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Card. Victor Manuel Fernández Prefetto del
Dicastero per la Dottrina della Fede
Commenti per l’applicazione delle
Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali
Conferenza nel Convegno del Dicastero delle Cause dei Santi:
“La mistica. I fenomeni mistici e la santità”
Roma, 11 novembre 2025
Dopo diciotto mesi dell’approvazione delle nuove
Norme che accompagnano l’azione pastorale dei Vescovi nel delicato compito di
discernimento dei presunti fenomeni soprannaturali, tenendo conto delle domande
pervenute al Dicastero, lo scopo del presente intervento è di fornire alcune
ulteriori riflessioni che possano illustrare il significato della normativa
rinnovata e delle procedure che da essa scaturiscono.
Lo Spirito Santo opera nella nostra storia
Prima di tutto, quando si deve parlare di questi temi, bisogna ribadire
chiaramente che lo Spirito Santo «opera nella Chiesa con piena libertà».[1]
Sant’Agostino sosteneva che Dio può agire in alcuni casi “contra naturam”.[2]
Interpretando il pensiero di Agostino, san Tommaso afferma che Dio può agire «praeter
ordinem in rebus comuniter institutum divinitus».[3]In un altro testo, il Dottore Angelico lo spiega con parole precise: «Dio
può operare fuori dell’ordine stabilito. Perché lui non è soggetto all’ordine
delle cause seconde, ma tale ordine è a lui soggetto, essendo derivato da lui
non per necessità di natura, ma per libera volontà: Dio infatti avrebbe potuto
benissimo stabilire anche un altro ordine del creato. Per conseguenza egli può
operare, quando vuole, fuori di esso, o producendo gli effetti delle cause
seconde senza di esse, o producendone altri che sorpassano le loro capacità».[4]
Questa convinzione ha delle conseguenze: «Sebbene colui che pecca ponga un
impedimento alla grazia, e, secondo quanto esige l’ordine delle cose (ordo
rerum), non dovrebbe ricevere la grazia, tuttavia, poiché Dio può operare al
di là dell’ordine stabilito delle cose (praeter ordinem rebus inditum),
come quando dà la vista a un cieco o risuscita un morto, talvolta, dunque, per
l’abbondanza della sua bontà, egli previene con il suo aiuto anche coloro che
ostacolano la grazia, distogliendoli dal male e convertendoli al bene... in
costoro egli vuole manifestare la sua misericordia, come negli altri si
manifesta l’ordine della giustizia».[5]
Sant’Anselmo parlava della possibilità che Dio, attraverso il mistero della sua
misericordia gratuita, possa andare oltre le esigenze di giustizia
corrispondenti all’agire delle creature: «Il giudizio di Dio è un abisso e le
sue vie non possono essere indagate [...] Non è possibile sapere se Dio farà
effettivamente ciò che potrebbe fare nella giustizia».[6]
Bastano questi esempi per mostrare come nel pensiero cattolico esiste una ferma
convinzione sulla libertà dello Spirito che agisce nella storia nei modi più diversi, non sempre accessibili alla nostra
comprensione e ai nostri schemi mentali e teologici. In opposizione a questa
convinzione, alcuni sviluppi teologici e pastorali sono arrivati alla negazione
del valore della preghiera di supplica, come se Dio non volesse intervenire in
questo mondo e lasciasse tutto alla responsabilità umana. Di conseguenza, non ci
sarebbe alcuna possibilità di interventi carismatici.
