VIAGGIO APOSTOLICO IN TOGO, COSTA D'AVORIO II, CAMERUN I,
REPUBBLICA CENTRO-AFRICANA, ZAIRE II, KENYA II, MAROCCO
LITURGIA EUCARISTICA A DOUALA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Douala (Camerun) - Martedì, 13 agosto 1985
1. “Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo” (Sal 127, 3).
Cari fratelli e sorelle,
nel celebrare questa Eucaristia nel cuore della grande città portuale di Douala e del distretto ecclesiastico della costa occidentale, il nostro pensiero si rivolge in modo particolare ai giovani che costituiscono il sessanta per cento della popolazione della città. Ringraziamo Dio per la fortuna rappresentata da questi giovani. Affidiamo a lui il loro futuro. Tuttavia la loro educazione costituisce anche una grossa sfida. In che modo potremo vincerla? O meglio, in che modo riusciremo a far sì che bambini e giovani acquisiscano una personalità degna dell’uomo, degna di un figlio di Dio, di una figlia di Dio? Non è forse questo il grande quesito posto ai genitori, agli educatori, alle componenti sociali e amministrative, ai pastori e a tutta la comunità della Chiesa? E non devono forse i giovani stessi riflettere sul modo di preparare il proprio avvenire? Dopo la messa, è a loro che mi rivolgerò più direttamente.
Per il momento, insieme a voi, vorrei considerare il tema dell’educazione, convinto che “se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori” (Sal 127, 1).
2. L’educazione dei bambini, dei giovani e degli adulti secondo la fede cattolica è uno degli obiettivi fondamentali di ogni opera missionaria.
Guardiamo il nostro Maestro: “Gesù percorreva i villaggi, insegnando” (Mc 6, 6). E per proporre più diffusamente il suo messaggio, cominciò a mandare avanti a sé i dodici apostoli, a due a due. Questi discepoli annunciavano vicino il regno di Dio, invitavano a convertirsi, a inserirsi, per così dire, nel percorso educativo di Dio. E già liberavano gli altri dagli ostacoli, scacciando gli spiriti impuri; manifestavano agli infermi la bontà di Dio che vuole guarire e salvare.
Tale fu la prima missione dei discepoli di Gesù. E non posso fare a meno di pensare alla prima evangelizzazione in Camerun. Meno di un secolo fa i padri Pallottini, venuti dalla Chiesa di Germania, fondavano la prima missione a Marienberg, in questa stessa diocesi. Da qui, rivolgo il mio saluto a questa culla del cattolicesimo nel Camerun, che rimane, per tutte le parrocchie del Paese, un luogo di alta spiritualità, dedicato sin dagli inizi alla Regina degli apostoli. I pionieri apostolici erano venuti nella più grande mancanza di mezzi, come i discepoli di Gesù nel Vangelo. I padri Pallottini, poi i missionari del Sacro Cuore di San Quintino furono costretti nel 1914 a lasciare la regione, per motivi del tutto estranei alla loro missione. Tuttavia non ebbero bisogno di scuotersi la polvere dai sandali, poiché le popolazioni avevano già risposto in modo meraviglioso alla buona novella. Oltre cinquantamila camerunesi, battezzati o catecumeni, avevano abbracciato la fede cattolica, ed erano già stati formati oltre duecento catechisti. I missionari avevano annunciato la parola di Dio con semplicità, si erano presi cura degli ammalati e avevano fondato oltre duecento scuole, con circa ventimila alunni. Sapevano quanto l’educazione cristiana fosse d’importanza capitale per l’avvenire della missione.
Ad essi sono subentrati con coraggio i Padri del Santo Spirito, poi altri missionari, sacerdoti, fratelli, religiosi e laici. E oggi sono ben lieto di salutare questa fiorente Chiesa, autenticamente africana. Ringrazio vivamente monsignor Simon Tonyé, vostro arcivescovo, per la sua accoglienza; saluto il suo predecessore, monsignor Thomas Mongo, i vescovi di Bafoussam e di Nkongsamba, nonché quelli delle altre province venuti a pregare con noi. Saluto tutte le etnie rappresentate in seno a questa Chiesa, poiché noi formiamo un solo corpo, il corpo di Cristo. Saluto anche coloro che, senza condividere appieno la nostra fede, la rispettano e collaborano con voi: do loro assicurazione dei miei sentimenti fraterni. Noi abbiamo in comune un uguale compito d’educare, un compito immenso, sul quale vorrei ora meditare insieme a voi.
