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[ IT  - LA ]

LETTERA DEL PAPA
GIOVANNI PAOLO II

A TUTTO IL CLERO DELLA CECOSLOVACCHIA
IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI
DEL 1100° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI SAN METODIO

 

Diletti figli.

1. Nella gloriosa cittadina di Velehrad, presso la tomba di San Metodio, vi siete riuniti, cari sacerdoti e religiosi della Cecoslovacchia, insieme al cardinale Frantisek Tomášek, al venerabile fratello Josef Vrana, amministratore apostolico di Olomouc, e ai vostri vescovi e superiori, per celebrare con profonda devozione il 1100° anniversario della morte del grande apostolo delle vostre genti. Infatti, il 6 aprile dell’anno 885, dopo una vita fervorosa e ardimentosa, tutta spesa nell’annunzio del Vangelo e per la conversione delle anime, San Metodio raggiungeva il premio celeste e qui venivano sepolte le sue spoglie mortali.

La biografia, scritta subito dopo la sua dipartita, narra che “i suoi discepoli lo prepararono (per le esequie) e gli resero degni onori: celebrarono un servizio ecclesiastico in latino, greco e slavo e lo deposero nella cattedrale . . . La folla dei partecipanti, l’insieme del popolo radunato, lo accompagnava con candele, piangendo il buon maestro e pastore: (erano) uomini e donne, umili e potenti, ricchi e poveri, liberi e servi, vedove e orfani, stranieri e gente del luogo, sani e malati, tutti: poiché “si era fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti” (1 Cor 9, 22)” (Vita Methodii, XVII, 11-13).

Nella sua stringatezza la cronaca non poteva essere più completa e commovente: San Metodio durante la sua vita si era davvero totalmente donato alle anime, si era fatto tutto a tutti, e il popolo, orante e piangente alla sua morte, formato da tutte le categorie di persone, dimostrava in concreto che aveva preso il suo ardore apostolico e l’aveva seguito con gioia e riconoscenza.

Dopo tanti secoli di distanza dalla sua opera e dalla sua scomparsa, San Metodio, insieme al suo grande fratello San Cirillo, il filosofo morto a Roma e quivi sepolto nella basilica di San Clemente, è tuttora presente con il suo esempio e il suo insegnamento e soprattutto con la sua intercessione per voi, sacerdoti e religiosi, e per tutti i fedeli di Cecoslovacchia.

L’importante data commemorativa della sua morte non poteva e non doveva passare sotto silenzio e, mentre mi compiaccio profondamente per questo vostro incontro spirituale e formativo e di tutte le altre iniziative e attività in programma, anch’io ho voluto confidarvi la mia parola di esortazione e incoraggiamento, come già fecero in circostanze simili i miei predecessori (cf. Leone XIII, enciclica Grande munus, 30 settembre 1880, per estendere il culto dei Santi Cirillo e Metodio a tutta la Chiesa; Benedetto XV, lettera Saepe nobis, 30 novembre 1921, all’episcopato cecoslovacco; Pio XI, lettera Quod S. Cyrillum, 13 febbraio 1927, per commemorare l’undicesimo centenario della morte di San Cirillo; Giovanni XXIII, lettera Magnifici eventus, 11 maggio 1963, per l’11° centenario dell’arrivo dei Santi in Moravia; Paolo VI, lettera Antiquae nobilitatis, 2 febbraio 1969, per l’11° centenario della morte di San Cirillo; Paolo VI, Homilia, 14 febbraio 1969 in San Pietro).

