadougou del 10 maggio 1980 [11]. Otto anni fa, il 12 febbraio 2001, il compianto Papa Giovanni Paolo II costituì la Fondazione Il Buon Samaritano, fondata con finalità di sostenere gli infermi più bisognosi, soprattutto i malati dell’AIDS [12].
Nel continente africano, poi, vi sono:
Caritas nazionali e Caritas internazionale. Nel continente africano attuano 53 Caritas nazionali di cui 20 hanno anche una finalità aggiunta, in genere relativa alla promozione della solidarietà e allo sviluppo integrale dell’uomo e della società. Pertanto, le Caritas non poche volte svolgono insieme la missione che in alcuni Paesi è propria della Commissione di Giustizia e Pace. Vi è poi la Caritas del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. Tutte le organizzazioni nazionali sono coordinate dalla Caritas Africa che ha il centro a Kampala, Uganda.
Commissioni Giustizia e Pace. Oltre al Segretariato Justice and Peace del SECAM, vi sono 8 Commissioni regionali e 34 nazionali, presso le rispettive Conferenze Episcopali. Inoltre, numerose organizzazioni internazionali e nazionali cattoliche si prodigano nell’aiutare la popolazione africana [13]. Vi sono anche 12 Istituti e Centri di promozione della Dottrina sociale della Chiesa [14].
Pastorale della salute. La Chiesa Cattolica è assai presente nel campo della pastorale sanitaria. Secondo gli ultimi dati ricavati nell’anno 2007 [15], esistono in tutto il Continente africano 16.178 centri sanitari dei quali: 1.074 ospedali, 5.373 ambulatori, 186 lebbrosari, 753 case per anziani ed invalidi, 979 orfanotrofi, 1997 asili per i bambini, 1.590 consultori matrimoniali, 2.947 centri di rieducazione sociale, 1.279 centri sanitari vari. Ovviamente, da tali dati risulta la testimonianza, lodevole e significativa, di molti cristiani, soprattutto di persone di vita consacrata e laici cattolici, impegnati nelle menzionate strutture sanitarie. Per quanto riguarda poi il tipo di malattie, le statistiche segnalano tra le emergenze sanitarie più allarmanti quella derivata dell’HIV/AIDS. È motivo di gratitudine rilevare che, secondo i dati forniti dall’UnAids, il 26 % delle strutture sanitarie nel mondo che si interessano al fenomeno dell’AIDS sono gestite da organizzazioni cattoliche [16]. La Chiesa Cattolica è in prima linea nella lotta contro il diffondersi della malattia. Essa è pure assai attiva nella cura dei malati di AIDS, come mostra per esempio il metodo DREAM, promosso con successo dalla Comunità di Sant’Egidio.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che i dati statistici mostrano che la malaria è la causa maggiore di decessi nel continente africano. Le persone qualificate di tutta la comunità internazionale dovrebbero dedicare più energie e mezzi sia per prevenire la sua diffusione, sia per trovare un valido rimedio a tale temibile ed assai diffusa infermità che provoca ogni anno nel mondo la morte di circa 1.000.000 di persone, di cui l’85% sono bambini sotto i cinque anni.
Scuole cattoliche. La Chiesa Cattolica, come mater et magistra, insieme con l’annuncio del Vangelo, da sempre promoveva l’educazione integrale delle persone per mezzo delle sue scuole. Tale importante opera continua anche ai nostri giorni. Infatti nel continente africano vi sono 12.496 scuole materne con 1.266.444 iscritti; 33.263 scuole elementari con 14.061.806 alunni; 9.838 scuole superiori con 3.738.238 alunni. Negli Istituti Superiori studiano 54.362 studenti; nelle Università 11.011 studenti frequentano gli studi ecclesiastici e 76.432 altre discipline.

III. Indizione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa
L’idea di convocare la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi maturava nel corso degli anni. Tale possibilità veniva presa in considerazione, negli ultimi anni del Pontificato di Papa Giovanni Paolo II, mentre il compianto Card. Jan Pieter Schotte era Segretario Generale della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. In particolare, di tale idea si è discusso varie volte nelle riunioni del Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.
Pertanto, anche dopo la mia nomina a Segretario Generale nel 2004, il tema ha continuato ad essere attuale. In particolare, lo stesso Papa Giovanni Paolo II ne ha parlato pubblicamente, il 15 giugno 2004, in occasione dell’Udienza concessa al Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale formulando la seguente domanda: “Non sarebbe giunto il momento, come sollecitano numerosi Pastori d’Africa, di approfondire questa esperienza sinodale africana? L’eccezionale crescita della Chiesa in Africa, il rapido ricambio dei Pastori, le nuove sfide che il Continente deve affrontare esigono risposte che solo la prosecuzione dello sforzo richiesto dalla messa in opera dell’Ecclesia in Africa potrebbe offrire, ridando così rinnovato vigore e rafforzata speranza a questo Continente in difficoltà” [17].
Da parte loro, i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa hanno ringraziato il Santo Padre per tale sollecitudine apostolica nei riguardi delle loro Chiese particolari e si sono impegnati, con rinnovato ardore, a preparare bene l’Assise sinodale. Durante la riunione del Consiglio Speciale per l’Africa nei giorni 15 e 16 giugno 2004, è stato deciso di sottoporre alla benevola decisione del Papa Giovanni Paolo II la proposta di convocare ufficialmente la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa. I Membri del Consiglio hanno incaricato il Segretario Generale di proporre al Santo Padre di annunciare tale decisione nel 10° anniversario della celebrazione della Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. In particolare, è stato suggerito di farne annuncio il 13 novembre 2004, nella ricorrenza del 1650° anniversario della nascita di Sant’Agostino, grande Africano e gloria della Chiesa universale. L’occasione era propizia, poiché in tale data ha avuto luogo a Roma un Simposio organizzato dal SECAM (Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar) e dal C.C.E.E. (Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae) per ricordare il 10° anniversario del Sinodo per l’Africa. Secondo il parere dei Membri del Consiglio Speciale per l’Africa, bisognava avere un tempo sufficiente di preparazione per la celebrazione dell’Assise sinodale, che avrebbe potuto avere luogo nel mese di ottobre dell’anno 2009, in ricorrenza del 15° anniversario della celebrazione della Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Il tema potrebbe riguardare la Chiesa in Africa intesa come Famiglia di Dio chiamata ad annunciare il Vangelo di Gesù Cristo per la salvezza e la riconciliazione, la giustizia e la pace.
Il Servo di Dio Giovanni Paolo II aveva accolto volentieri tale proposta. In occasione dell’Udienza Pontificia ai partecipanti al Simposio dei Vescovi dell’Africa e dell’Europa radunati a Roma egli ha annunciato: “Accogliendo i voti del Consiglio post-sinodale, interprete dei desideri dei Pastori africani, colgo l’occasione per annunciare la mia intenzione di convocare una seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi” [18]. Al contempo, egli ha affidato tale progetto alla preghiera dei fedeli, mentre ha invitato “caldamente tutti a implorare dal Signore per l’amata terra d’Africa il dono prezioso della comunione e della pace” [19].
Il compianto Pontefice ha espresso in un’altra occasione il suo appoggio all’idea di una Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Nella lettera che ha voluto indirizzare all’Ecc.mo Segretario Generale, in occasione della XIII riunione del Consiglio Speciale per l’Africa del 24 e 25 febbraio 2005, Papa Giovanni Paolo II ha, tra l’altro, espresso la sua visione della Seconda Assise sinodale. “Prendendo atto del dinamismo nato dalla prima esperienza sinodale africana, questa Assemblea cercherà di approfondire e di prolungarla, fondandosi sull’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, e tenendo conto delle nuove circostanze ecclesiali e sociali del continente. Avrà come compito quello di sostenere le Chiese locali e i loro Pastori e di aiutarli nei loro progetti pastorali, preparando così il futuro della Chiesa nel continente africano, che vive situazioni difficili, sia sul piano politico, economico e sociale sia per ciò che concerne la pace” [20]. In seguito, il Papa Giovanni Paolo II ha elencato alcune di tali difficoltà: conflitti armati, la povertà persistente, le malattie e le loro conseguenze devastanti, a cominciare dal dramma dell’AIDS, la corruzione e il diffuso senso di insicurezza in varie regioni. I fedeli, insieme con tutti gli uomini di buona volontà devono adoperarsi per costruire una società prospera e stabile, assicurando un futuro degno per le sue nuove generazioni. La Chiesa Cattolica, che negli ultimi decenni ha conosciuto un grande sviluppo, ne rende grazie a Dio. Allo stesso tempo, il Pontefice precisava: “Affinché questa crescita continui, incoraggio i Vescovi a vegliare sull’approfondimento spirituale di quanto è stato realizzato, come pure sulla maturazione umana e cristiana del clero e dei laici” [21]. Al termine, affidando la preparazione dell’evento ecclesiale all’intercessione materna di Nostra Signora d’Africa, il Papa Giovanni Paolo II auspicava: “Possa la futura Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, favorire anche un rafforzamento della fede nel Cristo Salvatore e un’autentica riconciliazione!” [22].
La Divina Provvidenza ha voluto che il Papa Giovanni Paolo II passasse a miglior vita il 2 aprile 2005. Nel Conclave dello stesso mese, gli Em.mi Cardinali hanno eletto, il 19 aprile 2005, Vescovo di Roma il Santo Padre Benedetto XVI. Due mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio, Sua Santità Benedetto XVI si è pronunciato anche in merito alla convocazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Dopo uno studio appropriato della questione, il Santo Padre ha riconfermato la decisione del suo predecessore. Salutando i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il Sommo Pontefice ha detto: “Confermando quanto aveva deciso il mio venerato Predecessore il 13 novembre dello scorso anno, desidero annunciare la mia intenzione di convocare la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Nutro grande fiducia che tale Assise segni un ulteriore impulso nel continente africano all’evangelizzazione, al consolidamento e alla crescita della Chiesa e alla promozione della riconciliazione e della pace” [23].
L’indizione ufficiale dell’Assise sinodale ha avuto luogo il 28 giugno 2007, vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo. In tale occasione è stato indicato il tema e la data della celebrazione: “Il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. ‘Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13.14), da tenersi in Vaticano dal 4 al 25 ottobre dell’anno 2009” [24].
Dopo la decisione del Santo Padre, i Membri del Consiglio Speciale hanno affrettato il lavoro di preparazione dell’Assise sinodale.

IV. Preparazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa

Maturata l’idea di una Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, i membri del Consiglio Speciale hanno avuto il compito di preparare nel miglior modo possibile la celebrazione di tale evento ecclesiale.
In primo luogo bisognava redigere i Lineamenta, documento preparatorio dell’Assise sinodale. A tale preparazione sono state dedicate varie riunioni del Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale.
Nella riunione, tenutasi nei giorni 25 e 26 febbraio 2005, i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa hanno concordato lo schema dei Lineamenta con precise indicazioni circa il suo contenuto. Nella successiva riunione del 21 e 22 giugno 2005, la bozza del Documento è stata oggetto di profondo studio. Nel frattempo, il 13 gennaio 2006, il Santo Padre Benedetto XVI ha formulato il tema dell’Assemblea Sinodale. Pertanto, i Membri del Consiglio Speciale hanno potuto riflettere con più precisione sul progetto del Documento, apportando varie modifiche che sono state in seguito inserite nel testo. Esso è stato inviato per posta elettronica ai Membri del Consiglio Speciale per l’Africa, per un’ultima approvazione, pregando di far pervenire eventuali rilievi fino al 24 aprile 2006. Due Membri del Consiglio, rappresentanti rispettivamente i gruppi di lingua francese e inglese, insieme con la Segreteria Generale hanno esaminato ed integrato le osservazioni pervenute nei giorni 27 e 28 aprile 2006. Pertanto, il documento ha potuto essere tradotto in 4 lingue: francese, italiano, inglese e portoghese, alle quali si è aggiunta anche la versione in arabo.
I Lineamenta sono stati pubblicati il 27 giugno 2006. Il testo è stato presentato nella Sala Stampa della Santa Sede dall’Em.mo Card. Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e dall’Ecc.mo Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi. Il Documento è stato ampiamente diffuso, anche tramite il sito internet vaticano alle pagine della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.
Le Conferenze Episcopali, le Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, ed altri organismi interessati, hanno avuto il tempo fino alla fine del mese di ottobre 2008 per far pervenire alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi le risposte al Questionario dei Lineamenta. Tali risposte sono servite per redigere l’Instrumentum laboris, documento di lavoro della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

L’Instrumentum laboris

La percentuale delle risposte ai Lineamenta è divisa in varie categorie di istituzioni con le quali la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi mantiene rapporti ufficiali.

Istituzioni Risposte %

Conferenze Episcopali 36 25 30 83,33
Riunioni Internazionali di Conf. Ep. 6 26 1 16,66
Chiese Orientali Cattoliche sui iuris 2 27 1 50
Assemblea Gerarchia Cattolica d’Egitto 1 0
Dicasteri della Curia Romana 25 28 14 56
Unione Superiori Generali 1 1 100

La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha pure ricevuto contributi di alcune Università Cattoliche e di Istituzioni d’Insegnamento Superiore, come pure di varie persone, anche laiche, che hanno a cuore il presente e il futuro della Chiesa Cattolica in Africa.
Le risposte pervenute sono state esaminate dal Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi nella riunione del 27 e 28 ottobre 2008. I Membri del Consiglio hanno concordato lo schema del Documento, fornendo indicazioni precise sul contento, ovviamente, rispettando i contributi degli Episcopati dei singoli Paesi. La Segreteria Generale, con l’aiuto di alcuni esperti, ha redatto la bozza del Documento che è stato discusso nella XVIII riunione del Consiglio Speciale per l’Africa che ha avuto luogo il 23 e il 24 gennaio 2009. Dopo aver apportato varie modifiche, allo scopo di perfezionare il testo, il Documento è stato accettato con unanime consenso.
L’Instrumentum laboris è stato dunque tradotto in quattro lingue: francese, italiano, inglese e portoghese. Il 19 marzo 2009, il Santo Padre Benedetto XVI ha avuto la bontà di consegnarlo personalmente a Yaoundé, Camerun, ai Capi dei Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris e ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d’Africa, per cui ancora Gli rinnoviamo i più sentiti ringraziamenti. In seguito, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha favorito un’ampia diffusione del Documento che sarà approfondito nel corso della presente Assemblea sinodale.

Nomina Membri della Presidenza dell’Assise sinodale

Il 14 febbraio 2009 il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha nominato tre Presidenti Delegati della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi: le loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali: Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar, Senegal, e Fox Wilfrid Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban, Sud Africa. Al contempo, Sua Santità ha nominato il Relatore Generale, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast, Ghana, e due Segretari Speciali, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor António Damião Franklin, Arcivescovo di Luanda, Angola, e Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Edmond Djitangar, Vescovo di Sarh, Ciad [29].

