ESEQUIE DEL CARDINALE ANTONIO SAMORÈ
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Sabato, 5 febbraio 1983
1. “Vigilate, quia nescitis qua hora Dominus vester venturus sit” (Mt 24, 42).
Mentre risuonano ancora gli accenti di letizia per la chiamata di diciotto insigni ecclesiastici a far parte del sacro Collegio, le adorabili disposizioni della Provvidenza ci hanno convocato a questa Celebrazione eucaristica, mistero di morte e di risurrezione, attorno alla bara del nostro venerato e caro Fratello Antonio Samorè, Cardinale Vescovo del titolo della Chiesa suburbicaria di Sabina e Poggio Mirteto, Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa.
Il nostro cuore soffre per questa repentina dipartita, che ci priva della presenza materiale e della consuetudine di vita di questo distinto Porporato, al quale molti di noi, e per primo colui che vi parla, erano legati da profondi vincoli di stima e di affetto. Ma la fede proietta sul nostro dolore la sua luce rasserenante. La divina parola di Cristo, di Cristo risurrezione e vita, orienta tutti i nostri pensieri e sentimenti, e ci conferma nella fiduciosa attesa di quella dimensione di gioia senza confini né incrinature, che Dio prepara per coloro che lo amano.
2. Il nostro Fratello, Cardinale Samorè, che oggi affidiamo alla sua bontà e misericordia, è stato uno di questi. Entrato undicenne nel seminario diocesano di Piacenza e passato quindi al Collegio Alberoni nella medesima città, dedicò tutte le risorse giovanili all’ideale del sacerdozio, che raggiunse il 10 giugno 1928, nella cattedrale della Chiesa piacentina.
Da allora il suo cammino fu tutto improntato alla freschezza e all’entusiasmo delle primizie presbiterali. I molti che lo hanno conosciuto, ed hanno avuto con lui qualche familiarità, ne hanno ammirato le virtù umane, cristiane e sacerdotali. Di temperamento riservato e schivo, egli possedeva una straordinaria carica umana che s’imponeva per la vivacità dell’intelligenza, per la prudenza, per la larghezza del cuore. Il raccoglimento, la preghiera, la devozione all’Eucaristia e alla Madonna alimentavano in lui la fede, la speranza, la carità, e lo allenavano alla infaticabile e fervida operosità, che fu pure una delle caratteristiche della sua non comune personalità.
Il sacerdozio ministeriale del Cardinale Samorè si è svolto all’insegna dell’umiltà e della mitezza, doti cospicue del suo mondo interiore che avvincevano chi veniva a contatto con lui.
“Uomo di Dio, in senso pieno, egli si teneva costantemente orientato al soprannaturale, con una rettitudine sincera. Le questioni, i problemi le circostanze del momento egli le vedeva con lo sguardo penetrante della fede nella prospettiva più alta del fine ultimo. Questo nostro indimenticabile Fratello può quindi essere ascritto alla categoria dei servi buoni e fedeli, i quali fanno della vita una costante attesa del momento supremo, e al sopraggiungere di quel momento vengono accolti nella gioia del Signore. Noi abbiamo ferma fiducia che l’anima sua, purificata dai segni della debolezza umana, sia già accolta nella beatificante visione di Dio.
3. “Fidelis servus et prudens” (Mt 24, 45).
Il Cardinale Antonio Samorè è stato l’uomo della fedeltà! Uomo, cristiano, sacerdote fedele. Io desidero ricordare soprattutto la fedeltà al Romano Pontefice e a questa Sede Apostolica, a cui egli ha dedicato ben 54 anni di ininterrotto e operoso servizio.
Iniziò questo itinerario nel 1932 come addetto alla Nunziatura apostolica in Lituania dove rimase per sei anni. Fu chiamato quindi all’allora Prima Sezione della Segreteria di Stato e qui, sotto la guida del suo “maestro”, il compianto e insigne Cardinale Domenico Tardini, offrì le sue prestazioni durante tutto il periodo della seconda guerra mondiale, dando un apporto sensibile e intelligente all’intensa azione con cui Pio XII tentò di impedire la guerra, risanarne le ferite, affrettare il ritorno alla pace.