2. Poche sono le notizie riguardanti la vita di San Metodio prima della sua missione nella grande Moravia. Di lui si sa soltanto che, nato a Tessalonica nell’812 da famiglia profondamente cristiana, dapprima intraprese la carriera politica e poi abbracciò la vita monastica, ritirandosi sul monte Olimpo, in Bitinia, e assumendo il nome di Metodio. Di carattere umile e riservato, innamorato della vita contemplativa, mai avrebbe abbandonato l’amata solitudine della montagna, se non avesse compreso che la volontà di Dio lo desiderava invece nella vita pubblica per l’annunzio del Vangelo, al seguito del fratello Cirillo. Già nell’860 prese parte a un’importante missione politico-religiosa in Crimea; poi, nell’863, parti con il fratello Cirillo verso la Moravia, dietro l’appello del principe Rastislav, che aveva appunto chiesto all’imperatore Michele III di inviare nel suo Paese due missionari, perché spiegassero nella lingua slava il Vangelo e le altre verità di fede. Ben note sono le vicende dei due santi fratelli che si recarono nella loro nuova missione, portando con loro la traduzione slava dei Vangeli e le reliquie di San Clemente papa, morto in Crimea nel II secolo, esiliato dall’imperatore Traiano.

Erano accompagnati da un gruppo di giovani slavi, loro discepoli, già istruiti nelle Sacre Scritture; è inoltre nota la loro invenzione dell’alfabeto adatto a quei popoli (la scrittura “glagolitica”), per tradurre in modo comprensibile i Vangeli e i libri liturgici e per svolgere in lingua slava i riti della liturgia. In seguito, per motivi politici, i due fratelli si trasferirono in Pannonia, invitati dal principe slavo Kocel a svolgere anche là la loro opera evangelizzatrice. Ben presto però, accusati come eretici, Cirillo e Metodio dovettero recarsi a Roma per spiegarsi di fronte al Papa. Quando giunsero nell’Urbe, per il Natale dell’anno 867, portando le reliquie di San Clemente papa, trionfali furono le accoglienze e papa Adriano II, sentite e valutate le loro spiegazioni, approvò interamente il loro apostolato e l’uso della lingua slava. Purtroppo a Roma moriva il 14 febbraio dell’anno 869 Costantino il filosofo, già ammalato; prima però di lasciare la sua Chiesa tanto amata volle fare la professione di monaco, assumendo il nome di Cirillo e affidò al fratello Metodio la sua missione apostolica: “Ecco, o fratello - gli disse - condividevamo la stessa sorte, premendo (l’aratro) sullo stesso solco; io ora cado sul campo al concludersi della giornata. Tu ami molto, lo so, la tua montagna; tuttavia per la montagna non abbandonare la tua azione di insegnamento. Dove, in verità, puoi meglio salvarti?” (Vita Methodii, VII, 2-3).

Metodio accettò con ardore la consegna del fratello; tornò in Pannonia per organizzarvi la Chiesa secondo il desiderio di papa Adriano, che in seguito lo consacrò vescovo, affidandogli piena giurisdizione sulle terre conquistate al Vangelo. Purtroppo ripresero contro di lui le accuse e le persecuzioni: fu processato e condannato all’esilio dallo stesso imperatore Ludovico; qualche tempo dopo venne liberato per ordine del pontefice; tornò nella Grande Moravia, stabilendosi a Velehrad. Si recò nuovamente a Roma perché accusato di eresia: il pontefice Giovanni VIII però approvò totalmente la sua azione missionaria, comprese le sue ragioni e lo confermò vescovo della Grande Moravia. Nonostante le molteplici avversità di genere politico e anche religioso, San Metodio non si perse mai d’animo, non diminuì mai il fervore spirituale e l’ardore apostolico a vantaggio delle popolazioni a lui affidate, non mancò mai di fiducia nella Provvidenza, convinto che nei travagli della storia umana, tante volte oscuri e dolorosi, la parola di Dio, che è verità e salvezza, rimane in eterno.

L’antico biografo, dopo aver elencato le grandi figure dei giudici, dei profeti, degli apostoli e dei martiri, e di altre auguste e famose personalità, così scrive: “Dio misericordioso, che vuole che ognuno si salvi e pervenga alla conoscenza della verità” (cf. 1 Tm 2, 4), al tempo nostro, in favore del nostro popolo, di cui nessuno mai si era preoccupato, suscitò per la buona impresa il nostro maestro, il beato Metodio, le cui complessive virtù e lotte paragoniamo senza arrossire una per una a quelle di quegli uomini graditi a Dio” (Vita Methodii, II, 1). E aggiunge che “manifestava il timore di Dio, l’osservanza dei comandamenti, le preghiere assidue e la santità unite all’esercizio della continenza fisica, un’oratoria efficace e soave, austerità, affidabilità, misericordia, affetto, fortezza e pazienza” (Ivi, II, 1-3) Anche papa Adriano II nella lettera inviata ai principi Rastislav, Svatopluk e Korcel, lo definisce “come uomo pieno di maturità intellettuale e di retta fede” (Ivi, VIII, 11). Sono affermazioni autorevoli e ponderate, che ci commuovono e spingono a meditare per la nostra vita interiore e per i nostri impegni di ministero.

