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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I RAPPRESENTANTI DELLA COMUNITÀ EBRAICA DELL
’ALSAZIA

Strasburgo (Francia) - Domenica, 9 ottobre 1988

 

Signor gran Rabbino,
Signor presidente del Concistoro israelitico del Basso-Reno,
Signor Presidente della Comunità israelitica di Strasburgo,
Signori.

Il vostro cordiale saluto e la riflessione spirituale sul senso della storia che mi avete proposto non possono che ispirarmi auguri di pace e di prosperità per voi e per tutta la comunità israelitica.

1. Ringraziandovi per tante attenzioni, vorrei prolungare queste riflessioni prendendo come punto di partenza il versetto biblico del profeta Malachia che è inciso sulla vostra bella “Sinagoga della Pace”, e che voi avete voluto inserire nel cuore del vostro saluto: “Ha-lo ‘av ‘Ehad le-Kullà-nu” (Ml 2, 10). “Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre?”. Ecco il messaggio di fede e di verità di cui voi siete i messaggeri e i testimoni attraverso la storia, alla luce della parola e dell’alleanza di Dio con Abramo, Isacco, Giacobbe e tutta la sua discendenza. Una testimonianza che è arrivata fino al martirio, che è sopravvissuta alle lunghe tenebre dell’incomprensione, dell’orribile abisso della “Shoah”.

2. Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, grazie anche all’opera della commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo e del Comitato Internazionale di collegamento tra cattolici ed ebrei, si è continuato - e si continua ancora oggi - ad allargare le basi già solide delle nostre relazioni fraterne e a tirarne delle conclusioni nel campo della cooperazione a tutti i livelli. Ed è soprattutto in queste istituzioni che io incoraggio il dialogo ebraico-cristiano, e mi rallegro con voi dei progressi ottenuti grazie alla vostra partecipazione a questo compito, attraverso una stima reciproca che si nutre in un’atmosfera di preghiera, di conversione, di disponibilità all’ascolto e all’obbedienza alla Parola di Dio, che ci chiama all’amore e al perdono.

3. Sì, per mezzo della mia voce la Chiesa cattolica, fedele a ciò che il Concilio Vaticano II ha dichiarato, riconosce il valore della testimonianza religiosa del vostro popolo, eletto di Dio, come scrive san Paolo: “quanto all’elezione, sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (Rm 11, 28-29, cit. in Lumen Gentium, 16). Si tratta di un’elezione - come avete detto -, in vista della “santificazione del Nome”, per un servizio all’umanità intera. Questa vocazione alla santificazione del Nome, voi l’esprimete nella vostra preghiera quotidiana del “Qaddish”: “Sia magnificato e santificato il tuo grande Nome!”. O la proclamate con le parole di Isaia: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria” (Is 6, 3). Nelle preghiere di gioia o di penitenza che sono caratteristiche delle festività di “Rosh ha-Shanah”, “Kippur” e “Sukkot” che avete celebrato qualche giorno fa, voi supplicate e acclamate l’Eterno: “Nostro Padre, nostro re, perdona i nostri peccati”, “Hosha ‘na”, “Salvaci!”.

4. Tutte le Sacre Scritture - che voi venerate con una devozione profonda come sorgente di vita - celebrano il santo Nome di Dio, il Padre, la roccia che ha generato Iesurun, “il Dio che ti ha procreato”, come dice Mosè nel suo cantico (cf. Dt 32, 18). “Io sono un padre per Israele” dice il Signore per mezzo dell’oracolo di Geremia, che dice ancora: “Efraim è il mio primogenito” (Ger 31, 9) e Isaia si volta verso di lui dicendo: “Signore, tu sei nostro Padre!” (Is 64, 7). I salmi celebrano il suo nome: “Mio Padre, mio Dio e roccia della mia salvezza” (Sal 89, 27). Nella sua misericordia, egli ha anche rivelato il suo nome che ricorda il suo amore materno, il suo grembo di madre che ha partorito un figlio: “Il Signore passò davanti a lui proclamando: il Signore Dio, misericordioso e pietoso” (Es 34, 6).