Sulla base di quanto fin qui detto, si comprende la prima frase del testo della
presentazione delle nuove
Norme: «Dio è presente ed agisce nella nostra
storia». L’azione dello Spirito certamente include pure la possibilità di
arrivare a noi attraverso alcuni eventi soprannaturali, come le diverse
apparizioni o visioni di Cristo o della Madonna, e altri fenomeni. Quest’azione
carismatica dello Spirito si trova già agli inizi della Chiesa, come attestano
specialmente gli scritti paolini che includono tra i carismi “il linguaggio di
conoscenza” (1 Cor 12, 8), “il dono della profezia” (1 Cor 12,
10), e ancora della “rivelazione” (ἀpokálipsin: 1 Cor 14, 6. 26). La Bibbia, ad esempio, racconta di Samuele, quando
«un gruppo di profeti si presentò davanti a lui, e lo spirito di Dio scese su di
lui, ed egli cadde in estasi in mezzo a loro» (1 Sam 10,10). Ricordiamo
pure l’apparizione del profeta Samuele, dopo la sua morte, al re Saul (cf. 1
Sam 28,8-15), o la visione di Giuda Maccabeo del defunto profeta Geremia che
incoraggiava il popolo (cf. 2 Mac 15,12-16). Nel corso della millenaria
vita della Chiesa, questi carismi si sono manifestati in modi diversi.
La dichiarazione “constat de supernaturalitate”
Nonostante questo dato di fatto, le nuove
Norme non prevedono che la
dichiarazione sull’origine soprannaturale di un fenomeno sia una conclusione
frequente. Questa si avrà soltanto se un Pontefice lo richiede. In modo
ordinario, lo studio dei casi si può concludere in linea di massima con un “nulla
osta” che autorizza il culto pubblico, ma senza esprimersi però sull’origine
soprannaturale del fenomeno. Questo accade per diverse ragioni.
L’aspettativa di una dichiarazione sulla soprannaturalità di un evento aveva
come conseguenza che solo pochissimi casi sono giunti nel tempo a una chiara
determinazione. Di fatto, dopo il 1950, sono stati risolti ufficialmente non più
di sei casi, anche se i fenomeni sono cresciuti lungo diversi decenni, spesso
senza una guida chiara e con il coinvolgimento di persone appartenenti a varie
Diocesi. Si presume, dunque, che tantissimi altri casi siano stati gestiti in
maniera diversa oppure addirittura non gestiti. Occorre tener presente che il
Dicastero per la Dottrina della Fede ha faticato a lungo per arrivare a queste
decisioni normative. Basta considerare che negli ultimi cinquant’anni si sono
avuti circa 3500 casi di Beatificazione e Canonizzazione, i quali ordinariamente
presuppongono la constatazione di un miracolo. Tuttavia, nello stesso arco di
tempo, sono state emesse soltanto tre o quattro dichiarazioni di
soprannaturalità riguardanti alcuni eventi. Questa sproporzione a livello
statistico ci fa comprendere come sia difficile pervenire a una dichiarazione di
questo tipo. Una delle preoccupazioni che aiutano a capire questa lentezza è il
fatto che, dichiarata l’origine divina di un fenomeno, i messaggi collegati ad
esso facilmente diventano paragonabili alla Parola rivelata nella Bibbia. Se a
volte le parole di un fondatore si ricevono come parole “divine”, questo fatto
diventa più problematico se si dichiara ufficialmente che quelle parole hanno
un’origine soprannaturale.
Talvolta trascorrono molti anni tra il presunto caso soprannaturale (una
visione, una apparizione) e il giudizio della Chiesa. Nel frattempo, i fedeli
continuano a credere a tale avvenimento, leggono gli eventuali “messaggi”,
coltivano e diffondono le eventuali devozioni ad esso legate.
Tale constatazione era già emersa nell’allora Congregazione per la Dottrina
della Fede, durante l’Assemblea Plenaria del 1974, quando i Membri avevano
riconosciuto che un evento di presunta origine soprannaturale spesso «oltrepassa
inevitabilmente i limiti di una Diocesi e anche di una Nazione e [...] il caso
arriva automaticamente a delle proporzioni che possono giustificare un
intervento dell’Autorità suprema della Chiesa». Allo stesso tempo, le
Norme
del 1978 riconoscevano che era diventato «più difficile, se non quasi
impossibile, emettere con la debita celerità i giudizi che concludevano in
passato le inchieste in materia (constat de supernaturalitate, non
constat de supernaturalitate)».[7]
Un’altra difficoltà è data dal fatto che dichiarare l’origine soprannaturale di
un fenomeno è come porre un sigillo a qualcosa che non dovrebbe cambiare nel
corso del tempo, dal momento che si offre la «possibilità di affermare con
certezza morale che esso proviene da una decisione di Dio che l’ha voluto in
modo diretto».[8] Conviene ricordare
un episodio emblematico che ci aiuta a capire questa difficoltà. Si tratta di un
caso di presunte apparizioni degli anni ’50, dove il Vescovo ha emesso, nel
1956, una sentenza definitiva di “non soprannaturalità” dell’evento, confermata
poi dal Sant’Uffizio l’anno seguente. Nel corso degli anni successivi, diverse
volte è stata chiesta l’approvazione della devozione legata a tali avvenimenti.
