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VIAGGIO APOSTOLICO IN URUGUAY, CILE E ARGENTINA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DEL MONDO DEL LAVORO ARGENTINO

 «Mercado Central» di Buenos Aires (Argentina)
Venerdì, 10 aprile 1987

 

Cari lavoratori e lavoratrici!
Carissimi uomini e donne che realizzate il vostro lavoro quotidiano per il bene della nobile terra argentina! Lodato sia Gesù Cristo!

1. È grande la mia gioia nel trovarmi tra persone che dividono la condizione comune di lavoratori! Con tutta franchezza posso dirvi che mi sento particolarmente vicino al mondo del lavoro, e in più mi considero uno di voi! Per questo, perché sono con voi e vi capisco, mi rallegro di avere oggi quest’incontro. Se fosse possibile mi piacerebbe parlare con ognuno salutare personalmente tutti, chiedervi delle vostre famiglie, del vostro lavoro, delle vostre gioie, delle vostre pene. Tutto questo lo porto nel cuore.

Qualche volta ho detto che quegli anni come operaio, nel cantiere di un’impresa chimica, furono per me una nuova lezione sul Vangelo. È vero perché in quell’ambiente, in quell’epoca di sforzo lavorativo, mi è stato possibile constatare la profonda relazione di solidarietà esistente tra il Vangelo e la problematica dell’attività umana ai nostri tempi. Non è una semplice constatazione teorica, e una gaia realtà umana e cristiana che la Chiesa, già alle soglie del terzo millennio, ha la grave responsabilità di diffondere, perché sia conosciuta e vissuta da uomini e donne del mondo del lavoro. In questo giorno vi incoraggio perché ognuno, ognuna, faccia “lo sforzo interiore dello spirito umano, per dare al vostro lavoro il significato che esso ha agli occhi di Dio” (cf. Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 24).

Il lavoro è come una “vocazione” o chiamata che eleva l’uomo a essere partecipe dell’azione creatrice di Dio. È il mezzo che Dio offre all’uomo per “sottomettere” la terra, scoprire i suoi segreti, trasformarla, goderla e, in questo modo, arricchire la propria personalità. Il suo modello sarà Cristo il Redentore dell’uomo, che, non avendo disdegnato di trascorrere gran parte della sua esistenza nella bottega di un artigiano, riscattò lo sforzo e la dignità del lavoro, trasformandolo per sempre in strumento di redenzione.

2. Nelle lettere che molti di voi hanno inviato a Roma in occasione di questa visita pastorale, avete voluto manifestare circostanze, aneliti, situazioni dolorose e, anche, le speranze che riempiono i vostri cuori.

Nei miei frequenti incontri con i lavoratori di tutto il mondo, sento parlare a volte di motivi di tristezza, scoraggiamento, disperazione, originati in gran parte da una crescente disoccupazione. È vero che il mondo del lavoro presenta gravi motivi di preoccupazione. Li conosco bene. Ma non è meno vero che tali motivi non debbono condurvi alla sconfitta, alla passività, alla mancanza di speranza. La nostra fede cattolica ci dà sufficienti motivi per non disperare mai, per difficile e dura che possa sembrare qualunque situazione.

Nell’Enciclica Laborem Exercens, segnalavo al mondo produttivo un obiettivo concreto e chiaro: ottenere che l’attività umana miri, soprattutto, ai valori personali. “In caso contrario, in tutto il processo economico sorgono necessariamente danni incalcolabili e danni non solo economici, ma prima di tutto danni nell’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, n. 15). Oggi vi invito inoltre a non accontentarvi di una visione povera e deformata del lavoro; il mio augurio è che penetriate nella profonda ricchezza che può avvicinarvi alla vita, allo spirito di ciascuno. Da come lo intenderete dipende, in buona parte, non solo il senso della vostra vita, ma anche il raggiungimento e i frutti del vostro associazionismo lavorativo o impegno sindacale.

Siete consapevoli che quando il mondo socioeconomico si organizza in funzione esclusiva del guadagno, questo va a detrimento delle dimensioni umane. Ciò può portare al disinteresse per la qualità del lavoro e pregiudica la tanto desiderata coesione e solidarietà tra i lavoratori. Alcuni pretendono che l’unico movente della vostra vita siano il denaro e il consumo; se vi lasciate polarizzare esclusivamente da questo motivo, siete incapaci di scoprire il grande contenuto della realizzazione personale e del servizio che racchiude la vostra attività professionale.

Per questo, insisto che non vi accontentiate di obiettivi facilmente raggiungibili, la cui unica finalità si riduca ad un accordo collettivo sulle retribuzioni e sulla diminuzione delle ore lavorative. Dinanzi ai problemi delle società moderne, neanche potete accettare che i maggiori sforzi dell’associazionismo lavorativo, si riducano in sterili litigi politici, che talvolta strumentalizzano le vostre aspirazioni con il fine di raggiungere posizioni vantaggiose. È giusto che esista una nobile contesa sindacale, tesa a raggiungere gli obiettivi propri del mondo del lavoro, rivolta a rafforzare la solidarietà e ad innalzare il livello di vita materiale e spirituale dei lavoratori. È vero che l’intima relazione esistente tra il mondo del lavoro e la vita politica - il cosiddetto “imprenditore indiretto” - richiede un costante contatto e dialogo tra lavoratori e politici. Dev’essere sempre un dialogo costruttivo, che non miri soltanto a interessi di parte, ma al bene di tutta la grande famiglia argentina, in prospettiva latinoamericana ed anche mondiale.

