VIAGGIO PASTORALE IN BENIN, UGANDA E KHARTOUM
CELEBRAZIONE EUCARISTICA SULLA SPIANATA DEL VESCOVADO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Kasese (Uganda) - Lunedì, 8 febbraio 1993
Abagonzebwa omu Kristo, Muroho Muta?
(Cari fratelli in Cristo, come state?)
1. Mukama waitu Yesu Kristo natugambira ati, Itwena tube bamu. (Nostro Signore Gesù Cristo ci ha detto che dovremmo essere una sola cosa). La notte prima di morire Cristo pregò il Padre per l’unità dei suoi discepoli: “perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Dio stesso è una sola cosa: Padre, Figlio e Spirito Santo. E le radici dell’unità di tutti i discepoli di Cristo affondano nelle profondità del mistero della Santissima Trinità, in cui il Padre è nel Figlio e il Figlio nel Padre, attraverso lo Spirito di Amore che procede dal Padre e dal Figlio. Quello stesso Amore che il Padre ha riversato sul mondo in Gesù Cristo: “Dio infatti ha tanto amato da dare il suo figlio unigenito” (Gv 3, 16). Oggi, qui a Kasese, al Vescovo di Roma, al Successore di Pietro è stata concessa la grazia di celebrare l’Eucaristia con voi, fedeli della regione Centro-Occidentale dell’Uganda. Riuniti nel nome di Gesù Cristo Nostro Signore, noi riconosciamo e gioiamo nell’unità che ci tiene insieme nella Chiesa Una, Santa, Cattolica e apostolica. La notte precedente al suo sacrificio sulla Croce per la redenzione del mondo, il Figlio pregò il Padre per l’unità dei suoi discepoli: per gli Apostoli e per coloro che sarebbero venuti in seguito, di generazione in generazione. Egli pregò per l’unità di tutti coloro che attraverso le parole degli Apostoli avrebbero creduto in Lui (cf. Gv 17, 20). Quindi pregò per l’unità delle Chiese particolari, e per l’unità delle Chiese particolari con il Vescovo di Roma.
2. L’Eucaristia è il segno più completo della nostra unità. E così con grande affetto in Nostro Signore Gesù Cristo io saluto tutti voi, in particolare coloro che hanno affrontato grandi distanze per partecipare a questo evento solenne. All’ombra del massiccio del Ruwenzori, le cui maestose cime benedicono silenziosamente il Signore (cf. Dn 3, 75), saluto i vostri Vescovi: il Vescovo Egidio Nkaijanabwo di Kasese, che ringrazio per le cordiali parole di benvenuto; il Vescovo Paul Bakyenga di Mbarara, il Vescovo Paul Kalanda di Fort Portal, il Vescovo Deogratias Byabazaire di Hoima, e il Vescovo Barnabas Halem’Imana di Kabale, così come S. E. Mons. Serapio Bwcemi Magambo, Vescovo emerito di Fort-Portal, e S.E. John Baptist Kakubi, Vescovo emerito di Mbarara. Saluto voi, sacerdoti, religiosi e laici dell’intera regione Occidentale dell’Uganda. Rivolgo anche un cordiale saluto ai rappresentanti di altre Chiese cristiane e comunità ecclesiali, e ai seguaci di altre religioni. Apprezzo con gratitudine la presenza delle autorità civili, impegnate nel nobile compito di servire il bene comune dei loro concittadini. Il Vescovo Nkaijanabwo ha parlato della grande bellezza naturale delle montagne del Ruwenzori e dei numerosi fiumi che scendono dalle sue cime e irrigano la regione. Ispirati da questa immagine nel momento in cui celebriamo l’Eucaristia, apriamo i nostri cuori al flusso di acqua di vita che Cristo dona a coloro che credono in Lui, affinché divenga una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna (cf. Gv 4, 14).