Eppure, nel 1974, la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede dichiarò
per quell’evento il “constat de non supernaturalitate”. Nonostante
ciò, nel 1996 il Vescovo del luogo riconobbe tale devozione, e un altro Vescovo,
nel 2002, ha addirittura riconosciuto “l’origine soprannaturale” delle
apparizioni, permettendo a questa devozione di espandersi anche in altri Paesi.
Infine, dietro richiesta della Congregazione, un nuovo Vescovo ha ribadito “il
giudizio negativo” dato a suo tempo dalla Congregazione stessa, ponendo fine
così a qualsiasi divulgazione di tali presunte apparizioni e rivelazioni. Al
termine di questa intricata vicenda, si deve notare che sono trascorsi
all’incirca 70 tormentosi anni per poter arrivare a una conclusione. Una
dichiarazione di soprannaturalità non ammetterebbe tutte queste oscillazioni,
che invece sarebbero meno problematiche con le dichiarazioni contemplate dalle
nuove
Norme, che sono sempre aperte a nuovi discernimenti.
D’altra parte, occorre considerare che una eventuale dichiarazione di
soprannaturalità non offre la certezza assoluta circa la verità di un fenomeno,
in quanto non rientra nel Magistero infallibile. Anche nei casi riconosciuti
dalla Chiesa, si tratta sempre di rivelazioni private, per cui i fedeli sono
liberi di credere o non credere, poiché la dichiarazione di soprannaturalità non
vincola il fedele e, per tale motivo, non è indispensabile per la salvezza.
Riferendosi al caso di Fatima, «l’allora Congregazione per la Dottrina della
Fede ha spiegato che l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata
mette in evidenza che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la
fede ed i buoni costumi (26 giugno 2000)».[9]
E, come sottolineava anche Papa
Benedetto XVI, è solo un aiuto «del quale non è
obbligatorio fare uso».[10] Tutto
questo significa che ciò che l’autorità ecclesiastica dichiara riguardo a tali
eventi ha un carattere prudenziale, in modo che i fedeli possano dare il loro
assenso “prudentemente”.
Bisogna considerare, inoltre, che una dichiarazione sull’origine soprannaturale
di un fenomeno spesso non è nemmeno necessaria. Si pensi al fatto, ad esempio,
che tante volte queste manifestazioni hanno provocato una grande ricchezza di
frutti spirituali, di crescita nella fede, di devozione, di fraternità e
servizio, e in alcuni casi hanno dato origine a diversi Santuari in tutto il
mondo che oggi sono parte del cuore della pietà popolare di tanti popoli, senza
che ci sia mai stata una dichiarazione di soprannaturalità. C’è tanta vita e
tanta bellezza che il Signore semina al di là dei nostri schemi mentali e delle
nostre procedure!
