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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA
DI SANT'ANTONIO DA PADOVA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 21 gennaio 1996

 

1. “Il Signore è mia luce e mia salvezza” (Sal 26[27], 1).

Le letture dell’odierna domenica sembrano ancora riferirsi al Natale del Signore. Risuonano le stesse parole del libro del Profeta Isaia, che abbiamo udito alla Messa di mezzanotte: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9, 1). Insieme a questa luce, sgorga nel cuore degli uomini la gioia: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete” (Is 9, 2).

Mentre gustiamo ancora il gaudio tipico del Natale la liturgia ci fa fare un balzo in avanti di circa trent’anni, ci porta all’inizio dell’attività messianica di Gesù. La luce che brillava sulla stalla di Betlemme, ora deve manifestarsi mediante le parole della Buona Novella, di cui Gesù s’è fatto banditore. Egli “predicava la buona novella del Regno e curava ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo” (cf. Mt 4, 23). Gesù è venuto come colui che annunzia il Regno dei cieli e chiama gli uomini alla conversione: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4, 17).

2. Questo accadeva in Galilea, dopo il battesimo di Gesù, quando Giovanni venne rinchiuso in carcere da Erode.

Abbandonata Nazaret, città della sua giovinezza, Gesù si stabilisce a Cafarnao, sul Lago di Galilea dove incontra i primi discepoli. L’odierno Vangelo parla della chiamata di Pietro e di Andrea, di Giovanni e di Giacomo: “Vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: ‘Seguitemi, vi farò pescatori di uomini’. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono” (Mt 4, 18-19). In modo simile, chiama poi altri due fratelli: Giacomo, figlio di Zebedeo e il fratello Giovanni. Anch’essi, udita la chiamata di Cristo, immediatamente lasciano la barca e il padre e lo seguono (cf. Mt 4, 21-22). Così dunque Gesù non è più solo. Con lui ci sono i primi discepoli, insieme ai quali egli attraversa tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe. Ovunque annunzia il Vangelo del Regno e guarisce malati ed infermi.

3. Il brano della Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi, che è stato proclamato come seconda lettura, ci trasferisce in un futuro ancor più lontano. Dopo l’ascesa di Cristo al Padre, gli Apostoli s’impegnano a compiere la missione che Egli ha loro affidato: edificare la sua Chiesa. Paolo si sente, come egli stesso afferma, il più piccolo degli Apostoli, essendo stato l’ultimo ad essere chiamato (cf. 1 Cor 15, 19).

La Lettera ai Corinzi testimonia come si è formata e si è sviluppata la prima Chiesa cristiana, all’interno della quale non mancavano, purtroppo, le divisioni. L’Apostolo scrive: “Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti” (1 Cor 1, 10). E domanda: “Cristo è stato forse diviso?” (1 Cor 13). Può essere diviso Cristo che ha mandato me, Paolo, ad annunziare il Vangelo, non nella sapienza della parola, ma in virtù della sua croce (cf. 1 Cor 1, 17)? Possono dire alcuni tra voi: “‘Io sono di Paolo’, ‘Io invece sono di Apollo’, ‘e io di Cefa’, ‘e io di Cristo’”? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo, che siete stati battezzati (cf. 1 Cor 1, 13)? Ci sono molti apostoli, molti servi di Cristo, fondatori di nuove comunità cristiane, ma attraverso di loro opera sempre lo stesso Cristo crocifisso e risorto. La Chiesa è di Cristo - soltanto di Cristo!

Come sono attuali queste parole, specialmente in questa settimana che la Chiesa dedica alla preghiera per l’unione dei cristiani! Come abbiamo bisogno di prendere a cuore queste riflessioni dell’Apostolo per abbattere, al termine del ventesimo secolo, i muri delle divisioni e ritrovare la strada della piena unità!

