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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI STATUNITENSI

IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 15 aprile 1983

 

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo,

1. È una grande gioia per me darvi il benvenuto quale primo gruppo di Vescovi americani che compiono la loro visita “ad limina” in questo Anno Santo della Redenzione. Desidero dirvi immediatamente quanto io mi senta vicino ai fedeli della regione di New York e dell’Ordinariato militare e a tutti i fedeli degli Stati Uniti che sono molto presenti nel mio pensiero e nella mia preghiera. Ma desidero sottolineare soprattutto la mia unione spirituale con voi, miei fratelli Vescovi. Sono certo che tutti voi come me traete forza dal nostro incontro odierno, perché, nella potenza dello Spirito Santo, stiamo attuando la collegialità episcopale della Chiesa. È giusto inoltre che voi sappiate che non lavorate e faticate da soli. Voi siete sostenuti dal successore di Pietro e dall’intero Collegio dei Vescovi,

2. Oggi desidero riflettere con voi sulla nostra comune missione di Vescovi: proclamare Gesù Cristo, Redentore e Riconciliatore della umanità. Desidero fare questo entro il duplice contesto dell’Anno Santo della Redenzione e il prossimo Sinodo dei Vescovi che ha questo tema: “Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa”. Nella mia Lettera del 25 gennaio scorso (n. 2) ai Vescovi della Chiesa, ho cercato di puntualizzare come questi due avvenimenti sono intimamente legati fra di loro: “La riconciliazione - ho scritto - non è nient’altro che la Redenzione che il Padre ha offerto ad ogni persona nella morte e Risurrezione di suo Figlio, e che continua ancor oggi ad offrire ad ogni peccatore, aspettando, come il padre nella parabola del figlio prodigo, il pentimento e il ritorno di suo figlio mediante la conversione” (Giovanni Paolo II, Epistula ad totius mundi Episcopos occasione oblata praesentationis “Instrumenti Laboris” pro VI Sessione Generali Synodi Episcoporum preparati, 2, 25 gennaio 1983).

Il Sinodo, unito all’Anno Santo, ricercherà vie per una più effettiva proclamazione della Riconciliazione della Redenzione e trarrà dai fedeli una risposta di conversione e penitenza alla chiamata di Dio; e possiamo essere certi che il Sinodo porterà un immenso approfondimento al suo compito collegiale. Ma già in quanto Vescovi abbiamo il compito di proclamare ogni giorno la riconciliazione secondo il ricco patrimonio apostolico della Chiesa. Il nostro è veramente, secondo l’espressione di san Paolo, “il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18).

3. Ed oggi vorrei proporre alla vostra considerazione questo ministero di riconciliazione in tutte le sue implicazioni. Siamo veramente chiamati a proclamare la riconciliazione dell’umanità con Dio. Questo significa ravvivare il senso di Dio, della sua parola, dei suoi comandamenti, del bisogno di accettare la sua volontà quale reale criterio per l’azione umana. Proclamare la riconciliazione significa ravvivare il senso del peccato tra il nostro popolo; questo a sua volta può condurci a riconoscere le radici della responsabilità umana nei vari campi dei mali economici, sociali, storici, culturali e politici. Quando l’uomo capisce la sua alienazione da Dio, può cominciare a percepire come egli sia in opposizione coi suoi fratelli e sorelle e con il creato stesso. La proclamazione può allora divenire un’efficace richiamo alla pace. Proclamare la riconciliazione significa insistere sulla grandezza della persona di Dio e sul suo amore misericordioso. Offrire la risposta della Redenzione al mondo reso conscio del peccato è proclamare la rivelazione della misericordia e il messaggio di speranza che è in “Cristo Gesù nostra speranza” (1 Tm 1, 1).

4. Proclamare la riconciliazione significa, in modo particolare, promuovere il Sacramento della penitenza. Significa sottolineare l’importanza del Sacramento nel suo essere legato alla conversione, alla crescita cristiana, all’autentico rinnovamento della società che non può essere risanata senza il perdono dei peccati.

È nostro compito di Vescovi indicare che sia il peccato originale che il peccato personale sono alla base dei mali che affliggono la società e che c’è un conflitto costante tra bene e male, tra Cristo e Satana. È salutare per il nostro popolo rendersi conto che esso è impegnato nella continuazione del conflitto Pasquale - “Mors et vita duello conflixere mirando” - ma che è fortificato dalla forza del Cristo Risorto. Solo quando i fedeli riconoscono il peccato nella loro vita sono pronti a capire la riconciliazione e ad aprire i loro cuori alla penitenza e alla conversione personale. Solo allora essi sono in grado di contribuire al rinnovamento della società, dal momento che la conversione personale è anche l’unica via che conduce al duraturo rinnovamento della società. Questa conversione personale, per precetto divino, è intimamente connessa al Sacramento della Penitenza.