3. Il vostro paese, la vostra società, gode di un forte e dinamico associazionismo del lavoro che, come sapete, costituisce un “indispensabile elemento della vita sociale” (Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 20). Ma tale elemento pur essendo indispensabile, non può essere identificato con la lotta tra classi sociali; tale concezione è ideologicamente e storicamente insufficiente, le sue peggiori conseguenze finiscono per ricadere sugli uomini e sulle donne del mondo del lavoro.

Il lavoro ha come sua caratteristica che, prima di tutto, esso unisce gli uomini, ed in ciò consiste la sua forza sociale: la forza di costruire una comunità” (Eiusdem, Laborem Exercens, 20). Così i frutti del vostro associazionismo devono essere sempre costruttivi, in modo che tutte le sue potenzialità siano al servizio della persona della famiglia e dell’intera società, e non siano utilizzate contro la comunità e contro l’uomo stesso.

La grande meta del sindacato deve essere lo sviluppo dell’uomo, di tutti gli uomini che lavorano e per questo: “sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro” (Eiusdem, Laborem Exercens, 8). Il Papa vuole incoraggiarvi a compiere un ulteriore passo verso la solidarietà, incoraggiarvi perché i vostri sforzi siano promotori ogni volta di più, della dignità inalienabile dell’uomo, di ciascun uomo, di ciascun lavoratore, e che contribuisca sempre alla sua realizzazione personale. Solo così compirete la vostra missione di promuovere e difendere “gli interessi vitali degli uomini impiegati nelle varie professioni” (Eiusdem, Laborem Exercens, 20).

Sarebbe un peccato che mancasse la solidarietà tra i lavoratori, quando le condizioni del lavoro diventano sgradevoli e quando crescono gli abusi e l’arroganza in coloro che, dalle loro vantaggiose posizioni, si attribuiscono dei diritti che non spettano loro in alcun modo. Né deve mancare la solidarietà in quelle ampie zone di miseria e di fame, vale a dire di trattamento inumano dei lavoratori e delle loro famiglie; anche là deve giungere la forza dell’associazionismo lavorativo per creare delle condizioni che consentano alle persone di uscire dalla loro penosa situazione.

Dovunque si trovino un padre o una madre di famiglia che per le loro circostanze non possono adempiere al compito di procacciarsi i mezzi di sussistenza per vivere dignitosamente con i loro cari anche là deve arrivare la solidarietà degli uomini e donne che lavorano.

4. Vi pare logico che la solidarietà lavorativa resti inattiva o si proponga solo obiettivi di facile raggiungimento, quando sono tanto urgenti le necessità di molti lavoratori? Nessun cristiano dovrebbe restare insensibile dinanzi alla necessità altrui, perché sa che gli occhi di Dio, il valore della sua condotta dipende - dall’amore che offre ai fratelli (cf. Mt 25, 35-40). E se la carità è il nostro supremo comandamento, come si può restare con le braccia incrociate, dinanzi alle ingiustizie, se la giustizia è il presupposto fondamentale e il primo frutto della carità?

Il servizio che la vostra forza associativa può prestare all’uomo - e con lui alla comunità - richiede ad ognuno di voi un impegno categorico che vi induca a dire basta! a quanto rappresenta una chiara violazione della dignità del lavoratore.

Basta, a un conformismo riduttore che non si proponga altri obiettivi per l’associazionismo del lavoro, che la retribuzione monetaria e l’ampliamento del tempo libero, trascurando qualunque dialogo il cui tema centrale sia la persona e la sua dignità nella vita e nella professione.

Basta, ad alcune situazioni nelle quali i diritti del lavoro siano fortemente subordinati a sistemi economici che perseguono esclusivamente il massimo profitto, senza tener conto della qualità morale dei mezzi che impiegano per ottenerlo.

Basta, a un sistema lavorativo che costringe le madri di famiglia a lavorare molte ore fuori casa e a trascurare le faccende domestiche, che non valorizza sufficientemente il lavoro agricolo; che emargina gli handicappati; che discrimina gli emigranti.

Basta, a una situazione nella quale il diritto al lavoro sia soggetto all’arbitrarietà di situazioni economiche o finanziarie transitorie che non tengono conto che il pieno impiego delle forze lavorative dev’essere l’obiettivo prioritario di ogni organizzazione sociale.

Basta, alla fabbricazione di prodotti che minacciano la pace e attentano gravemente alla moralità pubblica, ed anche alla salute di determinati settori della popolazione.

Basta, anche alla iniqua distribuzione degli alimenti nel mondo; alla mancanza di riconoscimento sistematico dell’associazionismo lavorativo in non pochi paesi della terra; e, in quest’anno internazionale dei “senza tetto”, basta, anche alla situazione vergognosa e che esige giustizia, degli indecorosi alloggi dei lavoratori in tanti sobborghi delle grandi città.