Ringraziamento ai Membri del Consiglio Speciale per l’Africa

Di tre Cardinali Presidenti Delegati nominati dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, due sono stati membri del Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Sono sicuro di condividere il parere dei Padri sinodali qui presenti nel rivolgere un cordiale ringraziamento a tutti i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa per il loro prezioso servizio ecclesiale. Di 12 Membri eletti il 7 maggio 1994, al termine della Prima Assemblea Speciale per l’Africa, hanno perseverato fino alla fine ben 9. Nel frattempo, l’Em.mo Card. Hyacinthe Thiandoum, Arcivescovo emerito di Dakar, Senegal, è deceduto nel 2003; lo raccomandiamo volentieri all’infinita misericordia di Dio. Uno si è ritirato nel 2006 per raggiunti limiti d’età, Sua Eminenza il Card. Armand Gaétan Razafindratandra, Arcivescovo emerito di Antananarivo, Madagascar, e uno nel 2007 per motivi di salute, Sua Eccellenza Mons. Paul Verdzekov, Arcivescovo emerito di Bamenda, Camerun. Essi sono stati sostituiti, rispettivamente, da Sua Eccellenza Mons. Anselme Titianma Sanon, Arcivescovo di Bobo-Dioulasso, Burkina Faso, da Sua Eccellenza Mons. Odon Maria Arsène Razanakolona, Arcivescovo di Antananarivo, e da Cornelius Fontem Esua, Arcivescovo di Bamenda, Camerun.
Con l’inizio dei lavori della presente Assemblea cessano dal loro mandato, che hanno esercitato per 15 anni, i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Durante tale periodo hanno partecipato a ben 19 riunioni. Il servizio prezioso del Consiglio Speciale alla Chiesa pellegrina in Africa si può dividere in tre fasi. Nella prima, in seguito alla Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, il Consiglio aveva l’esigente compito di collaborare ad un progetto per l’Esortazione Apostolica Post-sinodale, come servizio al Santo Padre in vista della stesura dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Africa firmata da Papa Giovanni Paolo II a Yaoundé, il 14 settembre 1995, festa dell’Esaltazione della Santa Croce. In seguito, il Consiglio Speciale ha incoraggiato l’applicazione di tale importante Documento. La terza fase è coincisa con la preparazione della presente Assise sinodale.

V. Osservazioni d’indole metodologica

Nell’udienza concessami il 23 giugno 2007, il Santo Padre Benedetto XVI ha approvato i criteri circa la partecipazione all’Assise sinodale, concordati in seno al Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, riunitosi nei giorni 15 e 16 febbraio 2007. Dopo l’approvazione del Sommo Pontefice, tali criteri sono stati comunicati ai Presidenti delle Conferenze Episcopali e ai Capi dei Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris.Secondo la decisione del Santo Padre Benedetto XVI, all’Assise sinodale partecipano ex officio tutti i cardinali africani, senza limite d’età, come pure i Presidenti delle 36 Conferenze Episcopali e Capi di due Chiese Orientali Cattoliche sui iuris (Copta ed Etiope). Per assicurare un’adeguata rappresentanza dell’episcopato, per ogni 5 Vescovi o frazione di 5 si prevedeva l’elezione di 1 Vescovo rappresentante. Inoltre, si voleva avere almeno un rappresentante di ogni Paese africano.
In conformità alle norme dell’Ordo Synodi Episcoporum, il Santo Padre ha completato il numero dei Padri sinodali. In particolare, ha nominato i rappresentanti degli episcopati di altri continenti, o di Paesi in cui vi è un considerevole numero di cattolici d’origine africana. Sono presenti anche Vescovi rappresentanti di Paesi che offrono notevole aiuto alla Chiesa Cattolica in Africa sia nel personale, come missionari e missionarie, sia di natura finanziaria. Inoltre, come gesto di riconoscimento dell’opera ben svolta, Sua Santità ha annoverato tra i Padri sinodali quei membri del Consiglio Speciale per l’Africa che per vari motivi non sono stati eletti dai loro confratelli.
Il Santo Padre Benedetto XVI, ha poi accettato la proposta del Consiglio Speciale di invitare un significativo numero di Uditori, uomini e donne, impegnati nell’evangelizzazione e nella promozione umana in Africa. In tale modo si spera di avere una visione assai ampia sulla vita ecclesiale e sociale del continente, vista anche da parte dei laici. Ovviamente, anche il compito degli Esperti è importante, soprattutto nell’assistere i due Segretari Generali nel corso dei lavori sinodali.
A questo punto può essere utile segnalare alcune procedure metodologiche la cui messa in pratica dovrebbe facilitare i lavori di questa Assemblea sinodale e rafforzare ancora di più i rapporti di comunione ecclesiale tra i Padri sinodali.
1. All’inizio dell’assise sinodale si raccomanda vivamente la lettura del Vademecum che ogni partecipante ha già ricevuto. In esso è indicato dettagliatamente il modo di procedere, in osservanza delle norme della Lettera Apostolica Apostolica sollicitudo e dell’Ordo Synodi Episcoporum, e secondo la prassi collaudata nei precedenti Sinodi.
2. Come risulta dal Calendario dei lavori, inserito in lingua latina alla fine del Vademecum, sono previste 20 Congregazioni generali e 9 Sessioni dei Circoli minori.
3. Per facilitare una partecipazione maggiore di tutti, ogni padre sinodale potrà intervenire in aula sinodale per 5 minuti.
4. Inoltre, al termine delle Congregazioni Generali pomeridiane, dalle 18 alle 19, vi sarà un’ora di discussione libera. Il primo giorno la discussione sarà allargata a più tempo, necessario per riflettere sull’applicazione dell’Ecclesia in Africa. Dopo una presentazione organica, fatta da un Padre sinodale, SER Mons. Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa, sarà aperto il dialogo che dovrebbe permettere di rivivere l’entusiasmo con cui è stata celebrata la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Inoltre, tale occasione permetterà di segnalarne risultati positivi, come pure aspetti che non sono stati sufficientemente messi in pratica o che dovrebbero essere applicati più a fondo. Tale discussione servirà per introdurre i lavori in continuità ideale con l’Assise sinodale celebrata 15 anni fa.
5. È assai importante sottolineare che la libera discussione dovrà essere circoscritta al tema del Sinodo: “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. ‘Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13. 14)”. Si tratta di un argomento assai importante e ricco di contenuto, che bisogna approfondire in vari aspetti ecclesiali e cercare di tradurre in iniziative di attività pastorale. I Presidenti Delegati sono pertanto pregati di fare attenzione affinché la discussione non esca dal tema stabilito.
6. In modo simile, i Padri sinodali dovrebbero seguire nei loro interventi, per quanto possibile, la struttura dell’Instrumentum laboris, per rendere più ordinata la discussione. Essi sono cordialmente pregati di indicare nei loro interventi il numero, o per lo meno, la parte dell’Instrumentum laboris. La Segreteria Generale cercherà di tenerne conto nel comporre la lista degli oratori. Pertanto, prima dovrebbero parlare coloro che tratteranno del primo capitolo dell’Instrumentum laboris, poi del secondo, del terzo e, infine, del quarto. Ovviamente, i Padri possono già iscriversi, indicando su quale parte del Documento intendono parlare.
7. Le sintesi dei testi pronunciati, curate dai singoli Padri sinodali, normalmente vengono pubblicate. Se qualcuno non volesse che il suo intervento venga diffuso, è pregato di segnalarlo nella Segreteria Generale. Come è noto, è sempre possibile anche consegnare alla Segreteria Generale i testi in scriptis che saranno tenuti in dovuta considerazione dalla Presidenza dell’Assise sinodale.
8. Le lingue adoperate per le discussioni sono quattro: francese, italiano, inglese e portoghese. In tali lingue è assicurata la traduzione simultanea.
9. Nelle menzionate lingue sarà possibile fare anche le Proposizioni. Si prega che ogni proposizione sia concisa e breve, trattando un solo argomento. Non sarebbe molto utile ripetere la nota dottrina della Chiesa. I padri sinodali dovrebbero piuttosto proporre consigli intesi a favorire un rinnovamento della vita ecclesiale e una prassi pastorale della Chiesa nel promuovere l’evangelizzazione e la promozione umana, specialmente per quanto riguarda la riconciliazione, la giustizia e la pace.
10. L’uso dei mezzi elettronici sta ormai diventando di uso comune. Anche nell’Assise sinodale si cercherà di farne un uso appropriato per facilitare il dialogo e per approfondire la comunione episcopale. Tra l’altro, vi saranno varie elezioni e votazioni con l’apparecchio che avete a vostra disposizione. Ringraziamo in anticipo i tecnici per il buon funzionamento del sistema e per la loro assistenza. Intanto, i Padri dovrebbero aiutarsi reciprocamente, soprattutto all’inizio delle sedute, indicando al vicino, se necessario, come adoperare tali mezzi.
11. Per favorire una maggiore partecipazione dei Padri sinodali, si raccomanda che un Padre sinodale chiamato a svolgere un ufficio non assuma alcun altro incarico all’interno del Sinodo.
12. Secondo la prassi collaudata, anche a questa Assemblea Sinodale prendono parte in congruo numero alcuni Delegati fraterni, rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali. In modo particolare, sono lieto di annunciare la partecipazione del Patriarca della Chiesa Ortodossa Tewahedo Etiope Sua Santità Abuna Paulos. Egli ha volentieri accolto l’invito del Sommo Pontefice Benedetto XVI e, a Dio piacendo, sarà con noi martedì mattina, 6 ottobre c.m. Siamo grati al Signore per la qualificata partecipazione al Sinodo del rappresentante della menzionata Chiesa cristiana presente in Africa ininterrottamente dai tempi apostolici.
13. Due invitati speciali sono ugualmente attesi nel corso dei lavori sinodali. Si tratta del Sig. Jacques Diouf, Direttore Generale della FAO, che dovrebbe informare i Padri sinodali sugli sforzi della FAO per garantire la sicurezza alimentare in Africa. Il Sig. Rudolf Adada, già Capo della Joint United Nations/African Union Peacekeeping Mission per il Darfur, è stato invitato per riferire sugli sforzi di pace nella regione del Darfur, che interessa vari Paesi africani.

VI. Conclusione

“Lasciatevi riconciliare!” (2 Cor 5,20). Il pressante invito del Santo Padre Benedetto XVI ai cristiani d’Africa, ripete l’esortazione di San Paolo ai cristiani di Corinto. Illuminato dallo Spirito Santo, dono del Signore risorto, l’Apostolo delle Genti aveva personalmente sperimentato l’importanza della riconciliazione per la fede cristiana: “Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18). La riconciliazione richiede il perdono ricevuto dal Padre e dato ai fratelli, secondo l’ammaestramento del Signore Gesù: “perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore” (Lc 11, 4; cfr Mt 6, 11). La Chiesa annuncia tale lieta novella della riconciliazione e propone di realizzarla attraverso i sacramenti, in particolare, quello della penitenza. Si tratta della “riconciliazione ‘fontale’ dalla quale scaturisce ogni altro gesto o atto di riconciliazione, anche a livello sociale” [30]. In tale reciprocità bisogna rispettare la giustizia, che include anche la pena per eventuali crimini commessi. Tuttavia è la parola del nostro Maestro: “Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti ma i peccatori” (Mt 9, 13). La misericordia cristiana non annulla ma supera la giustizia umana.
L’insegnamento sulla riconciliazione, sorgente della pace e della giustizia, diventa pertanto il cuore della riflessione dell’Assemblea Speciale per l’Africa. Esso presuppone l’Annuncio della Buona Notizia e la sua assimilazione. Al contempo, di fronte a tanti esempi di conflitti, di violenza ed anche di odio, sembra urgente intraprendere una nuova evangelizzazione anche là ove la Parola di Dio è stata già annunciata. La situazione varia da un Paese all’altro. Dall’Egitto, Etiopia ed Eritrea, ove si è mantenuta la continuità del cristianesimo con i tempi apostolici, fino all’Africa sub-sahariana ove alcune Chiese particolari hanno celebrato 500 anni della fondazione, mentre altre hanno ricordato solennemente il primo secolo dell’evangelizzazione. Se si va dalla costa verso l’interno del continente vi sono Paesi in cui i primi missionari sono venuti appena 50 anni fa. Ad ogni modo, tutti i cristiani sono chiamati a riconciliarsi con Dio e con il prossimo. In tale urgente e permanente compito, essi devono essere guidati dai Pastori, Vescovi, sacerdoti, religiosi, diaconi, come pure da persone di vita consacrata. La disponibilità alla riconciliazione è il barometro della profondità dell’evangelizzazione di una persona, di una famiglia, di una comunità, di una Nazione, come pure delle Chiese particolari e di quella universale. Solamente da un cuore riconciliato con Dio, possono spuntare iniziative di carità e di giustizia nei riguardi del prossimo e della società intera.
“Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13. 14). Tali impegnative parole, che sono al contempo una constatazione della dignità cristiana e un invito a viverla sempre meglio, sono indirizzate a tutti i cristiani, oggi in modo particolare a quelli dell’Africa. Essi sanno, nella grazia dello Spirito Santo, che la risposta affermativa presuppone la conversione e la ferma volontà di seguire Gesù Cristo. La Chiesa Cattolica in Africa deve illuminare ancora di più le complesse realtà del continente con la luce del Signore Gesù, diventando sempre di più il sale della terra africana, immettendo il gusto divino nelle realtà di ogni giorno.
La Chiesa in Africa è assai dinamica, come del resto mostrano i dati statistici. Mentre ne ringraziamo Dio con cuore pieno di riconoscenza, preghiamo l’Onnipotente Padre, Figlio e Spirito Santo che tale crescita quantitativa diventi sempre di più anche qualitativa. In tale modo i cristiani, guidati dai loro Pastori, potranno avvicinarsi all’ideale a cui il Signore Gesù chiama ogni suo discepolo e cioè a diventare il sale della terra e la luce del mondo (cfr. Mt 5,13.14). Solamente uniti a Lui, che dà il senso a tutto ciò che esiste e, soprattutto, all’esistenza umana, i cristiani possono svolgere la vocazione di essere il sale della terra, di offrire il sapore divino, eterno, ai beni terreni, alle cose materiali di cui devono servirsi per svolgere la loro vita umana nel modo cristiano. Solamente rivestendosi di Gesù Cristo, luce del mondo, i cristiani possono riflettere tale luce nelle tenebre del mondo attuale, conducendo tanti uomini di buona volontà, in cerca della luce vera, verso la sua sorgente inesauribile: il Signore Gesù, morto e risorto, colui che è “l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine” (Ap 22,13).
Affidiamo la realizzazione di tale proposito all’intercessione di tutti i santi africani, in modo particolare della Beata Vergine Maria, facendo nostro l’auspicio del Santo Padre Benedetto XVI affinché la Chiesa in Africa “possa continuare a crescere nella santità, nel servizio alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace [...] perché il lavoro della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi possa soffiare sul fuoco dei doni che lo Spirito ha riversato sulla Chiesa in Africa [..] Dio benedica l’Africa!”[31].
Grazie per il paziente ascolto. La grazia dello Spirito Santo ci accompagni nel nostro lavoro sinodale.

