VISITA PASTORALE AD IVREA
CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA COMUNITÀ DIOCESANA DI IVREA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Piazza Freguglia - Ivrea (Torino)
Domenica, 18 marzo 1990
“Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete” (Gv 4, 14).
1. Noi siamo qui raccolti, oggi, intorno all’altare di Cristo per “bere dell’acqua che egli ci dà”, cari fedeli della diocesi di Ivrea e delle diocesi limitrofe. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale insieme col mio grato apprezzamento per l’occasione che mi è offerta di prendere contatto con le popolazioni di questa terra dalle profonde tradizioni religiose.
Saluto con affetto fraterno il vescovo, mons. Luigi Bettazzi; con lui saluto i vescovi originari della diocesi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, che costituiscono il fermento evangelico posto in mezzo alle comunità cristiane. Un saluto particolare esprimo alle autorità civili, che con la loro partecipazione hanno voluto onorare questo nostro incontro.
2. La liturgia della terza Domenica di Quaresima fa riferimento all’esperienza del deserto. Il deserto! Mi sia consentito di ricordare il recente pellegrinaggio africano in mezzo ai Paesi del Sahel: Capo Verde, Guinea-Bissau, Mali, Burkina Faso e Ciad. Tutti nel raggio del grande deserto africano: una parte nell’ambito del Sahara, l’altra ai suoi margini. Tutti questi Paesi sono minacciati da un comune pericolo: il deserto si allarga e spinge via l’uomo dai luoghi prima coltivati. Lo priva delle condizioni necessarie alla vita.
Il deserto del Sinai, attraverso il quale Mosè condusse i figli e le figlie di Israele, non era né così grande, né così pericoloso come il Sahara. Tuttavia in questi due luoghi incombe lo stesso pericolo: la morte di sete per la mancanza d’acqua. “Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?” (Es 17, 3).
3. L’evento del deserto del Sinai si pone come uno dei temi di fondo della liturgia quaresimale. Questo periodo di quaranta giorni ci ricorda anzitutto i quaranta anni del cammino di Israele verso la terra promessa. La terra promessa è Cristo: la sua Pasqua. Nel corso di quaranta giorni la Chiesa muove in pellegrinaggio verso di lui, come verso la Roccia dalla quale l’acqua della vita è scaturita nel deserto della storia umana.
Cristo stesso lo ha manifestato, a Sicar, con le parole indirizzate alla samaritana, presso il pozzo di Giacobbe: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 13-14).
L’acqua: una grande metafora della parola rivelata! L’acqua: un grande simbolo sacramentale della nuova alleanza e della vita nuova! Mosè colpì col bastone la roccia . . . Quando il centurione romano colpì con la lancia il fianco di Cristo crocifisso, ne uscì sangue e acqua.
4. In questo modo si è realizzata la speranza che “non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5). Ci è stato dato per opera della morte di Cristo sulla croce, per opera del suo sacrificio redentore. Ci è stato dato a somiglianza di acqua che “viene riversata” con grande abbondanza nei cuori umani, cambiando il deserto sterile nel raccolto della Vita e della Grazia.
La potenza vivificante dell’acqua; la potenza vivificante dello Spirito Santo, che “ci è stato dato”! In lui Dio stesso, che è la vita e la santità, si dona alle anime umane. Egli rende fertile il deserto.
5. Significative sono le parole di Gesù alla samaritana, presso il pozzo di Giacobbe: “L’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 14). La sorgente è in Dio stesso. La sorgente è nel sacrificio redentore di Cristo. Per opera dello Spirito Santo questa sorgente “zampilla” dentro l’uomo.
L’acqua di fonte è limpida. Essa simboleggia la limpidezza delle coscienze umane. La limpidezza della verità interiore. Proprio così è avvenuto alla samaritana presso il pozzo: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto” (Gv 4, 39). Cristo le ha aperto la vista interiore della coscienza sulla verità delle opere, sulla verità di tutta la sua vita.
E questa è la prima azione salvifica, l’azione vivificante dell’acqua che zampilla per la vita eterna. È la prima azione dello Spirito Santo, per il quale l’amore di Dio è riversato nei nostri cuori. Questa è anche la prima e fondamentale chiamata della Quaresima: “Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo: dammi dell’acqua viva, perché non abbia più sete”.
La Quaresima è il tempo della conversione mediante la verità delle coscienze umane. Il tempo della remissione dei peccati. Il tempo della metànoia!
6. Mediante la verità della coscienza - come mediante la limpidezza dell’acqua - si apre la via sulla quale camminano i “veri adoratori” di Dio. Cristo dice: “I veri adoratori adoreranno il padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv 4, 24). Dio, che è spirito e verità, desidera incontrarsi con noi nella verità delle nostre coscienze, nella verità delle nostre opere, Dio, che è il Padre, desidera incontrarsi con noi mediante il suo Figlio unigenito, mediante la sconvolgente verità del suo mistero pasquale, nel quale si è aperta la sorgente inesauribile dell’acqua viva, “che zampilla per la vita eterna”.
Tale è l’eterna volontà del Padre. Tale è la sua volontà salvifica. Questa volontà è il cibo del Figlio. Cristo Redentore desidera dividere con noi questo cibo. I campi arati della Chiesa di Dio continuano a biancheggiare “per la messe”. E così generazioni sempre nuove entrano in questa volontà salvifica del Padre, che è il cibo del Figlio, e il nostro cibo in unione con lui. È il cibo della verità e dell’amore, riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato.
7. Nel deserto Dio disse a Mosè: “Prendi in mano il bastone . . . tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà” (Es 17, 5-6). Ecco il tempo di Quaresima: è il tempo in cui battere sulla roccia, per farne uscire l’acqua, che veramente disseta: l’acqua che appaga il desiderio più profondo dell’anima umana, il desiderio della verità e dell’amore.
Quel luogo nel deserto del Sinai fu chiamato “Massa e Meriba”. Lì i figli di Israele avevano litigato con il Signore e l’avevano messo alla prova.
Quanti sono stati e sono, sulla faccia della terra, tali luoghi! Quanti nomi diversi hanno! In quanti modi gli uomini litigano con Dio e Lo mettono alla prova! È necessario che tutti ascoltino la voce di Cristo. È necessario che gli dicano come la samaritana: “Dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete” (Gv 4, 15). È necessario che abbiano coraggio di battere sulla roccia! È necessario che lo abbiate voi questo coraggio, fedeli della Chiesa che è in Ivrea! Il futuro del cristianesimo in questa regione dipende anche dal vostro coraggio.
Avvicinatevi alla roccia, che è Cristo! Avvicinatevi a lui e pulsate al suo cuore col bastone della vostra fede, perché ne esca l’acqua della grazia, capace di dar vita alle vostre anime. Avvicinatevi e pulsate con coraggio! Quell’acqua diventerà in voi “sorgente che zampilla per la vita eterna”. Amen.
Al termine della celebrazione eucaristica per i fedeli della Diocesi di Ivrea, il Santo Padre pronuncia le seguenti parole di saluto e di ringraziamento.
Vorrei aggiungere una parola per i bambini che oggi, per la prima volta, hanno ricevuto la Comunione eucaristica. Per voi, carissimi ragazzi e ragazze, è un grande giorno. Che sia anche il giorno di una grande benedizione per voi, per le vostre famiglie, per tutta la Chiesa di Ivrea.
Ringrazio tutti per la loro partecipazione, per la preparazione che si è concretizzata durante questa celebrazione specialmente nei canti e in tutto il clima di preghiera, di gioia e di ringraziamento. Eucaristia vuol dire ringraziamento.
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