La necessità del discernimento del Pastori
Nel contesto delle procedure relative al discernimento dei presunti fenomeni
soprannaturali, bisogna riconoscere, nello stesso tempo, che in alcuni casi si
rilevano delle criticità molto serie a danno dei fedeli, e in questi casi la
Chiesa deve intervenire prendendosene cura. Riguardo a tali criticità, mi
riferisco, ad esempio, a un uso distorto e fuorviante dei medesimi presunti
fenomeni soprannaturali, soprattutto «per trarre profitto, sia di lucro, potere,
fama, notorietà sociale»,[11] che
può arrivare persino a far compiere atti gravemente immorali,[12]
o addirittura essere utilizzati «come mezzo o pretesto per esercitare un dominio
sulle persone o compiere degli abusi».[13]
Attualmente esiste, su mia proposta, un gruppo di lavoro, costituito da membri
del
Dicastero per i Testi Legislativi e del
Dicastero per la Dottrina della
Fede, per arrivare alla tipificazione di un delitto di “abuso spirituale”, però,
qualora si dovesse sospettare che ciò avvenga all’interno di un presunto
fenomeno soprannaturale, si dovrebbe agire immediatamente.[14]
Non si deve, tuttavia, ignorare la possibilità di errori dottrinali o di
indebiti riduzionismi nella proposta del messaggio del Vangelo (ad esempio con
l’uso di espressioni come: “tutto si riassume in questo”, “questo è
l’importante”, “il sacrificio è quello che più piace a Dio”), così come la
diffusione di uno spirito settario, e così via. D’altra parte, esiste anche
l’eventualità che i fedeli possano dar credito a un evento che, attribuito ad
una iniziativa divina, sia soltanto frutto della fantasia, del desiderio di
novità, della mitomania o persino della menzogna e della falsificazione.
San Paolo menziona tra i carismi anche il «dono di discernere gli spiriti» (1 Cor 12,10) e sottolinea alle autorità la necessità di prendersi
cura affinché «tutto avvenga per l’edificazione» (1 Cor 14,26), perché
«Dio non è un Dio di disordine» (1 Cor 14, 33). Come si può notare, fin
dalle origini della Chiesa, lo stesso Spirito Santo ha promosso un necessario
discernimento di queste manifestazioni per il bene comune. Dopo due millenni, la
Chiesa continua ancora oggi a prendersi cura dei fedeli, aiutandoli ad essere
docili allo Spirito Santo. Queste
Norme, dunque, si pongono in linea di
continuità con un tale compito.
D’altra parte, non dobbiamo inclinare la bilancia verso l’altro estremo. Alcuni
parlano, cioè, della necessità delle virtù eroiche nei presunti veggenti per
poter arrivare ad una approvazione: ma non è detto che le persone che ricevono
doni carismatici o messaggi debbano esercitare le virtù in grado eroico. Ciò è
richiesto per una Beatificazione, e quando si procede in questo senso c’è un
criterio molto importante da seguire: la Beatificazione non implica il
riconoscere come autentici i presunti fenomeni soprannaturali vissuti dalla
persona in questione. Le due cose vanno separate. Anche nel caso in cui ci fosse
la dichiarazione dell’origine soprannaturale, questa non offre alcuna sicurezza
sulla santità (gratia gratum faciens) delle persone coinvolte. Sono due
cose distinte, perché, come spiega la
Nota “La Regina della Pace”
circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje: «quando si riconosce
un’azione dello Spirito per il bene del popolo di Dio “in mezzo a” un’esperienza
spirituale dalle sue origini fino ad oggi, i doni carismatici (gratiae gratis
datae) – che possano essere collegati ad essa – non esigono necessariamente
la perfezione morale delle persone coinvolte per poter agire».[15]
Ciò significa che, se una persona che ha un carisma – ad esempio un carisma di
guarigione – commette un peccato, egli non perde quel carisma e continua a
guarire i malati. È certo, però, che in alcuni casi, per motivi prudenziali, la
Chiesa potrebbe proibire l’esercizio di un carisma perché esiste un grave
rischio di scandalo o di un uso inadeguato del carisma stesso. Ma ciò non
implica necessariamente negare l’esistenza del carisma.
Le nuove
Norme, tenendo conto della diversità delle situazioni che sono
state analizzate in passato, propongono cinque possibili conclusioni prudenziali
che possono orientare il lavoro pastorale riguardo al discernimento dei presunti
fenomeni soprannaturali. La proposta di queste determinazioni finali permette al
Dicastero e ai Vescovi di gestire in modo adeguato le diverse problematiche al
fine di giungere a una conclusione in tempi ragionevoli, prima che il fenomeno
acquisisca delle dimensioni che rendano molto più difficile qualsiasi tipo di
intervento.