Proprio questo mese, cinque anni fa, Paolo VI parlava ai Vescovi di New York durante la loro più recente visita “ad limina”. Con insistenza profetica egli sottolineò sia l’importanza della conversione che la sua relazione con il Sacramento della Penitenza. Quella volta egli affermò: “La conversione costituisce il fine da raggiungere mediante il nostro ministero apostolico: risvegliare una consapevolezza del peccato nella sua perenne e tragica realtà, una consapevolezza delle sue dimensioni personali e sociali, insieme alla coscienza che «laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia»” (Rm 5, 20). La sua sollecitudine per la conversione e i suoi vari aspetti sacramentali è oggi la mia. Le sue parole conservano la loro integrale rilevanza per la Chiesa negli Stati Uniti e in tutto il mondo, e io le propongo ancora una volta al vostro zelo e responsabilità pastorali.

In particolare egli chiedeva che i sacerdoti fossero incoraggiati dai Vescovi a dare particolare priorità al ministero dei Sacramento della Penitenza. Egli scrisse: “Se i sacerdoti capiscono profondamente quanto strettamente essi collaborano, mediante il Sacramento della Penitenza, con il Salvatore nell’opera di conversione, essi si daranno, con zelo ancor più grande, a questo ministero, più confessori saranno prontamente disponibili ai fedeli. Può essere che altre opere per mancanza di tempo, debbano venir rimandate o perfino abbandonate, ma non il confessionale”. Il nostro ministero di sacerdoti e di Vescovi certamente implica che noi siamo richiamati ad andare in cerca di coloro che hanno peccato, così da invitarli a ritornare alla pienezza dell’amore del Padre. Così facendo, eleviamo la speranza e proclamiamo la misericordia. Insieme ai nostri sacerdoti, concentriamo l’attenzione dei fedeli sulla persona di Gesù Cristo il Redentore, che perdona personalmente e riconcilia ogni individuo. Per la gloria del Padre incoraggiamo il nostro popolo a capire la grande verità che “il sangue di Gesù, suo Figlio ci purifica da ogni peccato” (1 Gv 1, 7). Sì, cari fratelli, diamo sempre più rilievo all’immenso valore di un incontro personale con il Dio di misericordia mediante la confessione individuale. Eleviamo, insieme al nostro popolo, un inno di lode al “sangue di Cristo, il quale con uno spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio” (Eb 9, 14).

5. Parlando al gruppo di Vescovi di New York, Paolo VI trattò anche del problema dell’assoluzione generale e della sua adeguata applicazione. L’esperienza della Chiesa universale conferma la necessità da parte di tutti i Vescovi di una ulteriore vigilanza pastorale. Il nuovo Codice di Diritto Canonico pone in rilievo ancora il carattere eccezionale di questa pratica, ribadendo l’applicazione dell’assoluzione generale solamente in ragione di numerosi penitenti radunati per una grande celebrazione o pellegrinaggio: “ratione solius magni concursus paenitentium, qualis haberi potest in magna aliqua festivitate aut peregrinatione” (Codex Iuris Canonici, can. 961 § 1,2°).

Vorrei fare ancora una volta appello alla vostra zelante sollecitudine pastorale e collegiale per contribuire ad assicurare che queste norme, così come le norme che regolano la prima Confessione dei bambini, siano capite e adeguatamente applicate. I tesori dell’amore di Cristo nel Sacramento della Penitenza sono così grandi che anche i bambini debbono esservi iniziati. Il paziente sforzo di genitori, insegnanti e sacerdoti necessario a preparare i bambini a questo Sacramento è di grande valore per la Chiesa tutta.

