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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A GRUPPI DI PELLEGRINI DI DIVERSE NAZIONI

Lunedì, 30 aprile 1984

 

A voi, venerati fratelli nell’episcopato, a voi, cari sacerdoti, a voi tutti membri del popolo di Dio, convenuti stamani in quest’aula, giunga il mio saluto affettuoso e grato!

1. Rivolgo innanzitutto la mia parola ai partecipanti al Convegno di pastorale familiare organizzato dalla Commissione-Famiglia della Conferenza episcopale italiana, che ho il piacere di accogliere stamane in un incontro, da cui il mio animo trae particolare motivo di gioia.

Il tema scelto, “Famiglia e vita di fede”, è della più grande importanza e attualità e costituisce un eccellente modo di penetrare nell’intenzione profonda dell’Anno Santo da poco concluso. Infatti, nulla può preparare meglio l’avvento del terzo millennio che la formazione di numerose famiglie nella loro fede. L’adesione a Cristo di quanti vivranno allora è in gestazione già oggi nel seno delle famiglie cristiane.

2. La famiglia cristiana, come “piccola Chiesa”, è chiamata a generare la fede nei suoi membri e a trasmetterla efficacemente di generazione in generazione. Per raggiungere questo scopo si fonda sulla vocazione che il Creatore “dall’inizio le ha affidato e sulla grazia sacramentale, con cui Cristo, il Redentore, l’ha arricchita per renderla capace di compiere la fondamentale missione assegnatale a servizio dell’uomo, della società e della Chiesa” (cf. Ioannis Pauli PP. II, Familiaris Consortio, 13).

La trasmissione della fede è un compito legato essenzialmente alla vocazione del matrimonio cristiano, essendo ogni matrimonio per sua costituzione orientato alla generazione ed educazione della prole. L’educazione è, in certo qual modo, la continuazione normale e necessaria della generazione della vita. È per questo che i genitori sono, per diritto e per dovere, i “primi e principali educatori dei propri figli” (Gravissimum Educationis, 3; Ioannis Pauli PP. II, Familiaris Consortio, 36; Carta dei diritti della famiglia, art. 5). L’educazione, che è un processo graduale, con diverse tappe in armonia con la crescita della persona, include non solo gli elementi intellettuali, ma anche la coltivazione delle attitudini morali e dei valori spirituali che costituiscono la realtà più nobile e profonda dell’essere umano. Include, pertanto, in modo specialissimo, quando i genitori sono credenti, la trasmissione e l’educazione della fede, la dimensione religiosa della persona che la pone in contatto con Dio stesso, origine, fondamento e fine di tutta la sua vita, e con Gesù Cristo, salvatore e redentore. Non c’è bene più grande che i genitori possano trasmettere ai propri figli di quello di una fede profonda.

Per le peculiari caratteristiche della fede - che in definitiva è sempre un dono di Dio - il dovere dei genitori circa la sua trasmissione si basa essenzialmente sulla forza della loro testimonianza nell’ambito della famiglia. Sarà compito primario della pastorale della famiglia aiutare i genitori ad approfondire la loro fede in modo che essa giunga a permeare le diverse espressioni della vita familiare.

3. Bisogna aiutare gli sposi a scoprire, negli avvenimenti della vita coniugale e familiare, la presenza e l’azione di Dio, il quale incessantemente ama ed educa i suoi figli. Bisogna aiutarli a maturare la loro fede per riuscire a vedere nella gioia di un incontro, nel dolore di una malattia, nella riuscita e nel fallimento di un’attività, nel lavoro, nella solidarietà familiare, in tutti i momenti grandi e piccoli della vita, altrettante occasioni per adorare il Dio dell’alleanza, per corrispondere al suo amore e vivere una familiarità filiale e sponsale con lui, in modo che si realizzi sempre più l’unità tra fede e vita.

Lavorate intensamente per il bene delle famiglie! Aiutatele nel miglior modo possibile a fortificare la loro fede e a trasmetterla efficacemente ai figli.

Vi affido alla protezione di Maria santissima, madre ed educatrice e vi imparto di cuore la mia benedizione.

Ai membri dell’“Hospitalité Notre-Dame” di Lourdes con i rappresentanti dell’UNITALSI

Cari amici dell’“Hospitalité” di Lourdes,

sono felice di ricevervi qui, insieme ai rappresentanti dell’Unitalsi. La vostra venuta risveglia in me il ricordo del nostro incontro a Lourdes con i malati, avvenuto l’anno scorso. Voi rendete loro possibile l’esperienza del pellegrinaggio; voi li accogliete nel luogo ove la Vergine non cessa di richiamare alla preghiera, alla penitenza, alla vita fraterna della Chiesa.

Responsabili e consiglieri, voi rappresentate le migliaia di uomini e di donne che ascoltano l’appello del Signore di servire i poveri. Vorrei incoraggiarvi tutti nell’attività che svolgete, tanto a Lourdes che nelle vostre diocesi.

