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Card. Victor Manuel Fernández
Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede

 

Commenti per l’applicazione delle
Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali

 

Conferenza nel Convegno del Dicastero delle Cause dei Santi:
“La mistica. I fenomeni mistici e la santità”

Roma, 11 novembre 2025

 

Dopo diciotto mesi dell’approvazione delle nuove Norme che accompagnano l’azione pastorale dei Vescovi nel delicato compito di discernimento dei presunti fenomeni soprannaturali, tenendo conto delle domande pervenute al Dicastero, lo scopo del presente intervento è di fornire alcune ulteriori riflessioni che possano illustrare il significato della normativa rinnovata e delle procedure che da essa scaturiscono.

Lo Spirito Santo opera nella nostra storia

Prima di tutto, quando si deve parlare di questi temi, bisogna ribadire chiaramente che lo Spirito Santo «opera nella Chiesa con piena libertà».[1] Sant’Agostino sosteneva che Dio può agire in alcuni casi “contra naturam”.[2] Interpretando il pensiero di Agostino, san Tommaso afferma che Dio può agire «praeter ordinem in rebus comuniter institutum divinitus».[3]In un altro testo, il Dottore Angelico lo spiega con parole precise: «Dio può operare fuori dell’ordine stabilito. Perché lui non è soggetto all’ordine delle cause seconde, ma tale ordine è a lui soggetto, essendo derivato da lui non per necessità di natura, ma per libera volontà: Dio infatti avrebbe potuto benissimo stabilire anche un altro ordine del creato. Per conseguenza egli può operare, quando vuole, fuori di esso, o producendo gli effetti delle cause seconde senza di esse, o producendone altri che sorpassano le loro capacità».[4]

Questa convinzione ha delle conseguenze: «Sebbene colui che pecca ponga un impedimento alla grazia, e, secondo quanto esige l’ordine delle cose (ordo rerum), non dovrebbe ricevere la grazia, tuttavia, poiché Dio può operare al di là dell’ordine stabilito delle cose (praeter ordinem rebus inditum), come quando dà la vista a un cieco o risuscita un morto, talvolta, dunque, per l’abbondanza della sua bontà, egli previene con il suo aiuto anche coloro che ostacolano la grazia, distogliendoli dal male e convertendoli al bene... in costoro egli vuole manifestare la sua misericordia, come negli altri si manifesta l’ordine della giustizia».[5] Sant’Anselmo parlava della possibilità che Dio, attraverso il mistero della sua misericordia gratuita, possa andare oltre le esigenze di giustizia corrispondenti all’agire delle creature: «Il giudizio di Dio è un abisso e le sue vie non possono essere indagate [...] Non è possibile sapere se Dio farà effettivamente ciò che potrebbe fare nella giustizia».[6]

Bastano questi esempi per mostrare come nel pensiero cattolico esiste una ferma convinzione sulla libertà dello Spirito che agisce nella storia nei modi più diversi, non sempre accessibili alla nostra comprensione e ai nostri schemi mentali e teologici. In opposizione a questa convinzione, alcuni sviluppi teologici e pastorali sono arrivati alla negazione del valore della preghiera di supplica, come se Dio non volesse intervenire in questo mondo e lasciasse tutto alla responsabilità umana. Di conseguenza, non ci sarebbe alcuna possibilità di interventi carismatici.

Sulla base di quanto fin qui detto, si comprende la prima frase del testo della presentazione delle nuove Norme: «Dio è presente ed agisce nella nostra storia». L’azione dello Spirito certamente include pure la possibilità di arrivare a noi attraverso alcuni eventi soprannaturali, come le diverse apparizioni o visioni di Cristo o della Madonna, e altri fenomeni. Quest’azione carismatica dello Spirito si trova già agli inizi della Chiesa, come attestano specialmente gli scritti paolini che includono tra i carismi “il linguaggio di conoscenza” (1 Cor 12, 8), “il dono della profezia” (1 Cor 12, 10), e ancora della “rivelazione” (ἀpokálipsin: 1 Cor 14, 6. 26). La Bibbia, ad esempio, racconta di Samuele, quando «un gruppo di profeti si presentò davanti a lui, e lo spirito di Dio scese su di lui, ed egli cadde in estasi in mezzo a loro» (1 Sam 10,10). Ricordiamo pure l’apparizione del profeta Samuele, dopo la sua morte, al re Saul (cf. 1 Sam 28,8-15), o la visione di Giuda Maccabeo del defunto profeta Geremia che incoraggiava il popolo (cf. 2 Mac 15,12-16). Nel corso della millenaria vita della Chiesa, questi carismi si sono manifestati in modi diversi.

