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VISITA PASTORALE NEL BELICE E A PALERMO

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I DOCENTI NELL'UNIVERSITÀ DI PALERMO

Sabato, 20 novembre 1982

 

Illustrissimo Rettore Magnifico!
chiarissimi Professori!

1. Vengo a voi con viva gioia, perché l’incontro col mondo della cultura, che voi qui rappresentate, è per me assai significativo e molto promettente. Nel porgervi il mio saluto, vi esprimo la mia stima e vi ringrazio per il dialogo che avete voluto instaurare oggi con me. Estendo altresì il mio saluto e le mie espressioni di stima alle insigni Università delle due altre grandi città siciliane, Catania e Messina, per il tramite degli illustri Professori che qui le rappresentano.

Questo momento di attenzione che adesso dedicate al Papa, accogliendolo nel luogo stesso del vostro nobile esercizio intellettuale, è indice di un laicato sano, aperto al rispetto delle diversità culturali ed ideologiche. È una caratteristica, questa, che ha radici anzitutto nella storia della vostra istituzione. Nel lontano 1550 un provvedimento civico, affidando ai padri gesuiti l’istruzione superiore della gioventù palermitana, gettava come un ponte tra due grandi epoche della vostra plurisecolare cultura: quella, da un lato, che da Empedocle e Archimede va alle fiorenti scuole, le quali dal tempo di Ruggero II a quello di Federico II hanno assegnato alla Sicilia un ruolo di avanguardia nella civiltà del Mediterraneo; e, dall’altro, l’epoca che fu distinta da un’alta organizzazione di studi: avviata nel 1779 con la creazione della Real Accademia degli studi di Palermo; consolidata poi con la conversione dell’Accademia in Regia Università nel 1805, ed oggi degnamente sviluppata, pur fra mille problemi connessi con l’incremento della popolazione studentesca, dall’istituzione che voi, in questo momento, autorevolmente rappresentate.

Ma la vostra Università è anche espressione di quella Sicilia in cui le civiltà più diverse si sono incontrate, fuse, e infine espresse in nuove forme creative.

Voi certamente saprete conservare e incrementare questi valori, che anche in tempi più recenti sono stati interpretati in maniera tanto geniale da figure insigni, come quella di Luigi Sturzo, infaticabile promotore del messaggio sociale cristiano ed appassionato difensore delle libertà civili.

2. Ma quale è il senso della presenza del Papa in questo qualificato consesso?

Cari Signori, so bene che la realtà di Cristo ci supera, che essa non ha facilità di accesso nel pensiero dei non credenti. Ma oso anche dire che tutti oggi potremmo fermarci pensosi dinanzi alla figura di Gesù, se alcuni cristiani talora non avessero contraffatto il suo vero volto.

Perciò vi prego: come uomini di cultura, liberate Cristo da tutte le incrostazioni, le strumentalizzazioni, le appropriazioni indebite. Operate in tal senso: solo questo Cristo rivelato nella giusta luce ha diritto di farsi cercare da ogni uomo di buona volontà.

Sono profondamente consapevole che è primario dovere della Chiesa e dei credenti restituire a tutta l’umanità la vera immagine del Cristo. Illustri Professori, voi capite bene che una tale operazione di fede e di testimonianza si rapporta intimamente a quella cultura in movimento, di cui vi fate carico. La vostra diuturna fatica di ricerca vi fa intendere che nella storia non si è mai al termine. Con la stessa professione di docenti universitari, voi stabilite di fatto le condizioni perché la conoscenza viva del Cristo si rinnovi intimamente e di continuo. La riflessione teologica è pronta ad accogliere il vostro contributo di scienza.

Per questo motivo, Palermo, città universitaria, non poteva mancare di un luogo in cui anche la scienza teologica fosse degnamente coltivata ed insegnata: è con questa consapevolezza che l’anno scorso ho voluto elevare al rango accademico di diritto pontificio l’Istituto teologico “San Giovanni Evangelista”, già esistente in questo capoluogo, ad incoraggiamento di una seria tradizione di studi teologici. Ciò rende più vivo il mio interesse per la multiforme e qualificata attività del vostro Ateneo.

3. La stessa cultura umanistica elabora elementi congeniali al pensiero cristiano. Tale è, per esempio, la coerente concezione dell’Universo, che, nell’ordine razionale, è premessa stimolante al mistero di Cristo, alfa ed omega del creato. Tale è pure la ricerca orientata a formare la scala dei valori; infatti soltanto confrontandoci con questi valori possiamo percepire la dimensione etica dell’impegno cristiano.

