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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A SUA BEATITUDINE IL CARDINALE ANTOINE PIERRE KHORAICHE,
PATRIARCA MARONITA DI ANTIOCHIA

 

A sua Beatitudine,
il cardinale Antoine Pierre Khoraiche,
patriarca maronita di Antiochia

L’affetto che nutro per il caro Libano mi ha spinto, il 1° maggio 1984, ad affidarne la causa alla preghiera e alla solidarietà di tutta la Chiesa, poiché mi sta a cuore tutta la nazione libanese. È proprio questo affetto, unito alla costante sollecitudine che anima l’azione della Sede apostolica fin dall’inizio della lunga guerra che affligge il vostro Paese, che mi spinge a rivolgermi ancora una volta a vostra eminenza e, attraverso di lei, a tutti i suoi concittadini, senza distinzione di comunità e di appartenenza religiosa.

È con ansietà che ho seguito gli avvenimenti che, in questi ultimi mesi, hanno caratterizzato l’evoluzione della situazione in Libano, condividendo la speranza dei libanesi ogni volta che una tappa, anche modesta, è stata superata sul cammino arduo della pacificazione e del dialogo, sul piano sia nazionale che internazionale. Ho sentito profondamente le sofferenze di coloro che sono stati ancora provati dai tragici avvenimenti, che piangono i loro cari o che si vedono privati dei loro beni e dei loro mezzi di sussistenza. Ho appreso con pena delle altre gravi difficoltà che hanno ostacolato il buono svolgimento di iniziative che avrebbero potuto condurre a una possibile soluzione o, almeno, a una tregua durevole.

Se la speranza, animata dalla fede, non è mai mancata e ha resistito nel cuore della maggioranza dei libanesi, so anche che di nuovo li assilla lo spettro di altre tragedie, senza contare l’incertezza del domani. Tutto ciò è per me motivo supplementare di preoccupazione.

Coloro che hanno a cuore la sorte del Libano desiderano, in questo momento particolarmente delicato, che cessino infine le tensioni che alimentano il confronto armato tra i diversi gruppi e che possa profilarsi una soluzione che permetta di evitare ogni ricorso alla violenza. Questo desiderio diviene, nell’animo del Papa e di tutti i credenti, una supplica a Dio onnipotente e misericordioso, affinché tutti coloro che sono in grado di offrire la loro mediazione riescano a dare un contributo concreto.

Questo desiderio è anche un invito, di cui mi voglio fare messaggero affidandolo a vostra eminenza: che da Bkerké esso raggiunga ogni cittadino libanese amante del suo Paese, cosciente della sua responsabilità personale e alla ricerca di un avvenire nel quale i valori di ogni comunità siano salvaguardati in un’armoniosa collaborazione!

È un invito che si rivolge anche a tutti coloro che sono stati afflitti duramente dalle sofferenze della guerra: che il rancore, l’odio, le lotte fratricide o il desiderio di vendetta non vadano ad aggravare ulteriormente il fardello dei dolori che già pesa tanto gravemente sul popolo del Libano!

È infine un invito particolare a tutti coloro che, nelle diverse comunità, hanno l’importante responsabilità di guidare e di orientare i loro fratelli. Domando loro di fare in modo che non manchi mai la fiducia nella capacità di ciascuno di riconciliarsi e di dialogare col suo simile.

Nella mia lettera a tutti i libanesi, scrivevo che ciascuno, in quanto responsabile del bene del suo Paese, dev’essere capace di fare un esame di coscienza, di rinunciare a qualcosa e di rimettersi in questione, affinché prevalgano i valori che uniscono. È soltanto grazie a questo rinnovamento interiore che sarà possibile l’avvento di un’autentica rinascita nazionale. Essa sarà l’effetto della volontà di tutto il popolo libanese, unito in uno stesso desiderio di costruire una patria libera da ogni ingerenza straniera, unita attorno alle sue legittime autorità e testimone di quel pluralismo costruttivo che, da secoli, ha modellato il volto di questa nobile nazione.

Grazie a questa volontà comune di pace e di dialogo, diventerà allora possibile un accordo equo e duraturo sulle questioni relative al reciproco riconoscimento dei diritti e delle particolarità di ciascuna comunità. Ma, lo ripeto, è necessaria la fiducia reciproca. Essa è fondamento del rispetto delle persone e condizione di questa sicurezza che sola è capace di dissipare i timori che oggi provocano tante sventure e attizzano la violenza.

Eminenza, oggi come ieri, il mio pensiero si rivolge in modo del tutto speciale ai cari figli cattolici del Libano e ai fratelli nella fede in Gesù Cristo, senza che per questo sia diminuita la mia sollecitudine verso tutti gli altri libanesi. È a loro che mi rivolgo tramite vostra eminenza per dire loro che il Papa è più che mai vicino a loro e che tutta la Chiesa è a loro fianco, solidale con le loro pene e i loro timori.

Che, nella fedeltà alla loro vocazione, essi cerchino di farsi discepoli di Cristo che ci insegna il perdono, la misericordia e la comprensione! Nello stesso tempo, essi siano i coraggiosi testimoni della verità quando si tratta di vivere e proclamare liberamente e comunitariamente i valori del Vangelo!

Tali sono i voti che il Papa, mediante la preghiera della Chiesa, affida all’intercessione della santissima Vergine. Tali sono le preoccupazioni che mi fanno implorare da Dio onnipotente per il popolo del Libano, la forza di saper superare le difficoltà del momento per percorrere il cammino che conduce alla fratellanza e alla riconciliazione. Con la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 25 gennaio 1985 

GIOVANNI PAOLO II

 



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