La dichiarazione “constat de supernaturalitate

Nonostante questo dato di fatto, le nuove Norme non prevedono che la dichiarazione sull’origine soprannaturale di un fenomeno sia una conclusione frequente. Questa si avrà soltanto se un Pontefice lo richiede. In modo ordinario, lo studio dei casi si può concludere in linea di massima con un “nulla osta” che autorizza il culto pubblico, ma senza esprimersi però sull’origine soprannaturale del fenomeno. Questo accade per diverse ragioni.

L’aspettativa di una dichiarazione sulla soprannaturalità di un evento aveva come conseguenza che solo pochissimi casi sono giunti nel tempo a una chiara determinazione. Di fatto, dopo il 1950, sono stati risolti ufficialmente non più di sei casi, anche se i fenomeni sono cresciuti lungo diversi decenni, spesso senza una guida chiara e con il coinvolgimento di persone appartenenti a varie Diocesi. Si presume, dunque, che tantissimi altri casi siano stati gestiti in maniera diversa oppure addirittura non gestiti. Occorre tener presente che il Dicastero per la Dottrina della Fede ha faticato a lungo per arrivare a queste decisioni normative. Basta considerare che negli ultimi cinquant’anni si sono avuti circa 3500 casi di Beatificazione e Canonizzazione, i quali ordinariamente presuppongono la constatazione di un miracolo. Tuttavia, nello stesso arco di tempo, sono state emesse soltanto tre o quattro dichiarazioni di soprannaturalità riguardanti alcuni eventi. Questa sproporzione a livello statistico ci fa comprendere come sia difficile pervenire a una dichiarazione di questo tipo. Una delle preoccupazioni che aiutano a capire questa lentezza è il fatto che, dichiarata l’origine divina di un fenomeno, i messaggi collegati ad esso facilmente diventano paragonabili alla Parola rivelata nella Bibbia. Se a volte le parole di un fondatore si ricevono come parole “divine”, questo fatto diventa più problematico se si dichiara ufficialmente che quelle parole hanno un’origine soprannaturale.

Talvolta trascorrono molti anni tra il presunto caso soprannaturale (una visione, una apparizione) e il giudizio della Chiesa. Nel frattempo, i fedeli continuano a credere a tale avvenimento, leggono gli eventuali “messaggi”, coltivano e diffondono le eventuali devozioni ad esso legate.

Tale constatazione era già emersa nell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede, durante l’Assemblea Plenaria del 1974, quando i Membri avevano riconosciuto che un evento di presunta origine soprannaturale spesso «oltrepassa inevitabilmente i limiti di una Diocesi e anche di una Nazione e [...] il caso arriva automaticamente a delle proporzioni che possono giustificare un intervento dell’Autorità suprema della Chiesa». Allo stesso tempo, le Norme del 1978 riconoscevano che era diventato «più difficile, se non quasi impossibile, emettere con la debita celerità i giudizi che concludevano in passato le inchieste in materia (constat de supernaturalitate, non constat de supernaturalitate)».[7]

Un’altra difficoltà è data dal fatto che dichiarare l’origine soprannaturale di un fenomeno è come porre un sigillo a qualcosa che non dovrebbe cambiare nel corso del tempo, dal momento che si offre la «possibilità di affermare con certezza morale che esso proviene da una decisione di Dio che l’ha voluto in modo diretto».[8] Conviene ricordare un episodio emblematico che ci aiuta a capire questa difficoltà. Si tratta di un caso di presunte apparizioni degli anni ’50, dove il Vescovo ha emesso, nel 1956, una sentenza definitiva di “non soprannaturalità” dell’evento, confermata poi dal Sant’Uffizio l’anno seguente. Nel corso degli anni successivi, diverse volte è stata chiesta l’approvazione della devozione legata a tali avvenimenti. Eppure, nel 1974, la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede dichiarò per quell’evento il “constat de non supernaturalitate”. Nonostante ciò, nel 1996 il Vescovo del luogo riconobbe tale devozione, e un altro Vescovo, nel 2002, ha addirittura riconosciuto “l’origine soprannaturale” delle apparizioni, permettendo a questa devozione di espandersi anche in altri Paesi. Infine, dietro richiesta della Congregazione, un nuovo Vescovo ha ribadito “il giudizio negativo” dato a suo tempo dalla Congregazione stessa, ponendo fine così a qualsiasi divulgazione di tali presunte apparizioni e rivelazioni. Al termine di questa intricata vicenda, si deve notare che sono trascorsi all’incirca 70 tormentosi anni per poter arrivare a una conclusione. Una dichiarazione di soprannaturalità non ammetterebbe tutte queste oscillazioni, che invece sarebbero meno problematiche con le dichiarazioni contemplate dalle nuove Norme, che sono sempre aperte a nuovi discernimenti.