Il “nulla osta”
La conclusione più alta in grado a cui può giungere il discernimento ordinario
dei presunti fenomeni soprannaturali è il “nulla osta”. Una simile
determinazione ha comunque una grande importanza che non si deve sottovalutare,
perché approva il culto pubblico legato a tali presunti fenomeni e indica
ai fedeli che possono aderire alla connessa proposta spirituale senza rischi.
Ciò implica che si possono costruire eremi o cappelle, persino santuari con la
designazione di titoli legati a tale esperienza spirituale, e che si possono
diffondere i presunti messaggi, qualora ve ne fossero. Permette, inoltre, ai
Pastori di agire senza esitazioni per poter essere accanto al Popolo di Dio
nell’accoglienza dei doni dello Spirito. Per questa ragione, le
Norme non
significano necessariamente un controllo, e meno ancora un tentativo di spegnere
lo Spirito. Al contrario, nei casi più positivi, «si incoraggia il Vescovo
diocesano ad apprezzare il valore pastorale e a promuovere pure la diffusione
[della] proposta spirituale».[16]
È utile sottolineare che le
Norme parlano di un’azione dello Spirito “in
mezzo a” un certo fenomeno. Questo aiuta a capire che, anche se non si emette
una dichiarazione di soprannaturalità sul fenomeno stesso, comunque si
riconoscono con chiarezza i segni di un’azione soprannaturale dello
Spirito nel contesto di quanto avviene. Pertanto, se il
Dicastero per la
Dottrina della Fede non si pronuncia o non emette alcuna dichiarazione circa
l’origine soprannaturale di un fenomeno, e concede solo un “nulla osta”,
ciò non significa un’assenza tout court di soprannaturalità. Infatti, il
“nulla osta” implica il riconoscere la presenza di un’azione dello
Spirito Santo “in mezzo a” un’esperienza spirituale e, altresì, riconoscere i
frutti di quest’azione divina.
Rilievi
D’altra parte, può accadere che, insieme a questo riconoscimento, si espliciti
la necessità di alcuni chiarimenti minori o purificazioni. Questo perché può
succedere che le autentiche azioni dello Spirito Santo all’interno di una
situazione concreta, che possono essere giustamente apprezzate, appaiano unite
ad elementi meramente umani o a «qualche errore d’ordine naturale non dovuto a
una cattiva intenzione, ma alla percezione soggettiva del fenomeno».[17]
Come diceva Karl Rahner, «non si può porre un’esperienza di visione, senza
ulteriori considerazioni, di fronte al dilemma rigoroso, o di essere in tutti i
punti corretta, oppure di dover essere considerata completamente un’illusione
umana o diabolica».[18] Sotto il
profilo procedurale, è anche possibile concedere un “nulla osta” e allo
stesso tempo chiedere che alcuni messaggi non vengano pubblicati, dato il
rischio di una possibile confusione.
Alcuni sono contrari a questa possibilità, perché sostengono che quando Dio dona
un carisma non bisogna fermarlo. Si tratta di un errore frequente.Va ricordato che quando San Paolo parla dei doni carismatici, egli spiega che
essi non operano automaticamente o forzatamente, ma che «le ispirazioni dei profeti sono sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 32-33). Il
carisma che Dio dona è affidato a chi lo riceve perché ne faccia un uso
prudenziale. Lo stesso Paolo, pur convinto dei doni e delle missioni che aveva
ricevuto dal Signore, si recò tuttavia a Gerusalemme per consultare gli apostoli
e quindi sapere con certezza – come egli stesso afferma – di «non correre, o aver corso invano» (Gal 2, 2).
