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VISITA PASTORALE A LORETO

SOLENNE CONCELEBRAZIONE SUL SAGRATO
DEL SANTUARIO DELLA SANTA CASA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Loreto (AN) - Giovedì, 11 aprile 1985

 

1. “Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!» (Lc 24, 36).

Questo saluto ha un significato pasquale. Emerge dall’insieme degli avvenimenti che si sono concentrati tra il giovedì e “il primo giorno dopo il sabato”. La “pace” esprime la riconciliazione (“reconciliatio”), che si è compiuta mediante la croce di Cristo e che è stata confermata mediante la sua risurrezione. Questa riconciliazione è l’iniziativa salvifica di Dio, realizzata in Gesù Cristo. Un giorno l’apostolo Paolo esprimerà ciò nelle note parole della sua lettera: “È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo” (2 Cor 5, 19).

Nel corso dei giorni dell’ottava pasquale sentiamo a più riprese le parole: “Pace a voi!”. Cristo che ritorna ai discepoli dopo la risurrezione, annunzia in tale saluto l’immensità del dono, che è la riconciliazione di Dio con il mondo, la riconciliazione di Dio con l’uomo nel mondo.

2. Lo fa, richiamandosi nello stesso tempo all’antica alleanza. Essa preparava proprio a questo. Dovevano compiersi “tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi . . . Il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni” (Lc 24, 44.46-48).

Gli apostoli: testimoni della morte e della risurrezione, testimoni della riconciliazione: “È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo”.

Questa riconciliazione è dono e contemporaneamente è compito. Il mondo è stato riconciliato con Dio in Cristo e, a un tempo, il mondo è stato chiamato alla riconciliazione con Dio nel nome di Cristo; con la potenza del sacrificio e della redenzione di Cristo.

Quindi la riconciliazione è un compito. Come compito significa “la conversione e il perdono dei peccati”.

3. Come dono e come compito la riconciliazione è stata trasmessa alla Chiesa: “Ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18).

La Chiesa in Italia vuole consolidare e approfondire in sé la consapevolezza di questo dono e di questo compito. Lo fa a continuazione dell’ultimo Sinodo dei vescovi e del documento post-sinodale sulla riconciliazione e la penitenza.

Lo fa durante l’ottava pasquale. In un certo senso torna al Cenacolo per udire quel pasquale: “Pace a voi!”, e ritrovare se stessa, la sua missione contemporanea nel profondo significato delle parole circa la riconciliazione che allora, all’inizio del tempo della Chiesa, Cristo risorto ha pronunziato in persona.

4. Questo è veramente l’inizio del “tempo della Chiesa”. Nella liturgia di questo giorno dell’ottava pasquale è presente la Chiesa che “non è ancora uscita nel mondo”, rimane ancora nel Cenacolo, ma è già concepita, già vive nel seno del mistero pasquale di Cristo. Vive con la vita del Signore risorto. E contemporaneamente nell’odierna liturgia - nella prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli - la stessa Chiesa è già uscita dal Cenacolo dopo la Pentecoste, già vive in mezzo agli uomini, che si riuniscono nel recinto del tempio gerosolimitano, nel portico di Salomone. Ivi annunzia la buona novella dell’iniziativa salvifica di Dio: della riconciliazione che Dio ha compiuto in Cristo crocifisso e risorto.

E lo fa quasi con le stesse parole che udì nel Cenacolo dal Signore risorto: “Dio ha adempiuto . . . ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, cioè che il suo Cristo (che vuol dire l’Unto, il Messia) sarebbe morto. Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati” (At 3, 18-19).

5. Così dunque la riconciliazione, che è dono di Dio - il dono legato al compimento della promessa messianica - s’incontra come compito della Chiesa, sin dai primi giorni, con una determinata comunità di uomini, con una determinata società.

La lettura degli Atti degli apostoli ci permette di penetrare nei particolari di quest’incontro. Essi sono molto significativi. Occorre rileggere con grande attenzione il discorso di Pietro agli Israeliti riuniti nel portico di Salomone, riuniti in gran numero a causa della guarigione di uno storpio, compiuta dagli apostoli.

In questo contesto Pietro intraprende la missione che, per la Chiesa recentemente nata, fu il dono della riconciliazione, offerto all’umanità nel Messia crocifisso e risorto.

Pietro ne parla a una comunità singolare di uomini: a una comunità particolarmente privilegiata. Ecco: i figli dei profeti e dell’alleanza che Dio stabilì con i loro padri, prima di tutto con Abramo (cf. At 3, 25).

Nello stesso tempo la stessa comunità degli uomini ha rinnegato il santo e il giusto e ha ucciso l’autore della vita (cf. At 3, 14-15) e Pietro ne parla in tutta sincerità con parole del tutto chiare.