D’altra parte, occorre considerare che una eventuale dichiarazione di soprannaturalità non offre la certezza assoluta circa la verità di un fenomeno, in quanto non rientra nel Magistero infallibile. Anche nei casi riconosciuti dalla Chiesa, si tratta sempre di rivelazioni private, per cui i fedeli sono liberi di credere o non credere, poiché la dichiarazione di soprannaturalità non vincola il fedele e, per tale motivo, non è indispensabile per la salvezza. Riferendosi al caso di Fatima, «l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede ha spiegato che l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata mette in evidenza che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi (26 giugno 2000)».[9] E, come sottolineava anche Papa Benedetto XVI, è solo un aiuto «del quale non è obbligatorio fare uso».[10] Tutto questo significa che ciò che l’autorità ecclesiastica dichiara riguardo a tali eventi ha un carattere prudenziale, in modo che i fedeli possano dare il loro assenso “prudentemente”.

Bisogna considerare, inoltre, che una dichiarazione sull’origine soprannaturale di un fenomeno spesso non è nemmeno necessaria. Si pensi al fatto, ad esempio, che tante volte queste manifestazioni hanno provocato una grande ricchezza di frutti spirituali, di crescita nella fede, di devozione, di fraternità e servizio, e in alcuni casi hanno dato origine a diversi Santuari in tutto il mondo che oggi sono parte del cuore della pietà popolare di tanti popoli, senza che ci sia mai stata una dichiarazione di soprannaturalità. C’è tanta vita e tanta bellezza che il Signore semina al di là dei nostri schemi mentali e delle nostre procedure!

La necessità del discernimento del Pastori

Nel contesto delle procedure relative al discernimento dei presunti fenomeni soprannaturali, bisogna riconoscere, nello stesso tempo, che in alcuni casi si rilevano delle criticità molto serie a danno dei fedeli, e in questi casi la Chiesa deve intervenire prendendosene cura. Riguardo a tali criticità, mi riferisco, ad esempio, a un uso distorto e fuorviante dei medesimi presunti fenomeni soprannaturali, soprattutto «per trarre profitto, sia di lucro, potere, fama, notorietà sociale»,[11] che può arrivare persino a far compiere atti gravemente immorali,[12] o addirittura essere utilizzati «come mezzo o pretesto per esercitare un dominio sulle persone o compiere degli abusi».[13] Attualmente esiste, su mia proposta, un gruppo di lavoro, costituito da membri del Dicastero per i Testi Legislativi e del Dicastero per la Dottrina della Fede, per arrivare alla tipificazione di un delitto di “abuso spirituale”, però, qualora si dovesse sospettare che ciò avvenga all’interno di un presunto fenomeno soprannaturale, si dovrebbe agire immediatamente.[14]

Non si deve, tuttavia, ignorare la possibilità di errori dottrinali o di indebiti riduzionismi nella proposta del messaggio del Vangelo (ad esempio con l’uso di espressioni come: “tutto si riassume in questo”, “questo è l’importante”, “il sacrificio è quello che più piace a Dio”), così come la diffusione di uno spirito settario, e così via. D’altra parte, esiste anche l’eventualità che i fedeli possano dar credito a un evento che, attribuito ad una iniziativa divina, sia soltanto frutto della fantasia, del desiderio di novità, della mitomania o persino della menzogna e della falsificazione.

San Paolo menziona tra i carismi anche il «dono di discernere gli spiriti» (1 Cor 12,10) e sottolinea alle autorità la necessità di prendersi cura affinché «tutto avvenga per l’edificazione» (1 Cor 14,26), perché «Dio non è un Dio di disordine» (1 Cor 14, 33). Come si può notare, fin dalle origini della Chiesa, lo stesso Spirito Santo ha promosso un necessario discernimento di queste manifestazioni per il bene comune. Dopo due millenni, la Chiesa continua ancora oggi a prendersi cura dei fedeli, aiutandoli ad essere docili allo Spirito Santo. Queste Norme, dunque, si pongono in linea di continuità con un tale compito.

