SOLENNE INCORONAZIONE DELL'ICONA
DELLA VERGINE MARIA DI KRZESZÓW
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Spianata dell'aeroporto di Legnica - Lunedì 2 giugno 1997
1. "L'anima mia magnifica il Signore" (Lc 1, 46).
Il Magnificat! Abbiamo riascoltato le parole del cantico nel Vangelo di oggi. Maria dopo l'annunciazione andò a visitare la cugina Elisabetta. E questa, all'udire il saluto di Maria, ebbe una particolare illuminazione. Nel profondo del suo cuore conobbe che la giovane parente portava nel suo seno il Messia. Esclamò, dunque, salutando Maria: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo" (Lc 1, 42). Ed allora, rispondendo al saluto di Elisabetta, Maria rende lode a Dio con le parole del Magnificat:
"L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio,
mio salvatore . . ." (Lc 1, 46-47).
La Chiesa non si stanca di riandare alle parole del cantico. Le ripete, in particolare, ogni giorno nella liturgia vespertina, rendendo grazie a Dio per lo stesso motivo per cui ringraziava Maria: per il fatto che il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. E noi oggi, durante la liturgia della S. Messa a Legnica dei Piast, cantiamo insieme a Maria il Magnificat, per esprimere la nostra gratitudine per il dono dell'incessante presenza di Cristo nell'Eucaristia. Ci incontriamo infatti nell'ambito del Congresso Eucaristico Internazionale di Wrocław che si è concluso ieri. Con le parole di Maria ringraziamo per ogni bene, in cui abbiamo parte mediante il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore.
Eleviamo questo ringraziamento insieme a tutte le generazioni dei credenti nel mondo intero. Ed è per noi una gioia particolare il fatto che questo inno universale di lode risuoni nella Bassa Slesia è qui, a Legnica. Sono lieto di essere potuto venire qui ad incontrare la comunità cristiana, che da cinque anni fa parte della nuova diocesi di Legnica. Rivolgo parole di cordiale saluto al vostro Pastore, Monsignor Tadeusz, al suo Vescovo ausiliare, ai presbiteri, alle persone consacrate e a tutti i fedeli della diocesi. Saluto anche i pellegrini giunti dalla Germania e dalla Repubblica Ceca e i Serbo Lusazi. Li ringrazio per la loro presenza.
La vostra diocesi è giovane, ma il cristianesimo in queste terre ha una lunga e ricca tradizione. Sappiamo tutti che Legnica è un luogo storico, il posto dove un principe della dinastia dei Piast, Enrico il Pio, figlio di santa Edvige, oppose resistenza agli invasori dall'Est - ai Tartari - fermando la loro marcia pericolosa verso Ovest. Per questo motivo, benché la battaglia fosse sul momento perduta, molti storici la ritengono una delle più importanti nella storia d'Europa. Ha anche un'importanza eccezionale dal punto di vista della fede. E' difficile precisare quali furono i motivi che prevalsero nel cuore di Enrico - la volontà di difendere la terra patria e il popolo tormentato, oppure quella di fermare l'esercito musulmano che minacciava il cristianesimo. Sembra che i due motivi fossero in lui ugualmente presenti. Enrico, dando la vita per il popolo affidato al suo governo, la donava allo stesso tempo per la fede in Cristo. E ciò era una caratteristica significativa della sua pietà, che le generazioni di allora notarono e conservarono nel soprannome.
Questa circostanza storica legata al luogo della nostra liturgia odierna predispone ad una riflessione sul mistero dell' Eucaristia in una prospettiva particolare, nella prospettiva della vita sociale. Al riguardo, insegna giustamente il Concilio: "non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della Sacra Eucaristia"; da questa, pertanto, deve "prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità" (Presbyterorum Ordinis, 6).
Il segno visibile dell' amore è la sollecitudine per ogni bisognoso.