3. Nella preghiera sacerdotale di Gesù nel Cenacolo la notte prima di morire c’è un’eco distante ma fedele delle parole del Profeta Ezechiele, che abbiamo udito nella liturgia odierna: “Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo” (Ez 36, 24). Il Profeta pronunciò queste parole pensando ai figli e alle figlie di Israele che vivevano in esilio nella Diaspora. Quanto desideravano tornare a casa! Quanto desideravano ricostruire l’antica unità del Popolo di Dio intorno al Tempio di Gerusalemme! Gesù, d’altra parte, parla di un’unità ancor più profonda: un’unità in grado di superare ogni barriera e ogni divisione, un’unità di mente e di cuore che trova la sua fonte in Dio stesso. Poiché Gesù ha pregato: “Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola,... Io in loro e tu in me” (Gv 17, 21-23). “Io in loro”. Questo è il grande obiettivo che desidero proporre ai fedeli cristiani dell’Uganda Occidentale: che Cristo possa vivere in voi, attraverso la vostra fede e la santità di vita, che nessuna differenza etnica, che nessuna differenza sociale o religiosa ostacoli la via verso un’autentica solidarietà nella costruzione del bene comune.
4. In questa regione, con le sue montagne e pianure abitate da tanti popoli diversi, c’è stato un grande movimento di popolazioni. In molti luoghi persone di diversa origine etnica e di diversa lingua vivono fianco a fianco. Non dovrebbero tutti, in particolar modo i capi religiosi e le autorità civili, adoperarsi per creare una consapevolezza di appartenenza a una più ampia comunità regionale e nazionale, un’appartenenza che richiede che tutti svolgano un ruolo nel compito comune di ricostruire il tessuto sociale dell’Uganda? I tragici eventi del passato recente hanno lasciato una dolorosa eredità. Durante quegli anni bui i Vescovi hanno coraggiosamente nutrito la speranza che un giorno la pace e l’unità sarebbero prevalse. Ringraziamo insieme per il loro zelo pastorale e per la testimonianza cristiana di numerosi fedeli il cui eroismo, la cui carità e il cui sacrificio hanno aggiunto un ulteriore splendido capitolo alla storia della Chiesa in Africa. Adesso è il “tempo opportuno, il giorno della salvezza”, il momento per tutti gli ugandesi di accantonare le tracce delle divisioni distruttive basate sull’ineguaglianza, l’inimicizia etnica e la rivalità. Il Vangelo ci ricorda: “nessuna città o famiglia discorde può reggersi” (Mt 12, 25). Così, i vostri Vescovi hanno scritto “è giunto per noi in quanto nazione il momento di perdonarci gli uni gli altri e di riconciliarci, e di iniziare una nuova era di comunione e solidarietà” (Fa’ risplendere la tua luce, 36). Faccio mie queste parole e vi esorto a riconciliarvi con Dio e fra voi (cf. 2 Cor 5, 20).
5. Una conversione spirituale, un rinnovamento morale sono necessari se si vogliono instaurare saldamente la giustizia, la pace e l’unità. Il Profeta insegna che Dio deve mettere in noi “un nuovo cuore” e “un nuovo spirito” cosicché vivremo secondo la volontà divina (cf. Ez 36, 26). Se c’è discordia tra di voi, tra membri della stessa famiglia, tra diversi gruppi, tra regioni, lasciate che la grazia di Dio tolga il “cuore di pietra” e lo sostituisca con il “cuore di carne” (Ez 36, 26). Fate che vi siano riconciliazione e pace! Tutti noi traiamo origine dallo stesso Dio amorevole, che “creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra” (At 17, 26). La famiglia umana è una! È chiamata a formare una comunità libera dalla discriminazione basata su razza, colore, classe o religione (cf. Nostra aetate, 5). Le differenze tra di noi dovrebbero rafforzare, non diminuire l’unità e il rispetto reciproci. Uno spirito di comunità, un senso di generosa condivisione, una calorosa ospitalità verso gli altri sono tra gli aspetti più importanti della cultura tradizionale africana. Recentemente, queste qualità hanno ispirato la vostra ammirevole generosità nei confronti dei molti rifugiati della guerra civile in Ruanda. Preghiamo affinché gli sforzi perché cessi il conflitto in quella regione abbiano successo e affinché ai rifugiati sia data la possibilità di ritornare alle loro case e alle loro famiglie. Avendo toccato con mano le sofferenze che si verificano quando il pregiudizio porta all’odio e alla sofferenza, sapete quanto sia importante non permettere che l’individualismo esagerato e l’egoismo minaccino i valori di solidarietà, giustizia e pace che rappresentano l’unica certa speranza per il futuro della società ugandese.