D’altra parte, non dobbiamo inclinare la bilancia verso l’altro estremo. Alcuni parlano, cioè, della necessità delle virtù eroiche nei presunti veggenti per poter arrivare ad una approvazione: ma non è detto che le persone che ricevono doni carismatici o messaggi debbano esercitare le virtù in grado eroico. Ciò è richiesto per una Beatificazione, e quando si procede in questo senso c’è un criterio molto importante da seguire: la Beatificazione non implica il riconoscere come autentici i presunti fenomeni soprannaturali vissuti dalla persona in questione. Le due cose vanno separate. Anche nel caso in cui ci fosse la dichiarazione dell’origine soprannaturale, questa non offre alcuna sicurezza sulla santità (gratia gratum faciens) delle persone coinvolte. Sono due cose distinte, perché, come spiega la Nota “La Regina della Pace” circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje: «quando si riconosce un’azione dello Spirito per il bene del popolo di Dio “in mezzo a” un’esperienza spirituale dalle sue origini fino ad oggi, i doni carismatici (gratiae gratis datae) – che possano essere collegati ad essa – non esigono necessariamente la perfezione morale delle persone coinvolte per poter agire».[15]

Ciò significa che, se una persona che ha un carisma – ad esempio un carisma di guarigione – commette un peccato, egli non perde quel carisma e continua a guarire i malati. È certo, però, che in alcuni casi, per motivi prudenziali, la Chiesa potrebbe proibire l’esercizio di un carisma perché esiste un grave rischio di scandalo o di un uso inadeguato del carisma stesso. Ma ciò non implica necessariamente negare l’esistenza del carisma.

Le nuove Norme, tenendo conto della diversità delle situazioni che sono state analizzate in passato, propongono cinque possibili conclusioni prudenziali che possono orientare il lavoro pastorale riguardo al discernimento dei presunti fenomeni soprannaturali. La proposta di queste determinazioni finali permette al Dicastero e ai Vescovi di gestire in modo adeguato le diverse problematiche al fine di giungere a una conclusione in tempi ragionevoli, prima che il fenomeno acquisisca delle dimensioni che rendano molto più difficile qualsiasi tipo di intervento.

Il “nulla osta

La conclusione più alta in grado a cui può giungere il discernimento ordinario dei presunti fenomeni soprannaturali è il “nulla osta”. Una simile determinazione ha comunque una grande importanza che non si deve sottovalutare, perché approva il culto pubblico legato a tali presunti fenomeni e indica ai fedeli che possono aderire alla connessa proposta spirituale senza rischi. Ciò implica che si possono costruire eremi o cappelle, persino santuari con la designazione di titoli legati a tale esperienza spirituale, e che si possono diffondere i presunti messaggi, qualora ve ne fossero. Permette, inoltre, ai Pastori di agire senza esitazioni per poter essere accanto al Popolo di Dio nell’accoglienza dei doni dello Spirito. Per questa ragione, le Norme non significano necessariamente un controllo, e meno ancora un tentativo di spegnere lo Spirito. Al contrario, nei casi più positivi, «si incoraggia il Vescovo diocesano ad apprezzare il valore pastorale e a promuovere pure la diffusione [della] proposta spirituale».[16]

È utile sottolineare che le Norme parlano di un’azione dello Spirito “in mezzo a” un certo fenomeno. Questo aiuta a capire che, anche se non si emette una dichiarazione di soprannaturalità sul fenomeno stesso, comunque si riconoscono con chiarezza i segni di un’azione soprannaturale dello Spirito nel contesto di quanto avviene. Pertanto, se il Dicastero per la Dottrina della Fede non si pronuncia o non emette alcuna dichiarazione circa l’origine soprannaturale di un fenomeno, e concede solo un “nulla osta”, ciò non significa un’assenza tout court di soprannaturalità. Infatti, il “nulla osta” implica il riconoscere la presenza di un’azione dello Spirito Santo “in mezzo a” un’esperienza spirituale e, altresì, riconoscere i frutti di quest’azione divina.

