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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI STATUNITENSI
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 5 marzo 1988

 

Cari fratelli in Gesù Cristo nostro Signore.

1. Con questa di oggi comincia la serie di visite “ad limina” del 1988 dei Vescovi americani. Oggi sono lieto di ricevere tutti voi che formate il primo gruppo e provenite dalle province ecclesiastiche di Dubuque, Kansas City, Omaha e Saint Louis. Voi rappresentate una sezione significativa del popolo cattolico degli Stati Uniti, e portate con voi le speranze e le aspirazioni, le gioie e le difficoltà di tante persone: individui, famiglie e intere Chiese particolari degli Stati dello Iowa, del Kansas, del Nebraska e del Missouri.

Per tutti noi questo è un momento di comunione ecclesiale, che segue di poco la mia seconda visita negli Stati Uniti e in particolare il nostro importante raduno di Los Angeles. C’è inoltre una continuità tra l’attuale serie di visite “ad limina” e quella del 1983, che a sua volta era in continuità con la mia prima visita in America del 1979. Tutti questi incontri sono similmente legati al futuro della Chiesa negli Stati Uniti, sul quale spero di poter riflettere ancora l’anno prossimo in un incontro con i Vescovi americani.

2. Questo momento di comunione ecclesiale è legato alla nostra salvezza. La Chiesa ha cominciato la Quaresima proclamando, con san Paolo: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (2 Cor 6, 2). Come tutti gli altri membri della Chiesa anche noi dobbiamo trovare la nostra salvezza nella fede: fede nel mistero di Gesù Cristo e della sua Chiesa. In quanto Vescovi, mettiamo in pratica questa fede attraverso il mistero della nostra comunione gerarchica nella Chiesa. Vivendo oggi questo mistero di comunione, noi diamo a Cristo la risposta di fede poiché egli ci presenta il suo disegno di unità per la Chiesa e per tutti coloro che compongono il Collegio dei Vescovi.

In questa occasione, voi ed io, uniti nella comunione ecclesiale, voi come Pastori di diocesi particolari in America e io come Pastore della Chiesa universale, abbiamo il compito di offrire a Gesù Cristo, Pastore supremo di tutto il gregge, la Chiesa degli Stati Uniti. Questa Chiesa appartiene a Cristo per diritto. Egli la ama intensamente e intende prenderne possesso sempre più pienamente e purificarla sempre più profondamente in ogni aspetto della sua realtà ecclesiale.

3. Desidero ancora una volta esprimere profonda gratitudine e soddisfazione per aver potuto visitare per la seconda volta la Chiesa degli Stati Uniti e per aver potuto sperimentare i numerosi aspetti della sua vita. Insieme a questi, c’è anche il sentimento di ammirazione per quanto la grazia di Cristo ha compiuto nella vita del Popolo di Dio nel vostro Paese. La realtà ecclesiale negli Stati Uniti è un’espressione della potenza del mistero pasquale di Cristo che opera nella vita di innumerevoli individui e comunità. Sempre di più questa realtà ecclesiale merita la nostra riflessione orante.

Nel corso della mia visita di settembre alle nove diocesi, ho potuto sperimentare la vita di fede vissuta in tutte le 186 diocesi degli Stati Uniti, che comprendono anche dodici diocesi di rito orientale e l’ordinariato militare. Particolarmente gradito è stato l’incontro con tutte le varie categorie che compongono il Popolo di Dio: Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, seminaristi e novizi, laicato cattolico. Tutte queste categorie di persone sono state presenti non solo negli incontri particolari organizzati per me, ma anche nelle grandi celebrazioni liturgiche tenute in ogni diocesi. Sono stato più volte testimone della fede di una Chiesa che potrebbe rivolgersi a Dio con le parole del salmo: “Ti loderò nella grande assemblea; ti celebrerò in mezzo a un popolo numeroso” (Sal 35 [34], 18). E ancora: “Renderò grazie al Signore con tutto il cuore nel consesso dei giusti e nell’assemblea. Grandi le opere del Signore, le contemplino coloro che le amano” (Sal 111 [110], 1-2).

In ogni avvenimento cui ho preso parte, il Vescovo locale era al mio fianco. Insieme abbiamo sperimentato la Chiesa così come si incarna nel contesto storico, geografico, sociale, economico, politico e religioso degli Stati Uniti d’America. Ho visto. Ho ascoltato. Mi hanno parlato. Ho parlato. E la Chiesa ha pregato. Cristo ha pregato nel suo corpo, in noi, la Chiesa. E tutti noi siamo entrati in una più profonda comunione tra di noi e con lui, il Pastore supremo.