[1] Benedetto XVI, Discorso al Consiglio Speciale per l’Africa (Yaoundé, 19 marzo 2009): L’Osservatore Romano, 20-21 marzo 2009, p. 14.[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Benedetto XVI, Il discorso del papa all’arrivo nella capitale del Camerun, (Yaoundé 17 marzo 2009): L’Osservatore Romano, 19 marzo 2009, p. 5.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Cfr. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiæ, Annuarium statisticum Ecclesiæ 1994, Città del Vaticano 1995.
[10] Cfr. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiæ, Annuarium statisticum Ecclesiæ 2007, Città del Vaticano 2009.
[11] Nel corso dei 25 anni, la Fondazione ha distribuito circa 40.000.000 Dollari USA in 9 Paesi: Burkina Faso, Capo Verde, Ciad, Gambia, Guinea Bissau, Niger, Mali, Mauritania e Senegal, finanziando i progetti di accesso all’acqua e di ripristino di terreni coltivabili, come pure di formazione e d’istruzione.
[12] La Fondazione è affidata al Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
[13] Bisogna menzionare, in ordine alfabetico, le seguenti: AVSI (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale); Caritas Internationalis; Catholic Relief Services (CRS); Community of S. Egidio; Konrad Adenauer Stiftung; International Commission for Catholic Prison Pastoral Care (ICCPPC); Misereor; Pax Christi International; COSMAM (Confédération des Conférences des Supérieur[e]s Majeur[e]s d'Afrique et Madagascar); Rencontre et développement (CCSA); Associazione nolite timere Onlus, Adozioni a distanza.
[14] African Forum Catholic Social Teaching, Harare, Zimbabwe; Institut des Artisans de Justice et de Paix (IAJP), Cotonou, Bénin; Centre Ubuntu, Bujumbura, Burundi; Mediation Sociale et Justice et Paix, Yaoundé, Cameroun; Centre d’Etudes pour l’Action Sociale (CEPAS), Kinshasa, Congo; Centre Carrefour, Port-Matthurin, Via Mauritius; Center for Social Justice and Etics/Catholic University of Eastern Africa (CUEA), Nairobi Kenya; Institute of Social Ministry in Mission Tangaza College/Catholic University of Eastern Africa (CUEA); Justice and Peace Desk Conference of Major Superiors, Lesotho; Catholic Institute for Development Justice and Peace (CIDJAP), Enugu, Nigeria; Christian Professionals of Tanzania (CPT), Dar es Salaam, Tanzania.
[15] Cfr. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiæ, Annuarium statisticum Ecclesiæ 2007, Città del Vaticano 2009, p. 357.
[16] Cfr. Riccardo Cascioli, Aids, Africa e bugie, Avvenire, 28 marzo 2009, p. 3.
[17] Giovanni Paolo II, Il discorso del Santo Padre alla Riunione del Consiglio post-sinodale dell’Assemblea Speciale per l’Africa della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi (15 giugno 2004): L’Osservatore Romano, 17 giugno 2004, p. 7.
[18] Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Simposio dei Vescovi d’Africa e d’Europa promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (13 novembre 2004): AAS XCVI, 2004, p. 955.
[19] Ibidem.
[20] Giovanni Paolo II, Lettera al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi in occasione della 13a riunione del Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (23 febbraio 2005): http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/letters/2005/documents/hf_jp-ii_let_20050223_eterovic-synod_en.html.
[21] Ibidem.
[22] Ibidem.
[23] Benedetto XVI, L’Udienza generale del 22 giugno 2005: L’Osservatore Romano 23 giugno 2005, p. 1.
[24] L’annuncio è stato pubblicato il 29 giugno 2007 sull’edizione de L’Osservatore Romano di venerdì 29 giugno 2007, p. 1.
[25] Non hanno risposto le Conferenze Episcopali del Gambia e della Sierra Leone, della Guinea Equatoriale, del Lesotho, del Malawi e dell’Oceano Indiano (C.E.D.O.I.).
[26] Ha risposto solamente la AMECEA (The Association of Member Episcopal Conferences in Eastern Africa).
[27] Non è pervenuta la risposta della Chiesa Metropolitana sui iuris Etiopica.
[28] Non hanno risposto 2 Congregazioni: Cause dei Santi e Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica Consacrata; 2 tribunali: Penitenzieria Apostolica e Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; 5 Pontifici Consigli: per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per i Testi Legislativi, per il Dialogo Interreligioso, per la Cultura, per le Comunicazioni Sociali; e Prefettura per gli Affari Economici della Chiesa.
[29] Cfr. L’Osservatore Romano, 15 febbraio 2009, p. 1.
[30] Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-sinodale Reconciliatio et Paenitentia, 4: AAA LXXVII, 1985, p. 194.
[31] Benedetto XVI, Il discorso del Papa all’arrivo nella capitale del Camerun (17 marzo 2009): L’Osservatore Romano, 19 marzo 2009, p. 5.

[00010-01.17] [RE000] [Testo originale: italiano]

- RELAZIONE PRIMA DELLA DISCUSSIONE DEL RELATORE GENERALE, S.EM.R. CARD. PETER KODWO APPIAH TURKSON, ARCIVESCOVO DI CAPE COAST (GHANA)

Introduzione

Mentre veniva intonato il Te Deum e nell’intera Aula del Sinodo risuonava questo inno di rendimento di grazie, a mezzogiorno del 7 maggio 1994, si concludeva formalmente la I Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Il Sinodo aveva avuto come tema: “La Chiesa in Africa e la sua Missione evangelizzatrice verso l’anno 2000: ‘Sarete miei testimoni’ (At 1, 8)”. Esso rivolse un messaggio alla Chiesa e al mondo che rispecchiava gli slanci principali del processo sinodale e votò diverse risoluzioni in forma di Proposizioni. A partire da qui i Padri sinodali e l’intera Chiesa attesero intensamente l’Esortazione Apostolica Post-sinodale del Santo Padre, come Presidente del Sinodo, che avrebbe raccolto i frutti del Sinodo in un messaggio che avrebbe contrassegnato la conclusione definitiva dell’esercizio collegiale e consultivo del Sinodo. Cosa che il Santo Padre ha fatto emanando l’Esortazione Post-sinodale Ecclesia in Africa (La Chiesa in Africa) e presentandola all’Africa e al mondo a Yaoundé in Camerun, il 14 settembre 1995, poi a Johannesburg, in Sudafrica, il 17 settembre 1995, e infine a Nairobi, in Kenya, il 19 settembre 1995 [1].


I. Dalla I Assemblea Speciale per l’Africa alla II Assemblea Speciale

Papa Giovanni Paolo II descriveva il Sinodo da lui concluso con la promulgazione dell’Esortazione Post-sinodale Ecclesia in Africa come un “Sinodo di risurrezione e di speranza” [2]. Da quella Assemblea sinodale, convocata sullo sfondo di una visione del mondo prevalentemente pessimistica dell’Africa, di una situazione del continente di particolare sfida e “tragicamente sfavorevole” [3] per la missione evangelizzatrice della Chiesa negli ultimi anni del ventesimo secolo, si attendeva tuttavia che segnasse una svolta nella storia del continente [4].
Quando il Santo Padre e i Padri sinodali si incontrarono per quel primo Sinodo, dovettero considerare “gli elementi sia positivi che negativi (le luci e le ombre) nei ‘segni dei tempi’” [5]. Dovettero contemplare e celebrare i successi dell’evangelizzazione e la crescita delle Chiese locali nel continente, ma anche lamentare e deplorare una serie di miserie e di mali nel continente. Dovettero onorare l’eroismo e lo spirito pionieristico dei missionari, ma anche criticare la mancanza di impegno e di zelo pastorale del personale ecclesiastico, l’emergere di tendenze sincretistiche, la proliferazione delle sette, la politicizzazione dell’islam e la sua intolleranza alle critiche. Dovettero accogliere con ottimismo l’emergere di democrazie e il risveglio di una profonda consapevolezza culturale, sociale, economica e politica nel continente, ma dovettero anche lamentare regimi dispotici e dittatoriali, malgoverno, corruzione diffusa e un’allarmante aumento della povertà. La situazione del continente era fortemente ambivalente quanto paradossale e la rapida successione degli eventi come la fine dell’apartheid e il triste inizio del genocidio ruandese ben rappresentavano questo paradosso.
Tenendo conto di questa situazione paradossale in cui il male e la sofferenza sembravano prevalere sul bene e sulla virtù, il clima pasquale della I Assemblea Speciale per l’Africa ispirò un messaggio di speranza per il continente. Con la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Africa, la Chiesa in Africa ebbe nuovo impulso e nuovo slancio per la sua vita e attività nel continente come Chiesa missionaria, ossia Chiesa con una missione. Infatti, il Sinodo nel suo clima pasquale e l’Esortazione Apostolica Post-sinodale diedero alla Chiesa in Africa un nuovo impulso che possiamo così descrivere:
- speranza nel Cristo Risorto, come nuovo impeto per vivere il suo “programma” e la sua missione evangelizzatrice;
- un nuovo paradigma: la Chiesa come famiglia di Dio, per offrire una prospettiva, un sistema di valori per vivere il suo “programma”, ma specialmente per sottolineare l’unità e la comunione di tutti nonostante le differenze;
- un insieme di priorità pastorali: evangelizzazione come Proclamazione, evangelizzazione come Inculturazione, evangelizzazione come Dialogo, evangelizzazione come Giustizia e Pace ed evangelizzazione come Comunicazione per orientare l’attuazione del proprio “programma” e della propria missione in un’Africa con un paradossale accostamento di deplorevoli miserie umane e di straordinari eroismi al di fuori e all’interno della Chiesa [6].
Perciò il periodo successivo alla pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale ha rappresentato, come riteneva anche Papa Giovanni Paolo II [7], il tempo dell’approfondimento di questa esperienza sinodale e di applicazione della Ecclesia in Africa, nello sforzo perseverante e concertato di ristabilire un rinnovato vigore e una speranza più concreta in un continente in difficoltà. Questo periodo post-sinodale ha raggiunto il suo quattordicesimo anno; e, mentre la situazione del continente, delle sue isole e della Chiesa presenta ancora alcune delle “luci e ombre” [8] che motivarono il primo Sinodo, essa è anche notevolmente cambiata. Tale nuova realtà richiede un appropriato esame in vista di un rinnovato sforzo di evangelizzazione che esige un approfondimento di alcuni temi specifici importanti per il presente e il futuro della Chiesa cattolica nel grande continente africano [9].
Di conseguenza, riuniti nuovamente in una II Assemblea Speciale per l’Africa quindici anni dopo la prima, dobbiamo radicarci in profondità nel primo Sinodo [10], consapevoli e desiderosi di esplorare in primo luogo i “nuovi dati ecclesiali e sociali del continente” [11], che attualmente influiscono sulla missione della Chiesa nel continente ed esigono che la Chiesa in Africa, oltre a considerarsi come “testimone di Cristo” e “famiglia di Dio”, si consideri anche “sale della terra, luce del mondo” e “a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”.
Nuovi dati sociali ed ecclesiali del continente

Dati ecclesiali

a. Subsidia Fidei: è importante notare che lo slancio e l’impulso che la I Assemblea Speciale per l’Africa ha dato alla Chiesa di questo continente per rinnovarsi, fortificarsi e radicare più saldamente la propria speranza nel Signore, è stato considerevolmente favorito da alcuni eventi ecclesiali successivi e da attività del Papa e della Curia Romana, che potremmo definire come “subsidia fidei” per la Chiesa. Così, il “Sinodo sull’Eucaristia” ha affermato la centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa-Famiglia di Dio quale simbolo di unità. Il “Sinodo sul Vescovo: Servitore del Vangelo...” ha ricordato a Vescovi e Pastori il loro ministero essenziale, quali annunciatori del Vangelo in seno alla Chiesa-Famiglia di Dio; e il “Sinodo sulla Parola di Dio” ha ricordato alla Famiglia di Dio il seme eterno e imperituro della sua nascita. Inoltre le Encicliche del Papa “Deus caritas est”, “Spe salvi”, “Caritas in veritate”, le sue omelie e i suoi discorsi nel corso della recente visita apostolica in Africa (Camerun e Angola) hanno offerto catechesi di inestimabile valore alla Chiesa in Africa. Infine i dicasteri della Curia Romana hanno tenuto seminari su:
- “La Liturgia” (Kumasi 2007) allo scopo di offrire una guida per una permanente opera di inculturazione nella liturgia.
- La “Dottrina Sociale della Chiesa” (Dar-es-Salaam 2008) per promuovere la conoscenza e la diffusione degli insegnamenti sociali della Chiesa.
- “La Migrazione” (Nairobi 2008) per parlare della migrazione e delle nuove forme di schiavitù.
- I “Lavori delle Commissioni Teologiche delle Conferenze episcopali” (Dar-es-Salaam 2009) per ricordare ai Vescovi l’importanza del loro compito magisteriale in seno alla Chiesa, anche se si avvalgono di esperti.
Tali incontri hanno accresciuto la consapevolezza della Chiesa in Africa riguardo alla propria vita e al proprio ministero.

b. La crescita eccezionale della Chiesa in Africa: negli ultimi decenni (compresi gli anni successivi alla I Assemblea Speciale per l’Africa) è diventato abituale parlare di una eccezionale crescita della Chiesa in Africa e gli indicatori, come sottolineano i Lineamenta e l’Instrumentum laboris, sono diversi. Tuttavia, fra questi segnali di crescita della Chiesa del continente e delle isole, le vere novità sono:
- L’ascesa di membri africani di congregazioni missionarie a posizioni e ruoli di guida: membri di consigli, vicari generali e perfino superiori generali.
- Ricerca dell’autosufficienza da parte delle Chiese locali, impegnandosi in operazioni economiche in grado di generare profitti (banche, società finanziarie, compagnie di assicurazioni, agenzie immobiliari e negozi).
- Un incremento visibile delle strutture e istituzioni ecclesiali (seminari, università ed istituti cattolici di istruzione superiore, centri di formazione permanente per i religiosi, i catechisti e i laici, scuole di evangelizzazione) come pure un aumento di esperti e manager per il lavoro di ricerca nel campo della fede, della missione, della cultura e dell’inculturazione, della storia, dell’evangelizzazione e della catechesi.
Tuttavia la Chiesa in Africa affronta anche terribili sfide:
- Quando si parla di una Chiesa prospera in Africa si dimentica il fatto che in vaste aree a nord dell’equatore, essa a malapena esiste. La crescita straordinaria della Chiesa si è verificata soprattutto a sud del Sahara.
- La fedeltà e l’impegno di alcuni sacerdoti e religiosi alla loro vocazione.- La necessità di evangelizzare (o ri-evangelizzare) per una conversione profonda e permanente.
- La perdita di membri che sono passati a nuovi movimenti religiosi o alle sette. I giovani cattolici vanno all’estero (in Europa e America) e tornano non cattolici, perché nelle Chiese di quei Paesi non si sono trovati a loro agio.
- Il calo degli indici di incremento della popolazione nell’Europa tradizionalmente cristiana e in America.

c. Il Sinodo per l’Africa e il “Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar” (SECAM): l’approfondimento dell’esperienza sinodale africana nel continente e nelle isole è dipeso in larga misura da un organismo specifico della Chiesa continentale, il “SECAM”. Durante il Concilio Vaticano II i Vescovi africani, alla ricerca di mezzi idonei di cooperazione, diedero vita ad un segretariato che coordinasse i loro interventi e presentasse al Concilio un punto di vista comune (africano). Dopo il Concilio e alla presenza di Papa Paolo VI a Kampala (1969), i Vescovi africani decisero di rendere permanente questo organismo di cooperazione del Concilio con la creazione del SECAM. Allora il SECAM era un auspicabile organismo o istituzione permanente per promuovere l’esercizio di una solidarietà pastorale organica nel continente da parte dei suoi Pastori. Doveva essere uno strumento dei vescovi per promuovere nel continente l’ “Evangelizzazione nella corresponsabilità” [12]; ed è stato a questo organismo che Papa Giovanni Paolo II ha attribuito l’idea originaria di un Sinodo per l’Africa [13].
Nel corso della II Assemblea Speciale per l’Africa non sarebbe fuori luogo se i Pastori del continente riesaminassero la necessità dell’esistenza del SECAM e il loro impegno nei suoi confronti.

