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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE
DELLA SOCIETÀ DEI MISSIONARI D’AFRICA (PADRI BIANCHI)

Giovedì, 23 ottobre 1986

 

Cari padri e fratelli Missionari d’Africa,

1. Ogni volta che una famiglia di apostoli del Vangelo, specialmente fondata per aprire le ricchezze della rivelazione a popoli che le ignorano ancora o le conoscono poco, si riunisce in capitolo a Roma o altrove, io rendo grazie a Dio per questo segno di vitalità ecclesiale. Il vostro passo presso il successore di Pietro manifesta infatti che voi intendete partecipare all’evangelizzazione con tutto il Collegio episcopale del quale egli è a capo. Insomma avete voluto coronare il vostro 23° capitolo generale con una professione di fede nella Chiesa. Esprime innanzitutto la mia cordiale riconoscenza del padre Robert Gay. Per sei anni ha amministrato con saggezza l’eredità del card. Lavigerie, sforzandosi d’essere l’animatore del progetto comunitario che i Padri Bianchi offrono alle Chiese dell’Africa. Indirizzo al nuovo superiore generale, padre Etienne Renaud, i miei voti calorosi con l’assicurazione delle mie preghiere. Il capitolo l’ha sottratta, caro padre, all’Istituto pontificio di studi arabi e islamici che lei faceva beneficiare della sua competenza. Colgo l’occasione per rendere omaggio a questo Istituto che si appresta ad aprire le porte, in quest’anno accademico, a una quarantina di studenti provenienti da numerose parti del mondo. La scelta dei capitolari, che le affida la responsabilità della Società dei Padri Bianchi, mi sembra un segno importante dell’attenzione che i Missionari d’Africa hanno sempre avuto per i “credenti dell’Islam”, conformemente al primo articolo delle vostre Costituzioni.

2. Il vostro capitolo ha appena compiuto un lavoro importante. Avete messo a punto le vostre Costituzioni approvate cinque anni fa. Ma, al di là di questo aspetto giuridico della vostra fatica comune, avete confermato gli obiettivi essenziali ai quali volete dare un impulso nuovo. Ne gioisco profondamente. Noto innanzitutto la vostra volontà risoluta di fedeltà al vostro carisma missionario. Malgrado i vostri effettivi limiti, volete elargire le vostre risposte alle numerose richieste che vengono dai vescovi africani, ora responsabili di diocesi un tempo fondate da voi, o da pastori che stanno instaurando nuove diocesi, o che devono affrontare ancora una prima evangelizzazione. I miei viaggi apostolici in Africa mi hanno permesso di vedere quante di queste Chiese, centenarie o più recenti, avessero bisogno di un reale sostegno, anche se deve essere più modesto, sempre disinteressato. Penso anche a ciò che la vostra esperienza può apportare alla formazione del clero, delle congregazioni religiose autoctone, del laicato e specialmente dei catechisti. Inoltre la vostra conoscenza particolare dell’Islamologia è capace di aiutare molto le comunità cristiane dell’Africa nelle loro relazioni con i numerosi discepoli del Corano. Voi lo sapete meglio di chiunque: il dialogo con i “credenti dell’Islam” è necessario, come lo sottolineavo il 19 agosto 1985 a Casablanca, e deve essere condotto con comprensione e lucidità.

D’altronde - penso qui ai vostri confratelli di Gerusalemme, in unione con le Chiese d’Oriente sul piano ecumenico - continuate a portare, ovunque siete presenti, questa preoccupazione dell’unità fra i cristiani, attraverso le vie del dialogo e di un’azione comune in tutti i campi dove ciò sia possibile. Il vostro carisma missionario è suscettibile di procurare un sostegno illuminato e paziente alle giovani Chiese dell’Africa che incominciano a scoprire la loro vocazione missionaria “ad extra”, in Africa sicuramente e, in seguito, perché non oltre? Citerò soltanto l’esempio della prima congregazione femminile nel Burundi, “le Benetereziya” attualmente presente in Tanzania, nel Ciad, nel Camerun.

3. Senza dubbio questa fedeltà al vostro carisma, cioè alle Chiese dell’Africa, ha cambiato stile dopo la vostra fondazione. Tuttavia è proprio la stessa fedeltà che si spingerà a cooperare attivamente e umilmente al movimento dell’inculturazione.