4. Il mio compito particolare in tutta la visita è stato il proclamare Gesù Cristo Figlio di Dio e Redentore dell’uomo - ogni uomo, donna e bambino. Nello stesso tempo, sono venuto in America per chiedere a ciascuno di incontrare Gesù Cristo e dargli la risposta della fede: credere nel suo nome, accettare la sua parola, essere aperti al suo amore e all’amore del Padre e dello Spirito Santo. Alla base di tutte le mie esortazioni alla solidarietà fraterna e all’amore c’era la verità fondamentale proclamata dal Concilio Vaticano II: “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et Spes, 22). L’incarnazione come espressione dell’amore di Dio è il nuovo fondamento della dignità dell’uomo. Perciò io non posso parlare dell’amore di Dio senza parlare della dignità dell’uomo e di ciò che richiede. E così, proprio all’inizio della mia visita a Miami, ho dichiarato: “Sono venuto per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo a tutti coloro che scelgono liberamente di ascoltarmi; per raccontare di nuovo la storia dell’amore di Dio nel mondo; per parlare ancora una volta della dignità dell’uomo con i suoi inalienabili diritti e i suoi inevitabili doveri” (“Prima salutatio ad cives ad Civitatum Foederatarum Americae Septemtrionalis in aëronavium portu urbis «Miami»”, 2, die 10 sept. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 357).

5. Tutti noi in realtà abbiamo visto una grande risposta di fede, in molti modi, da parte del popolo. E tutto ha compiuto il Signore, secondo le parole del salmo: “Venite, vedete le opere del Signore, egli ha fatto portenti . . .” (Sal 46 [45], 9). Questa risposta di fede è stata evidente nella magnifica collaborazione e nel duro lavoro di preparazione per la mia visita, nel comprendere e nell’accettare il mio ruolo come successore dell’apostolo Pietro, nella disponibilità ad ascoltare l’annuncio del Vangelo e nella preghiera liturgica comune. In tanti modi il popolo ha espresso la sua fede nella Chiesa che esiste per volontà di Cristo: insieme particolare e universale.

Una delle grandi ricchezze della Chiesa degli Stati Uniti è il modo in cui incarna la cattolicità o universalità nella sua composizione etnica, essendo formata “da ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7, 9). La Chiesa degli Stati Uniti ha il vantaggio di essere per natura disposta a vivere la cattolicità e a mostrare solidarietà verso tutte le Chiese particolari di cui il suo popolo è originario. I contributi etnici alle diverse liturgie celebrate durante la mia visita non erano pure espressioni folcloristiche; erano piuttosto come delle chiavi per aprire la porta verso una maggiore comprensione della realtà ecclesiale della Chiesa degli Stati Uniti.

Testimone dei vari aspetti della Chiesa nel vostro Paese, ero consapevole in ogni diocesi del mistero della Chiesa universale, così come sussiste nelle Chiese particolari che con gioia compiono il loro cammino di fede, in mezzo ad ostacoli e opposizione, verso il Padre di Gesù Cristo, nostro Signore.

La realtà ecclesiale a me presentata in ogni comunità diocesana era parte del gregge di Cristo, investito dallo Spirito - diffuso nel mistero pasquale - e vivente per lo stesso Spirito. Era la Chiesa di Cristo che vive della redenzione nel mondo moderno, continuamente purificata per mezzo dell’immersione nel lavacro della rigenerazione (cf. Ef 5, 26).

6. La Chiesa degli Stati Uniti, lavorando per essere fedele al compito di attuare l’inizio del Regno di Dio, si sforza seriamente di affrontare le sfide pastorali che si presentano, la più importante delle quali è quella di essere costantemente convertita e rinnovata nell’amore di Dio. Convinto della disponibilità della Chiesa degli Stati Uniti a raccogliere le sfide, della sua buona volontà e, soprattutto, della azione in lei della grazia di Cristo, l’ho tuttavia provocata in diversi modi, fra l’altro ponendole davanti la necessità di aprirsi al cambiamento operato da Dio.

In realtà, lasciarsi rinnovare nell’amore di Dio ha delle condizioni molto concrete per l’intera Chiesa, e dunque per la Chiesa degli Stati Uniti. Ciò significa che essa deve vivere in pienezza la sua vocazione alla santità. Nel mondo deve essere se stessa; deve sempre essere ciò che si intende essa sia: il sacro corpo di Cristo. Nel quinto capitolo della Lumen Gentium la Chiesa ha fatto un dono grande ai suoi figli e alle sue figlie enunciando con chiarezza la chiamata universale alla santità: “Tutti i fedeli quindi sono invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del proprio stato” (Lumen Gentium, 42). L’applicazione di questo principio alle coppie sposate, ai genitori cristiani, ai vedovi e alle persone sole è di estrema importanza. La Chiesa è in verità il sacramento della santità per ciascuno. Il Concilio insisteva “che tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (Lumen Gentium, 40).

Come è stato importante per l’intera Chiesa il fatto che il Concilio presentasse con tanta forza questa sfida al laicato! Senza questo principio non avrebbe mai potuto essere assicurata la piena partecipazione dei laici alla vita e alla missione della Chiesa.