Voi sottolineate spesso che l’impegno preso nell’“Hospitalité” costituisce la risposta a una chiamata. È un modo di farsi discepoli di Cristo: con lui vi fate servitori dei vostri fratelli, negli umili servizi che permettono al malato di affrontare il cambiamento di ambiente o nell’animazione spirituale dei raduni. Voi contribuite inoltre a tutta la vita dei santuari.

In questo voi siete testimoni di ciò che i più provati tra di noi vivono. L’anno scorso una malata, a nome di tutti gli altri, mi diceva: “Siamo qui con le nostre sofferenze, fisiche e morali, con i nostri limiti, lo sconforto, la stanchezza, le nostre incertezze, le nostre paure e anche tutte le nostre speranze”. Prestate dunque ascolto a tutte le sofferenze, e sappiate scoprire la speranza, aiutatela a nascere, aiutate più che potete a riceverne il dono. Con la vostra presenza, spesso discreta, siate i buoni samaritani, umili testimoni del Vangelo della sofferenza. E siate coloro che riconoscono il Cristo, che si identifica con questi piccoli che sono suoi fratelli (cf. Mt 25, 40)! Siate i testimoni della tenerezza materna di Maria, che a Lourdes è tanto profondamente sentita!

La invochiamo secondo le parole del vostro atto di consacrazione: “Sia benedetta la santa e immacolata Concezione della beata Maria, Madre di Dio”! Che ella vi aiuti ad attingere alla sorgente della preghiera e della parola di Dio lo spirito della vostra associazione, vitale e generosa! E di tutto cuore vi imparto la mia benedizione apostolica.

Ai responsabili del “Rinnovamento Carismatico Cattolico”

Cari fratelli e sorelle,

vi do il benvenuto a Roma, nella gioia del Cristo risorto. Il vostro incontro a Roma, al centro della Chiesa, avviene nel momento in cui essa sta rendendo grazie al Padre del nostro Signore Gesù Cristo per il sacrificio del Figlio suo e per l’azione dello Spirito Santo che la riempie di nuova vita.

Come ho detto nel mio messaggio pasquale, la Porta santa dell’Anno Giubilare della Redenzione ora è stata chiusa ma noi dobbiamo continuare a ricordare che a Pasqua la porta della tomba di Cristo è stata aperta una volta per sempre. Egli che è la risurrezione e la vita non conosce porte chiuse perché ha vinto il peccato e la morte. Tuttavia, a causa della libertà umana, molte porte non gli si aprono. E per questa ragione chiedo a voi, e a tutti i membri di “Rinnovamento carismatico”, di continuare a gridare forte al mondo con me: Aprite le porte al Redentore!

La missione della Chiesa è di proclamare Cristo al mondo. E voi partecipate efficacemente a questa missione nella misura in cui i vostri gruppi e le vostre comunità sono radicati nelle Chiese locali, nelle vostre diocesi e parrocchie.

2. L’Anno Giubilare della Redenzione ci ha riportati alla sorgente, al “cuore della Chiesa”, l’unica sorgente che può nutrire la vita cristiana. Ha dato la possibilità al popolo di Dio in tutto il mondo di riscoprire l’importanza dei sacramenti, soprattutto i sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Essendo attuazione piena della parola di Dio, essi sono i doni più preziosi che egli ci ha dato nel Figlio suo, il nostro Signore Gesù Cristo.

Sono particolarmente lieto che voi stiate concentrando la vostra riflessione sui sacramenti. Ciò è di grandissimo significato, perché tutti i vostri sforzi spirituali devono essere diretti a un incontro personale di ogni individuo col Signore, nella comunità della Chiesa, che attraverso la potenza dello Spirito Santo è essa stessa il grande sacramento della salvezza.

3. La reale apertura allo Spirito Santo, che vivifica e guida la Chiesa, vi aiuta a vivere in unione col Signore Gesù. Essa è la vostra forza e il vostro speciale tesoro e voi vi sforzate di esercitarla in diversi modi. Ma questo dono di Dio è anche un tesoro fragile, di cui dovete avere particolare cura. È per questa ragione che il vostro incontro internazionale al centro della Chiesa, in un tempo così fortemente segnato dal Giubileo della Redenzione, può essere di decisiva importanza per tutto il Rinnovamento carismatico cattolico.

Vorrei interpretare la vostra presenza qui e la scelta dei temi per le vostre discussioni, come decisione di ritornare alla sorgente: per centrare tutte le vostre vite nell’incontro col Redentore nei suoi sacramenti. È precisamente l’apertura del cuore umano alla grazia sacramentale che Dio vi offre nella Chiesa che vi dà la possibilità di incontrare Cristo in modo reale e duraturo, per rispondere al suo comando d’amore: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15, 9).

4. Ho menzionato il fatto che voi siete radicati nelle vostre Chiese locali. E la Chiesa stessa come realtà sacramentale comunica la grazia dei sacramenti attraverso il ministero dei sacerdoti nelle Chiese locali. È al cuore sacramentale della Chiesa, è al cuore sacramentale delle vostre Chiese locali che la vostra vita di cristiani battezzati e confermati può essere incessantemente rinnovata, quella vita che nella potenza dello Spirito vi rende testimoni di Cristo redentore.