Mi piace, in questa solenne e significativa circostanza ripetere anche a voi ciò che dissi a Roma, ricordando il fulgido messaggio dei due apostoli: “L’ambito delle loro attività non si limitava al campo esclusivamente religioso, ma dalla fede in Dio tirarono le conseguenze efficaci per la vita quotidiana dei singoli, delle famiglie e di tutta la società, perché ogni settore, ogni passo di vita avesse in Dio la sorgente e il fine. Così costruirono le fondamenta di una nuova società, della nuova giustizia e pace. Non temevano di combattere e di soffrire per questi principi: in Dio trovavano il fine, l’appoggio e la forza. Quante accuse ingiuste, quante umiliazioni ha dovuto subire Metodio a causa della fedeltà alla missione che considerava come volontà di Dio e che eseguiva come l’ultimo messaggio del fratello morente” (cf. Giovanni Paolo II, Homilia ad Missam in Instituto Sanctorum Cyrilli et Methodii celebratam, 8 novembre 1981: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV/2 [1981] 593).

3. Scrive il biografo che San Metodio “in tutti i suoi viaggi andava incontro a molti rischi (suscitati) dal diavolo; predoni nei deserti, onde burrascose in mare, incidenti mortali nei corsi d’acqua” (Vita Methodii, XIV, 1). Ma in tutti questi avvenimenti egli, abbandonato ogni turbamento, poneva in Dio la propria preoccupazione (cf. Ivi, XV, 1), e così, attraverso contrasti e sofferenze, “condusse al termine la sua corsa, conservò la fede, attendendo il premio della giustizia” (Ivi, XVII, 1). Il giorno della morte fu ben gioioso per lui, che sentì le parole consolanti del divin Maestro: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto: prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25, 23).

La commemorazione che stiamo celebrando deve essere per voi, sacerdoti e religiosi della Cecoslovacchia, come pure per la Chiesa intera, motivo e stimolo per mantenere limpido l’ideale e fervorosa la vita di ministri del Vangelo, per il cui annunzio siete stati chiamati da Dio, come San Metodio.

a) Il primo insegnamento che proviene dall’apostolo della Moravia è il coraggio dell’accettazione della storia e dell’umiltà di fronte ai misteri della Provvidenza divina. San Metodio fu coinvolto e alla fine travolto dagli avvenimenti che egli mai avrebbe potuto prevedere, nei quali entravano forze politiche e sociali, ambizioni umane, avversioni di carattere religioso. Certamente ebbe sofferenze e amarezze indicibili; ma non si turbò e non cedette alla depressione e allo smarrimento. In effetti, non si riesce mai a comprendere pienamente il motivo degli avvenimenti che si susseguono sulla faccia della terra e che formano la storia dell’umanità: ma non è tanto questione di capire, bensì di amare. Soltanto nella luce trascendente della visione beatifica comprenderemo l’armonia della storia umana e delle singole esistenze. Ora è tempo di amare; è tempo di chiedersi continuamente: “Che cosa vuole l’Altissimo da me mediante questo avvenimento?”. Bisogna continuare intrepidi il cammino dell’evangelizzazione e della testimonianza, anche se le situazioni storiche del momento lo rendono arduo, difficile, talvolta amaro, però sempre meritorio. Infatti, come scriveva San Paolo, “noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8, 28). Gli uomini passano, gli avvenimenti cambiano, le epoche mutano e nessuno ci può separare dall’amore di Cristo e dall’amore che in Cristo portiamo a tutti i nostri fratelli.