2. "Non sapete, dunque, che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Cor 3, 16). Queste parole di san Paolo erano dirette ad una comunità cristiana determinata - quella di Corinto -, ma esse valgono per ogni comunità che si sviluppa in qualsiasi città o villaggio nell'arco dei secoli. Di che cosa vivevano le comunità degli inizi? Da dove ricevevano lo Spirito di Dio? Gli Atti degli Apostoli testimoniano che i cristiani sin dall'inizio erano assidui nella preghiera, nell'ascoltare la parola di Dio e nella frazione del pane, cioè nella liturgia eucaristica (cfr At 2, 42). In tal modo tornavano ogni giorno al Cenacolo, fino al momento in cui Cristo istituì l'Eucaristia. Da allora l'Eucaristia divenne l'inizio di una nuova costruzione. L'Eucaristia divenne fonte di un legame profondo tra i discepoli di Cristo: era essa ad edificare la "comunione", la comunità del suo Mistico Corpo, radicata nell'amore e dall'amore pervasa. Il segno visibile di tale amore era la sollecitudine quotidiana per ogni persona che si trovasse nel bisogno. La condivisione del pane eucaristico costituiva per i cristiani un invito ed un impegno a condividere anche il pane quotidiano con coloro che ne erano privi. C'era anche chi è come leggiamo negli Atti degli Apostoli -, avendo proprietà e sostanze, " le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno" (At 2, 45). Quest'attività della prima comunità della Chiesa in tutte le dimensioni della vita sociale era la continuazione della missione di Cristo di portare al mondo una nuova giustizia è la giustizia del regno di Dio.
Compito dei cristiani di questo tempo è portare la luce di Cristo nella vita quotidiana
3. Fratelli e Sorelle! Oggi, mentre celebriamo l'Eucaristia, diventa chiaro anche per noi che siamo chiamati a vivere della stessa vita e dello stesso Spirito. E' questo un grande compito della nostra generazione, di tutti i cristiani di questo tempo: portare la luce di Cristo nella vita quotidiana. Portarla agli "areopaghi moderni", negli enormi terreni della civiltà e cultura contemporanee, della politica e dell'economia. La fede non può essere vissuta soltanto nell'intimo dello spirito umano. Deve trovare la sua espressione esterna nella vita sociale. "Chi, infatti, non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1 Gv 4, 20-21). Questo è il grande compito che sta dinanzi a noi, uomini di fede.
Più volte ho trattato le questioni sociali nei discorsi, e soprattutto nelle encicliche: Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis, Centesimus annus. . Bisogna, tuttavia, tornare a questi temi, fino a quando nel mondo accade un'ingiustizia, anche piccolissima. Altrimenti la Chiesa non sarebbe fedele alla missione affidatale da Cristo è alla missione della giustizia. Mutano infatti i tempi, mutano le circostanze, ma sempre ci sono in mezzo a noi coloro che hanno bisogno della voce della Chiesa e di quella del Papa, affinché vengano espresse le loro angosce, i loro dolori e le loro miserie. Non possono essere delusi. Devono sapere che la Chiesa era ed è con loro, che è con loro il Papa; che egli abbraccia con il cuore e con la preghiera chiunque sia toccato dalla sofferenza. Il Papa parlerà - e non può non parlare - dei problemi sociali, perchè qui è in gioco l'uomo, la persona concreta.
Parlo di questo anche in Polonia, perchè so che la mia Nazione ha bisogno di questo messaggio sulla giustizia. Oggi, infatti, nel tempo della costruzione di uno Stato democratico, nel tempo di un dinamico sviluppo economico, si scoprono con particolare chiarezza tutte le carenze della vita sociale nel nostro paese. Ogni giorno ci rendiamo conto quanto siano numerose le famiglie provate dall'indigenza, specialmente le famiglie numerose. Quante sono le madri sole, che lottano per mantenere i propri figli!
Quanti sono gli anziani abbandonati e privi di mezzi per vivere! Negli istituti per bambini orfani e abbandonati non mancano coloro che non hanno a sufficienza il pane quotidiano e il vestiario. Come non ricordare i malati, che non possono essere circondati della dovuta cura, a causa della mancanza di mezzi? Nelle strade e nelle piazze aumentano i senzatetto. Non si può lasciar passare sotto silenzio la presenza tra noi di tutti questi fratelli, che fanno pure parte della stessa Nazione e dello stesso Corpo di Cristo. Accostandoci alla tavola eucaristica per nutrirci del suo Corpo, non possiamo rimanere indifferenti riguardo a coloro ai quali manca il pane quotidiano. Bisogna parlare di loro, ma anche bisogna venir incontro alle loro necessità. E' un obbligo che grava specialmente su coloro che esercitano il potere: ad essi, che sono al servizio del bene comune, spetta il compito di stabilire leggi adatte e di dirigere l'economia del Paese, in modo tale che questi fenomeni dolorosi della vita sociale trovino la loro giusta soluzione. Ma è anche nostro comune dovere, un dovere d'amore, quello di portare aiuto, a seconda delle nostre possibilità, a coloro che l'attendono. "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me", dice Cristo (Mt 25, 40). "Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me" (Mt 25, 45). C'è bisogno della nostra opera cristiana, del nostro amore, affinché Cristo presente nei fratelli non soffra indigenza.