6. In questo Anno Santo della Redenzione vorrei chiedervi di sviluppare un intero programma pastorale intorno a Sacramento della Penitenza. Esso includerà un rinnovato sforzo per la catechesi, così che il Sacramento possa divenire una parte dinamica delle vite dei giovani e degli adulti allo stesso modo. Frequenti celebrazioni penitenziali che includono la Confessione e l’assoluzione individuale dei peccati saranno un grande aiuto per i fedeli a capire meglio le realtà del peccato e della grazia, e nel loro fare esperienza della grande gioia della conoscenza di Cristo in un incontro d’amore, misericordia e perdono. La disponibilità di confessori, messa in rilievo e pubblicizzata in vari modi, come ad esempio mediante i bollettini parrocchiali, può dare grande impulso ai fedeli ad accostarsi alla Confessione, dal momento che la grazia di Dio ha già risvegliato un desiderio o una necessità per il Sacramento nel cuore di molti. Qualcosa di totalmente consonante col nostro ministero sacerdotale e apostolico è per noi l’invitare ripetutamente i fedeli alla riconciliazione con Dio e con la comunità ecclesiale. In quanto pastori, dobbiamo essere umilmente consci della nostra debolezza e dei nostri peccati, e tuttavia, nel piano misericordioso di Dio, ci è stato dato il carisma e l’obbligo di richiamare i fedeli al pentimento e alla conversione, e di condurli su questa strada.

Come ho accennato nell’Ordo Paenitentiae, la celebrazione del Sacramento della Penitenza è sempre permessa in ogni periodo e in ogni giorno (cf. Ordo Paenitentiae, 12). Tuttavia è particolarmente appropriata durante la Quaresima, in modo da preparare i fedeli ad una adeguata celebrazione del Mistero Pasquale, la cui grazia è così efficacemente presentata loro durante la liturgia del Sacro Triduo. I fedeli devono certamente essere incoraggiati a confessare i loro peccati prima di questi ultimi giorni della Settimana Santa come preparazione spirituale ad essi; nello stesso tempo ciò aiuterà a diminuire una pesante pressione sui confessori. Nondimeno, vorrei chiedere ai Vescovi di sollecitare i loro sacerdoti a fare tutto il possibile nella loro generosità e zelo pastorale per rendere possibili le Confessioni anche durante gli ultimi giorni della Settimana Santa. Ci saranno inevitabilmente persone che, nonostante tutto, avranno bisogno di questa opportunità di grazia. Questo generoso sacrificio da parte dei sacerdoti permetterà loro di partecipare ancora più profondamente al Mistero Pasquale e saranno ampiamente ricompensate da Cristo.

L’Anno Santo è anche un tempo eccellente per aiutare il nostro popolo a riflettere sul ricco contenuto del Padre nostro quale preghiera di riconciliazione: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Per grazia di Dio e mediante il nostro ministero apostolico possa l’Anno Santo trovare la Chiesa come una comunità riconciliante e riconciliata, attenta alla parola di Dio quale criterio a cui l’intero “ministero della riconciliazione è applicato.

7. Nell’adempiere al nostro ministero di riconciliazione guardiamo sempre ad entrambi gli aspetti del ritorno della persona a Dio: l’azione riconciliante di Dio e la risposta dell’individuo attraverso la penitenza e la conversione implicano grande sforzo, e sono a volte estremamente dolorosi. Non c’è dubbio che la parola di Dio è esigente e talvolta l’essere umano è confuso nelle situazioni concrete che richiedono molto più dello sforzo umano e che esigono un’umile e perseverante preghiera. E tuttavia come pastori non dobbiamo sottovalutare l’illimitato potere della grazia di Cristo, né possiamo tentare di alterare le esigenze del Vangelo. Siamo responsabili verso Gesù Cristo il Buon Pastore dell’esercizio della vera compassione pastorale, e non dobbiamo essere sorpresi se il mondo uguaglia falsamente la fedeltà all’eterna parola di Dio con l’insensibilità per la debolezza. Al contrario, la Redenzione tocca i cuori precisamente mediante la rivelazione della parola di Dio. Quello che dobbiamo fare è dare esempio profetico di riconciliazione, conversione e penitenza nelle nostre vite, proclamando con la parola e l’esempio che Gesù Cristo è l’unico Redentore e Riconciliatore dell’umanità.

Percorriamo insieme, cari fratelli, questo cammino, uniti a Maria la Madre di Gesù e uniti tra di noi e con l’Episcopato mondiale. In questo grande legame di collegialità tra tutti i Vescovi e il successore di Pietro vi è la forza necessaria per le vostre iniziative pastorali e l’importante garanzia della loro soprannaturale efficacia. Nel ministero di riconciliazione, nell’amministrazione del mistero della Redenzione mediante il Sacramento della Penitenza, l’efficacia sovrannaturale è di suprema importanza. Siate convinti, cari fratelli, che se camminiamo insieme, il Signore Gesù Cristo si rivelerà a noi; egli ci convertirà sempre più al suo amore; egli si servirà di noi come servi pastori per portare ai mondo la sua Redenzione.

 

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