Dati sociali

Nel trattare “alcuni punti critici della vita delle società africane” [14], l’Instrumentum laboris ha individuato e discusso molti di questi nuovi dati sociali. Vogliamo aggiungere poche note a piè di pagina che potrebbero essere importanti e lasciare all’assemblea sinodale il compito di completare il quadro.

d. Note Socio-storiche all’Instrumentum laboris: nel 1963, nel corso di un incontro dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OAU), i leader africani decisero di mantenere una delle vestigia dell’era coloniale, conservando i confini coloniali e la descrizione degli stati, indipendentemente dal loro carattere artificiale. Tuttavia tale decisione non è stata seguita da un corrispondente sviluppo del sentimento nazionalista, che avrebbe fatto sì che le differenze etniche si arricchissero vicendevolmente e che avrebbe privilegiato il bene comune della nazione rispetto al campanilismo degli interessi etnici. Per questo motivo la diversità etnica continua a rappresentare un focolaio di conflitti e tensioni, che minano perfino il senso di appartenenza comune alla Chiesa-Famiglia di Dio.
La schiavitù e lo schiavismo, che il mondo arabo portò per primo sulla costa dell’Africa orientale e che gli europei , in collaborazione con gli stessi africani, nel XIV secolo incrementarono ed estesero a tutto il continente, hanno portato a un flusso migratorio forzato di africani. Oggi le migrazioni volontarie, dettate da vari motivi, dei figli e delle figlie dell’Africa verso l’Europa, l’America e l’Estremo Oriente, li pongono in una condizione di occupazione servile che esige la nostra attenzione e la nostra cura pastorale.

e. Nota socio-politica all’Instrumentum laboris: strettamente legate agli sviluppi post-coloniali del continente sono state le celebrazioni di indipendenza e l’emergere di stati e nazioni africane con governi gestiti da soli africani. L’esercizio del potere politico e del governo è stato generalmente criticato e spesso viziato da dispotismi, dittature, politicizzazione della religione o dell’etnia, disprezzo per i diritti dei cittadini, mancanza di trasparenza e di libertà di stampa, ecc.
Ma il periodo successivo alla I Assemblea per l’Africa, vale a dire l’alba del Terzo Millennio, sembrava aver coinciso, nel continente, con un desiderio emergente degli stessi leader africani di un “Rinascimento africano” (Thabo Mbeki), “una nuova contemporanea auto-determinazione africana per la costruzione di una civiltà africana in sintonia con i dettami dei nostri tempi, vale a dire la crescita economica, la libertà politica e la solidarietà sociale” [15].
I leader politici africani sembrano determinati a cambiare il volto dell’amministrazione politica nel continente; e hanno condotto un’auto-valutazione critica che ha identificato nel malgoverno le cause della povertà e delle sofferenze dell’Africa. Hanno quindi tracciato un cammino del buon governo e della formazione della classe politica, in grado di cogliere la parte migliore delle tradizioni ancestrali africane e di integrarla con i principi di governo delle moderne società. Hanno adottato un quadro strategico (NEPAD) per orientare le azioni e guidare il rinnovamento dell’Africa attraverso delle leadership politiche trasparenti [16]. Può, la Chiesa in Africa, riconoscere l’impegno politico dei suoi figli e delle sue figlie e dare loro lo stimolo del messaggio evangelico, che li sfidi ad essere la “luce delle (loro) nazioni” e il “sale delle loro comunità”, offrendo una “leadership a servizio degli altri”?

f. Nota socio-economica all’Instrumentum laboris: il rapporto radicale tra governo ed economia è chiaro; dimostra che un cattivo governo produce una cattiva economia. Ciò spiega il paradosso della povertà di un continente che è senz’altro uno dei più ricchi del mondo di potenzialità. La conseguenza di questa “equazione governo-economia” è che quasi nessun paese africano può rispettare i propri obblighi di bilancio, vale a dire i programmi finanziari nazionali pianificati, senza ricorrere ad aiuti esterni in forma di obbligazioni o prestiti. Questo continuo finanziamento dei bilanci nazionali facendo ricorso a prestiti non fa altro che accrescere un già opprimente debito nazionale. La Chiesa universale con quella Africana hanno messo a punto una campagna per cancellarlo nell’anno del Grande Giubileo.
I rapporti economici tradizionali degli stati africani con i paesi ex-colonizzatori, per esempio il “Commonwealth”, sono stati sostituiti da altre potenti alleanze economiche tra gli stati africani individualmente o in blocco con gli Stati Uniti (Millennium Challenge Account), la Comunità Economica Europea (Lomé Culture, Yaoundé Agreement e il Cotonou Agreement) [17] e il Giappone (TICAD I-III). Recentemente la Cina e l’India, assetate di risorse naturali, si sono affacciate sulla scena manifestando interesse per ogni possibile aspetto delle economie nazionali africane. Al centro della maggior parte di questi protocolli e accordi c’è la discussione sul “commercio e sostegno”, vedendo che i paesi che si sono sviluppati, lo hanno fatto attraverso il commercio (non solo in “materie prime”), e non in conseguenza di una “sindrome di dipendenza dagli aiuti”. Rappresentano quindi un motivo di grande interesse per le giovani economie commerciali africane le decisioni e le condizioni imposte dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e dal mondo sviluppato.
Come già detto sopra, i leader africani hanno recentemente dato vita a una struttura strategica (NEPAD) [18] che guidi gli accordi economici dell’Africa, il superamento della povertà e il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals). Come afferma il Dr. Uschi Eid, “Soltanto gli stimoli e gli sforzi che nascono dall’Africa porteranno al successo” [19]. In un certo senso l’uscita dell’Africa dalla sua agonia economica deve essere opera degli africani e guidata da loro stessi [20]. Per questo i cuori devono essere convertiti e gli occhi aperti per trovare nuovi modi di amministrare la ricchezza pubblica per il bene comune; e ciò spetta alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel continente e nelle isole.
g. Note sociali all’Instrumentum laboris: gli effetti delle suddette situazioni (storiche, politiche, economiche) determinano lo stato di salute della società africana (stabile, pacifica, prospera); costituiscono inoltre le sfide di fondo per la missione evangelizzatrice della Chiesa nel continente e nelle isole.
Esistono inoltre fenomeni globali e iniziative internazionali, di cui occorre valutare l’impatto sulla società africana e su alcune delle sue strutture, che pongono nuove sfide anche alla Chiesa. Mentre l’importanza che viene data sempre di più al posto e al ruolo delle donne nella società è un felice progresso, l’emergere nel mondo di stili di vita, valori, atteggiamenti, associazioni, ecc., che destabilizzano la società, sono motivo di inquietudine. Essi minano le basi stesse della società (matrimonio e famiglia), ne riducono il capitale umano (migrazioni, spaccio di droga, traffico d’armi) e minacciano la vita del pianeta.
Il matrimonio e la famiglia sono sottoposti a pressioni diverse e terribili perché venga ridefinita la loro natura e funzione nella società moderna. I matrimoni tradizionali, che portavano alla creazione di famiglie, sono minacciati da una crescente proposta di unioni e rapporti alternativi, privati del concetto di impegno duraturo, di natura non eterosessuale e senza il fine della procreazione. In alcune parti del continente questi hanno già i loro paladini all’interno della Chiesa. Questo attacco al matrimonio e alla famiglia è portato avanti e sostenuto da gruppi che producono un glossario teso a sostituire i concetti e i termini tradizionali riguardanti il matrimonio e la famiglia con nuove espressioni. Lo scopo è quello di stabilire una nuova etica globale sul matrimonio, la famiglia, la sessualità umana e le istanze correlate dell’aborto, della contraccezione, di aspetti dell’ingegneria genetica, ecc.
Spaccio di droga e traffico di armi: alcune parti del continente sono diventate le vie della droga dall’America Latina all’Europa. Per quanto riguarda l’Africa occidentale, il traffico di droga viene indicato come causa principale dell’instabilità e del disordine politico in Guinea Bissau e ora anche in Guinea. Quando all’inizio di luglio l’esercito della Guinea ha dichiarato il massimo stato di allerta, lo ha fatto in seguito a minacce di invasione sostenute dai cartelli della droga.
La droga non passa semplicemente attraverso parti del continente e delle isole, ma ha trovato consumatori ovunque. L’uso di droghe e la tossicodipendenza tra i giovani sta rapidamente diventando la maggior causa di dispersione del capitale umano in Africa e nelle isole, seconda solo alla migrazione, ai conflitti e alle malattie, quali l’Aids/HIV e la malaria.
Strettamente connesso al traffico di droga e all’avventurismo politico è il traffico di armi: sia di piccolo calibro che pesanti. La Chiesa in Africa, riunita in Assemblea Speciale si unisce alla Santa Sede nel sostenere con soddisfazione le iniziative delle Nazioni Unite volte a fermare il traffico illegale di armi e a rendere il commercio legalizzato degli armamenti più trasparente. Essa sostiene in modo particolare lo studio che è in corso per la messa a punto di un trattato giuridicamente vincolante sull’importazione, l’esportazione e il passaggio di armi convenzionali attraverso l’Africa.
Ambiente e cambiamenti climatici: la nube discontinua di smog che copre la maggior parte dell’Africa orientale, accompagnata da una diminuzione delle precipitazioni, da siccità e carestia, è spesso considerata un effetto del Niño. Ma essa evidenzia quanto siano dure le condizioni climatiche del continente in generale e quanto negativamente il precario equilibrio ecologico di alcune parti dell’Africa possa essere influenzato dai “cambiamenti climatici” osservati nel pianeta. Per questo motivo i vertici delle Nazioni Uniti e mondiali sui cambiamenti climatici, l’emissione di gas serra, l’assottigliamento dello strato di ozono, come quello che si terrà a dicembre a Copenaghen, devono poter contare sull’orante sostegno dell’Africa, mentre si prepara a scoprire e a sviluppare sorgenti alternative di energia pulita (sole, vento, onde marine, biogas, ecc.).Al termine di questo esame, che è certamente incompleto, è chiaro che, nonostante il continente e la Chiesa nel continente non siano ancora usciti dalle difficoltà, possono però almeno in parte rallegrarsi per i loro successi e i risultati positivi e iniziare a ricusare le generalizzazioni stereotipate sui conflitti, carestie, corruzioni e malgoverni. I quarantotto Paesi che costituiscono l’Africa sub-sahariana presentano grandi differenze nelle situazioni delle loro Chiese, dei loro governi e della loro vita socio-economica. Di queste quarantotto nazioni, solo quattro, la Somalia, il Sudan, il Niger e parti della Repubblica Democratica del Congo, sono attualmente in guerra, e almeno due di queste lo sono a causa di interferenze straniere: la Repubblica Democratica del Congo e il Sudan. Va detto che vi sono meno guerre in Africa che in Asia.
I mercanti di guerra e i criminali di guerra vengono sempre di più denunciati, processati e perseguiti. Un ufficiale della Repubblica Democratica del Congo è stato processato: Charles Taylor della Liberia sta affrontando la corte internazionale.
La verità è che l’Africa è stata accusata per troppo tempo dai media di tutto ciò che viene aborrito dall’umanità; è tempo di “cambiare marcia”e di dire la verità sull’Africa con amore, promuovendo lo sviluppo del continente che porterà al benessere di tutto il mondo [21]. I paesi del G-8 e i paesi del mondo devono amare l’Africa nella verità! [22]. Generalmente considerata alla decima posizione nella graduatoria dell’economia mondiale, l’Africa rappresenta tuttavia il secondo mercato mondiale emergente dopo la Cina. Per questo motivo, come l’ha definita il summit del G-8 da poco concluso, è il continente delle opportunità. E ciò dovrebbe valere anche per le popolazioni del continente. Si spera che la ricerca della riconciliazione, la giustizia e la pace, che è eminentemente cristiana per il fatto di essere radicata nell’amore e nella misericordia, ristabilisca l’unità della Chiesa-Famiglia di Dio nel continente e che quest’ultima, in quanto sale della terra e luce del mondo, guarisca “il cuore ferito dell’uomo, in cui si annida la causa di tutto ciò che destabilizza il continente africano” [23]. In tal modo il continente e le sue isole comprenderanno le opportunità e i doni dati loro da Dio.