Nel nostro Paese è già stato fatto molto sotto questo aspetto. Anche la Chiesa in Polonia ha fatto e fa molto a questo riguardo. Nell'attività pastorale della Chiesa sono entrate ormai stabilmente le iniziative a favore dei bisognosi, degli infermi, dei senzatetto non soltanto nel Paese, ma anche fuori dei suoi confini. Si stanno sviluppando il volontariato e le opere caritative. Voglio, dunque, esprimere il mio apprezzamento a tutti coloro che - tra il clero, i religiosi ed i laici - dimostrano ogni giorno sensibilità per i bisogni altrui, capacità di una generosa condivisione dei beni e grande impegno a favore dell'altro uomo. Il vostro servizio, spesso nascosto, spesso passato sotto silenzio dai mezzi di comunicazione, rimane sempre segno della credibilità pastorale della missione della Chiesa.
Nonostante questi sforzi, rimane ancora un grande campo d'azione. Vi incoraggio, Fratelli e Sorelle, a destare in voi la sensibilità verso ogni tipo di indigenza, ed a collaborare con generosità nel portare la speranza a tutti coloro che ne sono privi. Che l'Eucaristia sia per voi fonte inesauribile di questa sensibilità e della forza necessaria per attuarla nella vita di ogni giorno.
Chiedo ardentemente a Dio che chi desidera ottenere onestamente il pane con il lavoro abbia le condizioni per farlo.
4. Vorrei soffermarmi un po' sulla questione del lavoro umano. Agli inizi del mio Pontificato ho dedicato a questo problema un'intera Enciclica, la Laborem exercens. Oggi, a sedici anni dalla sua pubblicazione, molti problemi continuano ad essere attuali.
Molti di essi si sono accentuati ancor di più nel nostro Paese. Come non menzionare coloro che in conseguenza della riorganizzazione delle imprese e delle aziende agricole si sono trovati di fronte al dramma della perdita del lavoro? Quante persone e intere famiglie sono cadute per questo in una povertà estrema! Quanti giovani non vedono più una ragione per intraprendere gli studi ed elevare la loro qualifica di studio, di fronte alla prospettiva della mancanza di impiego nella professione scelta! Scrissi nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis, che la disoccupazione è il segno del sottosviluppo sociale ed economico degli Stati (cfr. Giovanni Paolo II, Sollicitudo Rei Socialis, n. 18). Perciò bisogna fare tutto il possibile per prevenire questo fenomeno. Il lavoro infatti "è un bene dell'uomo - è un bene della sua umanità -, perchè mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, «diventa più uomo»" (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 9). E', tuttavia, anche un obbligo che scaturisce dalla fede e dall'amore, per i cristiani che dispongono di mezzi di produzione, quello di impegnarsi a creare posti di lavoro, contribuendo in tal modo alla soluzione del problema della disoccupazione nell'ambiente più vicino. Chiedo ardentemente a Dio che tutti coloro che desiderano ottenere onestamente il pane con il lavoro delle proprie mani abbiano le condizioni adatte per farlo.
Accanto al problema della disoccupazione vi è poi l'atteggiamento di chi considera il lavoratore come uno strumento di produzione, con la conseguenza che l'uomo è offeso nella sua dignità di persona. In pratica, questo fenomeno prende la forma dello sfruttamento. Spesso esso si manifesta in modalità di impiego in cui non soltanto non è garantito al lavoratore alcun diritto, ma questi è sottoposto ad un tale senso di provvisorietà e di timore della perdita del lavoro da essere praticamente privato di ogni libertà di decisione. Più volte questo sfruttamento si manifesta, inoltre, nella fissazione di un tale orario di lavoro da privare il lavoratore del diritto al riposo e della sollecitudine per il bene spirituale della famiglia. A ciò s'unisce spesso anche un'ingiusta paga, insieme con negligenze nel campo delle assicurazioni e dell'assistenza sanitaria. Né mancano casi in cui, specialmente per quanto concerne le donne, è negato il diritto al rispetto della dignità della persona.
