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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANT’IRENEO A CENTOCELLE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 9 marzo 1986

 

Cari fratelli e sorelle!

1. Mediante la seconda Lettera di san Paolo ai Corinzi, la Chiesa offre alla nostra meditazione nella quarta domenica di Quaresima le seguenti parole: “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con se mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 17-18).

Occorre che, alla luce di queste parole dell’Apostolo, consideriamo il messaggio dell’odierno Vangelo secondo san Luca: il messaggio contenuto nella parabola del figlio prodigo. Dio “che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo” parla in questa parabola per mezzo della figura del Padre, il quale accoglie suo figlio, quando costui ritorna alla casa paterna esclamando: “ho peccato . . . non sono più degno di esser chiamato tuo figlio” (Lc 15, 21).

2. Ciascuno di noi conosce bene questa parabola. Essa è piena di verità, circa Dio e circa l’uomo e con una insolita forza s’imprime nella memoria e anche nel nostro cuore. Nell’enciclica Dives in Misericordia e anche nell’esortazione apostolica Reconciliatio et Paenitentia proprio questa parabola diventa un punto centrale di riferimento per gli insegnamenti destinati alla Chiesa del nostro tempo. Questi insegnamenti toccano un problema, che è sempre importantissimo nell’intero messaggio evangelico: il problema della conversione dell’uomo a Dio. Convertirsi - come insegna san Paolo - vuol dire diventare in Cristo una creatura nuova. Dio, come il padre della parabola, accoglie ogni suo figlio prodigo: quando egli nasce di nuovo in Cristo, diventa un uomo nuovo. Anzi, il Padre ci ha dato in Cristo il suo Figlio unigenito affinché ciascuno di noi - anche se fosse un figlio prodigo - potesse diventare in lui, in Cristo, un uomo “nuovo”. Affinché - rinnovato interiormente - ritrovasse la via della casa del Padre.

3. Nell’enciclica Dives in Misericordia leggiamo: “La parabola del figlio prodigo esprime in modo semplice, ma profondo, la realtà della conversione. Questa è la più concreta espressione dell’opera dell’amore e della presenza della misericordia nel mondo umano”: misericordia che “si manifesta nel suo aspetto vero e proprio, quando rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme del male, esistenti nel mondo e nell’uomo. Così intesa, essa costituisce il contenuto fondamentale del messaggio messianico di Cristo e la forma costitutiva della sua missione. Allo stesso modo intendevano e praticavano la misericordia i suoi discepoli e seguaci. Essa non cessò mai di rivelarsi, nei loro cuori e nelle loro azioni, come una verifica particolarmente creatrice che non si lascia «vincere dal male», ma «vince con il bene il male» (Rm 12, 21)”. (Dives in Misericordia, IV, 6)

4. Così dunque la parabola del figlio prodigo ci mostra come si realizza la trasformazione interiore dell’uomo del peccato: come “passano le cose vecchie” che sono in lui - forse perfino fortemente radicate - e nello stesso tempo, per opera della grazia della conversione, come nascono quelle “nuove”. Cristo ha ottenuto all’uomo la grazia della conversione “con il sangue della sua croce” (cf. Col 1, 20). Così dunque in Cristo il peccatore diventa “una creatura nuova” e in Cristo ottiene la riconciliazione con Dio.

L’Apostolo dice: “È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe” (2 Cor 5, 19). Tutto ciò che è avvenuto tra il padre e il figlio prodigo, si è compiuto per opera di Cristo, e continua sempre a compiersi per la sua opera. Il Dio dell’eterna alleanza con l’umanità si rivela in Cristo quale Dio della riconciliazione. Questa verità forma come il tessuto essenziale e vitale del cristianesimo, e, in senso più vasto, della vocazione dell’uomo in Cristo.

5. San Paolo scrive nella seconda Lettera ai Corinzi non soltanto che Dio “ci ha riconciliati a sé mediante Cristo”, ma aggiunge ancora: “ha affidato a noi il ministero della riconciliazione”. (2 Cor 5, 20) E poi continua: “Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro . . . Vi supplichiamo in nome di Cristo: «lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 18. 20).

Il ministero della riconciliazione dell’uomo con Dio, come frutto della riconciliazione di Dio con l’uomo in Cristo, è nella Chiesa un elemento fondamentale dell’eredità specifica: cioè dell’eredità della croce e della risurrezione. In quest’eredità è contenuta la potenza della riconciliazione degli uomini con Dio mediante la remissione dei peccati.

“Ma - come dice l’esortazione Reconciliatio et Paenitentia - (Reconciliatio et Paenitentia,11, 7) ancora san Paolo ci consente di allargare la nostra visione dell’opera di Cristo a dimensioni cosmiche, quando scrive che in lui il Padre ha riconciliato con sé tutte le creature, quelle del cielo e quelle della terra (cf. Col 1, 20). Giustamente si può dire di Cristo redentore che “nel tempo dell’ira è stato fatto riconciliazione” (cf. Sir 44, 17), e che, se egli è “la nostra pace” (Ef 2, 14), è anche la nostra riconciliazione”.