Sulle questioni più importanti per il bene della Chiesa non possiamo discernere
senza la guida delle autorità. Perciò, nel caso specifico, ad esempio, di una apparizione mariana, la Vergine
non comanda che qualcosa venga comunicato necessariamente o immediatamente; non
ci usa come burattini o strumenti inanimati, ma lascia sempre spazio a un nostro
discernimento responsabile, personale ed ecclesiale, circa la prudenza,
convenienza, l’opportunità, la chiarezza di ciò che può essere trasmesso.
Quando non si arriva a un “nulla osta”
Questi presunti eventi sono assai frequenti in alcuni luoghi o in certi gruppi,
ma a volte si tratta di situazioni in cui le
Norme non sono necessarie,
in quanto sono agevolmente risolvibili in loco dal sacerdote. In altri
casi c’è bisogno di consultare il Vescovo, che può facilmente discernere e
risolvere senza complicazioni, ponendo fine alla questione. Le
Norme
ricordano al riguardo che: «Se i fenomeni sono facilmente gestibili nell’ambito
delle persone che sono direttamente coinvolte e non si avverte alcun pericolo
per la comunità, non si proceda ulteriormente».[19]
Come già detto, va tenuto presente che la maggior parte dei Santuari, che oggi
sono luoghi privilegiati della pietà popolare del popolo di Dio, non ha mai
ricevuto, nella storia della devozione che lì si esprime, una dichiarazione di
soprannaturalità dei fatti che hanno dato origine a tale particolare devozione.
Il sensus fidelium ha intuito che lì vi è un’azione dello Spirito Santo e
non sono apparse criticità importanti che abbiano richiesto un intervento da
parte dei Pastori. In questi casi non si parla di “origine” soprannaturale della devozione, ma non si nega che attualmente vi sia in essa
un’azione soprannaturale dello Spirito.
In molti casi, la presenza del Vescovo e dei sacerdoti in alcuni momenti, come
ad esempio nei pellegrinaggi o nella celebrazione di alcune Messe, è un modo
implicito di riconoscere che non vi sono obiezioni gravi e che quell’esperienza
spirituale esercita un influsso positivo sulla vita dei fedeli.
Nei casi in cui deve intervenire il Dicastero, oltre alla determinazione del “nulla
osta”, viene indicata una seconda possibilità con l’espressione Prae
oculis habeatur. Significa che si riconoscono importanti segni positivi, ma
vi sono alcuni elementi di confusione o possibili rischi che richiedono
ancora un attento discernimento. In tali casi si potrebbe avvertire la
necessità di una futura chiarificazione dottrinale importante. Come si
può notare, con tale determinazione (prae oculis habeatur) non si è
pervenuti al “nulla osta”, ma ciò lo si considera possibile qualora
si risolvano le suddette criticità.
Con la definizione Curatur si vuole invece affermare che, nel caso di un
presunto fenomeno soprannaturale, si rilevano diversi e importanti elementi
critici, ma allo stesso tempo si constata un’ampia diffusione del
fenomeno e una presenza di frutti spirituali ad esso collegati e verificabili.
Si tratta, dunque, di un giudizio con il quale non soltanto si vuol dire che il
fenomeno in oggetto non è chiaro ed è problematico, ma anche che non si prevede
che si possa arrivare a una conclusione positiva in futuro. Comunque, in questi
casi ampiamente diffusi o profondamente radicati in un luogo particolare, si
sconsiglia di imporre un divieto assoluto che potrebbe turbare fortemente il
popolo di Dio, soprattutto i semplici. Di conseguenza, si ammette soltanto un
culto privato, con un adeguato accompagnamento spirituale, e il Vescovo
diocesano è sollecitato a non incoraggiare questo fenomeno, a cercare
espressioni alternative di devozione ed eventualmente a riorientarne il
profilo spirituale e pastorale. Se questi tentativi non saranno sufficienti,
allora si potrà arrivare a una decisione più grave.