Il lavoro umano non può essere trattato solamente come una forza necessaria alla produzione - la cosiddetta "forza lavorativa". L'uomo non può essere visto come strumento di produzione. L'uomo è creatore del lavoro e suo artefice. Occorre far di tutto affinché il lavoro non perda la dignità sua propria. Il fine del lavoro - di ogni lavoro - è l'uomo stesso. Grazie ad esso, egli dovrebbe poter perfezionare ed approfondire la propria personalità. Non ci è lecito dimenticare - e questo lo voglio dire con fermezza - che il lavoro è "per l'uomo" e non l'uomo "per il lavoro". Dio ci pone dinanzi dei grandi compiti, esigendo da noi la testimonianza nel campo sociale. Come cristiani, come persone che credono, dobbiamo sensibilizzare le nostre coscienze di fronte ad ogni specie di ingiustizia e ad ogni forma di sfruttamento palese o camuffato.
Qui mi rivolgo prima di tutto a quei fratelli in Cristo che danno lavoro agli altri. Non vi lasciate ingannare dalla visione di un profitto immediato, a spese degli altri. Guardatevi da ogni segno di sfruttamento. Altrimenti ogni condivisione del Pane eucaristico diventerà per voi un rimprovero e un'accusa. A quanti, invece, intraprendono un lavoro, ogni tipo di lavoro, dico: eseguitelo in modo responsabile, onesto e accurato. Assumetevi i vostri doveri in spirito di collaborazione con Dio nell'opera della creazione del mondo. "Soggiogate la terra" (cfr Gn 1, 28). Assumetevi il lavoro con senso di responsabilità per la promozione del bene comune, che deve servire non soltanto a questa generazione, ma a tutti coloro che in futuro abiteranno questa terra - la nostra terra patria -, la Polonia.
Non abbiate paura
di assumervi
le responsabilità
della vita sociale:
andate con coraggio
verso il mondo.
5. "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perchè tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica" (Dt 30, 15-16) - queste parole del testamento di Mosè risuonano oggi con grande forza nella nostra Patria. "Scegli dunque la vita!" (Dt 30, 19), esorta Mosè.
Su quale strada andremo nel terzo millennio? "Io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male", dice il Profeta. Fratelli e Sorelle, vi prego: "scegliete, dunque, la vita"! Questa scelta si compie nel cuore, nella coscienza di ogni uomo, ma non rimane senza un'influenza anche sulla vita di una società - di una nazione. Dunque, ogni credente è in qualche modo responsabile della forma della vita sociale. Un cristiano che vive di fede, che vive di Eucaristia, è chiamato a costruire il futuro proprio e quello della sua Nazione - un futuro basato sulle solide fondamenta del Vangelo. Non abbiate dunque paura di assumervi la responsabilità della vita sociale nella nostra Patria. Questo è il grande compito che sta davanti all'uomo: andare con coraggio verso il mondo; porre le basi del futuro: affinché esso sia il tempo del rispetto per l'uomo; un tempo aperto alla Buona Novella! Fatelo con l'unanimità che nasce dall'amore per l'uomo e dall'amor di Patria.
Al tramonto di questo secolo, occorre "un grande atto e una grande opera", - così un giorno scriveva Stanislaw Wyspianski (Przy wielkim czynie i przy wielkim dziele) - per permeare la civiltà in cui viviamo con lo spirito di giustizia e di amore. C'è bisogno di "un grande atto e una grande opera", affinchè la cultura contemporanea si apra largamente alla santità, affinchè coltivi la dignità umana, insegni il contatto con la bellezza. Costruiamo sul Vangelo, per poter, insieme alle successive generazioni di Polacchi viventi in una Patria libera e prospera, ringraziare Dio insieme al Salmista:
"Ti voglio benedire [Signore] ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare.
Una generazione narra all'altra le tue opere,
annunzia le tue meraviglie" (Sal 144[145], 2-4).
Gesù e Maria regnino
nei nostri cuori e nella vita della Polonia
6. "L'anima mia magnifica il Signore"! Durante il Congresso Eucaristico Internazionale in Bassa Slesia, insieme a Maria rendiamo grazie per l'Eucaristia è fonte dell'amore sociale. L'espressione di tale unità sia l'incoronazione dell'immagine miracolosa della Madonna delle Grazie di Krzeszów.