“Ben a ragione la sua passione e morte, sacramentalmente rinnovate nell’Eucaristia, vengono chiamate dalla liturgia “sacrificio di riconciliazione”: riconciliazione con Dio (Prex Eucharistica, III) e con i fratelli, se Gesù stesso insegna che la riconciliazione fraterna deve operarsi prima del sacrificio (cf. Mt 5, 23-24)”.

6. Riflettiamo adesso sul fatto che questa verità fondamentale della fede e della vita cristiana l’hanno un tempo meditata, qui a Roma, gli apostoli insieme con i primi seguaci di Cristo. Oggi mi è dato di meditarla con voi, cari parrocchiani della comunità dedicata a sant’Ireneo, grande Padre della Chiesa, che fu detto l’ultimo uomo apostolico, cioè di coloro che avvicinarono gli apostoli o i loro immediati successori, e il primo teologo.

Saluto tutti i presenti con viva cordialità: il cardinale vicario, il vescovo ausiliare del Settore, il parroco con i suoi collaboratori sacerdoti, le suore del Sacro Cuore di Gesù, i gruppi parrocchiali: l’Apostolato Vincenziano, la Legione di Maria, il Gruppo di preghiera, i catechisti della Prima Comunione, la Comunità eucaristica e le Comunità neocatecumenali. Saluto con affetto tutto il popolo di Dio che appartiene a questa parrocchia: i giovani, i fanciulli, le famiglie, i lavoratori, gli anziani, coloro che in qualunque modo o per qualunque motivo soffrono nel fisico o nello spirito, coloro che hanno difficoltà nel trovar lavoro, coloro che sentono il peso della solitudine, o si sentono vittime di ingiustizie, o sentono, nell’intimo del cuore, la voce paterna di un Dio che li chiama al ritorno e alla conversione.

Saluto tutta la popolazione residente nel territorio di questa parrocchia, anche coloro che non si riconoscono in questa comunità di fede, coloro che non si sentono di appartenere a questa piccola porzione di Chiesa. A tutti sia gioia e pace.

7. Cari parrocchiani, so che la vostra comunità è viva, fiorente, attiva, piena d’iniziative d’apostolato e di evangelizzazione. Me ne compiaccio profondamente e vi esorto a proseguire su questa strada, perché il campo nel quale seminare la parola di Dio è ancora molto vasto.

So quanto amore avete per sant’Ireneo, il vostro patrono. Le pubblicazioni parrocchiali spesso lo ricordano, mostrando gli aspetti della sua poderosa e magistrale personalità. Anche su questo punto vi invito a proseguire: cercate di far sempre più vostro il grande amore che il vescovo di Lione aveva per la dottrina degli apostoli, per la purezza della verità cristiana, che egli non esitò mai a testimoniare e a difendere con grande coraggio, zelo e spirito di sacrificio, fino al martirio.

La positività dei risultati conseguiti certamente non deve far perdere di vista la necessità di lavorare per colmare lacune e superare limiti, sempre inevitabili nelle condizioni del nostro agire di quaggiù. Una maggiore attenzione dovrà quindi essere dedicata al problema dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e delle professioni, anche se so che questo problema è stato focalizzato seriamente. Una costante attenzione dovrà essere sempre riservata al primato che, nella vita cristiana, deve tenere la preghiera, la liturgia, la ricerca pura e spassionata della verità su Dio e sulle realtà eterne al di là di un impegno sociale e di promozione umana, che pur restano sempre essenziali e fondamentali. Il servizio all’uomo, tuttavia, per essere autentico, deve sempre trovare, soprattutto per il cristiano, la sua ultima ragion d’essere nell’unico supremo servizio, che è l’amore di Dio. La ricerca della pace e della riconciliazione tra gli uomini è vana o illusoria, se non suppone nell’animo di ciascuno la disponibilità a ricevere il perdono di Dio e a compiere quindi quegli atti interiori ed esteriori di penitenza e conversione che lo condizionano.

8. Ritorniamo ancora sul tema liturgico dell’odierna domenica quaresimale. L’Apostolo scrive: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 20).

Oggi la Chiesa in tutto il mondo ripete con grande fervore spirituale quest’esortazione dell’Apostolo. Anzi, ripete le ulteriori parole della seconda Lettera ai Corinzi, parole veramente sconvolgenti: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).

La vocazione dell’uomo alla riconciliazione con Dio non è soltanto una parola, non è un grido, seppur così potente come quello di Giovanni presso il fiume Giordano, oppure come quello precedente dei profeti dell’antica alleanza. Questa chiamata è un’opera! L’opera inconcepibile, nata nella profondità dell’Amore del Padre e del Figlio. Essa è un sacrificio! È un prezzo! Infatti siamo stati comprati a caro prezzo: glorifichiamo dunque Dio in noi stessi e ringraziamolo per la sua misericordia (cf. 1 Cor 6, 20; 7, 23).

 

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