Rilievi

D’altra parte, può accadere che, insieme a questo riconoscimento, si espliciti la necessità di alcuni chiarimenti minori o purificazioni. Questo perché può succedere che le autentiche azioni dello Spirito Santo all’interno di una situazione concreta, che possono essere giustamente apprezzate, appaiano unite ad elementi meramente umani o a «qualche errore d’ordine naturale non dovuto a una cattiva intenzione, ma alla percezione soggettiva del fenomeno».[17] Come diceva Karl Rahner, «non si può porre un’esperienza di visione, senza ulteriori considerazioni, di fronte al dilemma rigoroso, o di essere in tutti i punti corretta, oppure di dover essere considerata completamente un’illusione umana o diabolica».[18] Sotto il profilo procedurale, è anche possibile concedere un “nulla osta” e allo stesso tempo chiedere che alcuni messaggi non vengano pubblicati, dato il rischio di una possibile confusione.

Alcuni sono contrari a questa possibilità, perché sostengono che quando Dio dona un carisma non bisogna fermarlo. Si tratta di un errore frequente.Va ricordato che quando San Paolo parla dei doni carismatici, egli spiega che essi non operano automaticamente o forzatamente, ma che «le ispirazioni dei profeti sono sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 32-33). Il carisma che Dio dona è affidato a chi lo riceve perché ne faccia un uso prudenziale. Lo stesso Paolo, pur convinto dei doni e delle missioni che aveva ricevuto dal Signore, si recò tuttavia a Gerusalemme per consultare gli apostoli e quindi sapere con certezza – come egli stesso afferma – di «non correre, o aver corso invano» (Gal 2, 2).

Sulle questioni più importanti per il bene della Chiesa non possiamo discernere senza la guida delle autorità. Perciò, nel caso specifico, ad esempio, di una apparizione mariana, la Vergine non comanda che qualcosa venga comunicato necessariamente o immediatamente; non ci usa come burattini o strumenti inanimati, ma lascia sempre spazio a un nostro discernimento responsabile, personale ed ecclesiale, circa la prudenza, convenienza, l’opportunità, la chiarezza di ciò che può essere trasmesso.

Quando non si arriva a un “nulla osta

Questi presunti eventi sono assai frequenti in alcuni luoghi o in certi gruppi, ma a volte si tratta di situazioni in cui le Norme non sono necessarie, in quanto sono agevolmente risolvibili in loco dal sacerdote. In altri casi c’è bisogno di consultare il Vescovo, che può facilmente discernere e risolvere senza complicazioni, ponendo fine alla questione. Le Norme ricordano al riguardo che: «Se i fenomeni sono facilmente gestibili nell’ambito delle persone che sono direttamente coinvolte e non si avverte alcun pericolo per la comunità, non si proceda ulteriormente».[19]

Come già detto, va tenuto presente che la maggior parte dei Santuari, che oggi sono luoghi privilegiati della pietà popolare del popolo di Dio, non ha mai ricevuto, nella storia della devozione che lì si esprime, una dichiarazione di soprannaturalità dei fatti che hanno dato origine a tale particolare devozione. Il sensus fidelium ha intuito che lì vi è un’azione dello Spirito Santo e non sono apparse criticità importanti che abbiano richiesto un intervento da parte dei Pastori. In questi casi non si parla di “origine” soprannaturale della devozione, ma non si nega che attualmente vi sia in essa un’azione soprannaturale dello Spirito.

In molti casi, la presenza del Vescovo e dei sacerdoti in alcuni momenti, come ad esempio nei pellegrinaggi o nella celebrazione di alcune Messe, è un modo implicito di riconoscere che non vi sono obiezioni gravi e che quell’esperienza spirituale esercita un influsso positivo sulla vita dei fedeli.

Nei casi in cui deve intervenire il Dicastero, oltre alla determinazione del “nulla osta”, viene indicata una seconda possibilità con l’espressione Prae oculis habeatur. Significa che si riconoscono importanti segni positivi, ma vi sono alcuni elementi di confusione o possibili rischi che richiedono ancora un attento discernimento. In tali casi si potrebbe avvertire la necessità di una futura chiarificazione dottrinale importante. Come si può notare, con tale determinazione (prae oculis habeatur) non si è pervenuti al “nulla osta”, ma ciò lo si considera possibile qualora si risolvano le suddette criticità.