Il Santuario di Krzeszów è stato fondato da Anna, vedova di Enrico il Pio, un anno dopo la battaglia di Legnica. Già nel XIII secolo davanti all'immagine della Madre Santissima si radunavano le schiere dei pellegrini. E già allora il santuario veniva chiamato Domus Gratiae Mariae. Veramente era la Casa della Grazia distribuita con generosità dalla Madre di Dio, dove giungevano numerosi i pellegrini di vari paesi, specialmente i Boemi, i Tedeschi, i Serbo Lusazi e i Polacchi. Siamo lieti che anche oggi la Madre di Dio abbia riunito numerosi pellegrini di queste nazioni confinanti tra loro.
Che questo segno dell'imposizione delle corone sul capo di Maria e del Bambino Gesù, sia espressione della nostra gratitudine per i benefici divini, che così copiosi hanno ricevuto e sempre ricevono i devoti di Maria che si affrettano alla Casa della Grazia di Krzeszów. Sia esso anche segno dell'invito, da noi rivolto a Gesù e a Maria, a regnare nei nostri cuori e nella vita della nostra Nazione. Affinchè tutti diveniamo tempio di Dio e coraggiosi testimoni del suo amore per gli uomini.
Il saluto del Papa al termine della Santa Messa a Legnica
Ringrazio la Divina Provvidenza per questo bell' incontro eucaristico illuminato dal sole. Desidero salutare tutti gli abitanti della terra di Legnica. La maggior parte di voi è arrivata qui dopo la guerra. Nonostante molte difficoltà avete coltivato la vita religiosa e la cultura polacca. Oggi esprimo a tutti voi la gratitudine per questo atteggiamento caratterizzato da profonda fede e da sincero amore verso la Patria.
Saluto gli ex deportati in Siberia e le loro famiglie che sono qui presenti. Nel territorio della diocesi di Legnica vivono molte persone che attingendo la forza dalla fede hanno vissuto l' esperienza della Siberia e le pesanti prove degli anni della guerra e del dopoguerra e dei terribili campi di concentramento. Solo grazie alla fede siete sopravvissuti alle terribili condizioni della "terra disumana", sulla quale vi è toccato di vivere a volte anche per lunghi anni. Che il Buon Dio vi ricompensi per le vostre sofferenze e dia ai morti l' eterno riposo.
Saluto gli ex prigionieri del campo di concentramento Gross-Rosen (Rogoznica). Questo campo si trova nel territorio dell' odierna diocesi di Legnica. In difficili condizioni, specialmente nelle cave dove veniva estratto il granito, hanno lavorato in quel campo uomini di varie nazionalità, e tra di loro anche polacchi: sacerdoti e laici. Molti sono morti. E' bene che vi ricordiate di quel luogo in cui l'uomo è stato profondamente degradato, ma in cui si è anche manifestata la grandezza dello spirito umano.
Ci sono qui anche i minatori e gli operai dell' acciaieria di Walbrzych e dei dintorni, e della regione delle miniere di rame. Vi saluto tutti, fratelli e sorelle, come pure saluto tutto il mondo del lavoro della terra di Legnica. Dio sia con voi! Desidero salutare in modo particolare i nostri ospiti. Ci sono tra di loro il Segretario di Stato, il Primate, il Metropolita di Wrocław , il Card. Maida di Detroit, negli Stati Uniti, il Card. Vlk di Praga, il Card. Meisner di Colonia, il Card. Macharski di Cracovia e molti altri Vescovi della Polonia e del mondo. Ringrazio tutti per la solidarietà dimostrata nei confronti della Chiesa di Legnica. Un particolare augurio a Mons. Adam Kozlowiecki, dallo Zambia, in occasione del 60° anniversario di sacerdozio.
Ci sono qui molti gruppi organizzati dell' intera diocesi di Legnica. A tutti mando una parola di saluto.
Ringrazio le autorità del voivodato e della città e tutti coloro che hanno preparato l'odierna celebrazione. Che la Madonna delle Grazie, la cui immagine abbiamo oggi incoronato, vegli sulla vostra fede e sostenga ognuno di voi e tutta la giovane diocesi di Legnica nella realizzazione dei compiti che la Divina Provvidenza vi affida nel nostro tempo.
Dio vi ricompensi per la profonda esperienza eucaristica di oggi. Dio vi benedica tutti.
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