II. Dall’essere “Famiglia di Dio (evangelizzatori) all’essere servitori (ministri = diakonoi) della riconciliazione, della giustizia e della pace”

Come precedentemente osservato, quando la I Assemblea speciale per l’Africa si riunì per riflettere sull’evangelizzazione nel continente e nelle isole alle soglie del terzo millennio della fede cristiana, adottò la Chiesa-Famiglia di Dio come il principio guida dell’evangelizzazione in Africa [24]. L’immagine della Chiesa-Famiglia di Dio evocava valori come sollecitudine verso gli altri, solidarietà, dialogo, fiducia, accoglienza e calore nei rapporti. Evocava tuttavia anche le realtà socioculturali di genitorialità, procreazione e filiazione, affinità e fraternità, come pure una rete di rapporti che derivavano da queste realtà sociali e in cui i membri si riconoscevano. I rapporti costituiscono la vita di comunione della famiglia, ma richiedono ai membri un impegno, il cui compimento rappresenta allo stesso tempo la loro giustizia e rende le relazioni armoniose e pacifiche. Tuttavia, quando tali esigenze del rapporto non vengono rispettate, la giustizia viene violata e la vita di comunione risulta offesa, danneggiata, menomata.
L’Instrumentum laboris ne tiene conto e mette in rilievo le numerose sfide alla comunione e all’ordine sociale che il disprezzo per le giuste esigenze di relazione pone al continente. In questi casi la riconciliazione rappresenta il ristabilimento della comunione e del giusto ordine; ed essa prende la forma di restaurazione della giustizia che sola ristabilisce pace ed armonia nella Chiesa-Famiglia di Dio e nella famiglia della società.
Quanto segue si propone di contribuire alla discussione del tema sinodale, fornendo brevi riferimenti biblici ai termini del tema allo scopo di radicare le istanze dei termini e la loro interazione nei rapporti umani (nella società umana) prima e, soprattutto, nel rapporto di Dio con l’uomo (umanità).

a. Servi (diakonoi) di Riconciliazione come Ripristino della Giustizia
Nelle Scritture. La riconciliazione è una iniziativa divina, un moto libero e gratuito di Dio nei confronti dell’umanità; e il suo scopo è quello di sanare e di ristabilire la comunione sancita dall’alleanza, che viene minacciata e infranta dal peccato.
L’insegnamento di San Paolo ai Corinzi sull’argomento è illuminante: “Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 17-20).
La Riconciliazione quindi è un atto divino di cui noi (umanità) facciamo esperienza e in questa esperienza diventiamo suoi strumenti e ambasciatori.

L’esperienza di Riconciliazione degli Apostoli

I Vangeli hanno presentato la vita e il ministero di Gesù come l’opera di salvezza del Padre per l’umanità. I discepoli di Gesù sono stati i primi a essere chiamati a sperimentare l’offerta di salvezza del Padre in Gesù e l’hanno fatto in vari modi, anche attraverso il perdono e la riconciliazione. Il saluto di “pace” di Gesù ai discepoli la mattina della Resurrezione (Gv 20, 19-21), per esempio, rappresentava il perdono del loro tradimento e del loro abbandono di Gesù, e allo stesso tempo il ristabilimento dell’amicizia.
Gesù non ha preteso un’ammissione di colpa da parte dei discepoli. Non c’è stata alcuna richiesta di perdono e non sono state porte scuse. C’era solo una luce benevola che brillava su tutte le loro mancanze. Sono stati offerti un perdono gratuito e un riconciliante augurio di pace.
La Riconciliazione qui è un gesto conciliatorio gratuito e immeritato in cui l’offeso (Gesù) va incontro ai colpevoli (i discepoli). Incaricati ora di predicare il Vangelo fino ai confini della terra, i discepoli-apostoli di Gesù hanno assolto la loro missione di “evangelizzatori che sono stati evangelizzati” e di “ambasciatori della riconciliazione che hanno fatto esperienza della riconciliazione”.

L’esperienza di Riconciliazione di Paolo

Più tardi Paolo prosegue l’opera dei discepoli-apostoli di Gesù come predicatore dello stesso dono di salvezza in Gesù. Tuttavia, avendo ricevuto l’incarico di annunciare Gesù nelle particolari circostanze del suo incontro con il Signore risorto sulla via di Damasco, anche Paolo comprende che l’offerta di salvezza in Gesù da parte del Padre è l’atto di riconciliazione del Padre [25]. Infatti, come egli stesso ammette: “Io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù” (1 Tm 1, 13-14).
Per Paolo, quindi, l’esperienza della salvezza ha rappresentato anche un passaggio dall’ostilità e l’inimicizia verso Cristo e la sua Chiesa alla fede in Cristo e alla fratellanza con la sua Chiesa. Questo passaggio dall’inimicizia alla fratellanza costituisce la riconciliazione ed è un’esperienza immeritata che solo Dio può suscitare in una persona. In questo, Paolo ha considerato se stesso un esempio per coloro che avrebbero creduto in Cristo (cf. 1 Tm 1, 16).

Riconciliazione con Dio (verticale) e tra gli Esseri Umani (orizzontale)
In Gesù: nella sua vita e nel suo ministero ma in particolare nella sua morte e risurrezione, Paolo ha visto Dio Padre riconciliare il mondo (tutte le cose in cielo e sulla terra) a sé, cancellando i peccati dell’umanità (cf. 2 Cor 5, 19; Rm 5, 10, Col 1, 21-22). Paolo ha visto Dio Padre riconciliare giudei e gentili a sé in un solo corpo attraverso la croce (Ef 2, 16). Ma Paolo ha anche visto Dio riconciliare giudei e gentili creando, dei due, un solo uomo nuovo (Ef 2, 15; 3, 6). In tal modo l’esperienza della riconciliazione stabilisce la comunione su due livelli: comunione tra Dio e umanità e, poiché l’esperienza della riconciliazione rende noi (umanità riconciliata) anche “ambasciatori della riconciliazione”, essa ristabilisce pure la comunione tra gli uomini.

Riconciliazione tra Dio e Umanità

La creazione dell’umanità a immagine e somiglianza di Dio, la scelta di Israele come “parte e eredità di Dio”, la redenzione dell’umanità in Cristo e il sigillo dello Spirito Santo (cf. Ef 1, 13; 4, 30) conducono l’umanità alla comunione con Dio.
Quando l’umanità è alienata e lontana da Dio a causa del peccato (disobbedienza, idolatria, rifiuto di Gesù), la riconciliazione si concretizza nel perdono; e questa è l’opera di Dio [26].
È Dio che ha inaugurato la riconciliazione con Israele e l’umanità, peccatori e distanti, riconducendoli a sé (Sal 80, 3, 7, 19; Os 11; 14) “perché noi fossimo a lode della sua gloria” (Ef 1, 12) e secondo “Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4, 24); e Gesù “Colui che non aveva conosciuto peccato... Dio lo trattò da peccato in nostro favore” (2 Cor 5, 21; Gal 3, 13; Rm 8, 5) resta il nostro tramite per la riconciliazione. La quale, comunque, è opera dell’amore di Dio.

La Riconciliazione in seno alla Famiglia Umana

Ricordando brevemente la storia di Gesù e Zaccheo (Lc 19), si comprende che l’incontro tra Gesù e Zaccheo non ha portato soltanto a una conversione che ha stabilito la comunione tra Zaccheo e il Signore. Questo incontro ha portato anche a una conversione che ha ristabilito il rapporto di Zaccheo con la sua gente. In questa nuova relazione è cambiata anche la sua visione della sua gente: erano fratelli che non dovevano essere sfruttati o defraudati.
La Riconciliazione quindi non si limita a Dio che attira a sé un’umanità alienata e peccatrice in Cristo attraverso il perdono dei peccati e l’amore. Costituisce anche il ristabilimento delle relazioni tra le persone tramite la composizione delle differenze e l’abbattimento degli ostacoli nei rapporti attraverso l’esperienza dell’amore di Dio. Questa, infatti, è la caratteristica propria della riconciliazione nel ministero di Gesù Cristo. D’altro canto, le Scritture riportano diverse forme di riconciliazione attraverso accomodamenti [27], quali:
- il colpevole ammette l’errore e chiede perdono, riconoscendo così che l’offeso è nel giusto (virtuoso) [28];
- il colpevole nega l’errore e si dà avvio a una mediazione per stabilire chi è nel giusto;
- l’offeso perdona unilateralmente e fa cessare le ostilità, stabilendo la pace e la riconciliazione.
In tutti questi casi tuttavia la riconciliazione, come passaggio dall’inimicizia alla pace, dall’alienazione alla comunione, non è un sacrificio dei diritti e non si sostituisce alla giustizia. Piuttosto, il ripristino della giustizia è il suo frutto.
In sostanza la riconciliazione dell’umanità ancora alienata può assumere la forma di ebrei e gentili che si riuniscono come eredi del regno (Ef 2, 13-15). Può prendere la forma di membri di una comunità di culto che armonizzano le proprie differenze e sono in pace gli uni con gli altri (Mt 5, 23-26; 1 Cor 3, 3); può prendere anche la forma di membri di una comunità che si perdonano reciprocamente le offese (Mt 18, 15; Lc 17, 3-4) e che non nutrono rabbia e rancori (Ef 4, 26). Attraverso il perdono, i membri della famiglia umana costruiscono una comunità di riconciliati (Ef 2, 16-19), il cui perdono reciproco riflette quello del Padre nei cieli (Mt 6, 12, Lc 11, 4), il quale ha dato avvio alla nostra riconciliazione con il suo amore e la sua misericordia.

Una prospettiva per l’Instrumentum laboris

Esiste una spiritualità di riconciliazione nell’Instrumentum laboris che può ispirare la discussione e che deve diventare la disposizione del servitore della riconciliazione. Infatti in una Chiesa che è una famiglia in comunione, la riconciliazione non diventa uno status o un’azione, bensì un processo dinamico, un compito da intraprendere ogni giorno, un obiettivo da raggiungere, un tentativo continuo di ricomporre con l’amore e la misericordia, amicizie interrotte, legami fraterni, speranza e fiducia [29].

b. Servitori (diakonoi) della Giustizia (rettitudine)
Il frutto della riconciliazione tra Dio e gli uomini e all’interno della famiglia umana (tra uomo e uomo), come osservato precedentemente, è il ristabilimento della giustizia e delle giuste esigenze dei rapporti. È allo stesso tempo etico e religioso e scaturisce dall’amore e dalla misericordia.

False forme di giustizia

Il concetto di giustizia si è secolarizzato per significare:
- solamente la legge del più forte;
- un compromesso sociale per evitare mali peggiori; e
- la virtù dell’imparzialità nell’applicazione generale della legge, senza alcun riguardo per la giustizia naturale [30].
L’affermarsi dello “spirito del capitalismo” è andato ad aggiungersi all’alienazione del concetto di giustizia da ogni radice trascendentale [31]. L’etica dell’economia, per esempio, era razionalista e individualista. Suo scopo principale era il profitto e non teneva conto delle esigenze della solidarietà, dell’ “ordo amoris” e di tutti i vincoli religiosi ed etici. Di conseguenza, l’intera nozione di giustizia sociale è stata eliminata e la giustizia applicata a stesure di contratti negoziati conformemente alla legge della domanda e dell’offerta, senza restrizioni per le imprese individuali. Lo stato ha solo applicato l’ordine pubblico e il rispetto dei contratti rimanendo rigorosamente neutrale riguardo al loro contenuto [32].
Invece la giustizia della diakonia cristiana rappresenta il giusto ordine delle cose e il rispetto delle giuste esigenze dei rapporti. È la giustizia e la rettitudine di Dio e del suo regno (Mt 6, 33).
Tuttavia, nell’attuale situazione di peccato umano e di cuori feriti, l’Antico Testamento è saldo nella sua visione secondo cui la giustizia non può giungere all’uomo attraverso la sua forza, ma è un dono di Dio; il Nuovo Testamento sviluppa più pienamente questa visione, facendo della giustizia la suprema rivelazione della grazia salvifica di Dio.

Il Senso della “Rettitudine del Regno” [33]

La rettitudine, o la giustizia del regno, non è una giustizia retributiva, sebbene questo sia talvolta il senso della sua attribuzione a Dio (Ap 15, 4; 19, 2, 11; 16, 5-6; Eb 6, 10; 2 Ts 1, 6).
Non ha neanche il significato di “conformità a una norma o a un insieme di norme”. Almeno, non è questo il suo principale significato e in questo senso non può mai essere applicato a Dio.
Presentata diversamente come tsedaqah e tsedek, la giustizia (rettitudine) è l’adempimento dell’esigenza di rapporto sia con Dio che con gli uomini [34]; e quando Dio o l’uomo corrispondono alle condizioni imposte su di lui (lei) dal rapporto, lui (lei) in termini biblici è “giusto” (tsadiq/dikaios).
Fondamentalmente, tre eventi spiegano tutte le relazioni che esistono tra Dio e gli uomini e tra uomo e uomo; essi sono:
- la creazione dell’umanità “a sua immagine e somiglianza” (Gn 1, 26-27) che fa degli esseri umani creature di Dio. Lo stesso atto della creazione tuttavia postula per l’umanità un’origine e una paternità comuni che lega profondamente tutti i membri della famiglia umana l’uno all’altro, come fratelli e sorelle [35];
- l’alleanza-elezione di Dio nei confronti di Israele che fa di Israele “il primogenito di Dio”, “la sua eredità”, “la sua porzione”. Essa rende inoltre anche i figli di Israele “fratelli” (Dt 15, 11-12);
- la nuova alleanza nel sangue di Cristo, per cui tutti i seguaci di Cristo portano il “sigillo dello Spirito Santo” (Ef 1, 13-14) che li rende “templi dello Spirito Santo” e “dimora di Dio”.
Queste sono le basi dei rapporti tra Dio e gli uomini nei diversi momenti della storia. E sono iniziative di Dio e atti del suo amore. In tal senso, la rettitudine è una giustizia radicale ed esauriente di natura religiosa che esige che gli uomini si abbandonino a Dio nell’obbedienza e nella fede e che rende ogni peccato una “injuria”, un’ingiustizia e un’empietà. Esige anche che l’uomo risponda alle giuste esigenze del rapporto che intrattiene a motivo della creazione e della fratellanza universale degli uomini e in virtù della salvezza e della chiamata comune alla santità e alla filiazione in Cristo.