Non bisogna cedere mai allo sconforto, convinti che attraverso gli avvenimenti della storia si realizza il progetto della Provvidenza. “Quando i cristiani di oggigiorno dicono la preghiera domenicale - scriveva il filosofo Jacques Maritain - essi desiderano, vogliono che il regno di Dio venga, insieme alla risurrezione dei morti, al di là della storia. Ed essi desiderano, vogliono - sulla terra, in questo mondo, nella storia - l’incessante marcia in avanti verso il regno di Dio. Il regno nel suo pieno compimento verrà soltanto dopo la fine del tempo: ma il cammino verso il regno, in ogni tappa della storia, è una cosa che può e deve realizzarsi sulla terra, in questo mondo, nella storia. E per questo cammino verso il regno i cristiani non devono solamente pregare, ma anche lavorare e sforzarsi instancabilmente” (Jacques Maritain, Per una filosofia della storia, cap. IV, VI, 9).

b) Il secondo insegnamento riguarda più propriamente la vostra personalità sacerdotale e religiosa. Come si ricava dalla sua biografia, San Metodio ebbe una completa formazione spirituale e culturale, in campo teologico, biblico, giuridico, che, unita alle sue virtù e al suo carattere affabile, rese efficace il suo apostolato. Non si farà mai abbastanza per la formazione del clero, specialmente nei nostri tempi, così evoluti ed esigenti. Con ansia profonda anch’io rivolgo al Padre la preghiera del divin Salvatore: “Consacrali nella verità! La tua parola è verità!” (Gv 17, 17). È impressionante notare quanto San Cirillo e Metodio si preoccupavano per la solida e illuminata educazione dei discepoli (Vita Cyrilli, XV, 1. 18. 19; XVIII, 6; Vita Methodii, V, 13; VI, 14). Il loro zelo infaticabile ed esemplare nasceva dalla profonda vita interiore, dal loro ideale di personale santificazione come mezzo di autentico apostolato, dal loro amore alla croce di Cristo, che li rendeva anche duttili a inventare e a cambiare metodo di lavoro, quando era necessario, e a sopportare con pazienza le avversità. Erano tempi difficili quelli di San Cirillo e Metodio! A tutti sono note le vicende dolorose intercorse tra papa Nicola I e il patriarca Fozio e le penose accuse di eresia che furono lanciate contro Metodio. Ma essi, forti del loro amore a Cristo e della loro fedeltà alla Chiesa, continuarono il loro cammino, senza recriminazioni e senza contestazioni. Il loro esempio ci illumina e ci conforta. La nostra forza morale sta nella “vocazione” e nella “missione”. È Dio infatti che ci ha scelti e ci ha mandati: “Non vi chiamo più servi - dice il Signore agli apostoli - ma amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre, l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutti e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 15-16).

Con il pensiero rivolto a San Metodio, dico anche a voi ciò che fin dai primi giorni del mio pontificato espressi al clero romano e che poi ho ribadito e sottolineato in vari modi, in tutti i luoghi in cui ho potuto recarmi in visita pastorale: “Dobbiamo amare dal più profondo dell’animo il nostro sacerdozio, come grande “sacramento sociale”. Dobbiamo amarlo come l’essenza della nostra vita e della nostra vocazione, come base della nostra identità cristiana e umana. Il sacerdozio sacramentale, il sacerdozio ministeriale esige una particolare fede, un particolare impegno di tutte le forze dell’animo e del corpo, esige una speciale consapevolezza della propria vocazione, come vocazione eccezionale. Ognuno di noi deve in ginocchio ringraziare Cristo per il dono di questa vocazione” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Clerum Urbis, 3, 9 novembre 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I [1978] 115-116).

c) Infine, San Metodio inculca e insegna il senso della responsabilità. “Vi farò pescatori di uomini!” (Mt 4,19), disse Gesù agli apostoli, delineando così per tutta la Chiesa e per tutti i sacerdoti l’impegno essenziale e costante. “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9, 16) esclamava San Paolo. “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? . . . Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5, 13).

