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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UNA DELEGAZIONE PARLAMENTARE INTERCOMUNITARIA
DEL LIBANO

Venerdì, 29 marzo 1985

 

Signor presidente,
signori deputati,

provo una particolare soddisfazione nel poter incontrare lei, signor presidente dell’assemblea nazionale del Libano, e il gruppo di illustri deputati che l’accompagnano.

Attraverso di voi, questa mattina, mi sembra di parlare, ancora una volta, a tutti i libanesi che voi rappresentate, in quanto siete investiti dell’incarico parlamentare.

Penso che il nostro incontro riveste un grande significato e, nello stesso tempo, esso può fornire materia di riflessione. Voi sapete bene con quale attenzione e quale sollecitudine la Santa Sede segue gli avvenimenti - purtroppo spesso dolorosi - del vostro Paese, cercando di incoraggiare il minimo segno che, rifiutando la logica delle opposizioni e degli antagonismi, potrebbe far intravedere una speranza di pace.

Degno d’essere sottolineato mi pare il fatto che il vostro gruppo è guidato dal presidente dell’assemblea nazionale ed è composto da rappresentanti di quasi tutte le forze politiche e delle famiglie spirituali del Libano.

Il carattere pluralista di questa delegazione è per me, infatti, un motivo di speranza. Avete voluto venire tutti insieme ad esporre al Papa le attese della maggioranza della popolazione libanese. Dal più profondo del cuore, accogliendovi, desidero formulare il voto che, come voi vi esprimete qui in maniera unita e solidale, allo stesso modo tutte le comunità etniche e religiose alle quali appartenete e che voi rappresentate condividano i vostri sentimenti e siano risolutamente disposte a intendersi e a collaborare.

Come voi, signori, sono ben consapevole che, dopo tanti anni di guerra, non è facile aprire il cammino che conduce all’intesa e al rispetto reciproco.

Non è facile reprimere tanti dolorosi ricordi sempre suscettibili, purtroppo, di generare e alimentare atteggiamenti intransigenti. Non è facile, ancora, accettare l’altro finché sussiste la paura del presente come del futuro riguardo alla propria vita e a quella della propria comunità.

Sono anche consapevole che non è facile evitare la tentazione dello scoraggiamento.

Tutto questo è difficile, certamente, ma non impossibile! Niente è irreparabile se - come ho scritto nella lettera del 1° maggio 1984 a tutti i libanesi - ogni cittadino conserva una fiducia fondamentale nell’uomo e un amore sincero verso la sua patria. Tutti i libanesi, lo so, sono legati alla storia del loro Paese e, soprattutto, sanno volgersi con fede verso l’unico Creatore, Dio dell’amore e della pace.

In quanto rappresentanti delle diverse comunità e regioni libanesi e membri dell’assemblea nazionale, voi siete, signori, in qualche modo il simbolo stesso dell’unità del vostro Paese: garanti delle sue istituzioni, che hanno il compito di promuovere la giustizia e la concordia in favore di tutti. Si tratta di una grande responsabilità, specialmente quando gli avvenimenti e la violenza soffocano i sentimenti che dovrebbero ispirare la vita sociale e rischiano di minare i fondamenti stessi delle istituzioni della nazione. Ma qui, ancora, lo ripeto, il compito non è irrealizzabile fin tanto che sussiste in voi e in coloro che voi rappresentate il desiderio comune di ricostruire una patria libera da ingerenze straniere, unita attorno alle legittime autorità e nella quale i diritti, le tradizioni e le caratteristiche di ogni comunità siano reciprocamente riconosciuti e rispettati.

Il rispetto di questi diritti, che deve costituire l’originalità dell’identità libanese, sta molto a cuore alla Santa Sede. Essa ha spesso ricordato, come sapete, a tutti i libanesi le esigenze di una fraternità autentica, invitando ciascuno a saper far prevalere i valori che uniscono e facendo in modo di vivere insieme in maniera pacifica e utile, acconsentendo alle necessarie rinunce.

Gli estremismi, le rivendicazioni esagerate, l’uso della forza, l’insensibilità di fronte alla sofferenza, ai bisogni e ai diritti degli altri, non possono che generare nuove violenze che condurrebbero inevitabilmente all’oppressione fisica o psicologica dei concittadini che, nonostante le circostanze, rimangono sempre dei fratelli.

Sono certo che ogni libanese degno di questo nome non vuole questo. I libanesi d’oggi dovranno rispondere alle future generazioni, davanti alla storia, della loro effettiva volontà di intesa e dell’autenticità del loro amore verso la loro patria.

Signor presidente,
signori deputati,

è a voi che affido queste riflessioni ispirate dall’amore profondo che nutro per il vostro Paese e per le sofferenze dei vostri concittadini. Sono persuaso che, coscienti come siete della vostra responsabilità di libanesi e di uomini politici, non risparmierete alcuno sforzo per promuovere, con l’appoggio di tutti coloro che detengono qualche potere di decisione, il bene del Libano.

Vi prego di portare ai vostri colleghi dell’assemblea nazionale, ai responsabili religiosi e politici delle vostre comunità e a tutti i vostri concittadini l’invito del Papa a non perdere mai la speranza, per essere sempre più capaci di edificare pazientemente un dialogo costruttivo, fondamento della mutua fiducia e della pace civile. Assicurate loro che in questo arduo cammino il Papa è con loro.

Con questi sentimenti, invoco sul Libano e su ogni libanese la benedizione di Dio onnipotente.

 

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