3. In tutte le civiltà l’educazione costituisce condizione fondamentale della continuità. Per i genitori, per gli insegnanti, per la società tutt’intera, si tratta di trasmettere alle giovani generazioni un’eredità, l’eredità di un sapere, di conoscenze tecniche, di un modo di pensare e di una morale di vita. Si tratta di permettere ai giovani di assimilare in modo attivo il retaggio della famiglia, il patrimonio comune della tribù, del popolo o della nazione alla quale si è legati dall’unità di cultura, di lingua e di storia (cf. Giovanni Paolo II, Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 11, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 783 ss.). Anche la Chiesa ha un’eredità da trasmettere: il Vangelo e il modo in cui è stato oggetto di fede e di vita per generazioni di cristiani, sotto la guida del magistero.
Se si considera invece l’educazione a partire dalla persona che ne beneficia, si tratta di portare alla maturità dell’uomo, in modo che essa impari a “essere” e non solo a “sapere”, in modo che essa risponda veramente alla propria vocazione. Il Concilio Vaticano II ha espresso in modo netto qual è il fine che persegue un’educazione bene intesa: formare la persona in funzione del suo fine più alto e degli obiettivi più elevati della società in seno alla quale essa sarà adulta; sviluppare in modo armonioso tutte le attitudini, il senso dello sforzo e della responsabilità; conquistare padronanza della propria libertà, orientata da valori morali riconosciuti e da una fede non solo appresa, ma anche vissuta (cf. Gravissimum educationis, 1-2). Possa il giovane far progressivamente suo tutto ciò che è vero, buono e bello! Possa egli corrispondere con tutto il proprio essere al progetto di Dio che porta in sé, come uomo o come donna, creato a immagine di Dio, poi segnato dalla grazia del Battesimo.
Certo, bisogna essere realisti. Una tale formazione si scontra contro molti ostacoli, contro resistenze interne, contro influenze contrarie esterne. L’educatore deve aiutare progressivamente il giovane a chiarire il suo giudizio e a fortificare la sua volontà, affinché compia scelte fondate sulla verità, il bene, il dono di sé. Il compito dell’educatore che l’accompagna è difficile, ma esaltante. Sapete quanta importanza vi attribuisce la Chiesa, e che rispetto essa nutre per questa nobile vocazione!
4. L’educazione cattolica è innanzitutto opera della famiglia. Chi ha messo al mondo un bambino ha il dovere inalienabile di condurlo a maturità, come sottolineò papa Pio XI nella sua enciclica Divinis Illius Magistri (31 dicembre 1929). I genitori sono i primi interessati, e insieme ad essi tutti coloro che compongono la famiglia intesa in senso più ampio, come la si concepisce abitualmente da voi. A tal fine Dio ha assegnato loro un’autorità naturale: possano essi esercitarla con fermezza e amore, dando essi stessi il buon esempio! Tutti riconoscono il ruolo capitale del padre, oppure, nel caso degli orfani, di chi ne fa le veci; e il ruolo primario della madre, la presenza affettuosa della quale è sempre fonte di conforto.
Cari genitori cristiani, valutate voi a sufficienza il grande dono di Dio, che fa di voi dei suoi cooperatori, non solo al fine di trasmettere la vita ai vostri figli, ma anche al fine di allevarli? È un talento che egli vi affida, affinché lo facciate fruttare. Mi farebbe piacere che rileggiate nella Bibbia, al capitolo quarto del libro di Tobia, le ammirevoli raccomandazioni che il padre, Tobi, tanto provato dalla vita, dava a suo figlio che partiva per luoghi lontani in cerca di denaro e di una sposa: “Onora tua madre . . . Ogni giorno, o figlio, ricordati del Signore; non peccare . . . Compi opere buone . . . non metterti per la strada dell’ingiustizia . . . Non distogliere mai lo sguardo dal povero . . . Non fare a nessuno ciò che non piace a te . . . Chiedi il parere a ogni persona che sia saggia . . . In ogni circostanza benedici il Signore e domanda che ti sia guida nelle tue vie . . . Non temere se siamo diventati poveri. Tu avrai una grande ricchezza se avrai il timor di Dio” (cf. Tb 4, 3-21). L’ebreo che così parlava, esiliato in un paese pagano, aveva sempre accompagnato la parola con l’esempio: rischiava la propria vita per fedeltà ai compatrioti deceduti cui dava sepoltura, si guadagnava la vita in modo scrupolosamente onesto, faceva l’elemosina e pregava ogni giorno. Egli è veramente riuscito a educare suo figlio. È il libro della Bibbia mostra come Dio l’abbia ricompensato.