Ma la vostra cultura accademica ha assunto nell’età moderna una dimensione specifica, che è quella della scienza. Ora, se è vero che la fede trascende questa dimensione, è anche vero che ogni cammino verso Cristo è profondamente segnato dalla fatica, e dall’interesse che l’uomo porta per le complesse questioni riguardanti la sua individualità, la società e la storia, la natura. Sono domande che richiedono risposte rigorose: talora ancora lontane dalla certezza, ma sempre stimolanti all’approfondimento: e chi mai può fornire un tale genere di risposte se non l’uomo di scienza? Egli, in tal modo, sostiene, purifica e disincanta l’approccio al mistero di Cristo: giacché non si tratta di spiegare il soprannaturale con le risorse della ragione, bensì di prendere sempre maggiore consapevolezza delle condizioni storiche, sociali e culturali, in cui si è attuata la rivelazione di Cristo ed oggi si attua la risposta cristiana. Non ha forse Cristo stesso sollecitato questo tipo di verifica? “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” (Mt 16, 13), domanda Gesù agli apostoli, affinché dal confronto con le opinioni, rifulga la libertà suprema dell’adesione a lui. Questa libertà la conoscete anche voi, perché so quanto grande sia il numero dei docenti di questo Ateneo che con franchezza professano la fede cristiana.

4. Ma possedete ancora un altro potere, cari docenti universitari: quello che promana dalla forza delle idee e che è richiesto oggi più che mai come antidoto ai mali profondi, fra cui specialmente quelli connessi al fenomeno mafioso, che preoccupano l’odierna società. Sì, è vero che con le misure repressive potranno essere frenate alcune manifestazioni di violenza; ma il pieno superamento di queste manifestazioni preoccupanti del vivere sociale non si avrà che mediante una paziente opera di formazione delle coscienze. E chi più di voi, cui è affidato il delicato ed impegnativo spazio della cultura, può incidere sull’insieme delle idee, sui comportamenti, sul patrimonio di valori da trasmettere, sugli orientamenti di fondo di coloro che saranno i responsabili animatori della società di domani?

A voi inoltre, come membri dell’Istituzione a cui la comunità demanda il compito della ricerca in ogni campo del sapere, spetta il dovere di mantenervi in costante sintonia con le esigenze emergenti dalle realtà locali, nel tentativo di fornire ai bisogni che via via si manifestano soluzioni scientifiche adeguate. A questo proposito ho saputo con piacere che non è mancato da parte vostra un contributo qualificato alla soluzione degli annosi problemi di questa Terra, da quelli riguardanti l’agricoltura a quelli relativi al risanamento del centro storico. Ma certamente molto ancora c’è da fare perché l’Università incida nell’impostazione delle scelte sociali, proponga nuove iniziative per l’occupazione, eserciti una critica costruttiva verso le forze responsabili del bene comune, educhi, in una parola, alla democrazia.

Tutto questo non può lasciare indifferente il Papa che ora vi parla, trattandosi di condizioni indispensabili affinché l’uomo si sviluppi e maturi in pienezza nella vera libertà.

5. Un’ultima considerazione, e non la meno importante, vorrei ora sottoporvi, signori Professori: me la suggerisce la presenza di un folto gruppo di studenti che rappresentano i loro colleghi. Essi sono i protagonisti dell’Università: se è vero, infatti, che la costruzione del futuro fa parte integrante, non solo del vostro impegno etico, ma anche del processo stesso di ricerca, allora il polo che dirige ed orienta l’intera vostra attività accademica è costituito dalla frequentazione concreta e quotidiana degli studenti. In essi voi certamente vedete l’avvenire: lo interrogate, lo prevedete, lo interpretate e vi confrontate in esso. Ma quale disponibilità, quale attenzione, soprattutto quale rispetto sono necessari nei confronti di questi giovani, perché il vostro insegnamento sia una risposta adeguata!

Tale sarà il valore dei giovani, quale è il valore dei maestri. A condizione, s’intende, che i giovani corrispondano. Anzi, la dimensione del dialogo esige l’incontro delle volontà e delle iniziative.

Ho appreso con vera soddisfazione che gli studenti dell’Ateneo palermitano danno segni di autentica vitalità: questa si esprime nella partecipazione, nelle proposte costruttive e nel senso critico di fronte ai controvalori della cultura. Dico a questi studenti: - siate degni di questo momento cruciale della storia! Sappiate incontrarvi ed amarvi al di sopra delle ideologie che dividono! Se voi, che siete giovani, non vi comportate così, chi potrà mai farlo con altrettanta spontaneità? - E voi, carissimi Professori, aiutateli a capire che, così agendo, essi non tradiscono la propria fede, ma la mettono realmente al servizio della giustizia, che è fondata sulla pace. Da parte mia, vorrei gridare questa verità ai giovani di fede cristiana: Cristo vi porti incontro ai vostri compagni. So che già fate questa esperienza, senza perdere la vostra profonda identità. Rafforzatela dunque con generosità nello spirito delle beatitudini, testimoniatela nel rispetto più grande per la dignità dell’uomo!

6. È questo l’auspicio che rivolgo all’intera comunità di questo Ateneo: quanti collaborate, a diverso titolo, al buon funzionamento di questa Università, tutti siate mossi da un consapevole interessamento al fine di creare le condizioni favorevoli per una crescita autentica di ogni uomo e donna che qui si preparano alla vita.

Su questo vostro nobile impegno, sulle vostre fatiche, sui vostri progressi scientifici e su tutte le persone invoco di cuore la benedizione ed il conforto di Dio.



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