Con la definizione Curatur si vuole invece affermare che, nel caso di un presunto fenomeno soprannaturale, si rilevano diversi e importanti elementi critici, ma allo stesso tempo si constata un’ampia diffusione del fenomeno e una presenza di frutti spirituali ad esso collegati e verificabili. Si tratta, dunque, di un giudizio con il quale non soltanto si vuol dire che il fenomeno in oggetto non è chiaro ed è problematico, ma anche che non si prevede che si possa arrivare a una conclusione positiva in futuro. Comunque, in questi casi ampiamente diffusi o profondamente radicati in un luogo particolare, si sconsiglia di imporre un divieto assoluto che potrebbe turbare fortemente il popolo di Dio, soprattutto i semplici. Di conseguenza, si ammette soltanto un culto privato, con un adeguato accompagnamento spirituale, e il Vescovo diocesano è sollecitato a non incoraggiare questo fenomeno, a cercare espressioni alternative di devozione ed eventualmente a riorientarne il profilo spirituale e pastorale. Se questi tentativi non saranno sufficienti, allora si potrà arrivare a una decisione più grave.

Quando poi si pronuncia la formula Sub mandato si vuole dire che le criticità rilevate in un presunto fenomeno soprannaturale non sono legate al fenomeno in sé, che è ricco di elementi positivi, ma a persone, famiglie o gruppi che ne fanno un uso improprio. Si utilizza un’esperienza spirituale per un particolare ed indebito vantaggio economico o svolgendo un’attività pastorale parallela a quella già presente nel territorio ecclesiastico. In questi casi, la guida pastorale del luogo specifico in cui si verifica il fenomeno è affidata o al Vescovo diocesano o a un’altra persona delegata dalla Santa Sede, la quale, quando non sia in grado di intervenire direttamente, cercherà di raggiungere un accordo ragionevole con le persone interessate. Questo può accadere, ad esempio, quando il terreno dove si trova un’immagine legata a un’ipotetica esperienza non appartiene alla Curia diocesana ma alla famiglia che promuove tali azioni problematiche.

Con la formula Prohibetur et obstruatur si chiede decisamente di impedire che la presunta esperienza soprannaturale si diffonda tra il popolo dei fedeli. Infatti, pur in presenza di legittime istanze e di alcuni elementi positivi, le criticità e i rischi appaiono molto gravi. Perciò, per evitare ulteriori confusioni o addirittura scandali che potrebbero intaccare la fede dei semplici, si dichiara pubblicamente che l’adesione a quel presunto fenomeno non è consentita nemmeno privatamente, e si cerca di offrire allo stesso tempo una catechesi che possa aiutare a comprendere le ragioni di tale decisione e a riorientare le legittime preoccupazioni spirituali di quella parte del popolo di Dio.

A tal proposito, ci si può chiedere perché, in questo caso, non venga emessa una dichiarazione di “non soprannaturalità”. Questo non accade poiché vi possono essere dei casi nei quali si avverte la presenza di un carisma, di un dono o di una “gratia gratis data”, anche se questi non sono adeguatamente vissuti. Lo Spirito Santo agisce come vuole, ma può succedere che i presunti destinatari della sua azione usino i suoi doni non secondo i disegni di Dio. Si tratta di una possibilità molto seria e già avvenuta più volte nel corso della storia.

Tra le varie determinazioni vi è infine, la Declaratio de non supernaturalitate, che è il giudizio più severo. Il Vescovo diocesano è autorizzato dal Dicastero a dichiarare che il fenomeno è riconosciuto come non soprannaturale (ovvero che non ha un’origine soprannaturale). Questa decisione si deve basare su fatti ed evidenze concrete e provate, non su eventuali suggestioni o simpatie. Ad esempio, quando un presunto veggente dichiara di aver mentito, o quando testimoni credibili forniscono elementi di giudizio che permettono di scoprire la falsificazione del fenomeno, l’intenzione errata o la mitomania di qualche protagonista di tali presunti eventi, si rende assolutamente necessario ricorrere a tale determinazione.

In alcuni casi molto consolidati nel tempo (sia nel caso di un “prohibetur” come di un “constat de non”) si potrebbe ammettere l’uso di un titolo o di un’immagine, ma senza alcun collegamento con i fenomeni dichiarati non soprannaturali, sebbene tale separazione non sembra essere sempre facile o consigliabile.