È proprio in questo modo, non ne dubito, che le famiglie africane intendono esaudire il loro ruolo. Tuttavia conosco le, difficoltà che incontrate. I bambini acquisiscono a scuola un sapere che i loro genitori non conoscono, e sono forse meno sensibili alla loro saggezza, meno attenti ai loro consigli. Per molti il dialogo diventa difficile. Pur se l’istruzione è in se stessa un bene fondamentale della civiltà, talvolta i giovani ritengono soprattutto dalla loro formazione uno spirito critico e incline al dubbio, aperto a molteplici correnti d’idee delle quali non discernono bene il valore. A causa degli studi, sono spesso costretti ad allontanarsi dalla casa di famiglia. Una volta finita la scuola, restano troppo spesso senza lavoro, disoccupati nelle zone urbane, preda di ogni sorta di amicizie e di seduzioni.
Sì, cari genitori, capisco che la vostra responsabilità sia spesso difficile da esercitare. E tuttavia, ve ne supplico, non abdicate mai ad essa! I vostri figli, anche se sono grandi, hanno più che mai bisogno di voi. I legami intessuti con voi sono di valore inestimabile per la loro educazione, perché sono contrassegnati dalla vostra autorità naturale e dall’amore. Questo affetto dei genitori si appoggia sul valore del loro amore coniugale, quale lo esige una vera concezione del matrimonio. Quando un focolare è disunito, anche se i figli continuano ad essere a carico manca loro l’amore congiunto del padre e della madre. Nascono dei figli al di fuori del matrimonio; i giovani dovrebbero essere consapevoli delle gravi responsabilità che si assumono! Quando, al contrario, un focolare dà esempio di una vita coniugale unita, in un’atmosfera di fede e di preghiera, i figli sono felici e fiduciosi, aperti al dialogo. Spetta alla società aiutarvi a svolgere il vostro ruolo; la Chiesa vi sostiene e prega per voi; “L’associazione cristiana delle famiglie del Camerun” è a vostra disposizione, ma nessuno potrà mai sostituirsi a voi.
5. Tuttavia dovete contare anche su altri educatori. Avete notato, nella lettura della Bibbia, che Tobi teneva a che suo figlio avesse un buon accompagnatore per il suo viaggio (Gb 5, 9), una guida sicura che indicasse il cammino, lo proteggesse, guarisse, consigliasse, sotto lo sguardo di Dio, e rimanesse fedele sino alla fine della propria missione. Ecco che cosa dovrebbe essere ciascun educatore. Egli rende un servizio inestimabile, più importante di tutti i beni materiali: quando Tobi gli offre metà del denaro riportato, esso non basta a ricompensarlo (cf. Gb 12, 1-5).
A voi spetta dunque di introdurre i vostri giovani in cerchie più ampie della famiglia. I loro educatori potranno essere sacerdoti, religiosi, religiose, laici, adulti o giovani esperti. Sappiate a chi affidate i vostri figli.
6. Al di là della famiglia, il primo ambiente educativo è la scuola. La scuola non ha per missione solo quella di istruire, di far superare l’handicap dell’analfabetismo, di aiutare a esprimersi, di trasmettere conoscenze scientifiche e tecniche, e attraverso di esse, un mestiere, di insegnare a leggere nel gran libro della natura e delle opere dell’uomo. Essa deve educare, in cooperazione coi genitori, secondo i concetti che ho prima ricordato seguendo il Concilio. Le esigenze degli insegnanti saranno diverse e complementari rispetto a quelle delle famiglie. È così comprensibile che verifichino ciò che è stato recepito attraverso controlli ed esami: nella vita scolastica, è un metodo che favorisce l’assimilazione seria e duratura, molto più che un semplice mezzo d’assegnazione di diplomi e titoli.