Rettitudine (giustizia) basata sulla creazione

La questione riguardo a dare a Cesare quel che è di Cesare (Mt 22, 15-22; Mc 12, 13-17; Lc 20, 20-26) ha dato a Gesù l’opportunità di definire il rapporto fondamentale fra Dio e l’uomo come giustizia (rettitudine).
Secondo la risposta di Gesù il denaro apparteneva a Cesare poiché recava il marchio di proprietà ossia la sua effige e la sua iscrizione. Nella giustizia, il possesso della moneta da parte di Cesare doveva essere riconosciuto e sostenuto; per cui “date a Cesare quel che è di Cesare”.
La seconda parte della risposta di Gesù affronta la questione fondamentale, se Dio riceve ciò che gli è dovuto da coloro che recano la sua “immagine e somiglianza” ossia gli esseri umani (Gn 1, 26-27). L’appartenenza dell’umanità a Dio in virtù della sua creazione a “immagine e somiglianza di Dio” è la base della vita di comunione tra Dio e gli uomini; e assume la forma della giustizia: l’umanità che dà a Dio ciò che gli è dovuto. Nelle Scritture l’umanità dà a Dio ciò che gli è dovuto quando l’uomo “obbedisce alla voce di Dio”, “crede in Lui”, Lo “teme” e “Lo adora”; quando ciò non avviene l’umanità deve mostrare che si “converte” (At 17, 30).
Analogamente la paternità comune degli uomini (At 17, 28-29) impone a ciò un “ordo amoris” di solidarietà e di fratellanza universale che è sostenuto dalla giustizia nei rapporti.

Rettitudine (giustizia) basata sulle alleanze di Dio

Le diverse alleanze nell’Antico Testamento hanno istituito diversi rapporti fra Dio e:
- gli individui: Abramo (Gn 17, 4), Isacco (Gn 17, 19, 21), Giacobbe (Es 6, 4), Davide (2Cr 21, 7);
- le tribù e le famiglie: Abramo (Gn 17, 11), Davide (2 Sam 7) e
- il popolo d’Israele (Dt 4, 12-13, quindi Es 19-20;24, 8; Lev 24, 8; Is 24, 5).
Alcune delle alleanze dell’Antico Testamento esprimono anche i rapporti fra gli esseri umani: Isacco e Abimelek (Gn 26, 28-29), Giacobbe e Làbano (Gn 31, 44), Davide e Giònata (1 Sam 20, 16).Le alleanze hanno stabilito rapporti speciali che hanno posto agli interessati delle esigenze [36]; e la giustizia (rettitudine) era l’osservanza delle esigenze dei rapporti che assicuravano la fratellanza e la comunione, verticalmente fra Dio e gli uomini e, orizzontalmente, fra le persone. Nella Bibbia, i termini opposti sono “malvagio” (malfattore) e “malvagità” (rasha’); e denotano il male commesso contro la persona con cui si è in rapporto. Pertanto i “malvagi” distruggono la comunità (comunione) non adempiendo alle esigenze del rapporto comunitario [37]. Le alleanze tra Dio e gli individui e il popolo di Israele erano iniziative di Dio che coinvolgevano gli individui, le famiglie e il popolo di Israele in un rapporto speciale e richiedevano che essi vivessero le esigenze del rapporto nei confronti di Dio e tra di loro. L’esigenza/le esigenze del rapporto era/erano, da un lato, la sottomissione nella fede e nella fiducia all’offerta di Dio espressa talvolta attraverso la celebrazione di un semplice rito di circoncisione (Gn 17,10-11) ma spesso attraverso l’osservanza delle leggi (torah) di Dio (Es 19, 5; Dt 7, 9, ecc.). D’altra parte, gli israeliti dovevano adempiere a certe esigenze tra loro (giustizia sociale) in virtù del loro rapporto di alleanza con Dio.
Con i suoi numerosi peccati e violazioni delle esigenze del suo rapporto di alleanza con Dio Israele ha agito in modo ingiusto (injuria) e si è collocato al di fuori del rapporto. Non poteva più avere nessuna pretesa nei confronti di Dio quale partner dell’alleanza. Se Dio ha continuato a trattarlo come partner dell’alleanza è stato perché ha ignorato la sua violazione “facendolo ritornare” (Sal 80, 3, 7, 19).
Israele, da parte sua, non poteva fare altro che confessare i propri peccati e permettere a Dio di riportarlo indietro. Era questo il tema principale di Osea e dei profeti post-esilio. La rettitudine di Dio consisteva quindi nel suo giustificare Israele: riportare Israele nel rapporto di alleanza nonostante le sue mancanze. Da parte sua, la rettitudine di Israele consisteva nel confessare i propri peccati riconoscendo le sue mancanze e accettando nella fede la generosa offerta di Dio della salvezza.

Rettitudine (giustizia) basata sulla Nuova Alleanza in Cristo

È su questa linea che Giovanni Battista ha inaugurato il suo ministero; e il suo ministero ha adempiuto a ogni giustizia nel senso che il pentimento e la confessione dei peccati che esso richiedeva erano l’ammissione di Israele (dell’umanità) di non riuscire a essere fedele alle esigenze dell’Alleanza, la sua esperienza immeritata di ricevere comunque il perdono giustificatore e il favore di Dio e il riconoscimento che Dio agisce solo per amore e misericordia. Quando dunque Gesù si è fatto battezzare da Giovanni si è unito all’umanità per professare tutto quanto detto sopra come giustizia di Dio. È per questo che si dice che Gesù ha adempiuto a ogni giustizia!
In Gesù e nel suo ministero si vedono due cose:
- la rivelazione della giustizia come grazia giustificatrice di Dio che ignora le giuste esigenze del rapporto dell’Alleanza e reintegra l’umanità per misericordia [38] e amore in un rapporto di Alleanza. Poiché “Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio” (Ef 2, 8).
- Il dono dello Spirito di Gesù alla Chiesa e ai suoi membri che consente loro di rispondere alla giustizia (rettitudine) di Dio nella fede e di diventare la “giustizia di Dio in Cristo” (2 Cor 5, 21), “giustificandosi” a loro volta l’un l’altro per misericordia e amore [39]: ignorando i loro peccati e la violazione dei diritti, i rapporti socio-politici, ecc. e ripristinando in tal modo la comunione della famiglia di Dio e della famiglia della società.
Questo senso di giustizia e di rettitudine suggerisce che l’invito dell’Instrumentum Laboris a essere servitori della giustizia è anzitutto e soprattutto un invito a un’esperienza spirituale: l’esperienza della giustificazione (grazia giustificatrice) di Dio nella fede e a testimoniarla nella Chiesa e nella società giustificando gli altri. In quale altro modo i dolori e le molteplici lacerazioni che la gente sperimenta nel continente possono essere guariti e può essere ripristinata la comunione?

c. Servitori/Ministri (diakonoi) della pace: il Catechismo della Chiesa Cattolica ripete l’insegnamento di Sant’Agostino secondo cui “la pace è la tranquillità dell’ordine” [40]. E prosegue spiegando come “il rispetto e lo sviluppo della vita umana rchiedono la pace” e come sono “frutto della giustizia ed effetto della carità” [41].

La Pace come opera di Giustizia

Giustizia (rettitudine), come abbiamo visto sopra, è un concetto di rapporto, e il giusto è colui/colei che adempie alle esigenze postegli dal rapporto che intrattiene.
Nel caso della corrotta Israele e dell’umanità caduta (Rm 5, 6 ss), che Dio ha giustificato in Cristo imputando loro la rettitudine, la loro giustizia (rettitudine) consisteva nel riconoscimento del loro bisogno della grazia giustificatrice di Dio e la loro sottomissione ad essa nella fede; e questo sembra precisamente essere l’atteggiamento che predispone l’umanità alla pace di Dio nel Vangelo. Infatti, quando alla nascita di Gesù, l’angelo annuncia la venuta della Pace di Dio in terra,essa era destinata solo a coloro “che Egli ama” (Lc 2, 14).
“La Pace” è destinata, in terra “agli uomini che Egli ama” (Lc 2, 14) e il significato della frase “agli uomini che Egli ama” è, secondo alcuni autori, “chiunque riceverà la grazia di Dio e risponderà con fede” [42]. Questo significato della frase, come ricordiamo, coincide con il senso del “giusto” e “retto” di cui si è detto, e sembrerebbe quindi che i “giusti” (retti), in quanto disposti ad accettare nella fede ciò che Dio opera, sono anche coloro sui quali, in terra, riposa la “pace” di Dio. Inoltre, sembrerebbe che quanti sperimentano la pace di Dio siano proprio coloro che sono disposti a realizzare la pace sulla terra, adempiendo alle esigenze poste dai rapporti che vivono.
È qui evidenziata la stretta relazione tra pace e giustizia (rettitudine), che Isaia vede (Is 32, 17), che il Salmista canta (Sal 85, 10) e che Paolo vede in ogni cristiano che è a posto (giustificato) dinanzi a Dio in Cristo. “Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo...” (Rm 5, 1). Dunque la pace viene dal cielo. È un dono di Dio ed è strettamente collegato con la sua giustizia/rettitudine. Anche in terra viene rivelata come dono di Dio dall’alto e viene donata ai giusti/retti (“gli uomini che egli ama”).

La pace come effetto della Carità (l’amore di Dio in Cristo)

Poiché la “pace” è stata così strettamente collegata con l’alleanza e con il vivere le sue esigenze, quando il popolo di Dio non ha rispettato l’alleanza, anche la “pace” è stata allontanata. È stato di nuovo necessario l’intervento di Dio scaturito dalla sua amorevole misericordia per portare la “pace” al suo popolo; ed è in questo senso che gli scritti post-esilio di Israele cominciano a vedere la “pace” come generata dalla punizione del servo di Dio “Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui” (Is 53, 5).
Gesù Cristo nella sua missione e ministero, ha realizzato la visione degli ultimi profeti d’Israele. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio” (Gv 3, 16); e dopo essere stato “messo a morte per i nostri peccati” (Rm 4, 25), il Figlio di Dio è diventato la nostra “pace”. Dunque se la “pace” viene da Dio (Gal 1, 3; Ef 1, 2; Ap 1, 4) ed è di Dio (Fil 4, 7; Col 3, 15; Rm 15, 33) è Cristo che è quella “pace” (Ef 2, 14). È Lui che la proclama e la stabilisce (Ef 2, 17) ed è Lui la presenza di Dio che porta la pace che il mondo non può dare.
Il significato della Pace di Cristo

La “pace” non ha solamente un significato laico, di assenza di conflitto (Gn 34, 21, Gs 9, 15; 10, 1,4; Lc14, 32), presenza di armonia nella casa e nella famiglia (Is 38, 17, Sal 37, 11, 1 Cor 7, 15, Mt 10, 34; Lc 12, 51), sicurezza e prosperità individuale e comunitaria (nazionale) (Gdc 18, 6; 2 Re 20, 19; Is 32, 18). La “pace” non è solo quando gli esseri umani e le società adempiono ai rispettivi doveri e riconoscono i diritti di altre persone e società” [43] e non è neanche uno dei risultati dell’impegno per la giustizia [44]. La “pace” trascende fondamentalmente il mondo e gli sforzi umani [45]. È un dono di Dio (Is 45, 7; Nm 6, 26) donato ai “retti/giusti”.
Normalmente espresso con “shalom” (Antico Testamento) e “eirēnē” (LXX e Nuovo Testamento), ogni genere di “pace” è una totalità determinata da Dio e donata “agli uomini che egli ama”, cioè i giusti e i retti.
Dunque, quando Gesù ha perdonato il peccatore (Lc 7, 50) e guarito l’ammalata (Mc 5, 34), li ha mandati via “in pace”: “andate in pace”. “Andate in pace” non era soltanto una benedizione di congedo, ma l’offerta di shalom. Ai perdonati e ai guariti non veniva solo restituita l’integrità del corpo, venivano anche rimessi in pace con Dio per mezzo della loro fede e completamente risanati davanti a Dio e alla comunità [46].
Quest’ultimo è anche il significato del saluto di “pace” di Gesù ai suoi discepoli la mattina della resurrezione (Gv 20, 19-21). Era il perdono del loro tradimento di Gesù e anche il ripristinare l’amicizia. Gesù non aveva bisogno di un’ammissione di colpa da parte dei suoi discepoli. Non c’è stata nessuna richiesta di perdono e nessuna scusa è stata presentata. Semplicemente sono state benevolmente ignorate tutte le mancanze. Invece, è stato concesso un perdono gratuito e un segno conciliatorio di “pace”.
La “pace” di Gesù è la nostra pace per la quale egli si è assunto i nostri castighi (Is 53, 5). È perciò un ripristino gratuito e immeritato dell’interezza e della comunione con Dio e con gli uomini e viene ricevuto da tutti coloro che lo accolgono come grazia di Dio e rispondono con fede, cioè da “coloro che egli ama” (i giusti/retti).
Paolo esorta le sue comunità cristiane a perseguire la pace (Rm 14, 19; Ef 4, 3; Eb 12, 14) come giuste portatrici in terra della pace di Cristo e ad essere in pace gli uni con gli altri (Rm 12, 18; 2 Cor 13, 11), proprio come ora l’Instrumentum laboris auspica che faccia la Chiesa in Africa. Ma è anche in qualità di giusti portatori in terra della pace di Cristo che dobbiamo ricordare, come abbiamo già fatto per la “giustizia”, che la “pace” è un atto che va oltre la giustizia in senso stretto ed esige amore [47]. Essa deriva dalla comunione con Dio ed è tesa al benessere dell’uomo (umanità). Perciò, nell’invitare la Chiesa in Africa e sulle isole a essere “ministri (servitori) della riconciliazione, della giustizia e della pace”, dopo l’invito del Primo Sinodo alla Chiesa a vivere nella comunione della Chiesa-Famiglia di Dio, il Secondo Sinodo invita la Chiesa a sperimentare quelle virtù che fondano la nostra comunione con Dio e a testimoniare/vivere le stesse - ovvero la riconciliazione, la giustizia e la pace attraverso l’amore e la misericordia - nel continente. Le implicazioni di questo ministero sono ciò che il (tema del) Sinodo ora spiega con i simboli del sale e della luce: sale della terra e luce del mondo.

III. Dall’essere “testimoni di Cristo” (At 1, 8) all’essere “sale della terra” e “luce del mondo” (Mt 5, 13-14).

Raccogliendo i frutti del Primo Sinodo nell’Ecclesia in Africa, Papa Giovanni Paolo II ha esaltato la “testimonianza” come elemento essenziale della cooperazione missionaria e ha ricordato alla Chiesa africana che Cristo non solo lancia ai suoi discepoli in Africa la sfida di testimoniarlo, ma dà loro lo stesso mandato che ha affidato ai suoi apostoli il giorno dell’Ascensione: “Di me sarete testimoni” (At 1, 8) in Africa [48].
Dunque, paragonando i discepoli di Cristo in Africa al sale e alla luce, il Santo Padre afferma: “Ai nostri giorni, nel contesto di una società pluralista, è soprattutto grazie all'impegno dei cattolici nella vita pubblica che la Chiesa può esercitare un'influenza efficace. Dai cattolici, siano essi professionisti o insegnanti, uomini d'affari o funzionari, agenti di sicurezza o politici, ci si aspetta che testimonino bontà, verità, giustizia e amore di Dio nelle loro attività di ogni giorno. Il compito del fedele laico [...] è quello di essere il sale e la luce nella vita quotidiana, specialmente laddove è il solo a poter intervenire”[49].
“Sale della terra” e “luce del mondo” dunque erano le immagini/metafore in cui il Papa ha fissato la sua visione delle attività missionarie della Chiesa in Africa e nelle isole. Questo Sinodo ora invita la Chiesa in Africa a intendere il suo servizio di riconciliazione, giustizia e pace nel continente come l’essere “sale della terra” e “luce del mondo”.