Queste diverse possibili determinazioni coprono almeno la maggior parte delle situazioni che sono state presentate finora al Dicastero per la Dottrina della Fede e possono orientare il discernimento e l’azione dei Vescovi insieme ai diversi criteri forniti nelle Norme, che comunque rimangono non esaustivi, a motivo del fatto che le questioni relative alle esperienze legate ai fenomeni soprannaturali nel corso degli anni sono aumentate progressivamente di numero, con delle sfumature altrettanto variegate.

Il coinvolgimento del Dicastero per la Dottrina della Fede

Il difficile e delicato lavoro di discernimento nell’ambito dei presunti fenomeni soprannaturali, da una parte, è un compito che spetta al Vescovo diocesano; dall’altra, riconoscendo che oggi più che mai questi fenomeni coinvolgono molte persone appartenenti a Diocesi diverse oppure si diffondono rapidamente in varie regioni e Paesi, le Norme stabiliscono che in questi casi il Dicastero deve essere consultato e deve intervenire sempre per dare un’approvazione finale a quanto deciso dal Vescovo, prima che una qualsiasi determinazione riguardante un evento di presunta origine soprannaturale venga resa pubblica. Se in passato il Dicastero interveniva, ma si chiedeva al Vescovo di non nominarlo neppure, oggi esso assume pubblicamente il proprio coinvolgimento e accompagna il Vescovo nella determinazione finale, che sarà resa pubblica con la dicitura “d’intesa con il Dicastero per la Dottrina della Fede”.

D’altra parte, come già stabilivano le Norme precedenti (IV, 1 b), anche le nuove Norme prevedono che in alcuni casi il Dicastero possa intervenire “motu proprio”.[20] A questo si aggiunge che, anche dopo essere arrivati ad una determinazione chiara, «il Dicastero si riserva, in ogni caso, la possibilità di intervenire nuovamente a seguito dello sviluppo del fenomeno»[21] e si chiede al Vescovo di «continuare a vigilare»[22] per il bene del Popolo di Dio.

Queste Norme hanno permesso di risolvere pacificamente diversi casi presentati al Dicastero, alcuni vecchi anche di decenni, e allo stesso tempo di evidenziare alcuni rilievi critici e di fornire criteri efficaci per l’azione pastorale futura riguardante tali fenomeni concreti. In questi diciotto mesi, infatti, sono stati risolti dodici casi con delle conclusioni che possono essere consultate pubblicamente attraverso le lettere che si trovano sul sito web del Dicastero, senza considerarne altri che sono stati gestiti in maniera più riservata.

Víctor Manuel Card. Fernández

 


[1] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali (17 maggio 2024) (= Norme 2024), Presentazione, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2024, p. 7.

[2] S. Agostino, Contra Faustum XXVI, 3, trad. it. di L. Alici, Sant’Agostino, Contro Fausto Manicheo, Città Nuova, Roma 2004, pp. 654-655.

[3] S. Tommaso d’Aquino, Summa Contra Gentiles, III, 101.

[4] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae,I, q. 105, a. 6.

[5] S. Tommaso d’Aquino, Summa Contra Gentiles, III, 161.

[6] S. Anselmo, De Casu Diaboli, 23, in F. S. Schmitt (a cura di), Sancti Anselmi cantuariensis Archiepiscopi Opera Omnia, vol. I, Thomas Nelson & Sons, Edimburgo 1946, p. 270.

[7] Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni (25 febbraio 1978), Nota preliminare.

[8] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, Presentazione, Nuovi aspetti, p. 16.

[9] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, Presentazione, Ragioni della nuova stesura delle Norme, p. 12.

[10] Benedetto XVI, Esort. Ap. Verbum Domini (30 settembre 2010), n. 14: AAS 102 (2010), p. 696.

[11] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art. 15, 4.

[12] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art.15, 5.

[13] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art. 16.

[14] Cf. Dicasterium pro Doctrina Fidei, Foglio per l’Udienza: Falso misticismo e abuso spirituale (22 novembre 2024).

[15] Dicastero per la Dottrina della Fede, Nota “La Regina della Pace” circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje (19 settembre 2024), n. 1.

[16] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, n. 17.

[17] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art. 15, 2°.

[18] K. Rahner, Visioni e profezie. Mistica ed esperienza della trascendenza, Vita e Pensiero, Milano 19952, pp. 95-96.

[19] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art. 7, 2.

[20] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art. 26.

[21] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art. 22, 3.

[22] Dicastero per la Dottrina della Fede, Norme 2024, art. 24.