Le parole programmatiche del divino Maestro furono per San Metodio e devono essere per voi e per tutti i ministri dell’Altissimo l’unica linea direttiva e devono creare e mantenere viva la coscienza della propria responsabilità. Il sacerdote deve essere la luce che illumina tutti gli abitanti del paese, della città, della nazione, del mondo; deve dare a tutti il significato della vita, il significato vero e positivo delle proprie scelte, nella prospettiva dell’eternità che ci attende.

Il senso di responsabilità esige la cosciente valorizzazione dell’unità dottrinale e disciplinare con la Chiesa voluta e fondata da Cristo, e cioè con il successore di Pietro e con i vescovi in comunione con lui. Per tale unità con Pietro, molto dovettero soffrire Cirillo e Metodio; e tuttavia, riconoscendo la suprema giurisdizione ecclesiastica del Vescovo di Roma, rimasero fedeli al Sommo Pontefice, garante della fede della Chiesa, cosicché papa Giovanni VIII poté scrivere al principe di Moravia Sviatopluk, riguardo all’ortodossia di Metodio: “Egli ha professato questa fede e ha dichiarato che canta e insegna secondo la dottrina evangelica e apostolica come la santa Chiesa romana insegna ed è trasmessa dai padri” (Giovanni VIII, Epistula Apostolica Industriae tuae, anno 880).

Egli conosceva bene le parole di Gesù nell’ultima cena: “Prego che siano tutti una cosa sola, come tu sei in me e io in te . . . affinché siano perfetti nell’unità” (Gv 17, 20-23).

4. Gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo, hanno bisogno di luce e di salvezza; e fra le tribolazioni delle vicende della storia e l’angoscia dei supremi interrogativi, è in costante ricerca della verità. La commemorazione della morte di San Metodio che celebriamo in questo secolo così drammatico, anche se così meraviglioso per le sue conquiste scientifiche e tecniche, sia per voi, sacerdoti, religiosi e religiose della Cecoslovacchia, uno stimolo e l’impegno della vostra santificazione per venire incontro all’uomo di oggi, che cerca, domanda, geme e attende con ansia la vostra opera di amore e di salvezza in nome di Cristo.

Fiducioso nella loro intercessione e nel loro esempio, con la lettera apostolica Egregiae virtutis (Giovanni Paolo II, Egregiae virtutis, 31 dicembre 1980), proclamavo San Cirillo e San Metodio compatroni dell’Europa, accanto a San Benedetto, e successivamente auspicavo di cuore per tutta l’Europa il ritorno alla considerazione e alla valutazione della dignità cristiana dell’uomo, come l’avevano insegnata e instaurata i grandi santi del primo millennio (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio, 21 marzo 1981: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV/1 [1981] 727 ss.). Le stesse riflessioni rivolgo oggi a voi, in questa circostanza tanto significativa: la vostra nazione, l’Europa, il mondo intero hanno bisogno di verità e di salvezza e si rivolgono alla Chiesa cattolica, ai sacerdoti e ai religiosi consacrati totalmente a Cristo e alle anime; hanno bisogno di certezze trascendenti e divine consolazioni. Non deludiamo nessuno.

La Vergine santissima, che voi venerate e amate con sentita devozione, vi illumini, vi ispiri, vi aiuti e vi conforti.

“Tu poi dall’alto, capo santo e venerabile, guarda con le tue preghiere noi che abbiamo desiderio di te, libera i tuoi discepoli da tutti i pericoli e diffondi la dottrina, contrastando le eresie, affinché vissuti qui “in modo degno della nostra vocazione” (Ef 4, 1), come tuo gregge veniamo a raggiungerti, alla destra di Cristo Dio nostro, ottenendo da lui la vita eterna. A lui infatti va la gloria e l’onore nei secoli dei secoli (Vita Methodii, XVII, 14).

Infine, come pegno del mio particolare affetto, imparto di cuore a tutti voi la benedizione apostolica, che estendo a tutti i fedeli della Cecoslovacchia.

Dal Vaticano, 19 marzo 1985, settimo di Pontificato.

GIOVANNI PAOLO II

 

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