4. Queste sono le parole dell’odierna liturgia. Queste parole di San Paolo si rivolgono oggi a noi, carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di sant’Antonio da Padova a Circonvallazione Appia. Sono lieto di celebrare l’Eucaristia in questa chiesa che fu costruita nel 1938 su un terreno acquistato dal Padre Annibale Di Francia per iniziare a Roma la sua provvidenziale attività apostolica dedicata al Cuore di Gesù e a S. Antonio da Padova. Dal 1988 essa è divenuta sede della vostra parrocchia. Saluto con affetto tutti voi. In particolare il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare di Settore, il Parroco P. Gioacchino Chiapperini e i Padri Rogazionisti che con lui collaborano. Un saluto speciale va alla Comunità Religiosa delle Figlie del Divino Zelo, presenti da tanti anni in questa zona di Roma con la loro Casa Generalizia. Esse sono dedite sia alla cura di minori provenienti da precarie situazioni familiari nell’Orfanotrofio Antoniano femminile, sia all’educazione scolastica nella scuola cattolica “Annibale Di Francia”, sia all’accoglienza di studentesse universitarie nella “Casa della Giovane”. Saluto inoltre la piccola comunità dell’Istituto Gesù Sacerdote e ciascuno di voi, cari parrocchiani qui presenti, come pure le vostre famiglie. Tutte le generazioni: gli anziani, i giovani, i bambini, tutte le famiglie.

Mi congratulo con la vostra comunità che si sente giustamente una cellula viva della Chiesa di Roma ed auspico che, crescendo nella preghiera e nell’impegno di costante formazione spirituale, essa possa continuare a diffondere con slancio missionario il Vangelo di Cristo fra tutti coloro che abitano nel quartiere. Il segreto è camminare insieme; sacerdoti, religiosi e religiose, laici impegnati, giovani e adulti, anziani e famiglie, tutti coinvolti nella meravigliosa opera dell’annuncio di Cristo, unico Salvatore del mondo ieri, oggi e sempre.

A voi, come ad ogni parrocchia di Roma, chiedo di valorizzare al massimo l’opportunità offertaci di preparare il grande Giubileo del 2000 mediante la grande missione cittadina. Dovranno anzitutto essere chiamate a raccolta le forze vive operanti nel seno della Chiesa: gruppi, comunità, istituti religiosi, varie forme di testimonianza apostolica presenti sul territorio, per manifestare alla città di Roma le ragioni della speranza che anima i credenti.

Operando in comunione con le varie realtà diocesane, sono sicuro che si potrà portare a compimento tale straordinaria iniziativa missionaria. Si tratta di riflettere tutti come far sì che l’incontro con Dio sia il fulcro della vita e dell’impegno di ogni cristiano; come formare i battezzati ad essere missionari nel proprio ambiente di vita e di lavoro; come promuovere nel territorio una coraggiosa ed aperta pastorale di evangelizzazione. Attraverso le risposte che emergeranno grazie anche al Convegno ecclesiale diocesano, in programma nel prossimo mese di febbraio, sarà più facile individuare la via da percorrere perché ogni cuore si apra a Cristo ed accolga Lui che si è incarnato per noi.

5. “Il Signore è mia luce e mia salvezza”. Ecco la luce che illumina le vie di ogni uomo, e che guida i passi anche della vostra Comunità parrocchiale e dell’intera diocesi nell’itinerario di costante conversione al Vangelo.

È la luce che rifulse una volta su Betlemme e che, sin dall’inizio dell’attività messianica di Cristo, si spostò sulla riva del Lago di Galilea; è la luce che accompagna la chiamata degli Apostoli: Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, e più tardi - ormai dopo la risurrezione - seguirà anche la vocazione di Paolo presso le porte di Damasco. “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore?” (Sal 26[27], 1). Così canta la Chiesa nell’odierno Salmo responsoriale. La luce di Cristo illumina il cammino della vita dell’uomo e dell’intera umanità; essa va oltre i confini dell’esistenza terrena, oltre la soglia della morte. “Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi (...) Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario” (Sal 26[27], 13.4). E perciò il Salmista esclama: “Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore” (Sal 26[27], 14).

Carissimi Fratelli e Sorelle, camminiamo nella luce della fede! Essa ci prepara a vedere il volto di Dio nella gloria. Possa la speranza della vita eterna, la speranza di giungere alle eterne dimore di Dio stesso infondere in ciascuno di voi il coraggio necessario per affrontare le difficoltà dell’esistenza quotidiana.

Come ci dice la liturgia:
“Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore!”.

 

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