Dopo il suo servizio presso la Delegazione apostolica degli Stati Uniti d’America, nel 1950 fu elevato alla dignità episcopale e inviato come Nunzio Apostolico in Colombia, ove si adoperò con costante dinamismo per lo sviluppo e la crescita della Chiesa in quella nobile Nazione, per l’approfondimento dei rapporti di stima e di cordialità con le Autorità civili, per la promozione umana degli umili e dei poveri.
Tre anni dopo, nel 1953, fu richiamato in Vaticano ad occupare l’Ufficio di Segretario della Sacra Congregazione per gli Affari Straordinari. Del lavoro da lui svolto nei 14 anni in cui ricoprì tale incarico, mi limiterò a menzionare l’intensità dell’impegno col quale si prodigò a favore dell’America Latina, favorendo la fondazione e sostenendo lo sviluppo del CELAM e della Pontificia Commissione per l’America Latina, della cui attività per lunghi anni egli fu l’anima. Creato Cardinale nel 1967, fu chiamato a reggere la Sacra Congregazione per i Sacramenti; e, nel 1974, fu nominato Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa.
Nel dicembre 1978, in un momento delicato dei rapporti tra l’Argentina e il Cile, ho scelto il Cardinale Samorè come mio Inviato Speciale presso i due Governi e successivamente gli ho conferito l’incarico di mio rappresentante personale per l’azione mediatrice di cui ero stato fiduciosamente richiesto. A questo delicatissimo compito egli si è applicato fino all’ultimo con l’abituale saggezza, ponderatezza e fervore.
Voglio sperare che, con l’aiuto del Signore, la paziente opera compiuta dal Cardinale Samorè possa essere coronata, al più presto, dal buon successo che tutti auspichiamo.
4. Come non ricordare poi le iniziative di diretta sollecitudine sacerdotale, nelle quali il compianto Cardinale si è impegnato in prima persona, profondendovi tesori di generosità e di umana sensibilità?
Intendo alludere all’assiduo attaccamento a Villa Nazaret, l’Istituto ricevuto dal Cardinale Domenico Tardini, dove egli si è prodigato come padre, facendosi quasi quotidianamente con i fanciulli fanciullo. Penso, altresì, alle opere di innegabile valore religioso, sociale e culturale lasciate dal Cardinale Samorè nella natia cittadina di Bardi, alla quale restò sempre profondamente legato.
5. Carissimi, ho voluto evocare le principali tappe dell’intenso Ministero del nostro Fratello ora chiamato all’eternità, per sottolineare quella che è stata l’idea-forza, ispiratrice di tutta la sua vita. Essa fu la fedeltà. Una fedeltà piena, solida, limpida. Una fedeltà vissuta con amore. Nel 1979 ho avuto occasione di accennare alla grande esperienza diplomatica del Cardinale Samorè (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979], p. 48). Ma so che a lui stava a cuore un solo riconoscimento: quello della fedeltà al Papa e alla Santa Sede. Le ultime parole uscite faticosamente dalle sue labbra, a pochi istanti dal suo incontro col Signore, e raccolte dalla trepida attenzione di chi lo assisteva, sono state una appassionata dichiarazione di fedeltà.
“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio . . . Coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti (Sap 3, 1. 9).
Quando il Signore s’è fatto incontro a questo nostro Fratello, la mattina del 3 febbraio, lo ha trovato tutto compreso di quell’ansia di fedeltà, che ne aveva guidato l’intera esistenza. Proprio per questo noi confidiamo che la sua anima sia stata accolta con quelle dei giusti e sia ora “nelle mani di Dio . . .
Per noi, ancora in cammino sulle strade del tempo, il pio transito del nostro Fratello diventa stimolo e rinnovato impegno di dedizione al dovere nella fedeltà e nell’amore.
“Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla; / su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce” (Sal 23, 1-2). Sono parole, queste del Salmo responsoriale, che possono ben essere pronunciate in questo momento dal compianto defunto nella pace di Dio. Ma sono parole che sgorgano spontanee anche dalle nostre labbra di pellegrini, che affrettano il passo verso la meta.
“Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, / perché tu sei con me” (Sal 23, 4).
Sì, Signore, cammina al nostro fianco, perché non ci si abbia a smarrire nella “valle oscura” di questa vita. “Il tuo bastone e il tuo vincastro” ci guidino fin là dove confidiamo di ritrovare tutti coloro che abbiamo amato e amiamo. Amen.
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