Nell’enciclica “Slavorum Apostoli”, mostravo come i santi Cirillo e Metodio erano stati audaci e prudenti per comprendere bene la lingua, gli usi e le tradizioni dei popoli slavi, per interpretare fedelmente le loro aspirazioni. Per voi Missionari d’Africa, questa prospettiva è familiare. Voi siete sempre stati fedeli, non solo all’intuizione generale del card. Lavigerie, che vi chiede di essere africani con gli africani, con il dovere di imparare la lingua e di conoscere bene i costumi in mezzo ai quali siete chiamati a vivere, per meglio inserire il fermento della parola di Dio o darne testimonianza udibile. Vi incoraggio di tutto cuore ed esprimo la mia soddisfazione per i Centri di studio delle lingue africane fondati in Africa, e per lo sviluppo dell’Istituto pontificio di Roma. Conoscete lo spirito che deve presiedere quest’opera complessa e necessaria di inculturazione. Ne ho trattato in modo più specifico a Yaoundé e a Nairobi, l’anno scorso. Possa la vostra società apportarvi il suo contributo, in stretta unione con i vescovi dei paesi interessati come le Università cattoliche dell’Africa e della Santa Sede!

4. Questa fedeltà alle Chiese del continente africano passa ancora attraverso i sentieri di una cooperazione giudiziosa e disinteressata e gli sforzi che le diocesi fanno esse stesse, o compiono in unione con i Governi al fine di scongiurare progressivamente le miserie e le insicurezze subite da numerose popolazioni. Si tratta di rimediare alla sottoproduzione alimentare e quindi alla carestia, di far regredire l’analfabetismo, di sopperire all’insufficienza di protezione sanitaria e anche di promuovere la coesistenza armonica tra etnie di una stessa nazione. In breve si tratta di operare ovunque per l’avvento della giustizia e della pace, come conseguenza della buona novella annunciata ai poveri. La vostra lunga presenza in Africa vi qualifica per essere oggi ancora dei consiglieri discreti e dei cooperatori efficaci.

5. Potreste dirmi: ahimè, manchiamo di operatori. Tuttavia io credo di sapere che i Padri Bianchi e le Suore Bianche abbiano fondato o sostenuto una ventina di Congregazioni religiose autoctone. Del resto i giovani che desiderano entrare nella vostra società non sono in buona parte africani? Cercate di stimolare le vocazioni missionarie nei paesi in cui il vostro Istituto si è reclutato agli inizi, durante più di cento anni e anche altrove. Lo scambio fraterno tra le Chiese antiche e le giovani Chiese è a beneficio degli uni e degli altri.

6. Infine, avete deciso di spingere ancora più avanti la fedeltà alla vita comunitaria. Il card. Lavigerie, con la sua fermezza, voleva che essa fosse una caratteristica della fondazione missionaria, uno strumento privilegiato dell’apostolato al servizio delle Chiese particolari dell’Africa. Forse l’invecchiamento dei vostri effettivi esige che gli orientamenti siano definiti per realizzare i raggruppamenti necessari. Le vostre comunità dovranno diventare senza dubbio sempre più interrazziali: vivendo nello spirito del Vangelo, esse possono favorire l’accettazione della diversità, generare una creatività sana, equilibrata del fatto che essa è regolata dall’umiltà evangelica di fronte alle altre. Evidentemente queste comunità daranno un posto privilegiato al tempo della preghiera, alla formazione dottrinale e pastorale, senza trascurare il dialogo leale con i responsabili, e i momenti gratuiti di fraternità semplice e gioiosa. A questo proposito, incoraggio il rinvigorimento spirituale che, da dieci o dodici anni, i Padri Bianchi possono effettuare per numerose settimane nella vostra Casa “Sant’Anna” di Gerusalemme.

Cari padri e fratelli, la vostra Società è ben integrata con l’Africa e in qualche punto del Medio-Oriente. Essa ha compiuto un lavoro considerevole. Essa ha anche conosciuto, come molte Chiese di questo continente, degli ostacoli messi alla sua opera disinteressata dell’evangelizzazione, delle grandi prove, che identificano cristiani e missionari al Cristo che soffre la sua passione. In nome della Chiesa vi dico: vivete nella speranza. La vostra missione in Africa continua! Accompagnate con ardore e competenza queste giovani Chiese, questo continente, questa civiltà, chiamate a prendere sempre più il loro posto sulla scena del mondo.

È con questi sentimenti che invoco su tutti i missionari dell’Africa una sovrabbondanza di saggezza e di forza divine; affido la vostra Società, le vostre famiglie e i vostri amici alla protezione di Nostra Signora dell’Africa.

 

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