Ma non dimenticate che quell’impegno acquista la sua forza, soprattutto, in un’azione di solidarietà personale: bisogna superare la tendenza all’anonimato nelle relazioni umane: bisogna fare uno sforzo positivo, per trasformare la “solitudine” in “solidarietà”, cercando momenti di scambio, di comprensione, di fiducia, di mutuo aiuto, di promozione dell’amicizia.

5. L’obiettivo fondamentale del vostro impegno dev’essere umanizzare l’attività economica e il mondo del lavoro, e per questo, dovete, ottenere che poco a poco le relazioni di lavoro siano ogni volta più conformi a ciò che l’Enciclica Laborem Exercens ha definito “fondamentale struttura di ogni lavoro” (Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, n. 20), che è una struttura di unità, collaborazione e solidarietà.

Un principio fondamentale di quest’azione di solidarietà nell’associazionismo consiste nella decisione cosciente di “considerare l’uomo non in quanto utile o inutile al lavoro, ma considerare il lavoro in relazione all’uomo, a ciascun uomo; considerare il lavoro in quanto utile o inutile all’uomo” (Eiusdem, Discorso all’Organizzazione Internazionale del Lavoro, 15 giu.1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/2 [1982] 2258). La solidarietà è precisamente aprire spazi alle persone nella società nell’attività lavorativa, perché in quest’ambito di vita fondamentale tutti possano muoversi con la coscienza e la responsabilità di agire come persone.

La forza del lavoro è molto grande, e quando si impiega positivamente, è capace di trasformarsi in un fattore fondamentale per costruire una comunità nella quale i principali problemi sociali vengano risolti secondo i principi di equità e giustizia.

Sforzandovi di essere solidali, poco a poco riuscirete a contenere gli effetti della degradazione o dello sfruttamento, e i sindacati saranno un esponente nella costruzione della giustizia sociale, del riconoscimento dei giusti diritti dei lavoratori e della dignità e del bene vero della società (cf. Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, 20). Allora, senza confondere la vostra azione di solidarietà con l’attività politica voi soltanto mediante l’associazionismo sindacale, ingerirete sulla società in modo più incisivo di quanto si pretende di agire direttamente nella vita politica.

Anche per questo, lo sapete benissimo, non dovete permettere che i vostri sforzi si trasformino in una specie di “egoismo” di gruppo o di classe. Anche quando la finalità di una determinata azione sia la salvaguardia dei diritti di una persona o categoria lavorativa, quell’obiettivo non deve essere in contrasto con il bene comune di tutta la società. Non dimenticate poi la solidarietà verso quelle persone che, per diverse circostanze, non partecipano della vostra forza associativa; l’appoggio ai più deboli sarà prova che la vostra solidarietà è autentica.

6. Nel Vangelo del lavoro abbiamo l’esempio più convincente di solidarietà: Dio onnipotente che, con la sua grandezza trascende totalmente gli uomini, per amore, per solidarietà!, si fa uomo, e vive come chiunque altro una vita di lavoro. Gesù Cristo è il migliore esempio di solidarietà senza frontiere, che i lavoratori sono chiamati a seguire e imitare. Dovunque un uomo o una donna svolgono la loro attività, lavorano e soffrono, là è presente Cristo.

La Chiesa, fedele al suo divino Fondatore, ha rispettato e promosso sempre la dignità del lavoro. E lo ha fatto rivendicando il ruolo fondamentale che compete al lavoro dell’uomo nei disegni di Dio; lo ha fatto esaltando le mete che l’intelligenza umana ha saputo raggiungere, specialmente nel campo della scienza e della tecnica; lo ha fatto mostrando la sua predilezione verso tutti i lavoratori e, in particolare, verso i più duramente provati dalla fatica, come gli operai e i contadini; lo ha fatto accogliendo e tutelando le loro petizioni, i loro interessi e le loro legittime aspirazioni, lo ha fatto avvicinandosi al mondo del lavoro, tanto nelle “baraccopoli” come nei loro umili tuguri, o nei loro alloggi confortevoli, per assisterli materialmente e spiritualmente, preservarli dai molti pericoli, tutelare il loro senso morale e sociale, e migliorare le loro condizioni di vita.

Oggi è il Papa che viene a voi per onorare nelle vostre persone i servitori del grande lavoro, al quale tutti siamo chiamati, di trasformare il mondo secondo i disegni divini, per scoprire nei vostri volti i caratteri di Gesù di Nazareth, e per esortarvi a rispondere con profondo senso di responsabilità alla missione alla quale Dio vi ha chiamato come costruttori dell’Argentina di oggi e di domani.

Mostratevi degni di questa chiamata. Siate sempre consapevoli della vostra dignità di lavoratori e argentini, e collaborate con tutte le forze vive del paese, per affrontare in maniera solidale e costruttiva il vostro impegno di cristiani e cittadini.

In nome di Gesù, l’operaio di Nazareth, vi benedico tutti di cuore.

 

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