Servi (diakonoi) della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace come “sale della terra”

La metafora “sale” che Gesù usa nei Vangeli sinottici (Mt 5, 13; Mc 9, 50; Lc 14, 34) per descrivere la peculiarità della vita dei suoi discepoli, è polivalente. Ha molti significati. Dunque, poiché il “Mar Morto” è detto anche “mare di sale” (Gn 14, 3), per coloro che vivono vicino al “Mar Morto”, “sale” può significare “morte” (cfr. Gn 19, 26). Dio, il Signore della vita, comunque, sanerà le acque del “mare di sale” con l’acqua del tempio e darà loro vita (Ez 47). In un altro senso, il sale ha un potere di conservazione. Esso dà sapore e conserva il cibo (Gb 6, 6; Mt 5, 13; Lc 14, 34) e, in senso correlato, come nel caso della purificazione di Eliseo delle acque di Gerico (2 Re 19, 22), il sale ha anche un potere purificatore.
L’uso del sale per suggellare amicizia e patti nel mondo dell’Antico Testamento (Esd 4, 14) sembra essere alla base dell’uso, da parte di Dio, di immagini per esprimere il permanere e la stabilità delle disposizioni riguardanti il sostentamento dei sacerdoti nell’Antico Testamento: “È un’alleanza inviolabile, perenne, davanti al Signore ...” (Nm 18, 19). L’uso del sale in occasioni di alleanza può dunque essere alla base dell’invito di Gesù ai suoi discepoli: “Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri”(Mc 9, 50),cioè di osservare la lealtà reciproca di una relazione di alleanza e di vivere in pace.
Il sale, però, è simbolo anche di “saggezza” e di “forza morale” ed è ciò che dà valore alle cose. È quello che accade, per esempio, quando il sale è usato per concimare il suolo.
Di conseguenza, quando Gesù si riferisce ai suoi discepoli come “sale della terra” e quando il Sinodo esorta la Chiesa in Africa a essere “servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace” come “sale della terra”, sia Gesù che il Sinodo stanno facendo uso di un simbolo polivalente per esprimere i molteplici compiti ed esigenze dell’essere discepoli e dell’essere Chiesa (Famiglia di Dio) in Africa. E così, come nel caso dei profeti, il rifiuto della Chiesa e del suo Vangelo equivale ad esprimere un giudizio e a trasformare la terra in una “terra di sale” (Dt 29, 23; Ger 17, 6; Sal 107, 34). In un continente, alcune parti del quale vivono in situazioni di conflitto e di morte, la Chiesa deve spargere semi di vita: iniziative che generano vita. Essa deve preservare il continente e la sua popolazione dagli effetti distruttivi dell’odio, della violenza, della giustizia e dell’etnocentrismo. La Chiesa deve purificare e sanare le menti e i cuori da modi corrotti e malvagi e diffondere il suo messaggio evangelico generatore di vita per mantenere in vita il continente e il suo popolo, conservandoli sul cammino della virtù e dei valori evangelici, quali la riconciliazione, la giustizia e la pace [50]. Ma, cosa ancora più importante, il simbolo del “sale” invita la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa ad accettare di consumarsi (dissolversi) per la vita del continente e del suo popolo.

Servi (diakonoi) della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace come “luce del mondo”

Far riferimento ai discepoli come “luce del mondo” significa ricorrere ad una simbologia le cui origini affondano nell’Antico Testamento come attributo e missione di Sion, la città sul monte. Di conseguenza, il Servo-Messia sarà chiamato ad assumere questo come sua vocazione e ciò troverà compimento in Gesù. Gesù, dunque, come “luce del mondo”, anzi come la “luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9) costituirà anche i suoi discepoli “luce del mondo”.

Sion, la città sul monte e luce delle nazioni

Sion era il monte della casa del Signore (Is 2, 2) ed era la dimora dell’Arca dell’Alleanza (2 Sam 6; 1 Re 8, 20-21) e del Nome del Signore (Dt 12, 5). L’Arca dell’Alleanza conteneva la Legge di Dio e la Legge era “una lampada e l’insegnamento una luce” (Pr 6, 23; Sal 19, 8; 119, 105; Bar 4, 2).
Il Nome di Dio, comunque, rappresentava la “presenza di Dio” e la luce della presenza di Dio faceva riferimento al potere e all’azione salvifici di Dio (Is 10, 17; Sal 27; 36, 9) per salvare Gerusalemme e il suo popolo [51]. Perciò, in considerazione del suo essere in possesso della luce della conoscenza della Legge e della luce della salvezza di Dio, Gerusalemme divenne una luce per le nazioni ed i re [52].

L’esperienza di Sion divenne la vocazione del Servo-Messia

In Isaia, l’esperienza di Gerusalemme, luce delle nazioni e dei re, è presentata come la vocazione di un servo. Il servo di Jahvè, che è dotato dello Spirito di Jahvè, per portare giustizia alle nazioni (Is 42, 1; 51, 4) è dato dunque come alleanza del popolo e “luce delle nazioni” (Is 42, 6, 49, 8 ss). La sua chiamata a essere “luce delle nazioni” implica la sua personale esperienza della salvezza di Jahvè (Is 49, 7) e ciò ha permesso che la salvezza di Jahvè raggiungesse tutti gli angoli della terra. In questi passaggi relativi al servo, “luce” è conoscenza della Legge e della salvezza di Dio ed è un dono destinato ad arrivare a tutti i popoli.

Gesù compie la vocazione di Servo-Messia

La figura del Servo-Messia si compie in Gesù. Mt 4, 16 cita Is 9, 2 e allude alla stella apparsa alla nascita di Gesù per sottolineare il compimento e la continuazione, in Gesù, del simbolismo rivelatore e salvifico della luce nell’Antico Testamento. Gesù è la “luce della salvezza di Dio” (Gv 1, 5; 3, 19; 8, 12; 12, 46) ed è la “luce della Parola/Legge/Saggezza di Dio” (Gv 1, 4; 9, 5; 12, 36, 46). Gesù è la “luce del mondo” (Lc 2, 32; Gv 1, 9) e muore e risorge per “annunciare la luce al popolo e alle genti” (At 26, 23).

I discepoli di Gesù e i cristiani come luce del mondo

Dunque il riferimento ai discepoli come “luce del mondo” non è altro che Gesù che fa dei suoi discepoli la sua estensione e rappresentazione nel mondo. “Voi siete la luce del mondo” esprime quindi l’alta vocazione dei discepoli di Gesù: una chiamata a compiere, in Cristo, la vocazione di Israele nell’Antico Testamento di essere testimone della luce della conoscenza della Legge di Dio (Vangelo) e della sua salvezza nel mondo.
Questa alta vocazione dei seguaci di Gesù è ciò che il Sinodo propone per la Chiesa in Africa ed essa comincia con la loro chiamata (battesimale) che li rende “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui che vi (li) ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1 Pt 2, 9). Rispondendo alla chiamata, essi si arrendevano all’illuminazione della Parola di verità (Ef 1, 17 ss), la luce del Vangelo della salvezza (2 Cor 4, 4) e la sua chiamata al pentimento. La vita derivante dallo stato di discepolo, li rende “luce nel Signore e figli della luce” (Ef 5, 8), “figli della luce e figli del giorno” (1 Ts 5, 5; cf. Rm 13, 12). “E Dio che disse: ‘Rifulga la luce dalle tenebre’, rifulse nei nostri (loro) cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo” (2 Cor 4, 6). Essa conduce alla fede in Gesù e a ricevere il sigillo promesso dello Spirito Santo (Ef 1, 13) per aver vissuto una vita senza macchia; perché “il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità” (Ef 5, 9).

Conclusione: che terra? Che mondo?

Ai tempi di Gesù, la terra e il mondo per cui i discepoli dovevano essere “sale” e “luce” erano la terra e il mondo al di fuori del circolo dei dodici, “quel fuori” per cui “tutto avviene in parabole” (Mc 4, 11).
In questo Sinodo la terra e il mondo per cui i cattolici del continente e delle isole devono essere “sale” e “luce” come servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace è l’Africa dei nostri giorni, come descritto nell’Instrumentum laboris e accennato sopra [53]. È qui che Gesù Cristo, dopo essersi rivelato attraverso le Scritture come nostra riconciliazione, giustizia e pace, ora chiama e invia i suoi discepoli in Africa e nelle isole a spendere sé stessi, come sale e luce, per costruire la Chiesa in Africa come autentica Famiglia di Dio attraverso i ministeri della riconciliazione, della giustizia e della pace, esercitati nell’amore, come il loro maestro.