Per i fanciulli cristiani, è d’importanza capitale poter progredire nella formazione religiosa allo stesso ritmo che nella formazione profana. Bisogna assolutamente trovarne il modo. L’avevano ben capito i pionieri missionari che fondarono le prime scuole in Camerun! Oggi voi disponete, sia in questa provincia che nell’insieme del Paese, di un gran numero di scuole primarie cattoliche e di svariati istituti secondari: essi permettono di creare una comunità nella quale la fede vivente in Gesù Cristo e la preghiera sono in modo quasi naturale integrate agli studi, nella quale lo spirito evangelico ispira l’educazione morale e l’atmosfera della vita scolastica. Esorto vivamente i genitori cattolici che possono farlo a sostenere queste scuole al di là delle sovvenzioni normalmente elargite; e chiedo ai pastori e agli insegnanti di vegliare sul loro valore, sia sul piano umano che spirituale.
So che, soprattutto a Douala, esistono molte altre scuole o collegi di Stato, oltre che collegi privati. In tutti questi casi è importante che i genitori, i parroci e gli insegnanti di buona volontà cooperino al fine di assicurare ai fanciulli e ai giovani una buona formazione cristiana, in particolare grazie alle elargizioni. I cattolici non possono trascurare l’educazione alla fede dei propri figli.
7. Tuttavia molte altre comunità, ambienti di lavoro, organizzazioni ricreative oggi contribuiscono a influenzare i giovani. Anche qui deve esercitarsi un’azione educativa. Per un cristiano, in particolare, la fede non è semplice conoscenza astratta, è un’esperienza di Chiesa. Quest’esperienza comincia in seno alla famiglia cristiana, che è simile a un santuario di Dio nella casa. Può continuare nella scuola cattolica. Ma vive soprattutto in parrocchia, nella quale i giovani devono avere un posto privilegiato. Essi possono raggiungere la loro maturità di cristiani grazie ai catechisti, o ai gruppi di preghiera, ai movimenti d’azione cattolica, alle confraternite, alle svariate associazioni nelle quali tra giovani e insieme agli educatori si impara a riflettere e ad agire da cristiani, in quel clima di amicizia che è adatto agli adolescenti.
8. Se la famiglia e i vari movimenti educano, spetta tuttavia ai giovani che stanno maturando assumersi essi stessi il compito della propria educazione (cf. Giovanni Paolo II, Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 13, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 787 ss.), costruire la propria personalità a partire dal retaggio ricevuto, dai valori morali e spirituali discoperti. Tutti i contatti umani, tutte le conoscenze devono servire a questo arricchimento; e soprattutto deve farlo lo stesso lavoro, che forma l’uomo. Ogni lavoro, poiché il lavoro manuale va rispettato al pari del lavoro intellettuale.
9. Tuttavia, se i giovani hanno la responsabilità della propria autoeducazione, è anche necessario che trovino nella società delle condizioni e un clima che la favoriscano. E qui i responsabili del bene comune, quelli dei mezzi di comunicazione sociale, a qualunque religione appartengano, le comunità religiose, hanno il proprio ruolo da svolgere per il miglioramento di queste condizioni.
Voi adulti attribuite grande importanza ai valori morali e spirituali, all’onestà, al servizio disinteressato? Oppure al contrario assegnate priorità al denaro, al profitto, al possesso egoista? Vi date voi alla critica sistematica e allo scetticismo che rende cinici?
Vi preoccupate di rendere vive e aperte le vostre comunità cristiane? Se esse non sanno accogliere con calore i giovani, essi se ne allontaneranno per cercare altrove una tale atmosfera. E se la loro formazione cristiana sarà insufficiente, essi non saranno in grado di discernere le carenze delle dottrine che vengono loro proposte.
Il dramma dei giovani ridotti alla disoccupazione, tentati da qualunque mezzo, anche disonesto, per sopravvivere, è sufficientemente tenuto presente? La società cerca a sufficienza di porre rimedio allo sradicamento dei giovani dalla famiglia, li aiuta a sufficienza a trovare e ad accettare possibilità di lavoro?