Quando poi si pronuncia la formula Sub mandato si vuole dire che le
criticità rilevate in un presunto fenomeno soprannaturale non sono legate al
fenomeno in sé, che è ricco di elementi positivi, ma a persone, famiglie
o gruppi che ne fanno un uso improprio. Si utilizza un’esperienza spirituale
per un particolare ed indebito vantaggio economico o svolgendo un’attività
pastorale parallela a quella già presente nel territorio ecclesiastico. In
questi casi, la guida pastorale del luogo specifico in cui si verifica il
fenomeno è affidata o al Vescovo diocesano o a un’altra persona delegata
dalla Santa Sede, la quale, quando non sia in grado di intervenire direttamente,
cercherà di raggiungere un accordo ragionevole con le persone
interessate. Questo può accadere, ad esempio, quando il terreno dove si trova
un’immagine legata a un’ipotetica esperienza non appartiene alla Curia diocesana
ma alla famiglia che promuove tali azioni problematiche.
Con la formula Prohibetur et obstruatur si chiede decisamente di
impedire che la presunta esperienza soprannaturale si diffonda tra il popolo dei
fedeli. Infatti, pur in presenza di legittime istanze e di alcuni elementi
positivi, le criticità e i rischi appaiono molto gravi. Perciò, per
evitare ulteriori confusioni o addirittura scandali che potrebbero intaccare la
fede dei semplici, si dichiara pubblicamente che l’adesione a quel
presunto fenomeno non è consentita nemmeno privatamente, e si cerca di
offrire allo stesso tempo una catechesi che possa aiutare a comprendere le
ragioni di tale decisione e a riorientare le legittime preoccupazioni
spirituali di quella parte del popolo di Dio.
A tal proposito, ci si può chiedere perché, in questo caso, non venga emessa una
dichiarazione di “non soprannaturalità”. Questo non accade poiché vi possono
essere dei casi nei quali si avverte la presenza di un carisma, di un dono o
di una “gratia gratis data”, anche se questi non sono adeguatamente
vissuti. Lo Spirito Santo agisce come vuole, ma può succedere che i presunti
destinatari della sua azione usino i suoi doni non secondo i disegni di Dio.
Si tratta di una possibilità molto seria e già avvenuta più volte nel corso
della storia.
Tra le varie determinazioni vi è infine, la Declaratio de non
supernaturalitate, che è il giudizio più severo. Il Vescovo diocesano è
autorizzato dal Dicastero a dichiarare che il fenomeno è riconosciuto come non
soprannaturale (ovvero che non ha un’origine soprannaturale). Questa decisione
si deve basare su fatti ed evidenze concrete e provate, non su eventuali
suggestioni o simpatie. Ad esempio, quando un presunto veggente dichiara di
aver mentito, o quando testimoni credibili forniscono elementi di giudizio che
permettono di scoprire la falsificazione del fenomeno, l’intenzione
errata o la mitomania di qualche protagonista di tali presunti eventi, si
rende assolutamente necessario ricorrere a tale determinazione.
In alcuni casi molto consolidati nel tempo (sia nel caso di un “prohibetur”
come di un “constat de non”) si potrebbe ammettere l’uso di un titolo
o di un’immagine, ma senza alcun collegamento con i fenomeni dichiarati non
soprannaturali, sebbene tale separazione non sembra essere sempre facile
o consigliabile.
Queste diverse possibili determinazioni coprono almeno la maggior parte delle
situazioni che sono state presentate finora al
Dicastero per la Dottrina della
Fede e possono orientare il discernimento e l’azione dei Vescovi insieme ai
diversi criteri forniti nelle
Norme, che comunque rimangono non esaustivi, a motivo
del fatto che le questioni relative alle esperienze legate ai fenomeni
soprannaturali nel corso degli anni sono aumentate progressivamente di numero,
con delle sfumature altrettanto variegate.