Presto celebreremo la Pentecoste. Tra gli apostoli c’è Maria, colei che ha accolto il più grande dono dello Spirito Santo: la vita di Gesù. Possa ella, che è diventata la Madre della Chiesa, essere in modo particolare anche la vostra madre e il modello del rinnovamento nella Chiesa. Affidiamo a lei la nostra vita, il nostro impegno e il nostro desiderio di crescere nell’amore di Gesù Cristo e nella fedeltà alla sua santa Chiesa.

A un gruppo di studenti del Pontificio Collegio Americano del Nord

Rivolgo un cordiale saluto agli studenti del Collegio nord-americano che saranno ordinati diaconi questa settimana, e alle loro famiglie e amici che sono venuti a Roma per questa felice occasione. Cari giovani, l’ordinazione al diaconato è una speciale chiamata a servire Dio e il suo popolo. Ma è anche un invito unico a crescere più profondamente in santità. Siate uomini di preghiera. E possa il Signore che ha cominciato questa buona opera portarla a compimento.

Ad un folto pellegrinaggio di lavoratori spagnoli emigrati in diversi Paesi europei

Cari fratelli e sorelle,

con vero piacere ricevo oggi il vostro numeroso gruppo, che comprende emigranti spagnoli residenti in diversi paesi d’Europa, particolarmente in Belgio, Francia, Germania Federale, Inghilterra, Olanda e Svizzera.

Sono lieto inoltre che vi accompagnino trenta sacerdoti, che hanno l’incarico stabile della vostra assistenza religiosa. Inoltre, per questo incontro romano contate anche della presenza qualificata che voi, i vostri cappellani e io stesso stimiamo tanto profondamente di una rappresentanza dei vescovi di Spagna che, attraverso la Commissione episcopale delle migrazioni, seguono la problematica della vostra specifica condizione di vita.

Questa vicinanza a voi, cari emigranti, dei vostri vescovi e sacerdoti, mi fa rendere grazie al Signore, perché vi è in ciò una realtà ecclesiale di grande significato. Infatti, man mano che il fenomeno migratorio transitorio o più stabile si è andato svolgendo negli anni passati, la Chiesa ha acquisito una coscienza più chiara dell’importanza del fenomeno e delle impostazioni pastorali che esso esigeva. Tuttavia rimanevano altre dolorose situazioni di gruppi di emigranti che alle difficoltà dovute allo sradicamento e alla vita in ambienti sconosciuti, assommavano non lievi problemi per il normale esercizio della loro vita cristiana.

Perciò la mia prima parola di incoraggiamento vuole essere per i vostri vescovi e cappellani, affinché cerchino di perfezionare sempre più il sistema di assistenza agli emigranti e valorizzino in tutta la sua profondità il significato apostolico di una vita dedita generosamente e con sacrificio al servizio di queste Chiese della dispersione che costituiscono il mondo dell’emigrazione. Quanta forza morale, quanto coraggio, quanta speranza possono suscitare, e quante pene e problemi possono mitigare con la loro vicinanza e con l’opportuna parola di fede, offerta in spirito di amore cristiano e fraterno!

Conosco per esperienza personale quali e quante sono le difficoltà che si frappongono nella vostra vita di donne e uomini che vivono lontani dalla famiglia, talvolta dai propri figli e dai luoghi d’origine (cf. Cf. Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 23). Si può certo, dunque, qualificare la vostra condizione di esistenza come spesso dura dal punto di vista umano e piena di rischi da quello religioso.

Pensate, tuttavia, alla vostra dignità di esseri umani, che agli occhi di Dio non è minore a quella di nessun altro uomo, proprietario o dipendente, imprenditore o lavoratore, appartenente a una nazione o a un’altra.

Dio e la Chiesa guardano con profonda simpatia al vostro desiderio e ai vostri sforzi di migliorare la vostra condizione di vita personale, familiare e sociale. E una tensione nobile, valida, degna del più grande rispetto e stima da parte di tutti, perché si compiano le dovute condizioni di equità e giustizia alle quali avete diritto (cf. Laborem Exercens, 23).

Ma la Chiesa e io stesso vi invitiamo anche a non dimenticare la vostra condizione di figli di Dio, di fratelli in Cristo, di esseri con un destino eterno al quale Cristo risuscitato ci chiama (cf. Eiusdem, Redemptor Hominis, 18; Laborem Exercens, 27). Con questa coscienza, cercate tutto ciò che vi eleva e vi conferisce dignità, ma non abbandonate la vostra fede cristiana, condividetela con i vostri compagni di lavoro e di ambiente sociale; e siate solidali tra di voi, testimoni, nella concretezza della fraternità cristiana.

Con questi auguri e assicurandovi uno speciale ricordo nelle mie preghiere per voi, i vostri figli e familiari, per i vostri compagni di lavoro e particolarmente per quanti si dedicano alla vostra assistenza religiosa, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

 

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