Umanamente parlando, non era facile dirlo, perché anch’egli era uno di loro. Quindi cerca di trovare anche le parole di giustificazione.

Cristo stesso, in croce, non gridò forse: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”? (Lc 23, 34). Così anche Pietro dice: “Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi” (At 3, 17).

Infatti, in definitiva, mediante questa “sconfitta” umana del Messia, ha vinto Dio: il Dio dell’alleanza “ha adempiuto così ciò che aveva annunziato”.

Pietro proclama la riconciliazione che soprattutto è dono di Dio. Il compito della Chiesa è annunziare questo dono in tutta la sua realtà e verità divine. Questo dono è per l’umanità, per ogni “comunità umana”. Mai contro di essa. Nello stesso tempo la riconciliazione è un dono esigente: “Pentitevi . . . e cambiate vita”! (At 3, 19). La riconciliazione, dunque, comporta il passaggio dallo stato di “inimicizia” a quello di “amicizia”; la trasformazione del cuore di pietra in cuore di carne.

6. È un’iniziativa lodevole che la Chiesa in Italia si riunisca nel Santuario lauretano per meditare gli argomenti collegati col tema: “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”.

È bene che la riunione abbia luogo a Loreto. Qui Maria, la Madre di Cristo, è sempre assidua nella preghiera insieme con i suoi discepoli di ogni generazione, così come lo era con quelli della prima generazione nel Cenacolo di Gerusalemme.

È bene che accada proprio oggi nel corso dell’ottava pasquale, quando Pietro affronta nel portico di Salomone un tema quasi analogo: “La riconciliazione e la comunità d’Israele”.

Sono queste le grazie particolari di tale incontro.

Ritengo una grazia particolare anche il fatto che posso - come successore di Pietro nella sede romana - affrontare, insieme con voi, proprio questo tema.

7. Quali suggerimenti derivano per la vostra assemblea, in cui la Chiesa che è oggi in tutta Italia desidera esprimere se stessa?

Forse è meglio raccogliersi innanzitutto in profonda meditazione sulla parola integrale dell’odierna liturgia e, in particolare, sull’avvenimento accaduto nel portico di Salomone, nei primissimi giorni della Chiesa appena nata.

Che cosa significa riconciliazione? Qual è la relazione tra il fatto che essa è dono di Dio, dono del mistero pasquale di Cristo e che essa costituisce il compito della Chiesa?

Quali leggi divine e umane reggono la rivelazione di questo dono e la sua trasmissione?

In quale relazione essa rimane con una concreta comunità degli uomini, con gli ambienti, con tutta la società?

In che modo questa rivelazione, l’annunzio della riconciliazione, congiunge in sé le esigenze della verità e dell’amore?

Quale trasformazione domanda nella vita personale di ciascuno e nella vita delle comunità ecclesiali?

A quali condizioni la riconciliazione annunciata e vissuta nella Chiesa può contribuire alla crescita della comunità civile nella giustizia e nell’amore fraterno? Quali sono oggi i doveri dei cattolici nella vita del Paese?

8. Cristo risorto appare in mezzo ai discepoli riuniti nel Cenacolo e dice: “Pace a voi!”.

Rivela il mistero della riconciliazione di Dio con l’uomo nella propria croce e risurrezione. Questa riconciliazione è indirizzata in Cristo all’uomo, all’uomo di tutti i tempi e di tutte le nazioni. In questo indirizzarsi all’uomo essa è compito della Chiesa.

Cristo stesso non ne convince forse gli apostoli, quando riconferma, in modo così concreto e dettagliato, la sua identità “umana” dopo la risurrezione: “Guardate le mie mani e i miei piedi . . . Toccatemi e guardatemi . . .” (Lc 24, 39)?

La riconciliazione di Dio con l’uomo nell’Uomo: nell’Uomo crocifisso e risorto. “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15, 39).

Essa è quindi per l’uomo. Per l’uomo è pure “la conversione e il perdono dei peccati”. Essa gli restituisce la sua vera grandezza: questa grandezza e questa dignità che egli ha ricevuto da Dio.

“O Signore, nostro Dio . . . / che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, / il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8, 2. 5).

Nel mistero della riconciliazione è racchiusa la piena verità sull’uomo. Essa passa attraverso la realtà del peccato e, perciò, non può essere separata dalla “conversione e dalla penitenza”. Se separassimo questi due elementi, falsificheremmo la piena verità sull’uomo.

Dobbiamo invece consolidarli profondamente nella Croce e nella Risurrezione di Cristo. L’uno e l’altro appartengono alla pienezza della verità sull'uomo.

Cari fratelli e sorelle!

Preghiamo insieme che questa verità venga partecipata da voi tutti, che siete presenti all’attuale incontro pasquale della Chiesa in Italia.

 

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