DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
ALLE AUTORITÀ CIVILI
Venerdì, 12 marzo 1982
Le sono grato, signor Ministro, per le cordiali parole e per la sua presenza qui in qualità di Rappresentante del Governo Italiano, nella città del santo patrono d’Italia. Ugualmente sono riconoscente al signor Sindaco, per le gentili espressioni di benvenuto che mi ha rivolto quale interprete dei sentimenti di tutta la cittadinanza di Assisi, come pure ringrazio le Autorità della Regione Umbra, della Provincia di Perugia e della città di Assisi.
Ringrazio poi e cordialmente l’intera popolazione accorsa a darmi una così vibrante e festosa dimostrazione di affetto.
All’inizio del mio pontificato sono venuto in questa terra per rendere omaggio al patrono della cara Italia, che per me è diventata la seconda Patria. Vi sono ritornato oggi, in occasione dell’ottavo centenario della nascita di san Francesco, non soltanto per unirmi all’Episcopato italiano, qui venuto in pellegrinaggio, ma anche per incontrarmi con questa città e questa diocesi, per sottolineare l’importanza e l’attualità del messaggio partito da Assisi otto secoli or sono.
Da quando Francesco, figlio di Pietro Bernardone, abbandonò gli agi della casa paterna, il nome di Assisi è rimasto strettamente legato al suo, come un binomio inscindibile, e la città è diventata uno dei centri più frequentati e suggestivi di richiamo spirituale, non solo per l’Italia, ma per la Chiesa intera.
Chi non conosce, nel mondo, il nome di san Francesco? Chi non ha sentito parlare di Assisi? Qui vengono folle continue, in tutte le stagioni, da ogni continente, e ad ogni angolo del mondo ritornano portando nel cuore il fascino accresciuto del Poverello e della sua terra. La ragione di questo fascino singolare non sta soltanto nella bellezza intatta della natura, nell’esempio di un uomo che si spoglia di tutto per sposare “Madonna Povertà”, ma soprattutto nel modello di vita che ci offre, consistente nello sforzo di imitare in tutto e “senza glossa” il Figlio di Dio venuto in terra per noi. E questo influsso di Francesco è tuttora immenso, perché costituisce uno stimolo - come scrisse lo stesso Francesco nel suo “Testamento” - a vivere “secondo la forma del santo Vangelo”.
Ottocento anni fa è partito da Assisi il messaggio della “perfetta letizia”, che è un messaggio di amore e di pace per tutti. Messaggio che ha la sua forza nella premessa di vivere prima che di predicare, di incarnare concretamente in se stessi l’ideale della vita cristiana.
Questo messaggio di amore e di pace riparte oggi, ancora una volta, dopo otto secoli, a tutto il mondo sconvolto dall’odio, dalle lotte, dalla violenza, dai pericoli di guerre, per ricordare che se vogliamo veramente la pace dobbiamo vivere secondo “la forma del santo Vangelo”.
Sono tornato qui, a distanza di poco più di tre anni dal mio primo pellegrinaggio, per invitare tutti ad andare avanti con impegno e con fiducia sulla via dell’amore evangelico; per pregare il santo di Assisi ad interporre la sua intercessione a favore dell’Italia, della Chiesa, del mondo; per invocare la divina assistenza sui lavori dell’Episcopato italiano. E la mia benedizione vuole essere segno e auspicio della continua assistenza divina.
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