6. A questo proposito desidero incoraggiare la Chiesa nell’Uganda Occidentale a continuare la sua opera impegnata in alcuni ambiti di sollecitudine pastorale. In primo luogo promuovere un apostolato familiare sempre più efficace.
Proprio dalle prime pagine del libro della Genesi appare chiaro che Dio desiderava che l’uomo e la donna si trovassero, si amassero l’un l’altro in modo stabile e fedele, e che accettassero responsabilmente, nutrissero ed educassero i frutti del loro amore, i loro figli. “Questa volta essa”, Adamo dice contemplando sua moglie, “è carne della mia carne e osso delle mie ossa. Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gen 2, 23-24). Questa unione profonda, personale, monogama non ha origini occidentali, ma piuttosto corrisponde al disegno di Dio per il marito e la moglie. Il patto del matrimonio è così nobile, così vicino al modo di essere di Dio nella Trinità che le Scritture continuamente paragonano l’amore di Dio per l’umanità peccatrice all’amore di un marito infinitamente fedele a sua moglie. San Paolo presenta coraggiosamente l’amore sacrificale di Cristo per la sua Chiesa come il simbolo e il modello di tutti i contratti matrimoniali indissolubili (cf. Ef 5, 25-33).
Il senso positivo dei vincoli familiari caratteristici delle tradizioni africane, la serietà dell’impegno matrimoniale come base di solidarietà tra le famiglie imparentate – una solidarietà che favorisce in particolar modo gli anziani, le vedove e gli orfani, e produce una forma di corresponsabilità nella cura dei bambini – possono contribuire al rafforzamento delle case cristiane. È compito delicato di sacerdoti, religiosi, e catechisti insegnare alle giovani coppie come far sì che questo dinamismo familiare si conformi al disegno di Dio per il matrimonio e per la famiglia.
I corsi di preparazione al matrimonio dovrebbero guidare le coppie alla scoperta di tutta la grazia e la forza spirituale che viene loro dal Sacramento che consacra il loro amore. Con fede nel Signore possono iniziare un cammino di vita insieme, consapevoli delle minacce a cui sarà esposta la loro fedeltà, ma pronti a fronteggiare insieme qualsiasi sfida si presenterà loro.
7. Desidero esortare i vostri instancabili Vescovi e sacerdoti a continuare a considerare la vita familiare una priorità dell’azione pastorale. I gruppi e i movimenti che sostengono le coppie dovrebbero essere incoraggiati. Le coppie cattoliche possono essere di enorme aiuto alle altre coppie. Corsi e giornate di preghiera e di studio possono svolgere un ruolo determinante nel consolidamento delle famiglie. Quando vi sono difficoltà particolari, per esempio quando i mariti sono costretti a partire per cercare lavoro, o in caso di malattia, o quando ci sono altri problemi, la comunità cristiana dovrebbe dimostrare una particolare sollecitudine e offrire un’assistenza concreta per mantenere saldi i vincoli della vita familiare. Sono consapevole del fatto che per molti di voi le radici familiari sono molto lontane ed è difficile creare uno spirito di comunità. Vi sto chiedendo, in particolar modo a voi giovani di essere coraggiosi e di sviluppare una profonda sollecitudine per il bene comune. Anche lo Stato dovrebbe essere fermamente convinto dell’importanza della famiglia in quanto base di una società ordinata, e di conseguenza dovrebbe perseguire politiche che difendano i valori familiari da attacchi di tutti i tipi.