[1] Giovanni Paolo II, Discorso nella Cattedrale di Cristo Re (17 settembre 1998, Johannesburg, Sudafrica): “Qui a Johannesburg, in Sud Africa, insieme all’intera Chiesa in questa parte meridionale del Continente, ci siamo riuniti per promulgare l’Esortazione Apostolica “Ecclesia in Africa” che contiene le proposte fatte dai Padri sinodali al termine della sessione di lavoro svoltasi a Roma nei mesi di aprile e maggio del 1994. Con l’autorità apostolica propria del Successore di Pietro, presento a tutta la Chiesa di Dio in Africa e nel Madagascar i discernimenti, le riflessioni e le risoluzioni del Sinodo...”
[2] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 13.
[3] Cf. Giovanni Paolo II, Ai partecipanti alla riunione del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per l’Assemblea Speciale per l’Africa (15 giugno 2004).
[4] Prima Assemblea Speciale per l’Africa, Instrumentum laboris, 1993, n. 1. Lo stesso documento asseriva: “Sembra essere arrivata l’ora dell’Africa, un’ora propizia che chiama tutti i messaggeri di Cristo a prendere il largo per raccogliere frutti abbondanti per Cristo” (Instrumentum laboris 1993 n. 24).
[5] Ibidem, n. 22-24. “Segni dei tempi” si riferisce al contesto africano in cui deve essere proclamato il Vangelo.
[6] Cf. Le vite eroiche dei martiri e dei santi africani, da una parte, e le vite eroiche e le lotte per l’indipendenza degli africani nell’Africa post-coloniale, in Sudafrica, in Sudan, ecc, dall’altra.
[7] Cf. Giovanni Paolo II, Discorso in occasione della riunione del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale (15 giugno 2004).
[8] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 13-14, 39-42, 51; Seconda Assemblea Speciale per l’Africa, Lineamenta, n. 6-8.
[9] Seconda Assemblea Speciale per l’Africa, Lineamenta, Prefazione.
[10] È ciò che l’Instrumentum laboris indica come “una continua dinamica” ed è ciò che illustra abbondantemente in n. 14-20.
[11] Cf. Giovanni Paolo II, Lettera a Mons. Nikola Eterovic, in occasione della Riunione del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (23 febbraio 2005).[12] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 4.
[13] Cf. Ibidem, n. 2-5. Infatti, era il SECAM che “si preoccupò di cercare vie e mezzi per condurre a buon fine il progetto di un simile incontro continentale. Fu organizzata una consultazione delle Conferenze episcopali e di ciascun Vescovo dell'Africa e del Madagascar, in seguito alla quale potei convocare un'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi” (Ecclesia in Africa n. 5).
[14] Seconda Assemblea Speciale per l’Africa, Instrumentum laboris, n. 21-33.
[15] Nana Akuffo-Addo, Ministro degli Esteri della Repubblica del Ghana (2001-2008), Vertice UA. Kikwete, Presidente della Tanzania afferma: “... esistono già in Africa dirigenti pronti ad andare avanti e ci auguriamo di essere al loro fianco” (Fraternité Matin, venerdì 10/07/2009, p.1).
[16] NEPAD significa New Economic Partnership for African Development. Il NEPAD esige il rispetto per l’autorità democratica e il rifiuto del colpo di stato. Esiste l’organizzazione di un Meccanismo di Vigilanza tra Pari per controllare l’azione dei governi. Bisogna ammetterlo, il ritmo di lavoro del Parlamento dell’Unione Africana e l’attuazione dei requisiti del NEPAD da parte degli stati membri sono stati recentemente criticati per la loro lentezza.
[17] Lomé Culture è il nome dato a una serie di accordi di cooperazione allo sviluppo fra paesi della Comunità Europea (CEE) e le loro ex colonie. Entrò in vigore nel 1957 con il Trattato di Roma, che sancì la CEE. Lomé I - Lomé IV stabilì un regime di aiuti mediante il Commercio fra la CEE e 46 paesi ACP (rispetto dei diritti umani, principi democratici ed esercizio della legge). La convenzione di Yaoundé fu firmata nel 1975 fra la CEE e i paesi ACP per fornire infrastrutture allo sviluppo dei paesi francofoni. La Convenzione di Cotonou, siglata fra la Ue e 70 paesi ACP, dovrebbe durare vent’anni ed è finalizzata alla riduzione della povertà, allo sviluppo sostenibile e alla graduale integrazione delle economie ACP nell’economia mondiale.
[18] I principali obiettivi del NEPAD sono: sradicare la povertà, instradare i paesi africani verso una crescita e uno sviluppo sostenibili; mettere fine all’emarginazione dell’Africa dal processo di globalizzazione, accelerare la presa di coscienza e di potere delle donne.
[19] “Cooperazione significa condividere con le popolazioni africane un punto di vista: l’idea di un Africa che è moderna e indipendente, dove gli uomini e le donne africani, fiduciosi in sé stessi, forgiano la propria vita e il proprio futuro, perseguendo la via dello sviluppo sostenibile e democratico. Solo gli stimoli e gli sforzi realizzati in seno all’Africa stessa porteranno al successo” (Discorso del Dott. Uschi Eid, Segretario di Stato Parlamentare del Ministero Federale tedesco per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, pronunciato presso il TICAD III [Conferenza Internazionale di Tokio sullo sviluppo dell’Africa], Tokyo 2003.
[20] Barack Obama ha espresso lo stesso concetto ai governanti africani nel suo discorso al Parlamento del Ghana durante la visita al paese del luglio scorso.
[21] Quando l’ex presidente Clinton nel 2003 si recò in visita in Ghana, l’Herald Tribune scrisse: “Ci è stato detto che Clinton è andato a cambiare l’idea che l’America ha dell’Africa: non più un paese disperato, ma un luogo di opportunità e speranza”.
[22] Cf. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in Veritate, Vaticano 2009.
[23] Seconda Assemblea Speciale per l’Africa, Instrumentum laboris, n. 11.
[24] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 63.
[25] Cf. Confessione di Paolo: “Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi... Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio...” (Gal 1, 13-16).
[26] In questo senso, Dio è come il pastore che cerca la pecora smarrita. È come la donna che cerca la dramma perduta e come il padre il cui amore provoca il ritorno del figliol prodigo (cf. Lc 15). È come Gesù che trova Zaccheo sul sicomoro e gli dice di scendere (Lc 19, 5).[27] Cf. Pietro Bovati, Ristabilire la giustizia, Analecta Biblica 110, PIB Roma, 1986.
[28] Talvolta, l’esigenza di conciliazione comporta e fa scaturire un gesto concreto, quale il riconoscimento dell’esistenza dei diritti, la cui negazione e il cui abuso ha fatto precipitare la situazione dei conflitti e delle ostilità (cf. Abramo e Abimelec in Gn 21, 25-34).
[29] In questo senso, ci sono fattori che favoriscono la riconciliazione e che i servi della riconciliazione devono abbracciare; esistono anche fattori che ostacolano la riconciliazione e che i servitori della riconciliazione devono fuggire:
a. Fattori che l’ostacolano: l’empietà e il disprezzo del rapporto con Dio; la negazione dei diritti degli altri, l’inganno e i pregiudizi, l’ipocrisia e la pace apparente, l’attenzione selettiva, il silenzio della complicità e il fallimento delle strutture dello stato.
b. Fattori che la favoriscono: il perdono, l’amore fraterno, la comunicazione, il dialogo, l’educazione alla pace e alla riconciliazione.
[30] Sacramentum Mundi 3, 235.
[31] Cf. Paolo VI, Lettera Enciclica Populorum Progressio, n. 26.
[32] Sacramentum Mundi 3, 236.
[33] Cf. The Interpreter’s Dictionary of the Bible, vol. 4, 85-88, 91-99.
[34] La “giustizia”, in qualunque forma si manifesti, si basa su tutto ciò che è dovuto a una persona in virtù della sua dignità e della sua vocazione alla comunione con le persone (cf. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 3, 63).
[35] Ciò, per inciso, costituisce anche la base dell’imperativo fondamentale che impone il rispetto positivo della dignità e dei diritti degli altri nonché un contributo solidale nell’andare incontro alle loro necessità (cf. Gaudium et Spes, nn. 23-32, 63-72; Papa Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Mater et Magistra). La condizione di figli, comune all’umanità esige che gli uomini siano retti, agendo secondo la volontà di Dio, legati nella solidarietà dall’amore di Dio, quale amore di Padre.
[36] Dunque Tamar era più giusta del suocero, poiché questi non rispettava la tradizione familiare (Gn 38, 26), David non avrebbe ucciso Saul, “perché è il consacrato del Signore”(1 Sam 24, 7, 11) e un “padre” per lui (1 Sam, 24,12). Quando una relazione cambia, cambiano anche le sue esigenze. Colui che si cura degli orfani e delle vedove e li difende, quegli è giusto (Gb 29, 12-16; Os 2, 19). Colui che tratta i servi con umanità, vive in pace con i vicini, parla bene degli altri, quegli è retto/giusto (Gb 31, 1-13; Pr 29, 2; Is 35, 15; Sal 52, 3, ecc.).
La Rettitudine/Giustizia come comportamento che ricade sui membri della comunità, talvolta è tutelata e applicata dai magistrati, quando giudicano i casi in tribunale. Questo è il significato forense di giustizia; dunque sia Dio sia il re svolgono il ruolo di giudice (Dt 25, 1; 1 Re 8,32; Es 23, 6 ss, Sal 9, 4; 50, 6, 96, 13). I giudizi retti restituiscono alla comunità la sua ’interezza; ed è in tal senso che il giudizio e il governo giusti sono considerati caratteristici del Messia-Re.
[37] Il malvagio (עשר) è colui che esercita la forza e la falsità, ignora i doveri che la parentela e l’alleanza gli imporrebbero, calpesta i diritti degli altri (The Interpreter’s Dictionary of the Bible, vol. 4, 81).
[38] Papa Giovanni Paolo II definisce la “misericordia” uno “speciale potere dell’amore, che prevale sul peccato e l’infedeltà dei prescelti” (Dives in Misericordia, 4.3).
[39] Dunque, Papa Giovanni Paolo II ci insegna che nelle relazioni fra individui e gruppi sociali ecc., la “giustizia non è abbastanza”. C’è bisogno di quel “potere più profondo che è l’amore” (Cfr. Dives in Misericordia, 12).
[40] Il Catechismo della Chiesa Cattolica, 2304. Si veda anche Gaudium et Spes, n. 78.
[41] Ibidem.
[42] “In tutto il Vangelo di Luca, la ‘pace in terra’ raggiunge i reietti, i discepoli, gli stranieri, chiunque accoglierà la grazia di Dio e risponderà con fede” (Cf. Dictionary of Jesus and the Gospels, ed. Joel B. Green et alii, InterVarsity Press 1992 p. 605).[43] Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in Terris, n. 174.
[44] Gaudium et Spes, n. 84.
[45] Sebbene sia un compito, qualche cosa per cui lavorare, la “pace” è un dono di Dio, qualcosa che la nostra pace terrena può solo vagamente anticipare.
[46] Nel caso dell’emorroissa (Mc 5, 24-34), per esempio, Gesù non solo ne ha guarito l’impurità religiosa e sociale (la perdita di sangue), ma ne ha rivelato il segreto e ne ha reso pubblica la fede e la guarigione (Mc 5, 34; 2, 5; 10, 52). Tale guarigione ha rappresentato il ritorno totale della donna alla salute, alla sua comunità e al Dio della sua fede.
[47] Gaudium et Spes,. n. 78.
[48] Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 86.
[49] Ibidem , n. 108.
[50] Cfr. SECAM, Seminario sul Sinodo, Abidjan Costa d’Avorio, 2009: Carrefour Groupe n. III.
[51] Dunque la grande restaurazione e giustificazione che Yahweh opera nei confronti di Gerusalemme è descritta da Isaia come il ritorno della luce di Yahweh: “Il sole non sarà più la tua luce di giorno né ti illuminerà più il chiarore della luna..Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore” (Is 60, 19-20).
[52] Il Testamento di Levi estende la luce di Gerusalemme ai suoi figli, gli Israeliti, e li esorta dicendo: “Siate la luce di Israele, più pura di tutti i gentili... Che mai farebbero i gentili se foste oscurati dalla trasgressione?” (14, 3).
[53] Cfr. pp 21-26 del presente testo.

[00011-01.04] [RE000] [Testo originale: inglese]

AVVISI

- CONFERENZA STAMPA
- “BRIEFING”
- “POOL”
- BOLLETTINO SYNODUS EPISCOPORUM
- COPERTURA TV IN DIRETTA
- NOTIZIARIO TELEFONICO
- ORARIO DI APERTURA DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

CONFERENZA STAMPA

La prima Conferenza Stampa sui lavori sinodali (con la traduzione simultanea in italiano, inglese, francese e portoghese) si terrà nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede oggi, lunedì 5 ottobre 2009, alle ore 12.45 orientativamente. Interverranno:
- S.Em.R. il Sig. Card. Peter Kodwo Appiah TURKSON, Arcivescovo di Cape Coaste (Ghana), Relatore Generale
- S.E.R. Mons. Odon Marie Arsène RAZANAKOLONA, Arcivescovo di Antanarivo (Madagascar)
- Rev. P. Federico LOMBARDI, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Segretaro ex-ufficio della Commissione per l’Informazione (Vaticano)

Le successive Conferenze Stampa si terranno:
- Mercoledì 14 ottobre 2009 (dopo la Relatio post disceptationem)
- Venerdì 23 ottobre 2009 (dopo il Nuntius)- Sabato 24 ottobre 2009 (dopo l’Elenchus finalis propositionum)

I Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) e fotoreporter sono pregati di rivolgersi per il permesso di accesso al Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali.

“BRIEFING”

Per una più efficace informazione sui lavori sinodali sono stati organizzati per i Signori giornalisti accreditati 4 gruppi linguistici.

Qui di seguito sono riportati per ogni gruppo linguistico il luogo del “Briefing” e il nome dell’Addetto Stampa:

Gruppo linguistico italiano
Addetto Stampa: Rev. Mons. Giorgio COSTANTINO
Luogo: Sala dei giornalisti, Sala Stampa della Santa Sede

Gruppo linguistico inglese
Addetto Stampa: Sig. Festus Abdul TARAWALIE
Luogo: Aula Giovanni Paolo II, Sala Stampa della Santa Sede

Gruppo linguistico francese
Addetto Stampa: Rev. Mons. Joseph Bato’ora BALLONG WEN MEWUDA
Luogo: Sala delle telecomunicazioni, Sala Stampa della Santa Sede

Gruppo linguistico portoghese
Addetto Stampa: Sig.a Maria Dulce ARAÚJO ÉVORA
Luogo: Saletta “Blu” Primo Piano, Sala Stampa della Santa Sede

Nei seguenti giorni gli Addetti Stampa terranno “Briefing” orientativamente alle ore 13.10:
- Martedì 6 ottobre 2009
- Mercoledì 7 ottobre 2009
- Giovedì 8 ottobre 2009
- Venerdì 9 ottobre 2009
- Sabato 10 ottobre 2009
- Lunedì 12 ottobre 2009
- Martedì 13 ottobre 2009
- Giovedì 15 ottobre 2009
- Sabato 17 ottobre 2009
- Martedì 20 ottobre 2009

Qualche volta gli Addetti stampa potranno essere accompagnati da un Padre sinodale o da un Esperto.

I nominativi dei partecipanti ed eventuali cambiamenti alle date e all’orario di cui sopra saranno comunicati appena possibile.

“POOL”

Si prevedono “pool” di giornalisti accreditati per accedere all’Aula del Sinodo, in linea di massima per la preghiera di apertura delle Congregazioni Generali antemeridiane, nei giorni seguenti:
- Martedì 6 ottobre 2009
- Giovedì 8 ottobre 2009
- Venerdì 9 ottobre 2009
- Sabato 10 ottobre 2009
- Lunedì 12 ottobre 2009
- Martedì 13 ottobre 2009
- Giovedì 15 ottobre 2009
- Sabato 17 ottobre 2009
- Martedì 20 ottobre 2009
- Venerdì 23 ottobre 2009
- Sabato 24 ottobre 2009

Nell’Ufficio Informazioni e Accreditamenti della Sala Stampa della Santa Sede (all’ingresso, a destra) saranno messe a disposizione dei redattori le liste d’iscrizione ai “pool”.

Per i “pool” i fotoreporter e gli operatori TV sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

I partecipanti ai “pool” sono pregati di trovarsi alle ore 08.30 nel Settore Stampa, allestito all’esterno di fronte all’ingresso dell’Aula Paolo VI, da dove saranno accompagnati da un officiale della Sala Stampa della Santa Sede (per i redattori) e del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali (per i fotoreporter e troupe TV). È richiesto un abbigliamento confacente la circostanza.

BOLLETTINO SYNODUS EPISCOPORUM

Il Bollettino informativo della Commissione per l’informazione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, dal titolo Synodus Episcoporum, pubblicato dalla Sala Stampa della Santa Sede, esce in 6 edizioni linguistiche (plurilingue, italiana, inglese, francese, spagnola e portoghese), con 2 numeri al giorno (antimeridiano e pomeridiano) o secondo necessità.

Il numero antimeridiano uscirà a conclusione della Congregazione Generale del mattino e il numero pomeridiano uscirà il mattino seguente.

La distribuzione ai Signori giornalisti accreditati si effettuerà nella Sala dei giornalisti della Sala Stampa della Santa Sede.

L’edizione plurilingue riporterà i riassunti degli interventi dei Padri sinodali preparati da loro stessi, nelle lingue in cui saranno consegnati per la pubblicazione. Le altre 5 edizioni riporteranno la versione rispettivamente in italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese.

Il prossimo quinto numero del Bollettino conterrà le Relazioni sui rapporti dei vari continenti con l’Africa e la Relazione su Ecclesia in Africa, che saranno presentate nella Seconda Congregazione Generale del pomeriggio di oggi, lunedì 5 ottobre 2009.

COPERTURA TV IN DIRETTA

Saranno trasmesse in diretta sui monitor nella Sala delle telecomunicazioni, nella Sala dei giornalisti e nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede:
- Sabato 10 ottobre 2009 (ore 18.00): Preghiera del Rosario con gli Universitari degli Atenei Romani (Aula Paolo VI)
- Domenica 11 ottobre 2009 (ore 10.00): Solenne Concelebrazione Eucaristica con Canonizzazione (Piazza San Pietro)
- Martedì 13 ottobre 2009 (ore 09.00): Parte della Congregazione Generale in cui viene svolta la Relatio post disceptationem
- Domenica 25 ottobre 2009 (ore 09.30): Solenne Concelebrazione della Santa Messa a conclusione del Sinodo (Basilica di San Pietro)

Eventuali variazioni saranno pubblicate appena possibile.

NOTIZIARIO TELEFONICO

Durante il periodo sinodale sarà in funzione un notiziario telefonico:
- +39-06-698.19 con il Bollettino ordinario della Sala Stampa della Santa Sede;
- +39-06-698.84051 con il Bollettino del Sinodo dei Vescovi, antimeridiano;
- +39-06-698.84877 con il Bollettino del Sinodo dei Vescovi, pomeridiano.

ORARIO DI APERTURA DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

La Sala Stampa della Santa Sede, in occasione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi resterà aperta fino al 25 ottobre 2009 secondo il seguente orario:
- Da lunedì 5 ottobre a venerdì 9 ottobre: ore 09.00 - 16.00- Sabato 10 ottobre: ore 09.00-19.00
- Domenica 11 ottobre: ore 09.00 - 13.00
- Lunedì 12 ottobre: ore 09.00 - 16.00
- Martedì 13 ottobre: ore 09.00 - 20.00
- Da mercoledì 14 ottobre a sabato 17 ottobre: ore 09.00 - 16.00
- Domenica 18 ottobre: ore 11.00 - 13.00
- Da lunedì 19 ottobre a sabato 24 ottobre: ore 09.00 - 16.00
- Domenica 25 ottobre: ore 09.00 - 13.00

Il personale dell’Ufficio informazioni e accreditamento sarà a disposizione (nell’ingresso a destra):
- Lunedì-Venerdì: ore 09.00-15.00
- Sabato: ore 09.00-14.00

Eventuali cambiamenti saranno comunicati appena possibile, tramite annuncio nella bacheca della Sala dei giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede, nel Bollettino informativo della Commissione per l’informazione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi e nell’area Comunicazioni di servizio del sito Internet della Santa Sede.

 

 
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