Alcune conseguenze specifiche di questo principio sono state dettagliate nella costituzione pastorale Gaudium et Spes, che non ammette “una falsa opposizione tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall’altra” e che ricorda che “il distacco, che si constata in molti tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo” (Gaudium et Spes, 43).

7. La Chiesa, mentre si sforza in tutti i suoi membri di vivere la sua vocazione alla santità, è anche memore dell’obbligo di aiutare tutti a scoprire in Cristo Redentore il senso pieno della vita in questo mondo. All’inizio del mio Pontificato l’ho scritto nella mia prima enciclica: “Il compito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell’uomo, di indirizzare la coscienza e l’esperienza di tutta l’umanità verso il mistero di Cristo, di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della redenzione, che avviene in Cristo Gesù” (Redemptor Hominis, 10).

Questa sfida di aiutare tutti gli uomini ad aprirsi alla redenzione è legata alla attività missionaria della Chiesa e perciò alla sua stessa natura missionaria. La Chiesa degli Stati Uniti - come la Chiesa universale deve dedicarsi a questa causa oggi e sempre. Durante la mia visita a Phoenix, ho avuto occasione di sottolineare questo aspetto vitale della vita della Chiesa, citando anche il documento pastorale del 1986 dei Vescovi americani sulla missione nel mondo. La domanda da me posta a Phoenix richiede ulteriori risposte dalla Chiesa sia degli Stati Uniti che di tutto il mondo: “Chi risponderà alla chiamata missionaria di Dio alla fine del XX secolo?”.

8. Portare la pienezza della Parola di Dio agli uomini, centrare il loro sguardo sul mistero di Cristo, aiutarli a comprendere la dignità dell’uomo e il significato della vita nella chiave della redenzione, questo è il servizio supremo della Chiesa all’umanità. La Chiesa compie questo servizio nel nome di Cristo e per la potenza dello Spirito. Nello stesso tempo ella sa che, per conseguenza del principio dell’incarnazione (l’unione di Cristo con ogni essere umano), ella deve sempre legare al suo impegno missionario e al suo lavoro di evangelizzazione un vasto programma di aiuto alle altre necessità dell’uomo. Ha un interesse vitale a dare il suo contributo specifico per portare l’umanità a quel livello di vita che corrisponde alla giusta dignità già a lei accordata nel mistero del Verbo fatto carne.

La Chiesa trova in Gesù Cristo, Verbo incarnato, il principio della sua sollecitudine per l’umanità, per il futuro dell’umanità sulla terra e per lo sviluppo e il progresso totali (cf. Redemptor Hominis, 15). Tutti i moventi della Chiesa sono ispirati dal Vangelo di Cristo (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 47).

La missione della solidarietà, cui ho dedicato la mia ultima enciclica e su cui ci saranno altre occasioni per riflettere, rappresenta una responsabilità particolarmente grave per la Chiesa oggi. Durante la mia visita negli Stati Uniti ho potuto vedere con quanta serietà le Chiese locali hanno risposto alle necessità dei loro fratelli e delle loro sorelle, con quanta generosità hanno cercato di alleviare dolore e sofferenze, con quanta prontezza hanno dimostrato la loro solidarietà umana. Non mi riferisco solo all’insieme di attività caritative e sanitarie presentate a me a San Antonio e a Phoenix, e alle iniziative di molte Chiese locali per far fronte alla crisi agricola, ma conosco anche l’impegno di tutto il Popolo di Dio in America nel vivere la sua vocazione di servizio ai fratelli.

Questa sfida del servizio, radicata in Cristo e nel Vangelo, deve accompagnare la Chiesa degli Stati Uniti lungo tutto il cammino di fede. Accettare questa sfida è cosa gradita a Dio; mancare a questo è fatale. Il Concilio Vaticano II ci ricorda: “Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso e mette in pericolo la propria salvezza eterna” (Gaudium et Spes, 43).

Questa e altre sfide, cari fratelli, stanno davanti alla Chiesa di Dio degli Stati Uniti, una Chiesa prediletta che vive della potenza dello Spirito, chiamata a una sempre più grande santità di vita, in special modo in questo anno mariano. Mentre vi accingete con umiltà ad affrontare con il vostro popolo queste sfide, avete tutte le ragioni per essere ripieni di speranza. In ogni vostro sforzo per vivere degnamente il mistero della Chiesa, voi siete sostenuti dalla preghiera della beata Vergine Maria che “quale segno di sicura speranza e di consolazione” (Lumen Gentium, 68), vi accompagna nel vostro cammino di fede verso la meta finale della vita eterna in Cristo Gesù. Lungo la strada, vi chiedo di trarre incoraggiamento dalle parole del profeta: “Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore” (Sof 3, 17).

In questo amore invio la mia apostolica benedizione a tutte le vostre Chiese locali, ricordando in particolare quelle che portano la croce di Cristo nel dolore e nelle sofferenze.

 

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