5. È dunque attraverso la vostra preghiera, la vostra storia e la vostra esperienza di fede, che voi continuate ad affermare l’unità fondamentale di Dio, la sua paternità e la sua misericordia verso ogni uomo e ogni donna, il mistero del suo disegno di salvezza universale e le conseguenze che ne derivano, secondo i principi enunciati dai profeti, nell’impegno per la giustizia, la pace e gli altri valori etici.

6. Con il più grande rispetto per l’identità religiosa ebraica, vorrei anche sottolineare che per noi, cristiani, la Chiesa, Popolo di Dio e Corpo mistico del Cristo, è chiamata lungo il suo cammino nella storia a proclamare a tutti la buona novella di salvezza nella consolazione dello Spirito Santo. Secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, essa potrà meglio comprendere il suo legame con voi, certamente grazie al dialogo fraterno, ma anche meditando sul proprio mistero (Nostra Aetate, 4). Ora questo mistero si radica nel mistero della persona di Gesù Cristo, giudeo, crocifisso e glorificato. Nella sua lettera agli Efesini, san Paolo scriveva: “Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che i Gentili, cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo” (Ef 3, 5-6). Precedentemente, l’Apostolo, rivolgendosi “a quanti sono in Roma diletti da Dio” (Rm 1, 7), aveva affermato: “Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito di figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!»” (Rm 8, 15). È per questo che anche noi riconosciamo e celebriamo la gloria di Dio, il Padre, Signore di coloro che l’adorano “in spirito e verità” (Gv 4, 24).

7. La civiltà europea conserva così le sue radici profonde vicino a questa sorgente d’acqua viva che sono le Sacre Scritture: Dio unico che si rivela come nostro Padre e ci impegna, con i suoi comandamenti, a rispondergli per mezzo dell’amore, nella libertà. All’alba di un nuovo millennio, la Chiesa, annunciando all’Europa il Vangelo di Gesù Cristo, scopre ogni volta di più, con gioia, i valori comuni, sia cristiani sia ebraici, attraverso i quali ci riconosciamo come fratelli e ai quali si riferiscono la storia, la lingua, l’arte, la cultura dei popoli e delle nazioni di questo continente.

8. Dove potremmo riporre la nostra speranza, per condividerla con tutti coloro che hanno sete di una consolazione fraterna, di un messaggio di vita, di una solidarietà durevole e sincera? Cosa potremmo annunciare insieme per rendere il nostro servizio spirituale all’Europa, così ricca di risorse ma allo stesso tempo interrogata dalle questioni sul senso da dare a queste risorse nel contesto dello sviluppo mondiale? Permettetemi di proporvi qui tre considerazioni:

- che i popoli europei non dimentichino mai che abbiamo la nostra origine in un Padre comune, ed è da questa fonte che nasce, per noi, il dovere di una responsabilità reciproca e fraterna che deve intendersi con la stessa profondità nei riguardi di ogni persona, immagine di Dio, e di ogni popolo del mondo;

- che noi, cristiani, prendiamo sempre più coscienza del compito particolare che dobbiamo realizzare in cooperazione con gli ebrei, in ragione della nostra comune eredità che ci impegna a promuovere la giustizia e la pace, ad opporci ad ogni discriminazione, a vivere secondo le esigenze dei comandamenti, fedeli alla voce di Dio, nel rispetto di ogni creatura. E mi auguro che possa svilupparsi una vera collaborazione a livello sociale, in numerosi campi, secondo i principi che ho indicato nella mia enciclica Sollicitudo Rei Socialis.

- È dunque con profonda fedeltà alla vocazione alla quale il Dio della pace e della giustizia ci chiama - e, con noi, tutti i popoli europei - che io ripeto di nuovo con voi la più ferma condanna di ogni tipo di antisemitismo e razzismo, che si oppongono ai principi del cristianesimo, e verso i quali non esiste alcuna giustificazione nelle culture che vogliono riferirsi ad essi. Per le stesse ragioni, dobbiamo eliminare ogni pregiudizio religioso che la storia ci ha mostrato come ispirato da stereotipi antiebraici, o contraddicenti la dignità di ogni persona.

Che Dio ci confermi in questo proposito e nella fede, e ci dia la sua consolazione, come dice il salmo:

“Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto.
Davanti a lui camminerà la giustizia
e sulla via dei suoi passi la salvezza” (Sal 85, 13-14).

 

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