8. Fratelli e sorelle, la vostra gioiosa partecipazione a questa Liturgia riflette la vitalità della vostra vita parrocchiale.
So che siete vicini ai vostri sacerdoti, alle vostre Suore e ai vostri Fratelli religiosi che operano in questa parte dell’Uganda. Ma il loro numero non è sufficiente per il lavoro da svolgere. Il Papa vi sta chiedendo di pregare affinché vi siano più sacerdoti e religiosi. Egli vorrebbe che i giovani si chiedessero se Cristo li sta chiamando e che siano generosi nel risponderGli se li chiama. C’è così tanto da fare! In particolare desidero sottolineare il ruolo delle religiose nell’evangelizzazione e nel sostentamento della comunità cattolica. Ringrazio di cuore a nome della Chiesa tutte le Suore presenti. E come potrei dimenticare di ringraziare i catechisti? E gli insegnanti cattolici? La vostra ammirevole opera e la collaborazione del laicato nelle Commissioni e nei Consigli laici sono fondamentali per il rafforzamento della vita della Chiesa nelle vostre parrocchie e nelle vostre diocesi. In tutto ciò deve esserci un grande senso di unità intorno ai vostri Vescovi. E così torniamo al tema di questa Eucaristia, in cui la preghiera sacerdotale di Cristo risuona con enfasi: “siano... una cosa sola”. Il Salvatore vuole che noi siamo una cosa sola perché il mondo creda che il Padre Lo ha mandato (cf. Gv 17, 21). Ogni opera di evangelizzazione dipende da questa testimonianza. Se gli altri devono credere, devono vedere che i cristiani sono uniti. Essi devono vedere che noi siamo una sola cosa nell’amore. Il sacrificio della Croce, infatti, è il culmine della missione del nostro Redentore, e attraverso di esso il mondo conosce l’amore con cui Dio ha amato tutta l’umanità. Ogni volta che celebriamo il Sacrificio Pasquale di Cristo nell’Eucaristia, Cristo rinnova questo amore per ognuno di noi. Dove conduce questo amore? Esso conduce alla vita eterna in Dio: “voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo” (Gv 17, 24). Durante l’ultima cena Cristo ha espresso il suo amore per i suoi discepoli. Oggi a Kasese Egli esprime lo stesso amore per voi. “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Eb 13, 8). Attraverso l’unione con Lui, attraverso la nostra unione reciproca in Lui, anche noi diventiamo partecipi della vita divina: la vita eterna nel Padre, Figlio e Spirito Santo. Il popolo dell’Uganda Occidentale aspira a una vita migliore, una vita più onesta, più giusta e più pacifica. Ciò sarà possibile soltanto se la società rispetterà e difenderà la dimensione spirituale della vita dell’uomo e la sua chiamata alla trascendenza. Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te (cf. Sant’Agostino, Confessioni, I,1, CSEL 33, s. 1). Ma noi abbiamo una ferma speranza poiché il Signore stesso ha pregato per il suo popolo: “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17, 26).
Al termine della Santa Messa celebrata a Kasese, Giovanni Paolo II rivolge ai fedeli le seguenti parole.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio con tutto il cuore per la vostra partecipazione. Ringrazio i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i Vescovi di Kasese e delle altre diocesi centro-meridionali dell’Uganda. Avete espresso la vostra devozione attraverso i vostri canti, le vostre danze e la vostra preghiera, e avete fatto ciò anche a nome di questa bella terra che abitate. Di queste belle montagne. Anch’esse hanno partecipato, come hanno potuto, alla nostra comune adorazione della gloria del nostro Signore, Padre, Figlio e Spirito Santo. Siate benedetti.
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