Il coinvolgimento del
Dicastero per la Dottrina della Fede
Il difficile e delicato lavoro di discernimento nell’ambito dei presunti
fenomeni soprannaturali, da una parte, è un compito che spetta al Vescovo
diocesano; dall’altra, riconoscendo che oggi più che mai questi fenomeni
coinvolgono molte persone appartenenti a Diocesi diverse oppure si diffondono
rapidamente in varie regioni e Paesi, le
Norme stabiliscono che in questi
casi il Dicastero deve essere consultato e deve intervenire sempre per dare
un’approvazione finale a quanto deciso dal Vescovo, prima che una qualsiasi
determinazione riguardante un evento di presunta origine soprannaturale venga
resa pubblica. Se in passato il Dicastero interveniva, ma si chiedeva al Vescovo
di non nominarlo neppure, oggi esso assume pubblicamente il proprio
coinvolgimento e accompagna il Vescovo nella determinazione finale, che sarà
resa pubblica con la dicitura “d’intesa con il Dicastero per la Dottrina della
Fede”.
D’altra parte, come già stabilivano le
Norme precedenti (IV, 1 b), anche
le nuove
Norme prevedono che in alcuni casi il Dicastero possa
intervenire “motu proprio”.[20]
A questo si aggiunge che, anche dopo essere arrivati ad una determinazione
chiara, «il Dicastero si riserva, in ogni caso, la possibilità di intervenire
nuovamente a seguito dello sviluppo del fenomeno»[21]
e si chiede al Vescovo di «continuare a vigilare»[22]
per il bene del Popolo di Dio.
Queste
Norme hanno permesso di risolvere pacificamente diversi casi
presentati al Dicastero, alcuni vecchi anche di decenni, e allo stesso tempo di
evidenziare alcuni rilievi critici e di fornire criteri efficaci per l’azione
pastorale futura riguardante tali fenomeni concreti. In questi diciotto mesi,
infatti, sono stati risolti dodici casi con delle conclusioni che possono essere
consultate pubblicamente attraverso le lettere che si trovano sul sito web del
Dicastero, senza considerarne altri che sono stati gestiti in maniera più
riservata.
Víctor Manuel Card. Fernández
[1] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme per procedere nel
discernimento di presunti fenomeni soprannaturali (17 maggio 2024) (= Norme
2024), Presentazione, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2024, p. 7.
[2] S. Agostino, Contra Faustum XXVI, 3, trad. it. di L. Alici,
Sant’Agostino, Contro Fausto Manicheo, Città Nuova, Roma 2004, pp.
654-655.
[3] S. Tommaso d’Aquino,
Summa Contra Gentiles, III, 101.
[4] S. Tommaso d’Aquino,
Summa Theologiae,I, q. 105, a. 6.
[5] S. Tommaso d’Aquino,
Summa Contra Gentiles, III, 161.
[6] S. Anselmo, De Casu Diaboli, 23, in F. S. Schmitt (a cura di),
Sancti Anselmi cantuariensis Archiepiscopi Opera
Omnia, vol. I, Thomas Nelson & Sons, Edimburgo 1946, p. 270.
[7] Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede,
Norme per procedere nel
discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni (25 febbraio 1978), Nota
preliminare.
[8] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024,
Presentazione, Nuovi aspetti, p. 16.
[9] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024,
Presentazione, Ragioni della nuova stesura delle Norme, p. 12.
[10] Benedetto XVI, Esort. Ap.
Verbum Domini (30 settembre 2010), n.
14:
AAS 102 (2010), p. 696.
[11] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art. 15, 4.
[12] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art.15, 5.
[13] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art. 16.
[14] Cf. Dicasterium pro Doctrina Fidei,
Foglio per l’Udienza: Falso
misticismo e abuso spirituale (22 novembre 2024).
[15] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Nota “La Regina della Pace” circa
l’esperienza spirituale legata a Medjugorje (19 settembre 2024), n. 1.
[16] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, n. 17.
[17] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art. 15, 2°.
[18] K. Rahner, Visioni e profezie. Mistica ed esperienza della trascendenza,
Vita e Pensiero, Milano 19952, pp. 95-96.
[19] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art. 7, 2.
[20] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art. 26.
[21] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art. 22, 3.
[22] Dicastero per la Dottrina della Fede,
Norme 2024, art. 24.
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