Tobi ha avuto il figlio che si meritava, voi avrete i giovani che vi meriterete.
10. Cari fratelli e sorelle, ho voluto ricordare queste necessità che possono sembrare pesanti, tuttavia vi invito alla fiducia. L’opera di educazione cattolica sarebbe superiore alle nostre forze, se restassimo isolati. Sì, uniamoci. E affidiamo a Dio la collaborazione che ci richiede per i nostri figli, per i suoi figli: “Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori”.
Guardiamo incessantemente a Cristo. Egli è il Maestro che ha educato gli apostoli alla fede, alla costanza in mezzo a tante prove, a tante reticenze, con una pazienza instancabile. Egli è il Salvatore che libera dal male e nello stesso tempo indica la via da percorrere. Ma ancora più, dà lo Spirito Santo che agisce come un maestro interiore nel cuore dei nostri figli mentre noi li esortiamo dall’esterno. Egli offre a ciascuno di essi i suoi sacramenti, al fine di rafforzare la sua alleanza con loro.
Noi lo supplicheremo per loro, per voi, per tutti gli educatori, così come egli pregava per i suoi apostoli, in modo da poter dire: “Nessuno di loro è andato perduto” (cf. Gv 17, 12). Egli fa sua la nostra preghiera: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20).
Uniamo tutti gli sforzi del popolo di Dio nel Camerun per la riuscita dell’educazione dei giovani: che Cristo li unisca al suo sacrificio redentore del mondo! Che faccia di noi un’offerta gradita a Dio, e che questo sacrificio porti dei frutti nella vita di tutti! Noi viviamo questa Eucaristia in unione col Congresso eucaristico internazionale di Nairobi, al quale sto per partecipare, e che ha per tema: “L’Eucaristia e la famiglia cristiana”.
La Vergine Maria ha partecipato all’educazione dei discepoli intorno a Gesù: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). Ascesa al cielo, ella guida e sostiene la speranza di questo popolo ancora in cammino (cf. “Praefatio”). Come una Madre, meglio di qualsiasi madre della terra, ella veglia su di noi, affinché i nostri cuori si rivolgano a Dio.
Amen!
Atto di affidamento alla Madonna
Santissima Vergine, durante quest’ultima messa solenne nel Camerun, a nome di tutti i miei fratelli e sorelle di questo Paese, voglio affidarti l’avvenire di questa Chiesa, i progressi di questa nazione.
Riprendo oggi il cammino tanto significativo dei primi missionari cattolici arrivati qui novant’anni fa; subito essi hanno affidato la loro missione alla montagna di Maria: Marienberg.
Tu, che sei stata scelta da Dio per accogliere suo Figlio e che l’hai ringraziato incessantemente per le sue meraviglie, dona a questo popolo cristiano del Camerun di apprezzare sempre più il dono della fede ricevuta e la presenza di Dio che dimora in mezzo a noi.
Tu che sei stata preservata dal peccato, che hai conservato il tuo cuore trasparente a Dio, prega per noi poveri peccatori, donaci sempre il desiderio di convertirci, di purificarci, di ritrovare la grazia di Dio, di vivere sotto il suo sguardo.
Tu che hai cercato la volontà di Dio come la serva del Signore, rendi i tuoi figli sempre disponibili a servire il Signore e i loro fratelli, specialmente le anime che si sono consacrate a Dio: sacerdoti, religiosi e religiose. Intercedi per tutti e perché lo Spirito Santo illumini e fortifichi tutti gli operai apostolici.
O Maria, di fronte a questi innumerevoli giovani, avvenire del Paese, noi ti supplichiamo, veglia su questi bambini e su questi giovani, sostieni il coraggio dei genitori e degli educatori, che mai si scoraggino nel loro compito educativo e siano per i giovani la stella che mostra loro il cammino di Dio già inscritto nella loro coscienza, che li guida verso Cristo, verso una fede matura che li invita al dono completo di se stessi.
Sì, Maria, ti affidiamo tutta la Chiesa nel Camerun, come una madre molto amata.
Ti consacriamo tutte le buone volontà, tutte le forze vive di questo Paese che chiede solo di progredire nel bene, nella pace, nella carità, nella fede vissuta, verso la gioia di vivere con Dio per sempre.
Amen.
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